Azerbaijan e diritti umani: tempesta sul Consiglio d’Europa (Osservatorio Balcani e Caucaso 31.01.17)

La credibilità dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è ai minimi termini. E si tentenna sull’avviare un’indagine indipendente sulle gravi accuse di corruzione che la riguardano

31/01/2017 –  Gerald Knaus

Quella pubblicata di seguito è una lettera pubblica inviata da Gerald Knaus, direttore del think tank ESI , che fornisce un approfondito quadro sulla cosiddetta vicenda della “Diplomazia del caviale” in seno al Consiglio d’Europa.

La prima sessione annuale dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) ha preso il via, lo scorso 23 gennaio, in un clima di gravi accuse relative a fenomeni corruttivi che avrebbero influenzato le dinamiche di voto su questioni relative ai diritti umani.

Il 21 novembre 2016, la principale trasmissione di giornalismo investigativo in Italia, Report, in onda su Rai3, ha trasmesso un servizio sulla corruzione nel Consiglio d’Europa. Si concentrava in particolare sull’ex leader del Partito popolare europeo in seno al PACE, l’italiano Luca Volontè e vi si affermava:

“Cos’è il Consiglio d’Europa? E’ un’organizzazione internazionale fondata nel 1949 per proteggere e difendere i pilastri della democrazia: libertà d’espressione, diritti umani e il succedersi di governi democraticamente eletti…. Strasburgo una città al cuore della nostra storia, nella quale il Consiglio d’Europa ha sede. Qui è in atto un tipo molto particolare di diplomazia, che ha un nome curioso, la ‘Diplomazia del caviale’. Il 17 dicembre 2016 l’ESI ha pubblicato il suo secondo report sulla “Diplomazia del caviale” titolato “The European Swamp (Caviar Diplomacy Part 2) – Prosecutors, corruption and the Council of Europe. Nel report si sottolinea: “Luca Volontè ha pubblicamente ammesso di aver ricevuto 2.3 milioni di euro da Suleymanov, un altro membro del PACE, rappresentante dell’Azerbaijan. I trasferimenti di denaro iniziarono alla vigilia di un voto importante sui diritti umani in Azerbaijan. Se tutto questo non è in violazione del Codice di condotta dei membri del PACE, allora il Codice non ha alcun senso”.

L’ESI ha inoltre messo in guardia sul fatto che “qualsiasi riforma seria in seno alla PACE incontrerà senza dubbio la strenua resistenza di chi sta beneficiando dello status quo”. Il 18 gennaio 2017 ESI ha inoltre pubblicato un’altra newsletter, titolata “The FIFA of human rights – beyond lip-service on anti-corruption”. Vi si trova un altro avvertimento:

“Attualmente la PACE ha un sistema corruttivo peggiore della FIFA. E la PACE non se la passa meglio in comparazione con la maggior parte dei parlamenti nazionali che rappresenta… il Consiglio d’Europa non può rimanere la FIFA dei diritti umani”. A tutto questo è seguito, il 20 gennaio, un appello redatto da Transparency International (TI), l’Ong leader al mondo in tema di anti-corruzione:

“Transparency International e sei delle sue sedi europee hanno oggi richiesto a tre dei principali funzionari del Consiglio d’Europa di avviare delle indagini sulle accuse di corruzione emerse nei confronti dell’organizzazione ed esprimono il loro disappunto sull’apparente mancanza di meccanismi interni anti-corruzione in una della più importanti istituzioni europee relative ai diritti umani”.TI ha chiesto al Consiglio d’Europa di avviare “strutture in grado di garantire l’integrità in linea con i migliori standard internazionali” e di: “promuovere un’indagine indipendente, guidata da un esperto in materia, sui fatti relativi al voto in seno alla PACE sui prigionieri politici del gennaio 2013, e sui comportamenti dei membri della delegazione dell’Azerbaijan”.

Amnesty International ha, lo stesso giorno, anch’essa inviato una lettera ai principali funzionari a Strasburgo, lettera poi resa pubblica il 24 gennaio:

“Le accuse relative alla condotta impropria di alcuni membri dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa per influenzare i contenuti e le votazioni relative alle risoluzioni dell’Assemblea sono serie, credibili e rischiano di nuocere gravemente la credibilità e l’integrità dell’Assemblea come istituzione dedita nel difendere e promuovere i diritti umani”.

La sessione invernale: la denuncia della corruzione in seno alla PACE

All’apertura della sessione invernale, il 23 gennaio scorso, la prima a parlare, la socialista francese Josette Durrieu, decana alla PACE, ha dettato i toni:

“Denunciamo ogni forma di corruzione: il male profondo che rende fragili gli stati, le istituzioni, gli individui. Più che altrove è proprio qui al Consiglio d’Europa che dovremmo essere vigili”.

“Alcuni parlamentari membri della nostra assemblea pare siano stati coinvolti in questioni relative alla loro missione e alle loro funzioni. Sembrano coinvolti in questioni che sono solitamente competenza della magistratura e che avrebbero coinvolto poi altri parlamentari e quindi il cerchio si sarebbe ampliato. Il Consiglio d’Europa deve affrontare questa questione. Questi dubbi e questi sospetti sono intollerabili per l’immagine del Consiglio d’Europa. La nostra forza non è finanziaria e non è militare. Non abbiamo alcun esercito e nemmeno un grande budget. La forza del Consiglio d’Europa è la morale. Siamo veicoli e garanti di valori universali”.

La Durrieu si è poi rivolta direttamente al presidente della PACE, lo spagnolo Pedro Agramunt:

“Occorre avviare un’indagine indipendente e occorre farlo in tempi rapidi. Parlo direttamente al Presidente dell’Assemblea, che deve essere a breve nominato”.

Al suo intervento è seguito quello di Mogens Jensen, ex ministro della Danimarca ed a capo della delegazione danese:

“E’ molto importante che la nostra Assemblea ed il presidente fughino al più presto i dubbi e chiariscano in modo netto due elementi: innanzitutto che l’Assemblea non accetta e non tollera la corruzione e che la combatterà in tutte le sue forme; in secondo luogo che in merito alle accuse rivolte ad alcuni dei suoi membri verranno avviate delle indagini. E’ un segnale molto importante da mandare ai cittadini, che si fidano dell’Assemblea”.

Il leader del gruppo della Sinistra europea unita, il parlamentare olandese Tiny Kox, ha sottolineato che la corruzione è “una minaccia orribile per tutti noi qui. Dobbiamo essere consapevoli che qualsiasi accusa di corruzione è un’accusa contro tutti noi… Se non ci comportiamo bene, non saremo nella posizione di dire agli altri come ci si dovrebbe comportare”.

Il conservatore britannico Ian Liddell-Grainger, a capo dei Conservatori europei e discendente della Regina Vittoria ha sottolineato che “quest’organizzazione è stata creata da molte persone, tra le quali Winston Churchill, per essere il faro della democrazia in nazioni disgregate dalla guerra… ma la corruzione s’insinua in ogni parte della vita. Ognuno di noi, nel proprio parlamento, ha un modo per affrontarla e lo stesso avviene qui. Ora basta con la retorica e basta dirsi “Va bene, daremo un’occhiata”.

La liberale Anne Brasseur, già presidentessa della PACE, si è indirizzata all’Assemblea dicendo:

“La nostra credibilità viene messa in dubbio, ma è a rischio anche il rispetto dei diritti umani nei 47 paesi membri. Non possiamo spazzare tutto sotto il tappeto e chiudere gli occhi… Non sarebbe una sorpresa se qualcuno dicesse che il Consiglio d’Europa è una perdita di tempo ed è inutile. Credo ancora in quest’organizzazione. Dobbiamo essere sicuri di fare tutto il possibile per difendere i nostri valori, lo stato di diritto e i diritti umani in tutti i paesi membri”.

Svizzeri, paesi nordici, baltici e Benelux

Il giorno successivo la delegazione svizzera ha mandato una dura lettera a Pedro Agramunt:

“La delegazione svizzera presso la PACE è profondamente preoccupata dalle accuse che emergono da reportage e da varie voci che mettono in dubbio i principi cardine della nostra assemblea, la sua integrità e la sua credibilità. Di fronte a queste accuse ed al dibattito che hanno sollevato siamo convinti che la PACE non vuole e non può permettersi di attendere che le vicende giudiziarie avviate a Milano diano luogo o meno ad una condanna, visto che il caso a cui si riferiscono non è il solo ad aver sollevato sospetti. La delegazione svizzera ritiene sia indispensabile che la PACE prenda in mano la questione e faccia luce su quanto accaduto”.

E’ seguita una seconda lettera, da parte di otto delegazioni baltiche e del nord Europa:

“Le recenti accuse contro l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e contro i suoi membri in merito a fatti di corruzione e conflitto di interessi stanno danneggiando l’integrità e la credibilità dell’Assemblea. Le accuse non si riferiscono ad un unico caso. E’ perciò di massima importanza che la PACE avvii azioni concrete che portino ad indagini trasparenti ed indipendenti… Per queste ragioni le delegazioni nordiche e baltiche chiedono al Bureau di avviare immediatamente un’indagine indipendente ed esterna sulle accuse mosse”. Subito hanno fatto seguito altre delegazioni (quella del Belgio, dell’Olanda e altre).

L’iniziativa Omtzigt – Schwabe per l’integrità

Mercoledì 25 gennaio un gruppo di parlamentari guidati dal parlamentare olandese Pieter Omtzig (EPP) e dal tedesco Frank Schwabe (SPD) hanno presentato una dura dichiarazione che ha sparigliato le carte. Da una parte nella dichiarazione si chiede alla PACE di far due cose concrete; dall’altra si chiede a tutti i membri dell’Assemblea, a prescindere dall’appartenenza politica, di sostenere la dichiarazione:

“Noi, sottoscritti membri dell’Assemblea parlamentare riteniamo che l’Assemblea debba:

1. Stabilire senza ritardi un’indagine esterna, pienamente indipendente e imparziale sulle accuse di comportamento improprio e di corruzione che potrebbero aver condizionato il lavoro dell’Assemblea negli anni recenti, concentrandosi in particolare sulle accuse relative al voto sui prigionieri politici in Azerbaijan avvenuto nel gennaio 2013; le conclusioni dell’indagine e i suoi risultati dovrebbero essere resi noti direttamente all’Assemblea ed al pubblico in generale.

2. Assicurarsi che il Codice di condotta dell’Assemblea venga rafforzato in linea con le migliori pratiche internazionali e le raccomandazioni poste dal GRECO [Gruppo di Stati contro la Corruzione]; e che venga monitorata un’osservanza rigida di questi standard implementati da un meccanismo permanente indipendente istituito in seno all’Assemblea”.

In poche ore la dichiarazione ha raccolto 64 firme in rappresentanza di 25 paesi tra le quali anche quella di un altro ex presidente dell’Assemblea, il francese Jean Claude Mignon (EPP) è i leader di conservatori, socialisti e gruppi di sinistra: 7 parlamentari della Gran Bretagna, 5 di Lussemburgo, Svezia e Olanda, 4 di Svizzera, Francia e Germania, 3 di Finlandia, Grecia e Norvegia.

La dichiarazione ha ricevuto anche un sostegno che attraversa i vari gruppi politici: 29 socialisti (e verdi), 15 dell’EEP, 10 della Sinistra europea unita, 9 dei liberali dell’ALDE e 1 dei Conservatori europei. E’ sorprendente però che nessun delegato spagnolo, polacco o turco e solo un italiano l’abbiano ad oggi sottoscritta. Quante altre firme raccoglierà sino ad aprile? E chi invece vi si opporrà?

La risposta di Agramun: è colpa delle Ong

Di fronte alle domande che giungevano da ogni dove e che chiedevano una sua replica il presidente della PACE Pedro Agramunt, da più di un decennio uno tra i principali apologi del regime azero, ha deciso di continuare a fare quello che ha fatto per anni: chiedere alla PACE di serrare i ranghi. Già al primo giorno d’assemblea ha definito il dibattito sulla corruzione come una “questione d’onore”: “Come presidente dell’Assemblea non permetterò che il suo onore e quello di un qualsiasi suo membro venga diffamato. Non posso permettere che quest’Assemblea venga utilizzata come un luogo dove condurre battaglie contro paesi percepiti come rivali e nemici. Non posso permettere campagne di odio, minacce o pressioni orchestrati da chi non è contento del risultato delle votazioni… E’ importante comprendere che gli attacchi illeciti all’onore e alla reputazione di un individuo potrebbero richiedere una difesa nei tribunali”.

Jordi Xuclà, altro apologo di lungo periodo dell’Azerbaijan, anche lui spagnolo, oggi a capo del gruppo ALDE, ha utilizzato un’argomentazione simile:

“Siamo politici. Non dobbiamo guardare a questa questione solo dall’angolazione legale; dobbiamo parlare della reputazione e dell’immagine di quest’organizzazione e quindi combattiamo la diffamazione”.

Il 25 gennaio i due spagnoli sono stati affiancati da Axel Fischer, successore di Luca Volontè e Pedro Agramunt come leader dell’EPP alla PACE. Parlamentare della tedesca CDU Fischer ha anche scritto una lettera ad Agramunt, chiedendogli di avviare indagini, ma non sul comportamento dei parlamentari, ma sulle Ong che hanno sollevato la questione:

“Ci aspettiamo che tutti gli attuali membri e quelli del passato dell’Assemblea parlamentare… rispettino le regole dell’Assemblea e, prima di collaborare con delle Ong, si accertino del lavoro, degli obiettivi e dei finanziamenti di tali Ong… Richiediamo che le attuali regole e procedure dell’Assemblea e tutti gli altri codici di condotta vengano verificati in modo da adattarli in tal senso e in modo si possa reagire in maniera efficace. Stia sicuro signor Presidente che la nostra posizione in merito alla corruzione è quella della tolleranza zero”.

E’ una risposta degna di Donald Trump: il problema della PACE non sarebbe quindi il comportamento di Luca Volontè, che ha ammesso in TV di aver ricevuto il denaro mentre faceva parte della PACE, né l’assenza di meccanismi credibili anti-corruzione; il problema sarebbe il lavoro di Ong come ESI, Amnesty International e Transparency International.

La scelta della PACE: showdown in aprile?

In conclusione, a seguito dei giorni di dibattito intenso in plenaria e nei corridoi di Strasburgo, i membri della PACE ora debbono affrontare una scelta. Un’opzione è di sottoscrivere la dichiarazione di integrità : sostenendo così la richiesta di un’indagine seria ed esterna sulle accuse sollevate e di riformare un codice di condotta attualmente debole in modo imbarazzante. Questa strada porta alla redenzione morale e ridà credibilità ad un’istituzione che rimane di importanza vitale.

L’altra opzione è di seguire Agramunt affermando, senza alcuna prova a riguardo, che chi chiede che si affronti la corruzione “è finanziato dagli armeni” e di ignorare le richieste di avviare un’indagine seria.

Quale sarà la scelta della maggioranza della PACE? Ce lo diranno le settimane che ci dividono dalla sessione di aprile.

Vai al sito