Blocco del Nagorno-Karabakh, il Catholicos armeno: atto disumano (Asianews 19.12.22)

Da oltre una settimana l’Azerbaijan sta imponendo la chiusura stradale sull’unica via di collegamento tra l’Armenia e l’autoproclamata repubblica dell’Artsakh, impedendo a migliaia di armeni di ricongiungersi con le famiglie o ricevere cibo e cure mediche. Una situazione ricordata ieri da papa Francesco nell’Angelus. Il monito del Catholicos d’Armenia Karekin II: “Le semplici parole di condanna non saranno sufficienti”

Erevan (AsiaNews) – “In questi giorni è con cuore turbato e preoccupato che tutti i nostri occhi sono rivolti alla regione armena dell’Artsakh”, ha dichiarato ieri durante la liturgia il Supremo patriarca e Catholicos d’Armenia Karekin II.

Da più di una settimana sedicenti ambientalisti azerbaijani – formalmente in protesta contro l’attività estrattiva di una miniera d’oro – stanno bloccando l’unica strada che collega l’Armenia all’autoproclamata repubblica dell’Artsakh, nella regione del Nagorno Karabakh, “attraverso atti di pura provocazione e con falsi pretesti”, ha sottolineato l’arcivescovo capo del Patriarcato armeno. Una situazione ricordata ieri anche da papa Francesco durante l’Angelus: il pontefice ha espresso “preoccupazione” per “le precarie condizioni umanitarie” della popolazione.

La regione del Caucaso meridionale, a maggioranza armena ma all’interno dei confini azerbaijani, è da tempo contesa tra Erevan, sostenuta dalla Russia, e Baku, appoggiata dalla Turchia. L’ultima guerra, scoppiata nel 2020 dopo un’aggressione da parte dell’Azerbaijan, si era conclusa dopo 44 giorni con una tregua mediata dal presidente russo Vladimir Putin.

Circa 120mila armeni, di cui 30mila bambini, sono stati ora isolati, impossibilitati a ricongiungersi con i parenti o a ricevere cure mediche, “spingendo il popolo dell’Artsakh verso una catastrofe umanitaria”, ha aggiunto Karekin II. La settimana scorsa diversi studenti karabakhi si erano recati a Erevan in occasione dell’Eurovision junior: lontani dalle loro famiglie non gli è stato permesso di valicare il confine e tornare a casa.

Il Corridoio di Berdzor (Lachin), che collega le città di Stepanakert (capitale di fatto dell’Artsakh) e Goris (nella provincia di Syunik) viene utilizzato per consegnare tutta la merce alla popolazione armena del Nagorno Karabakh, dal cibo alle medicine. L’Azerbaijan nei giorni scorsi ha anche interrotto la fornitura di gas per oltre 50 ore.

“Oggi l’Azerbaigian sta cercando di svuotare l’Artsakh della sua popolazione seminando il terrore. È inaccettabile che nel mondo di oggi che riconosce come valori supremi il diritto di ogni persona alla dignità e alla libertà possano esistere ed essere tollerate manifestazioni così disumane nei confronti di un intero popolo”, ha affermato ancora il Catholicos di tutti gli armeni. “Le semplici parole di condanna non saranno sufficienti a frenare le ambizioni espansionistiche dell’Azerbaigian e a fermare la sua ostilità. La Santa Chiesa apostolica armena manterrà i suoi sforzi affinché la comunità internazionale, gli Stati amici, le Chiese sorelle cristiane, le organizzazioni internazionali e religiose sostestengano l’Artsakh e il suo popolo armeno”.

Anche il patriarcato cattolico armeno ha condannato “il blocco stradale”, un’azione che costituisce “una chiara violazione dei diritti umani, e una contraddizione con la dichiarazione tripartita emessa il 9 novembre 2020”.

Già a settembre di quest’anno si erano riaccese le tensioni tra Armenia e Azerbaijan e secondo alcuni osservatori, a fronte dell’impegno della Russia in Ucraina, la questione rischia di degenerare in un nuovo conflitto.

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