Lettera aperta sulla Turchia nella Ue

Lettera aperta al presidente del Consiglio,

al Ministro degli Affari Esteri, alle forze politiche italiane.

Il prossimo 3 ottobre, Il Consiglio dei Ministri della Unione Europea si riunirà per decidere in merito all’avvio delle trattative con la Turchia per un suo eventuale futuro ingresso nella Comunità.

A partire dallo scorso dicembre, allorché il Consiglio Europeo fissò tale data per l’inizio dei negoziati, in tutta Europa , ed ovviamente anche in Italia, si sono confrontate differenti opinioni sull’argomento.

E’ innegabile la sostanziale diffidenza dell’opinione pubblica europea nei confronti del governo di Ankara e le perplessità che questa ipotesi di ulteriore allargamento ha suscitato.

Negli ultimi tempi, accanto alla irrisolta questione di Cipro, ai dubbi sul sistema democratico turco, ai timori per le conseguenze che potrà avere sulla struttura comunitaria l’avvento di una economia ancora debole, è emersa la preoccupazione che possa essere avviato un negoziato con la Turchia senza che sia stata discussa e risolta l’annosa e grave questione legata al riconoscimento del Genocidio armeno.

Sin dal 1987, il Parlamento Europeo aveva affrontato il tema e considerato il riconoscimento una conditio sine qua non per qualsiasi futura trattativa.

Con gli anni, altri aspetti – legati a questioni politiche, economiche ed anche militari – hanno avuto maggiore considerazione da parte delle cancellerie continentali.

Ma fortunatamente, il martirio di un milione e cinquecentomila cristiani armeni non è stato dimenticato.

Gli storici sono oramai concordi nel valutare le responsabilità dell’allora governo ottomano.

Numerosi Parlamenti nazionali (compreso quello italiano nel 2000) hanno votato risoluzioni di condanna ed ordini del giorno che auspicavano il ristabilimento della verità, anche nell’interesse della stessa moderna nazione turca.

Persino la Commissione Esteri del Senato statunitense (così attento per note ragioni a non urtare la suscettibilità di Ankara) si è espressa in tal senso.

Ed il Parlamento Europeo, nella seduta del 28 settembre 2005, ha votato a larghissima maggioranza una risoluzione nella quale il Genocidio degli armeni è considerato “una condizione preliminare all’adesione all’Unione Europea” da parte della Turchia.

Il problema non risiede, infatti, nella mera ammissione di quella orrenda pulizia etnica che estirpò dall’Anatolia la popolazione armena ivi presente dalle origini della civiltà, né in eventuali ancorché tardivi interventi riparatori.

L’aspetto fondamentale della questione sta nel fatto che non è in alcun modo possibile e comprensibile l’ingresso – nel consesso civile e democratico dell’Europa – di uno stato che neghi quelle responsabilità, che rifiuti un riesame della propria storia, che non chieda perdono per gli errori del passato ma che , in nome di un antistorico e pericoloso sciovinismo, mantenga una linea politica di implicita complicità con i carnefici del 1915.

E’ inconcepibile parlare di Europa con una nazione nella quale si arriva (è cronaca degli ultimi giorni) a mettere sotto processo giornalisti, scrittori e studiosi che solo osano affrontare l’argomento del Genocidio; che prevede nel proprio codice penale un reato di “attentato alla identità turca”; che minaccia il carcere per quegli insegnanti che nelle scuole dello stato non si attengano rigorosamente alla “verità” ufficiale.

In momenti travagliati, di conflitti, di folli terroristi, di minacce, di insicurezza, l’Europa deve dare un forte segnale di giustizia e civiltà.

E deve richiedere alla Turchia quel passo che tutto il mondo libero, democratico, civile aspetta da novanta anni.

Le Comunità armene in Italia rivolgono , dunque, un appello affinché il grido disperato di un milione e cinquecentomila vittime, venga infine ascoltato.

E si augurano che, il prossimo 3 ottobre, il riconoscimento del Genocidio rimanga quella condizione essenziale che l’Europa dei popoli ha già fermamente e ripetutamente statuito.

Consiglio per la Comunità Armena di Roma

Comunità armena protesta con Veltroni per piazza Ataturk

Roma ospiterà una piazza e una statua dedicate allo statista turco Mustafa Kemal Ataturk che, negli anni in cui in Europa stava terminando il primo conflitto mondiale, si adoperò per portare a termine il genocidio di oltre un milione e mezzo di armeni

Il Consiglio per la comunità armena di Roma ha accolto con stupore la notizia che Roma ospiterà, oltre a una piazza, anche una statua dedicata allo statista turco Mustafa Kemal Ataturk. “Proprio nell’anno in cui ricorre il novantesimo anniversario del genocidio armeno – dicono dalla Comunità -, si è costretti a prendere atto dell’ennesimo affronto fatto alla memoria di un milione e cinquecento mila martiri armeni del 1915.
Poche settimane or sono, era stata la Rai a offendere la sensibilità degli armeni e dei telespettatori tutti programmando, in prima visione, il film di Egoyan nel cuore della notte. Nel mentre la stessa Unione europea ribadisce che il riconoscimento del genocidio è condizione essenziale per un eventuale futuro allargamento alla Turchia, non mancano purtroppo episodi di antistorico negazionismo ai quali l’ufficialità di cerimonie (come quella romana) o talune dichiarazioni politiche rischiano di dar manforte”. E in effetti, lo statista turco Ataturk, fu colui che, negli anni in cui in Europa stava terminando il primo conflitto mondiale, si adoperò per portare a termine il genocidio di oltre un milione e mezzo di armeni, portati a morire senza alcuna spiegazione nel deserto di Deir es Zor, in Siria, dopo essere stati “sradicati” dalla terra in cui vivevano da secoli, l’attuale Turchia. “Siamo fermamente convinti – dicono ancora dalla Comunità armena della capitale – che una città come Roma con una vocazione multietnica e multiculturale non può esimersi dal dare spazio a tutti, ma siamo altrettanto fermamente convinti che i diritti degli uni non possono e non devono calpestare in nessun caso la memoria degli altri”. Secondo la Comunità armena di Roma, Ataturk ha sì creato “un modello di nazione laica qual è la Turchia”, ma nel fare ciò non ha esitato “a coprire la responsabilità di chi prima di lui aveva commesso il primo genocidio del XX secolo eliminando dalla faccia della terra un milione e mezzo di armeni innocenti”. “Ci è ben noto – hanno scritto dalla Comunità al sindaco di Roma, Walter Veltroni – il grande sforzo da lei compiuto per la lotta a favore del diritto alla memoria per le vittime dell’Olocausto ebraico e il nostro auspicio è che questo sforzo sia esteso, non solo agli armeni, ma anche a tutte quelle minoranze ed etnie che hanno subito e subiscono ingiustizie e soprusi”. E ancora: “Non ci sembra corretto trovarsi costretti a prendere atto dell’ennesimo affronto fatto a un diritto sacrosanto per qualsiasi nazione: il diritto alla memoria. È in nome di questo diritto che il Consiglio per la comunità armena di Roma le rivolge questo appello, nella convinzione che la strada per raggiungere pace e fratellanza fra tutti i popoli della terra debba cominciare dal rispetto del dolore e della memoria di ogni individuo. Certi di un suo riscontro positivo, cogliamo l’occasione per chiederle un incontro con una nostra rappresentanza”. Al momento, il sindaco di Roma ancora non ha risposto alle richieste degli armeni della Capitale nonostante, da tutto il mondo, le varie comunità armene della diaspora, stiano inviando lettere di protesta.