Una nuova guerra tra Armenia e Azerbaigian potrebbe davvero essere alle porte. Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha dichiarato ieriche Baku da giorni «ammassa truppe lungo la linea di contatto con il Nagorno-Karabakh e al confine con l’Armenia». La situazione politico-militare nella regione, ha aggiunto, «sta seriamente peggiorando».
Baku vuole far morire di fame gli armeni
L’Azerbaigian ha negato ogni movimento anomalo di soldati, ma le dichiarazioni del governo di Baku non hanno alcun valore dal momento che il regime di Ilham Aliyev ancora nega di aver bloccato il Corridoio di Lachin violando il diritto internazionale. L’unica strada che collega i 120 mila armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh all’Armenia e al resto del mondo è chiusa al traffico dal 12 dicembre.
Dal 15 giugno, inoltre, perfino alla Croce rossa internazionale viene proibito di portare aiuti umanitari in Artsakh. La situazione, secondo Luis Moreno Ocampo, già procuratore della Corte penale internazionale ed ex professore alle università di Harvard e Yale, equivale a «un genocidio. Far morire di famele persone per eliminarle fisicamente è genocidio per la legge internazionale».
L’Armenia si affida agli Stati Uniti
In base alla Dichiarazione trilaterale che ha posto fine alla guerra del 2020, il Corridoio di Lachin deve rimanere aperto e le forze russe di mantenimento della pace devono garantire il libero passaggio dei veicoli. Ma la Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, non ha né la forza né l’interesse a mettersi di traverso alle mire dell’Azerbaigian e del suo alleato principale, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan.
Forse perché impossibilitata a pretendere il rispetto del trattato militare (Otsc) che obbligherebbe Mosca a intervenire in difesa dell’Armenia davanti alle aggressioni di Baku, l’Armenia per la prima volta ha deciso di condurre esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti, che si terranno dall’11 al 20 settembre.
Pashinyan cerca di smuovere la Russia
La Russia ha messo in guardia Erevan dall’entrare nella sfera di influenza della Nato, ricordando che fino a questo momento ha sempre garantito la sicurezza del suo alleato. Ma l’Armenia teme che l’Azerbaigian sia pronta ad attaccare di nuovo e che Mosca non muoverà un dito per impedirlo.
Pashinyan ha anche ribadito di essere pronto a firmare un vero trattato di pace con Baku, addirittura riconoscendo la sovranità dell’Azerbaigian sul Nagorno-Karabakh, scelta che ha lasciato esterrefatti centinaia di migliaia di armeni, i quali dubitano che ci si possa in alcun modo fidare delle rassicurazioni e delle promesse del regime di Aliyev, che sta affamando quegli stessi armeni che dovrebbe proteggere una volta ottenuta la sovranità sull’Artsakh.
Le esercitazioni militari congiunte con gli Usa servono in realtà da avvertimento per la Russia. Come aveva già dichiarato in passato Pashinyan, «se l’Armenia dovesse uscire dall’Otsc con una decisione de jure, lo farebbe soltanto dopo aver constatato che l’Otsc ha deciso di abbandonare l’Armenia». In ogni caso, per Erevan, non sarebbero buone notizie.
Flyone Armenia ha festeggiato all’aeroporto di Milano Malpensa il “milionesimo” passeggero. Per l’occasione la compagnia ha scelto di premiare i passeggeri di tre dei loro voli: Sochi-Yerevan, Parigi-Yerevan e, appunto, Milano Malpensa-Yerevan.
Aram Ananyan, presidente del consiglio di amministrazione della compagnia aerea, ha consegnato un voucher commemorativo per l’acquisto di biglietti per due persone verso qualsiasi destinazione del network di Flyone Armenia al fortunato passeggero vincitore e alla sua famiglia.
Il traguardo del milionesimo passeggero «rappresenta una pietra miliare dell’importante crescita della compagnia aerea all’aeroporto di Malpensa e una prova del continuo sviluppo del network di rotte di Malpensa in Armenia e negli altri Paesi della regione caucasica» sottolinea una nota congiunta del vettore e Sea.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-09-08 19:00:192023-09-09 19:01:12Flyone Armenia taglia il traguardo del primo milione di passeggeri (Travelquotidiano 08.09.23)
Dall’11 settembre via alle manovre di Erevan con gli Stati Uniti per «favorire la cooperazione». Resta aperta la questione del Nagorno Karabakh e della popolazione armena che vive qui, di fatto prigioniera nella sua enclave, la cui libera circolazione doveva essere garantita dai ‘caschi blu’ russi. E la irriducibile Nancy Pelosi, dopo Taiwan e ormai senza carica, marca il territorio delle nuove e prossime tensioni internazionali americane
Amicizie di convenienza
«Un’esercitazione congiunta con gli Stati Uniti a partire dalla prossima settimana», a stupire persino Nello Scavo su Avvenire, visto che si tratta dell’Armenia, legate da sempre con Mosca, ma in un momento di crescente tensione militare con i vicini dell’Azerbaigian. ‘Colpa di Putin’, tra le molte in altre parti del mondo, non aver saputo proteggere la minoranza armena nella enclave del Nagorno Karabakh, in Azerbaigian, garantendo la libera circolazione lungo il corridoio di Lachin, unica via d‘accesso per viveri e farmaci ai 120 mila armeni del Nagorno-Karabakh. E ora Yerevan, politicamente ‘duttile’, sembra stia per lasciare la Csto, l’organizzazione di assistenza militare reciproca dei Paesi ex Urss. Salvo il problema che il nemico Azerbaigian gode del sostegno militare turco e di sponda e golosità Nato.
‘Eagle Partner 2023’
Il Ministero della Difesa armeno ha poi cercato di ridimensionato l’operazione militare molto ‘di mercato’ col nome ‘Eagle Partner 2023’, che si terrà dall’11 al 20 settembre. Certo, la collaborazione con l’ex nemico Usa, ma per preparare le forze armate armene a partecipare a missioni internazionali. Comunque, piccola cosa, salvo la portata politica del gesto. 85 soldati statunitensi e 175 armeni, annuncia il portavoce dell’esercito americano che, a ridurre ulteriormente la portata del gesto, ha ricordato che sarà coinvolta la Guardia Nazionale del Kansas, legata da amicizia storica con Yerevan. Peso militare quasi zero, sgarbo politico a rischio.
Frustrazione armena
«La mossa arriva in un momento di forte frustrazione armena nei confronti dell’alleato Mosca», segnala Avvenire. Mentre il primo ministro Nikol Pashinyan, in situazione politica personale precaria, accusa la Russia, impegnata nella guerra con l’Ucraina, di non essere riuscita a proteggere l’Armenia da ciò che ha definito «la continua aggressione da parte dell’Azerbaigian». Nonostante le dimensioni ridotte dell’esercitazione, poco oltre la cerimonia, la Russia ha detto che ‘avrebbe osservato da vicino le operazioni e «monitoreremo la situazione», ha reagito il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. Tono blandi a non troppo peso ad una partita politica più interna armena che internazionale.
Le basi russe del Caucaso
Mosca dispone di una base militare in Armenia e di alcuni presidi militari territoriali che fanno della Russia la potenza preminente nella regione del Caucaso meridionale, che fino al 1991 faceva parte dell’Unione Sovietica. Olesya Vartanyan, analista senior per il Caucaso meridionale del ‘Crisis Group’ per la prevenzione dei conflitti, spiega che quello inviato a Mosca è un segnale molto forte, come se il governo armeno dicesse a Putin che «la vostra distrazione e il fatto di essere così inattivi gioca a favore del nostro nemico». La Russia mantiene una forza di ‘mantenimento della pace’ per sostenere l’accordo che ha posto fine alla guerra tra Armenia e Azerbaigian nel 2020, la seconda che hanno combattuto dal crollo dell’Unione Sovietica.
Presidente armeno ‘maleducato’
Mosca questa settimana ha accusato il presidente armeno Pashinyan di «retorica pubblica al limite della maleducazione» anche se secondo l’analista Vartanyan l’Armenia e l’Azerbaigian sono più vicini a un possibile accordo di pace «di quanto non lo siano stati in passato». Tuttavia proprio le tensioni con Mosca e la situazione nel Nagorno potrebbero innescare una nuova escalation alimentata anche dall’atteggiamento della Turchia, che storicamente sostiene l’Azerbaigian. Molto dipenderà dalle scelte del Dipartimento di Stato Usa e dell’influenza che potrà esercitare sul governo azero.
Zampino Nato anti Mosca
Lunedì il presidente del Comitato europeo per lo sviluppo della Nato, Günther Fehlinger, ha dichiarato che l’Armenia dovrebbe aderire all’Alleanza. Sempre lunedì, il vice ministro degli Esteri armeno Vahan Kostanyan ha detto che il Paese sta collaborando con la Nato ed è pronto a continuare la sua cooperazione. A segnare ulteriormente la distanza da Mosca il primo invio di aiuti umanitari armeni a beneficio della popolazione ucraina.
Nagorno Karabakh, terra contesa dal ‘91
Nel settembre 2020 si è aperto un nuovo capitolo del conflitto tra Armenia ed Azerbaijan sul Nagorno Karabakh. La guerra ebbe inizio nel 1988, con rivendicazioni irredentiste nella regione azera del Nagorno Karabakh, la cui popolazione era costituita per il 75% da armeni. Nel 1991 scoppiò una guerra tra Azerbaijan storico alleato della Turchia e l’Armenia, tradizionalmente sostenuta dalla Russia, che terminò con un cessate il fuoco nel ‘94, lasciando il Nagorno Karabakh sotto l’occupazione dell’Armenia. La «Guerra dei quattro giorni» nell’aprile del 2016, aveva portato ad un armistizio che non ha però mai fermato gli scontri.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-09-08 18:27:402023-09-09 18:28:47Caucaso inquieto, l’Armenia delusa da Mosca manovra con gli Usa (Remocontro 08.09.23)
Non è certo una novità. La regione caucasica, intrico di popoli, etnie, religioni, è sempre stata, per usare un eufemismo, inquieta. E lo è divenuta ancor di più, da che i diversi stati regionali sono divenuti indipendenti dopo il crollo dell’URSS.
Indipendenza che non ha, però, risolto molti nodi. Anzi, ha acuito tensioni e conflitti latenti e compressi dal dominio degli Zar rossi. Quello per il Nagorno Karabach, tra Azeri e armeni, ne è solo l’esempio più eclatante. Non certo l’unico. E, forse, neppure il più pericoloso.
E proprio dall’Armenia giungono, in queste ore, segnali gravidi di minaccia. Che potrebbero far sospettare una, prossima, esplosione di tutta la regione caucasica.
In sintesi, il primo ministro Armeno, Nikol Pashinyan, ha dichiarato pubblicamente che l’alleanza,cormai storica, con la Russia è un peso per Erevan. Un peso dal quale vuole liberarsi al più presto. Reazione secca del Cremlino. Che attraverso il suo portavoce, ha ribadito che il rapporto Russia Armenia è un’alleanza, un’amicizia “fra pari”. Nell’interesse di entrambi. Punto e a capo.
Ma non si tratta solo di parole. Sono state annunciate manovre militari congiunte fra l’esercito armeno e quello statunitense. Quasi una prolusione all’uscita di Erevan dall’alleanza con la Russia. E a un suo ingresso nella NATO.
Cosa questo possa comportare è facile immaginarlo. Trovarsi la NATO nel Caucaso, da sempre il suo “giardino di casa”, non è qualcosa che possa lasciare indifferente Mosca. E neppure Teheran, sino ad oggi l’altro alleato regionale dell’Armenia.
Fabio L. Grassi – che insegna alla Sapienza di Roma ed è uno dei massimi esperti della geopolitica caucasica – ha rilevato come sia angosciante notare che i leader armeni riescano, infallibilmente, a non azzeccarne una.
Infatti, abbandonare il campo russo per passare dalla parte americana, significa, in questo momento, un totale isolamento per l’Armenia. Che si trova circondata, fra vicini ostili. Da un lato Mosca e Teheran che, come dicevo, vedono come fumo negli occhi la presenza NATO nella regione. Dall’altro Azerbaijan e Turchia. Nemici storici. Una inimicizia acuita dalla crisi del Nagorno Karabach. Dove sembra sul punto di riaccendersi il conflitto.
Al di là dei calcoli, ed errori, del governo di Erevan, la situazione che si sta venendo a creare presenta un elevato tasso di rischio. Washington, ormai sempre più cosciente del fallimento ucraino, tende a generare un nuovo focolaio di tensione con Mosca nel Caucaso.
E siccome puntare sulla Georgia, in questo momento, appare difficile, per la riottosità della sua classe dirigente memore dell’infelice esperienza del 2008 – quando Tblisi fu abbandonata a se stessa di fronte al fulmineo attacco russo – punta, ora, sull’Armenia.
Per aprire, a Sud, un nuovo fronte nella complicata partita a scacchi per isolare, e in prospettiva smembrare, la Russia e la sua area di influenza.
Questa operazione potrebbe, però, facilmente scatenare un effetto a catena. Coinvolgendo anche la Turchia. Dove Erdogan non potrà certo accettare supinamente il sostegno, implicito, dell’Amico Americano alle rivendicazioni armene sul Nagorno. A spese di quell’Azerbaijan che, per Ankara, è un “paese fratello”.
L’amministrazione Biden rischia, dunque, un nuovo effetto boomerang. Strappando Erevan alla sfera di influenza russa, segna un ulteriore allontanamento dalla Turchia. E fa sì che Baku, sino a ieri abbastanza vicina a Washington, cominci a guardare con sempre maggiore interesse nella direzione di Mosca.
Il Caucaso è un mosaico delicato e complesso. Spostare una pedina implica sempre un gioco di reazioni a catena. Che possono portare a un ginepraio tale da far sembrare facile da comprendere l”attuale conflitto russo-ucraino.
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.09.2023 – Vik van Brantegem] – Ricordiamo a tutti coloro che parlano di “ambedue le parti” (non indicando chi è l’aggressore – l’Azerbajgian – e chi sono le vittime – l’Artsakh e l’Armenia) e “negoziati di pace”, che cibo e assistenza medica non potranno mai far parte di un accordo di pace. Rendere le persone dipendenti dalla fase del processo di negoziazione per il cibo e l’assistenza medica, che è un diritto umano fondamentale, non è mai una soluzione ad alcun problema.
Una torta nel #ArtsakhBlockade.
«L’amore in una fetta di formaggio, Artsakh. “Ogni giorno tagliavo un pezzo dall’ultima fetta di formaggio e lo lasciavo a lei (la moglie). E lei ne tagliò un altro pezzo, lasciando la fetta a me. Ora l’ultimo pezzo di pane. Dobbiamo quindi porre fine a questa questione”. Colloqui nel blocco #Artsakhblockade» (Lika Zakaryan, giornalista freelance di Artsakh, autore del libro 44 giorni: diario di una guerra invisibile, co-autore del documentario sulla guerra dell’Artsakh Repubblica invisibile).
«Parlando oggi con la madre di una bambina piccola, le ho chiesto se sua figlia ha già iniziato l’asilo. “Questo avrebbe dovuto essere il suo primo giorno di scuola in assoluto, ma è chiusa”. Questa è la storia di solo uno dei 30.000 bambini che vivono sotto il blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian» (Gev Iskajyan).
Accettare la proposta dell’Azerbajgian della “strada di Aghdam” (per la fornitura di “aiuti umanitari”) sì o no in alternativa/complementare al “Corridoio di Lachin” chiuso dall’Azerbajgian dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022 e non permette di entrare gli aiuti umanitarie dal ponte Hakari, è semplicemente osceno. Significa imporre “trattative” per l’integrazione forzata dall’Artsakh in Azerbajgian, in violazione dei diritti umani, del diritto umanitario internazionale e del diritto all’autodeterminazione del popolo di Artsakh.
A differenza dell’Azerbajgian sul territorio sovrano dell’Armenia, l’Armenia che non ha pretese sul territorio sovrano dell’Azerbajgiano, mentre l’Azerbajgian viola i diritti dell’Artsakh con la forza e la minaccia della forza.
Il trattamento riservato all’Armenia e all’Artsakh da coloro che la circondano è motivo di vergogna a livello internazionale. Ancora una volta, i crimini di una nazione ricca di risorse vengono ignorati, e un popolo con una storia così ricca e lunga ne paga il prezzo.
L’Esercito di Difesa della Repubblica di Artsakh smentisce il rapporto dell’Azerbaigian di essere stato “contrastato” mentre lavorava sulle trincee lungo la linea di contatto nell’area di Askeran/Aghdam: «La dichiarazione diffusa dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian afferma che l’8 settembre intorno alle ore 00.25 , le forze di difesa dell’Artsakh hanno effettuato lavori di fortificazione nella regione di Askeran che presumibilmente erano stati sospesi dalle forze armate azere è un’altra disinformazione». Tali rapporti da parte azere sono diventati un evento quotidiano negli ultimi due mesi o più, cambiando la dinamica delle semplici accuse di violazione del cessate il fuoco. Sebbene non siano stati verificati in modo indipendente, riflettono la crescente tensione tra le parti.
Secondo il giornalista Abbas Juma, nel contesto dell’escalation armeno-azera, è arrivato un rapporto dall’Iran secondo cui un drone Shahed 171 da ricognizione è stato avvistato nel cielo vicino a Syunik e ai confini di Iran, Azerbajgian e Armenia.
I servizi segreti siriani condivideranno informazioni sui mercenari con l’Armenia
Secondo fonti strettamente legate al Maggiore Generale Ali Mamluk, Capo del Dipartimento di sicurezza nazionale siriano, è stato riferito che i servizi segreti siriani forniranno all’Armenia dati di intelligence riguardanti mercenari affiliati a gruppi filo-turchi che operano nelle regioni del Paese occupate dalla Turchia. Questi mercenari potrebbero potenzialmente essere trasferiti dalla Turchia in Azerbajgian in caso di guerra. Vale la pena notare che la Siria ha tradizionalmente mostrato sostegno all’Armenia nel conflitto con l’Azerbajgian e la Turchia.
I membri dell’Organizzazione degli Stati Turchi discutono della “gestione dell’emergenza” a Baku, mentre l’Azerbajgian stesso sta effettivamente creando un disastro umanitario, condannando con il #ArtsakhBlockade gli Armeni dell’Artsakh alla carestia.
Erdoğan ha definito “provocatorio” il comportamento dell’Armenia
Il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan si è espresso ancora una volta in modo errato nel suo discorso sull’Armenia. Secondo Anadolu, Erdoğan, riferendosi alle sfide che minacciano la stabilità nella regione, si è riferito anche all’Armenia, sostenendo che la sensibilità degli equilibri è preservata soprattutto grazie al comportamento “provocatorio” dell’Armenia nel Caucaso.
La Commissione per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti terrà la prossima settimana un’audizione sul blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbaigian
Il Senato degli Stati Uniti ha annunciato che la Commissione per le relazioni estere al completo terrà un’audizione per “valutare la crisi nel Nagorno-Karabakh”, giovedì 14 settembre 2023 alle ore 10.00. Verranno ascoltato due funzionari dell’Ufficio per gli affari europei ed eurasiatici del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti: la Signora Yuri Kim, Segretario aggiunto facente funzioni, e il Signor Lou Bono, Consulente senior per i negoziati sul Caucaso.
Dichiarazione del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia
7 settembre 2023
Il Ministero degli Esterni armeno ieri ha rilasciato una dichiarazione – che riportiamo nella nostra traduzione italiana dall’inglese – in cui sottolinea che l’Armenia resta impegnata nell’agenda di pace e stabilità nel Caucaso meridionale, sottolineando al contempo la necessità di segnali verbali e pratici simili da parte di Baku. Inoltre, che il blocco del Corridoio di Lachin, la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh e l’assenza del dialogo Baku-Stepanakert nell’ambito di un meccanismo internazionale non contribuiscono al miglioramento dell’atmosfera nella regione.
Per quanto riguarda la dichiarazione rilasciata dal Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian dopo il discorso del Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan alla riunione del governo armeno del 7 settembre 2023, riteniamo necessario sottolineare quanto segue.
Gli stessi utenti azeri delle reti sociali e dei media hanno pubblicato informazioni sull’accumulo di truppe azerbajgiane vicino al confine armeno-azerbajgiano e lungo la linea di contatto nel Nagorno-Karabakh, il che è confermato anche da informazioni provenienti da altre fonti.
Nel suddetto discorso, il Primo Ministro armeno ha dichiarato che l’Armenia è impegnata a rispettare gli accordi raggiunti il 6 ottobre 2022 a Praga, il 31 ottobre 2022 a Sochi e il 14 maggio 2023 a Brussel, che hanno confermato il reciproco riconoscimento incondizionato da Armenia e Azerbajgian della reciproca integrità territoriale. L’Armenia non ha rivendicazioni territoriali contro l’Azerbajgian e si aspetta lo stesso dall’Azerbajgian, che non ha ancora confermato pubblicamente il proprio impegno nei confronti di questi accordi.
L’Armenia non è interessata ad una escalation militare, ha proposto meccanismi per escludere tali rischi, ma finora non ha ricevuto risposte. L’Armenia è pronta a discutere anche l’introduzione di altri meccanismi efficaci.
L’Armenia è pronta a continuare a compiere sforzi attivi per completare il lavoro sulla bozza dell’accordo do pace e la normalizzazione delle relazioni con l’Azerbajgian e firmarlo il prima possibile.
L’Armenia è impegnata e resta impegnata nell’agenda di pace e stabilità nel Caucaso meridionale, sottolineando al contempo la necessità di segnali verbali e pratici simili da parte di Baku.
È ovvio che il blocco del Corridoio di Lachin, la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh e l’assenza del dialogo Baku-Stepanakert nell’ambito di un meccanismo internazionale non contribuiscono al miglioramento dell’atmosfera nella regione.
Il Ministro degli Esteri azero ha lanciato false accuse contro l’Armenia durante l’incontro con il Rappresentante speciale del Ministero degli Esteri russo
Il Ministro degli Esteri azerbajgiano, Jeyhun Bayramov, ha ricevuto il co-Presidente russo del Gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Igor Khovaev, Rappresentante Speciale del Ministero degli Esteri russo per le questioni delle relazioni armeno-azerbajgiani. Durante l’incontro Bayramov ha lanciato false accuse contro l’Armenia. Secondo l’agenzia statale azera News.am, Bayramov ha accusato l’Armenia di provocazioni, cosa che sta facendo Baku. Secondo i media statali azeri, Bayramov ha continuato a fornire al diplomatico russo informazioni errate sulle azioni della parte armena, che presumibilmente minano gli sforzi volti a stabilire una pace stabile nella regione. Allo stesso tempo, il Ministro degli Esteri azero ha dimenticato di ricordare numerosi crimini, nonché violazioni dei punti della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, che si riferiscono al ritorno dei prigionieri di guerra e di altri detenuti, nonché al mantenimento del regime di controllo russo degli accessi al Corridoio di Lachin e che l’Artsakh è sotto blocco da 9 mesi.
«L’Azerbajgian deve porre fine immediatamente al blocco umanitario del Corridoio di Lachin, la fame e l’espulsione non possono essere una base per una convivenza pacifica» (Michael Roth, Presidente della Commissione per gli Affari Esteri del Bundestag tedesco).
Parole al vento senza significato nel mondo reale dell’Artsakh. Il tempo delle parole è scaduto da 9 mesi. Poi, non si tratta di un blocco “umanitario”, ma di un blocco tout court. Il Corridoio di Lachin deve essere aperto in ambedue le direzioni senza ostacoli (quindi le forze armate dell’Azerbajgian devono uscire dal corridoio) per persone, merci e veicoli. Ripetiamolo: non solo per traffico “umanitario”.
Il deputato repubblicano del Texas, Patrick Edward “Pat” Fallon, ha dichiarato che le parole devono essere trasformate in azioni e che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, deve essere ritenuto responsabile della sua campagna di pulizia etnica nell’Artsakh. Così ha risposto Fallon alla (ennesima) conversazione telefonica tra il Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, e Aliyev, durante la quale Blinken ha ripetuto l’appello per l’apertura del Corridoio di Lachin. Aliyev ha archiviato con cura questo appello con i precedenti: nel bidone dei rifiuti (sicuro, l’ha detto lui stesso mesi fa che è questo il destino degli appelli).
«Il Segretario di Stato Blinken chiede giustamente la fine del blocco del Corridoio di Lachin, ma queste parole devono essere seguite da azioni significative, soprattutto perché la crisi umanitaria nell’Artsakh continua a peggiorare», ha scritto Fallon in un post sul suo account Twitter.
Il deputato ha sottolineato l’importanza di assicurare alla giustizia il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, per l’instaurazione della pace: «I crimini di Aliyev contro l’umanità e la sua deliberata campagna di pulizia etnica nell’Artsakh devono avere delle conseguenze», ha scritto, aggiungendo che la pace non sarà stabilita nel Caucaso se «Aliyev non sarà ritenuto responsabile dell’aggressione dell’Azerbajgian contro il popolo armeno».
L’Azerbaigian usa la fame come strumento per distruggere gli Armeni. L’intervista del Ministro degli Esteri dell’Artsakh al quotidiano francese Ouest-France
Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh, Sergey Ghazaryan, ha rilasciato un’intervista al quotidiano francese Ouest-France, che riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana.
Qual è la situazione nella Repubblica di Artsakh dalla fine della guerra del 2020?
L’Azerbajgian continua la sua retorica minacciosa e la politica genocida contro gli Armeni. Innanzitutto, il 9 gennaio 2022 è stata interrotta la fornitura di elettricità dall’Armenia all’Artsakh e poi, a metà marzo, anche la fornitura di gas. Successivamente, la parte azera ha istituito un posto di blocco illegale nel Corridoio di Lachin. Dal 15 giugno l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia è completamente bloccata per persone, cibo, medicinali e altri beni essenziali.
Quali sono le conseguenze del blocco? Le famiglie vengono separate dall’una e dall’altre parre, il normale funzionamento degli ospedali viene interrotto. A causa della mancanza di carburante, i lavoratori agricoli non possono coltivare la terra. Inoltre, sono presi di mira quotidianamente dalle forze armate dell’Azerbajgian, che mirano a ostacolare qualsiasi tipo di attività economica nell’Artsakh e ad aggravare ulteriormente la carestia. Questo è un disastro umanitario.
Le nostre scorte sono esaurite. abbiamo solo una scorta di farina e pane per pochi giorni. La causa di una morte su tre nell’Artsakh è la fame e la malnutrizione. Immaginate cosa accadrà se a questo blocco non verrà posto fine. È necessario adottare misure immediate, altrimenti sarà troppo tardi.
Secondo lei la carestia è organizzata in modo deliberato? Sì, i maggiori esperti internazionali definiscono la situazione come un genocidio. L’Azerbajgian usa la fame come strumento per annientare gli Armeni.
Come si può prevenire questo genocidio? I leader dei Paesi e l’ONU devono dar prova di volontà politica. La comunità internazionale ha l’obbligo e la capacità di prevenire i genocidi. Le organizzazioni internazionali competenti sono adeguatamente informate sulla situazione nell’Artsakh. Dovrebbero farne una valutazione obiettiva. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite può adottare una risoluzione adeguata che invita l’Azerbajgian a porre fine al blocco. Le organizzazioni internazionali dovrebbero imporre sanzioni ai responsabili del blocco e inviare aiuti umanitari con tutti i mezzi possibili, anche per via aerea.
Facciamo appello al mondo libero e progressista affinché tuteli i diritti delle persone e dei popoli. Non perdiamo tempo, perché, dopo tutto, si tratta di prevenire il genocidio.
Bloccare gli aiuti umanitari a NK è una violazione dei diritti umani
Il Partito Europeo dei Verdi ha scritto in un post su Twitter: «Situazione critica nel Corridoio di Lachin. Le forze azere bloccano l’ingresso degli aiuti umanitari nel Nagorno-Karabakh. È una violazione dei diritti umani». Inoltre, si sottolinea anche l’appello del Ministro degli Esteri tedesco, Annalena Berbock, all’Azerbajgian e alla Russia di aprire il Corridoio di Lachin per agli aiuti umanitari.
Un dipendente della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian è stato visto frequentare campi militari in stile “gioventù hitleriana”. Questo per quanto riguarda l’“indipendenza”, come se qualsiasi organizzazione in Azerbajgian potesse esistere senza approvazione del Presidente autocratico Ilham Aliyev.
«50 rabbini europei hanno inviato una lettera al Presidente dell’Armenia e a Nikol Pashinyan chiedendo loro di onorare le terribili sofferenze umane subite dal popolo ebraico e di smettere immediatamente di usare espressioni come “genocidio” e “pulizia etnica” per scopi politici nel conflitto con l’Azerbajgian» (Rahman Mustafaev, Ambasciatore dell’Azerbajgian nel Regno dei Paesi Bassi).
Della lettera del Centro Rabbinico d’Europa (RCE) alla leadership armena abbiamo riferito ieri [QUI].
Ricordiamo che l’8 agosto 2023 in un articolo su Le Point, lo storico e saggista ebreo Marc Knobel si è indignato per l’imminente Conferenza dei Rabbini europei, presieduta dal Rabbino Pinchas Goldschmidt, che si terrà a novembre in Azerbajgian, Paese aggressore dell’Armenia e dell’Artsakh: «Rabbini, mi vergogno e sono ebreo» [QUI]. La Conferenza dei Rabbini Europei che si terrà in Azerbaigian a novembre, denuncia Marc Knobel.
Questi idioti a Baku non si rendono neanche conto di quanto tutto questo sia controproducente e si stia per rivelarsi un boomerang. Stanno utilizzando come arma la memoria della Shoah per far sparire dalla cronaca le accuse di genocidio nel #ArtsakhBlockade. Ma sbagliano: non è Nikol Pashinyan che lo chiama genocidio, ma la comunità internazionale. Il fatto che il #ArtsakhBlockade sia genocidio in atto non è solo l’opinione degli Armeni, è l’opinione di esperti, ovvero studiosi e storici del genocidio indipendenti e non affiliati al governo. E lo scrive anche l’ebreo Marc Knobel: «Rabbini e cari amici, sapete che l’Azerbajgian sta effettuando la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh».
La Prof.ssa Brenda Shaffer ha scritto in un post su Twitter: «L’Armenia ha lanciato i missili balistici Iskander di fabbricazione russa contro la capitale dell’Azerbajgian, Baku, negli ultimi giorni delle ostilità nel novembre 2020. Tuttavia, le forze azere hanno intercettato il missile con un sistema di difesa aerea Barak-8 acquistato da Israel Aerospace Industries».
Ringraziamo la Prof.ssa Brenda Shaffer, lobbysta di lunga data per il regime genocida dell’Azerbajgian, per aver dimostrato ancora una volta che l’avidità di Israele è quella di assistere l’Azerbajgian per un secondo genocidio armeno.
Nella foto sopra si puoi vedere chiaramente il Ministro delle Difesa dello Stato di Israel, Yoav Gallant, che guarda la foto di Artsakh, godendo della fame degli Armeni.
Israel è complice dei crimini dell’Azerbajgian, quindi co-responsabile del genocidio armeno 2023. Vergogna, si tradiscono se stessi per 30 denari e il gas azero/russo.
Segnaliamo
– Preparativi di guerra in Azerbajgian per il Nagorno-Karabakh di Mariano Giustino – The Huffington Post, 7 settembre 2023 [QUI]: «Il rischio di escalation nel Caucaso meridionale è concreto: Israele e Turchia inviano armi agli Azeri; l’Armenia si ritira dal CSTO, prende le distanze dal suo alleato di lunga data, la Russia, a causa del tradimento subito per la indifferenza davanti all’aggressività di Baku. Il momento migliore per fermare una guerra è prima che inizi e forse è quello che avrà pensato il Presidente francese Emmanuel Macron che, secondo fonti armene, è atteso a Yerevan il 9 e il 10 settembre e subito dopo dovrebbe recarsi nella capitale azera. Ci sono molteplici segnali che indicano un enorme aumento di movimenti di truppe in Azerbajgian al confine con l’Armenia».
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI
271° giorno del #ArtsakhBlockade – Parte 2. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Grande pericolo che Azerbajgian inizi presto una terribile guerra contro Artsakh e Armenia (Korazym 08.09.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.09.2023 – Vik van Brantegem] – Riportiamo di seguito le analisi del giornalista ameno Robert Ananyan sulla situazione nel Caucaso meridionale e il pericolo di una guerra imminente dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Armenia e la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, che «sarebbe più corretto chiamare l’imminente guerra russo-azera contro gli Armeni», osserva. Presentando l’intero contesto della situazione esplosiva di oggi, conclude: «L’imminente terribile guerra russo-azerbajgiana potrebbe essere evitata se gli Stati Uniti, l’Unione Europea e altri centri geopolitici costringessero l’Azerbajgian ad abbandonare questo scenario sanguinoso. Sono sicuro che il Nagorno-Karabakh e l’Armenia siano pronti a proseguire i negoziati di pace e ottenere un risultato».
«Il governo armeno ha annunciato per la prima volta che la sua dipendenza unilaterale in termini di sicurezza dalla Russia è stato un errore strategico. Questa è una diagnosi importante e accurata. Allo stesso tempo, vediamo che l’Armenia comunica liberamente e rafforza la cooperazione con i Paesi occidentali, gli Stati Uniti, la Francia e l’Unione Europea. Oggi l’India è un importante partner per la sicurezza. Ciò potrebbe significare che l’Armenia sta cercando di bilanciare la propria politica estera. Per decenni, la malsana dipendenza dalla Russia si è approfondita a tal punto che anche il solo fatto di inviare aiuti umanitari all’Ucraina è visto dal Cremlino e dai suoi propagandisti come l’inizio di una guerra da parte dell’Armenia.
La dipendenza dell’Armenia dalla Russia non riguarda solo il campo della sicurezza. Oggi l’energia armena (gas, energia nucleare), le ferrovie e altri settori continuano a essere sotto l’influenza della Russia. Spero che l’Armenia decida presto di costruire una centrale nucleare con gli Stati Uniti, e non con la Russia. Un simile dilemma esiste ora.
Dopo aver iniziato la guerra contro l’Ucraina, la Russia non vende più armi all’Armenia. Persino i Russi non forniscono le armi pagate dall’Armenia (circa 700 milioni di dollari). A breve termine, ciò crea problemi di sicurezza, perché l’Azerbajgian inizierà presto una guerra contro l’Armenia. Ma sul lungo termine è positivo essere privati della fonte delle armi russe. Ciò costringe il governo armeno a pensare a diversificare il mercato dell’acquisto di armi e ad abbandonare la dipendenza dalla Russia. L’emergere di nuove e diversificate fonti di armi consentirà all’Armenia di perseguire una politica indipendente dalla Russia.
Negli anni precedenti, la Russia ha stabilito la propria egemonia sull’Armenia, ponendola in una dipendenza dal punto di vista della sicurezza. Questo è il motivo per cui le alte autorità armene sono state costrette a votare in modo neutrale o a favore della Russia nelle strutture internazionali riguardanti i problemi dell’Ucraina.
Tuttavia, ad oggi, l’Armenia non ha mai votato a favore di alcuna risoluzione che giustifichi l’aggressione della Russia. L’Armenia non sostiene l’aggressione della Russia contro l’Ucraina, come ha annunciato il Primo Ministro armeno. Credo che l’Armenia non sarebbe stata in grado di inviare aiuti umanitari all’Ucraina se la Russia fosse rimasta, come prima, la fonte del 95% dei suoi acquisti di armi. È stato un fatto crudele e scioccante per la società armena scoprire che la Russia e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) hanno abbandonato i loro doveri di garanti della sicurezza. Il 22 febbraio 2022 Putin e Aliyev hanno firmato una dichiarazione che conferma le relazioni di alleanza.
Sappiamo che l’alleanza russo-azerbajgiana contro l’Armenia è iniziata almeno dal 2007, quando la Russia ha iniziato a vendere armi letali all’Azerbajgian, il cui volume ha raggiunto miliardi di dollari. Nel 2020, il 67% dell’arsenale dell’Azerbajgian era fornito da Russia e Bielorussia, che sono formalmente alleati dell’Armenia nella CSTO.
Tuttavia, nella guerra dei 44 giorni del 2020, la Russia ha fornito sostegno militare, di intelligence, politico e diplomatico all’Azerbajgian, grazie al quale ha sconfitto l’esercito di difesa del Nagorno-Karabakh, cambiando radicalmente la situazione nelle relazioni armeno-russe. La Russia, insieme a Turchia e Azerbajgian, ha stretto un accordo contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, portando a termine una “operazione di successo” in Karabakh.
La politica non allineata, direi traditrice, della Russia nei confronti dell’Armenia è finalmente diventata evidente per la società armena.
Oltre ad armare l’Azerbajgian, durante le aggressioni militari azere iniziate dal 12 maggio 2021, la Russia non solo non ha sostenuto la sicurezza dell’Armenia, come era obbligata a fare, ma è stato anche scoperto che il ricatto militare dell’Azerbajgian è sponsorizzato dalla stessa Russia.
Mesi fa, durante la riunione dell’Unione Economica Eurasiatica (EEU), Aliyev ha affermato apertamente che la Russia sostiene l’Azerbajgian nel progetto azero del “Corridoio di Zangezur”. Il “Corridoio di Zangezur” è una rivendicazione territoriale nei confronti dell’Armenia da parte dell’Azerbajgian, con l’obiettivo di creare un corridoio attraverso il territorio dell’Armenia fino a Nakhichevan.
La Russia afferma inoltre di voler schierare truppe tra Armenia e Azerbajgian, parallelamente al processo di demarcazione dei confini, ma spero che, oltre all’Armenia, anche l’Azerbajgian sarà contrario.
Oggi nulla mantiene l’Armenia vicina alla Russia. Penso che sia ovvio che il contingente delle forze di mantenimento della pace russo non impedirà all’Azerbajgian di iniziare una guerra contro il Nagorno-Karabakh. La Russia non ha nulla da offrire o da dare all’Armenia, né in senso militare e politico, né in termini di valore. La Russia non ha uno stato alleato. La Russia offre ai suoi vicini la schiavitù, il ritorno all’Unione Sovietica, cioè l’occupazione.
L’Armenia ratificherà lo Statuto di Roma, che le darà la possibilità di denunciare i crimini di guerra dell’Azerbajgian presso la Corte Penale Internazionale. Di conseguenza, Putin non potrà più venire in Armenia.
L’Armenia conduce esercitazioni militari con gli Stati Uniti, inviando all’Occidente il messaggio che la considera un partner per la sicurezza. La prossima esercitazione armeno-americana dovrebbe essere Defender2024.
La visita della consorte del Primo Ministro armeno in Ucraina dimostra, che l’Armenia non è indifferente alle sofferenze del popolo ucraino e che l’atteggiamento dell’Armenia nei confronti della guerra contro l’Ucraina è negativo.
Il richiamo del Rappresentante armeno nella CSTO e il rifiuto di partecipare alle esercitazioni militari della CSTO dimostrano che Yerevan si ritirerà presto da quell’alleanza guidata dalla Russia. Ciò dimostrerà ancora una volta la disponibilità dell’Armenia a sviluppare un partenariato di sicurezza con l’Occidente. Gli osservatori dell’Unione Europea sono in Armenia, mentre Azerbajgian e Russia prendono molto sul serio la loro presenza. Hanno proposto il dispiegamento di osservatori della CSTO, ma l’Armenia ha preferito gli osservatori dell’Unione Europea.
L’Armenia dovrebbe anche annunciare le sue ambizioni di aderire all’Unione Europea e presentare una domanda ufficiale di adesione. I principali stati dell’Unione Europea, Germania e Francia, sostengono apertamente la prospettiva europea dell’Armenia. Penso che il prossimo passo per Yerevan dovrebbe essere l’adesione all’Unione Europea.
L’Armenia si trova in una situazione geopolitica estremamente difficile, a causa del pericolo di guerre costanti. La Russia sta utilizzando l’Azerbajgian come strumento di ricatto militare per impedire a Yerevan di abbandonare la sfera di influenza russa. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Francia e la Germania sono obbligati a frenare l’evidente intenzione dell’Azerbajgian di intraprendere una nuova guerra.
Accelererà inoltre la costruzione di strette relazioni tra l’Armenia e l’Occidente. È necessario che vengano firmati nuovi documenti tra i Paesi occidentali e l’Armenia per porre il partenariato su basi solide» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«C’è il grande pericolo che l’Azerbajgian inizi presto una guerra contro il Nagorno Karabakh e l’Armenia. Sarebbe più corretto chiamare l’imminente guerra russo-azera contro gli Armeni. Consideriamo insieme l’algoritmo dell’attacco militare dell’Azerbajgian e anche i parametri del sostegno della Russia all’Azerbajgian. La Russia incoraggerà l’Azerbajgian a spostare la guerra nel territorio dell’Armenia.
Il 9 settembre è prevista l’elezione di un nuovo Presidente da parte dell’Assemblea nazionale del Nagorno-Karabakh, poiché il Presidente eletto nel 2020, Arayik Harutyunyan, si è dimesso. L’Azerbajgian chiede lo scioglimento delle istituzioni statali del Nagorno-Karabakh: l’amministrazione presidenziale, l’Assemblea Nazionale.
Esiste la possibilità che l’Azerbajgian lanci un attacco militare contro l’Artsakh per impedire al parlamento di eleggere un nuovo presidente, dando così inizio al collasso del sistema statale nel Nagorno-Karabakh.
Non è escluso che, parallelamente all’accumulo di truppe ed equipaggiamento militare nelle zone di confine Armenia-Azerbajgian, Karabakh-Azerbajgian, l’Azerbajgian abbia già avanzato tali richieste agli Armeni del Nagorno-Karabakh.
Prima di ogni guerra, l’Azerbajgian inventa false narrazioni da presentare ai diplomatici degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e di altri Paesi per convincerli che la sua “guerra è giusta”.
Le tesi della guerra imminente sono già note. L’Azerbajgian dichiara che l’Armenia ha truppe militari costituite da 10.000 soldati in Karabakh. Baku falsifica che con il comunicato del 9 novembre 2020 l’Armenia si è impegnata a disarmare il Nagorno-Karabakh.
Non ci sono forze armate nel Nagorno Karabakh sotto il Ministero della Difesa dell’Armenia.
L’Azerbajgian manipola il sostegno interstatale dell’Armenia al Nagorno-Karabakh, sostenendo che Yerevan finanzia gruppi armati illegali. A seguito della guerra del 2020, decine di migliaia di persone sono state private delle loro case a causa dell’occupazione dei territori e degli insediamenti del Nagorno-Karabakh. Per fornire loro alloggi e superare la difficile situazione sociale, l’Armenia stanzia questi soldi al Nagorno-Karabakh.
Tuttavia sì, esiste l’esercito di difesa del Nagorno-Karabakh, composto da Armeni locali. L’esercito di difesa esiste perché l’Azerbajgian si prepara alla guerra e al genocidio degli Armeni. In altre parole, se non ci sarebbe un esercito di difesa, l’Azerbajgian ucciderebbe e deporterebbe i 120.000 Armeni in tre ore.
L’Azerbajgian si rifiuta di negoziare con Stepanakert attraverso il meccanismo internazionale sui diritti e le questioni di sicurezza degli Armeni e di fornire garanzie di sicurezza. Forse durante i negoziati sarebbe possibile raggiungere un accordo con il Nagorno.Karabakh reciprocamente accettabile, verrebbero forniti meccanismi di sicurezza affidabili e l’esistenza dell’esercito di difesa diventerebbe priva di significato? Baku non andrà in questa direzione.
L’Azerbajgian utilizza il processo di negoziazione per iniziare una guerra. Baku non fornisce meccanismi fondamentali di sicurezza e diritti ai 120.000 Armeni del Nagorno.Karabakh e li minaccia con un ultimatum per accettare il piano di integrazione dell’Azerbajgian.
È naturale che senza diritti e garanzie di sicurezza Stepanakert non aderirà al piano di integrazione. L’Azerbajgian sfrutta il rifiuto del Nagorno-Karabakh accusando Stepanakert di distruttività. E Baku dichiara che il Nagorno-Karabakh non accetta le sue proposte costruttive, pertanto l’Azerbajgian è costretto a lanciare un’operazione militare per stabilire il controllo azero sul Nagorno-Karabakh. Prima della guerra, l’Azerbajgian dichiara anche che la parte armena ha attrezzature militari pesanti in Karabakh e continua a piazzare mine, non fornisce mappe accurate delle aree minate e non rivela i luoghi delle fosse comuni.
Gli Azerbajgiani accusano oggi l’Armenia di aver fornito attrezzature militari al Nagorno-Karabakh, nonostante il Corridoio di Lachin sia chiuso e 120.000 Armeni siano condannati alla fame. Questo è assurdo.
Tuttavia, è probabile che durante questo periodo ci sarà una forte pressione internazionale e l’Azerbajgian non impedirà l’elezione di un nuovo Presidente. Ma, ciò non farà altro che rinviare la guerra. In ogni caso, la comunità internazionale ritiene che dovrebbe aver luogo un negoziato Baku-Stepanakert, durante il quale il Nagorno Karabakh dovrebbe presentare i suoi rappresentanti eletti.
Se l’Azerbajgian ostacolasse lo svolgimento delle elezioni, non ci sarà il Presidente eletto del Nagorno-Karabakh e i suoi rappresentanti con cui Baku dovrà negoziare. Se fosse possibile convincere Baku ad abbandonare il terrorismo e la retorica militare e a incontrare Stepanakert, è possibile che Aliyev non lancerà un attacco militare in questo momento.
Spesso la gente mi chiede se la Russia accetterà l’attacco dell’Azerbajgian all’Armenia e al Nagorno-Karabakh. Penso che i fatti indichino che sì, sarà d’accordo. La Russia ha interessi affinché l’Azerbajgian inizi una guerra. Innanzitutto va notato che l’Azerbajgian avrà il sostegno della Russia. La Russia incoraggerà l’Azerbajgian a spostare la guerra nel territorio dell’Armenia. Perché?
Le posizioni della Russia si stanno indebolendo nel Caucaso meridionale. In particolare, Azerbajgian e Turchia hanno un piano per espellere le forze di mantenimento della pace russe dal Nagorno-Karabakh. Mesi fa, Erdoğan annunciò che le forze di mantenimento della pace russe avrebbero dovuto lasciare il Nagorno-Karabakh nel 2025.
La Russia cercherà una nuova area. Sì, la Russia ha attualmente una base militare in Armenia, ma il Cremlino deve essere costantemente al centro dell’Armenia e dell’Azerbajgian per trarre costantemente vantaggio dai conflitti tra questi due stati. La Russia può incoraggiare l’Azerbajgian a iniziare una guerra contro l’Armenia oltre al Nagorno Karabakh.
Il calcolo russo è che, a causa della guerra, la parte armena si indebolirà e si rivolgerà a Mosca per chiedere aiuto. So da fonti diplomatiche che la Russia voleva disporre delle truppe lungo tutto il confine contemporaneamente ai lavori di demarcazione del confine armeno-azerbajgiano.
Tuttavia, la parte armena ha già insistito affinché le truppe venissero ritirate dal confine armeno-azerbajgiano e le guardie di frontiera venissero richiamate. Ora la Russia vorrebbe che l’Azerbajgian occupasse i territori sovrani dell’Armenia. Questa sarà l’occasione per la Russia di schierare truppe al confine tra Armenia e Azerbajgian.
Per la Russia è vantaggioso che gli attacchi militari dell’Azerbajgian siano diretti a alla regione di Syunik, che si trova nel sud dell’Armenia, in modo che possano finalmente ottenere un corridoio dall’Armenia (il “Corridoio di Zangezur). L’attacco dell’Azerbajgian a Syunik è un’altra opportunità per aumentare la possibilità di dare all’Azerbajgian un corridoio sotto il controllo russo.
Ilham Aliyev ha recentemente ammesso alla riunione dell’Unione Economica Eurasiatica (EEU) che la Russia sostiene l’idea dell’Azerbajgian di ottenere un corridoio (il Corridoio di Zangezur) dall’Armenia. La Russia sostiene l’occupazione da parte dell’Azerbajgian di un corridoio sovrano dall’Armenia, lo spiegamento di truppe russe nel corridoio e il controllo della rotta stradale Azerbajgian-Nakhchivan-Turchia.
C’è un’altra ragione per cui la Russia sostiene i piani militari dell’Azerbajgian contro l’Armenia. Lo spiegamento della Missione di osservazione dell’Unione Europea in Armenia a partire dall’ottobre 2022 ha causato grande insoddisfazione in Russia.
L’Armenia ha rifiutato l’offerta di Mosca di schierare osservatori della CSTO. A proposito, nella versione preliminare dell’Accordo trilaterale del 9 novembre 2020, le forze di mantenimento della pace russe avrebbero dovuto essere schierate a Syunik, nel settore di Meghri, per garantire la sicurezza del corridoio Azerbajgian-Nakhchivan-Turchia. Questa era la proposta della Russia, ma su richiesta dell’Armenia è stata rimossa questa clausola, motivo per cui i russi non sono stati schierati a Syunik.
Tuttavia, ciò non significa che la Russia abbia rinunciato a questa idea. Se l’Azerbajgian attacca Syunik, è un’opportunità per la Russia di schierare le sue forze di mantenimento della pace anche nella regione meridionale dell’Armenia. Quindi, anche l’imminente attacco dell’Azerbajgian all’Armenia sarà un attacco basato sugli interessi della Russia. In Armenia c’è un’opinione sbagliata secondo cui la Russia impedirà l’occupazione azera del Nagorno-Karabakh.
Recentemente, il Ministero degli Esteri russo ha annunciato che, dopo che l’Armenia ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, lo status delle forze di mantenimento della pace russe di stanza nel Nagorno-Karabakh è cambiato. Per questo la Russia incolpa l’Armenia per la chiusura del Corridoio di Lachin. Questa è, ovviamente, una menzogna, perché dopo il 9 novembre 2020, Vladimir Putin ha riconosciuto il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian e, nonostante ciò, le forze di mantenimento della pace russe erano di stanza lì.
Se lo status delle forze di mantenimento della pace russe e le condizioni del loro dispiegamento fossero cambiati, quale nuovo status avrebbero ricevuto?
La Russia ha difficoltà a dimostrare all’Azerbajgian la necessità della sua presenza nel Nagorno-Karabakh. Il nuovo piano di Lavrov presuppone l’integrazione del Nagorno-Karabakh nell’Azerbajgian. Se notate, nel piano russo non si fa menzione delle forze di mantenimento della pace russe o di qualsiasi altro meccanismo di sicurezza nel Nagorno Karabakh.
Il nuovo status delle forze di mantenimento della pace russe sarà quello di sostenere il processo di integrazione del Nagorno-Karabakh nell’Azerbajgian. Tuttavia, penso che in realtà le forze di mantenimento della pace russe sosterranno l’Azerbajgian nello spopolare del Nagorno-Karabakh. Questo è già iniziato.
La Russia distribuisce passaporti russi ad alcuni Armeni del Nagorno-Karabakh e li espelle dal Karabakh. Questo è il modo in cui la Russia contribuisce alla politica di pulizia etnica dell’Azerbajgian. In altre parole, la Russia non ha problemi con l’occupazione del Nagorno-Karabakh.
Per la Russia non è importante se nella piazza del Rinascimento di Stepanakert sventola la bandiera armena o quella azera. Ciò che è importante per Mosca è che ci siano diverse migliaia di Armeni in Karabakh, in modo che le forze di mantenimento della pace russe abbiano un motivo per restare. Naturalmente, durante il suo prossimo attacco militare, l’Azerbajgian non prenderà di mira le forze di mantenimento della pace russe, ma effettuerà attacchi mirati contro l’esercito di difesa del Karabakh.
L’imminente terribile guerra russo-Azerbajgiana potrebbe essere evitata se gli Stati Uniti, l’Unione Europea e altri centri geopolitici costringessero l’Azerbajgian ad abbandonare questo scenario sanguinoso. Sono sicuro che il Nagorno-Karabakh e l’Armenia siano pronti a proseguire i negoziati di pace e ottenere un risultato.
Ho presentato l’intero contesto della situazione esplosiva di oggi. Pace a tutti (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI
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Dall’11 settembre via alle manovre di Erevan con gli Stati Uniti per «favorire la cooperazione». Resta aperta la questione del Nagorno Karabakh e della popolazione armena che vive qui
Proteste contro il premier armeno Pahinyan nella capitale Yerevan – Ansa
Un’esercitazione congiunta con gli Stati Uniti a partire dalla prossima settimana. Lo ha annunciato l’Armenia, in un momento di crescente tensione militare con i vicini dell’Azerbaigian e mentre a proteggere la minoranza armena in territorio dovrebbero essere i militari russi, che non sono però riusciti a sbloccare il corridoio di Lachin, unica via d‘accesso per viveri e farmaci ai 120 mila armeni del Nagorno-Karabakh. Anche per questa ragione Yerevan si appresta a lasciare la Csto, l’organizzazione di assistenza militare reciproca dei Paesi ex Urss.
Il Ministero della Difesa armeno ha dichiarato che lo scopo dell’esercitazione “Eagle Partner 2023”, che si terrà dall’11 al 20 settembre, è quello di favorire la collaborazione con gli Usa e preparare le forze armate a partecipare a missioni internazionali. Un portavoce dell’esercito americano ha dichiarato che parteciperanno 85 soldati statunitensi e 175 armeni. Ci saranno anche membri della della Guardia Nazionale del Kansas, che da vent’anni collaborano con Yerevan.
La mossa arriva in un momento di forte frustrazione armena nei confronti dell’alleato Mosca. Il primo ministro Nikol Pashinyan ha accusato la Russia, impegnata nella guerra con l’Ucraina, di non essere riuscita a proteggere l’Armenia da ciò che ha definito «continua aggressione da parte dell’Azerbaigian». Nonostante le dimensioni ridotte dell’esercitazione, la Russia ha detto che avrebbe osservato da vicino le operazioni.
Del resto Mosca dispone di una base militare in Armenia e di alcuni presidi militari territoriali che fanno della Russia la potenza preminente nella regione del Caucaso meridionale, che fino al 1991 faceva parte dell’Unione Sovietica. «Naturalmente, una notizia del genere è fonte di preoccupazione, soprattutto nella situazione attuale. Pertanto, analizzeremo a fondo questa notizia e monitoreremo la situazione», ha reagito il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov.
Olesya Vartanyan, analista senior per il Caucaso meridionale presso l’organizzazione no-profit per la prevenzione dei conflitti “Crisis Group”, spiega che quello inviato a Mosca è un segnale molto forte, come se il governo armeno dicesse a Putin che «la vostra distrazione e il fatto di essere così inattivi gioca a favore del nostro nemico».
La Russia mantiene una forza di “mantenimento della pace” per sostenere l’accordo che ha posto fine alla guerra tra Armenia e Azerbaigian nel 2020, la seconda che hanno combattuto dal crollo dell’Unione Sovietica. Mosca questa settimana ha accusato il presidente armeno Pashinyan di «retorica pubblica al limite della maleducazione» anche se secondo l’analista Vartanyan l’Armenia e l’Azerbaigian sono più vicini a un possibile accordo di pace «di quanto non lo siano stati in passato». Tuttavia proprio le tensioni con Mosca e la situazione nel Nagorno potrebbero innescare una nuova escalation alimentata anche dall’atteggiamento della Turchia, che storicamente sostiene l’Azerbaigian. Molto dipenderà dalle scelte del Dipartimento di Stato Usa e dell’influenza che potrà esercitare sul governo azero.
Lunedì il presidente del Comitato europeo per lo sviluppo della Nato, Günther Fehlinger, ha dichiarato che l’Armenia dovrebbe aderire all’Alleanza. Sempre lunedì, il vice ministro degli Esteri armeno Vahan Kostanyan ha detto che il Paese sta collaborando con la Nato ed è pronto a continuare la sua cooperazione. A segnare ulteriormente la distanza da Mosca il primo invio di aiuti umanitari armeni a beneficio della popolazione ucraina.
Nagorno Karabakh, terra contesa dal ‘91
Nel settembre 2020 si è aperto un nuovo capitolo del conflitto tra Armenia ed Azerbaijan sul Nagorno Karabakh con tensioni che periodicamente riesplodono. La guerra ebbe inizio nel 1988, con rivendicazioni irredentiste nella regione azera del Nagorno Karabakh, la cui popolazione era costituita per il 75% da armeni. Nel 1991 scoppiò una guerra tra Azerbaijan storico alleato della Turchia e l’Armenia, tradizionalemte sostenuta dalla Russia, che terminò con un cessate il fuoco nel ‘94, lasciando il Nagorno Karabakh sotto l’occupazione dell’Armenia. La “Guerra dei quattro giorni” nell’aprile del 2016 portò a un armistizio che non ha però mai fermato gli scontri.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-09-07 19:00:432023-09-07 19:02:34Alta tensione. L’Armenia si allontana da Mosca, esercitazioni al fianco degli Usa (Avenire 07.09.23)
rischio di escalation nel Caucaso meridionale è concreto: Israele e Turchia inviano armi agli azeri; l’Armenia si ritira dal Csto, prende le distanze dal suo alleato di lunga data, la Russia, a causa del tradimento subito per la indifferenza davanti all’aggressività di Baku
Il momento migliore per fermare una guerra è prima che inizi e forse è quello che avrà pensato il presidente francese Emmanuel Macron che, secondo fonti armene, è atteso a Yerevan il 9 e il 10 settembre e subito dopo dovrebbe recarsi nella capitale azera. Ci sono molteplici segnali che indicano un enorme aumento di movimenti di truppe in Azerbaigian al confine con l’Armenia.
Primo ministro Armeno: “molto probabile” una nuova guerra con l’Azerbaigian (Corrierepl 07.09.23)
L’Armenia ha accusato l’Azerbaigian di preparare una provocazione militare contro le sue forze concentrando le truppe lungo il confine condiviso dagli acerrimi nemici, vicino alla regione separatista del Nagorno-Karabakh. “La situazione politico-militare nella nostra regione è seriamente peggiorata”, ha detto il primo ministro Nikol Pashinyan alla riunione di gabinetto a Yerevan. Le due ex repubbliche sovietiche hanno combattuto due guerre, all’inizio degli anni ’90 e di nuovo nel 2020, per il controllo della regione – riconosciuta a livello internazionale come parte dell’Azerbaigian ma in gran parte popolata da etnia armena – che ha portato alla sconfitta armena, alle conquiste territoriali dell’Azerbaigian e a un fragile cessate il fuoco. Tuttavia, nonostante i colloqui in corso su un accordo di pace a lungo termine, negli ultimi mesi sono aumentate le tensioni tra Azerbaigian e Armenia sulla strada Lachin, l’unica via terrestre che dà all’Armenia l’accesso alla regione del Karabakh, dove l’Azerbaigian ha istituito un posto di frontiera in aprile con vari pretesti.
Armenia: “molto probabile” una nuova guerra con l’Azerbaigian
Questo blocco ha creato una grave crisi umanitaria all’interno dell’enclave, popolata principalmente da armeni, con carenza di cibo e medicine e frequenti interruzioni di corrente. Poiché l’ultimo round dei negoziati di pace, svoltosi il 15 luglio a Bruxelles, non ha portato a una svolta il primo ministro Nikol Pashinyan ritiene che l’Occidente e la Russia debbano esercitare una maggiore pressione su Baku per eliminare il blocco. Tuttavia la delusione nei confronti della Russia come partner economico e di sicurezza è più alta che mai. “L’architettura di sicurezza dell’Armenia era legata al 99,999% alla Russia, anche per quanto riguarda l’approvvigionamento di armi e munizioni”, ha detto Pashinyan. Ma oggi vediamo che la stessa Russia ha bisogno di armi, armi e munizioni (per la guerra in Ucraina) e in questa situazione è comprensibile che, anche se lo volesse, la Federazione Russa non potrebbe soddisfare le esigenze di sicurezza dell’Armenia. Questo esempio dovrebbe dimostrarci che la dipendenza da un solo partner in materia di sicurezza è un errore strategico”, ha aggiunto.
L’Armenia guarda all’Occidente
Molti armeni si sentono traditi dal fatto che Mosca e la CSTO non siano riuscite a fornire maggiore sostegno durante la guerra del Karabakh del 2020 con l’Azerbaigian e abbiano rifiutato di intervenire in difesa dell’Armenia dopo che un’incursione azera nel territorio dell’Armenia nel settembre 2022 ha provocato quasi 300 morti. Tra il 2011 e il 2020, la Russia è stata il maggiore fornitore di armi sia all’Armenia che all’Azerbaigian. L’Armenia ha gradualmente approfondito i legami con l’Occidente a partire dalla rivoluzione colorata filo-europea del 2018, e l’ultimo anno ha visto una rapida accelerazione nel deterioramento dei suoi legami di sicurezza con la Russia, nonostante ospiti ancora truppe russe e dipenda teoricamente dalle forze di pace russe per far rispettare il cessate il fuoco che ha posto fine alla guerra del 2020. Dall’escalation dello scorso settembre con l’Azerbaigian, l’Armenia ha intrapreso una serie di azioni concrete per prendere le distanze dalla CSTO. Al vertice della CSTO di novembre a Yerevan, Pashinyan ha rifiutato di firmare una dichiarazione e un documento sulle misure congiunte per fornire assistenza all’Armenia. Lui ha giustificato la sua decisione citando la mancanza di una “chiara valutazione politica” da parte dell’alleanza riguardo all’offensiva dell’Azerbaigian di due mesi prima. A marzo, quando Erevan avrebbe normalmente scelto il nuovo vice segretario generale della CSTO, ha rinunciato al diritto di prendere parte alla rotazione della leadership del blocco. Nello stesso mese, la Corte penale internazionale (CPI) ha emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin per il suo presunto ruolo in crimini di guerra in Ucraina, e una settimana dopo, la Corte costituzionale armena ha autorizzato la ratifica del trattato CPI. Se approvato, costringerebbe le autorità armene ad arrestare Putin. Tuttavia, il 1° settembre il governo di Pashinyan ha chiesto formalmente la ratifica del trattato della Corte penale internazionale da parte del Parlamento. Con una mossa simbolica, l’inviato armeno presso la CSTO è stato richiamato il 5 settembre e riassegnato ai Paesi Bassi, dove ha sede la Corte penale internazionale. La cosa più sconcertante di tutte è che, nonostante il rifiuto di ospitare un’esercitazione militare CSTO sul suo territorio questo gennaio, l’Armenia ha annunciato il 6 settembre che terrà un’esercitazione congiunta con le truppe americane dal 10 all’11 settembre chiamata “Eagle Partner 2023”. L’affronto è arrivato il giorno dopo che l’Armenia ha deciso che avrebbe fornito assistenza umanitaria all’Ucraina per la prima volta dall’invasione russa nel febbraio 2022. La moglie di Pashinyan, Anna Hakobian, consegnerà personalmente gli aiuti a Kiev.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-09-07 18:53:442023-09-09 18:57:05Preparativi di guerra in Azerbaigian per il Nagorno Karabakh (Haffingtonpost 07.09.23)
Secondo le informazioni fornite dall’agenzia di stampa internazionale Reuters, alla luce delle dichiarazioni dell’addetto stampa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, 2023 soldati americani e 85 soldati armeni prenderanno parte alle esercitazioni militari congiunte dell’Armenia e degli Stati Uniti d’America , nome in codice “Eagle Partner 175”.
Un evento del genere sarà molto provocatorio sia nei confronti dell’Azerbaigian che della Russia, soprattutto sullo sfondo delle critiche e delle accuse contro Mosca, nonché delle ripetute dichiarazioni di Pashinyan sulla sua disponibilità a lasciare la CSTO.
È noto che le fasi delle esercitazioni prevedono manovre tattiche, addestramento per rispondere a situazioni non standard, nonché il miglioramento dell’interazione tra fanteria e unità tecniche.
Non è noto quanto siano minacciose tali esercitazioni per la Russia, dal momento che la parte russa non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali al riguardo. Tuttavia, tali azioni da parte dell’Armenia possono essere considerate ostili.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-09-07 18:51:152023-09-09 18:52:1485 militari e ufficiali statunitensi saranno schierati in Armenia (Avia.pro 07.09.23)
In occasione dell’850° anniversario della morte di san Nerses Shnorhali, la Congregazione Armena Mechitarista ha organizzato una serie di celebrazioni per onorare la memoria del grande patriarca armeno dell’età ciliciana. Con il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica d’Armenia a Venezia, in occasione del giubileo shnorhaliano sono stati organizzati tre eventi che rientrano nel palinsesto de “Le Città in Festa”:
L’8 settembre, festa della Natività della Beata Vergine Maria Madre di Dio, presso la chiesa di San Lazzaro verrà celebrata la Divina Liturgia, alle ore 10.30. Il Coro Saghmosergu, sotto la direzione del direttore Vahe Begoyan, animerà la celebrazione con composizioni polifoniche di Komitas Vardapet.
Il 9 settembre, alle 18, un concerto celebrerà la ricca eredità musicale di San Nerses Shnorhali presso la basilica palladiana di San Giorgio Maggiore, con un intervento del musicologo armeno Mher Navoyan.
Il 10 settembre, alle ore 17.30, il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, presiederà una Celebrazione vespertina in rito armeno presso la basilica di San Marco, con il coro Saghmosergu che interpreterà alcuni importanti componimenti del Patriarca San Nerses Shnorhali.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-09-07 18:49:392023-09-09 18:51:06Celebrazioni per l'850° anniversario della morte del patriarca armeno san Nerses Shnorhali (Comune Venezia 07.09.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.09.2023 – Vik van Brantegem] – La ragazza nella foto di copertina ha resistito durante i quasi 9 mesi del blocco illegale, disumane e atroce imposto dall’Azerbajgian al popolo armeno dell’Artsakh e ha ancora tutta la forza e la determinazione per difendere la libertà e la giustizia per il suo popolo e il suo Paese nel video postato sull’account ufficiale di Twitter della Repubblica di Artsakh, gestito dal team Diplomazia Digitale del Ministero degli Esteri dell’Artsakh.
Di fronte alle avversità e nell’inattività della comunità internazionale, la voce di questa ragazza emerge dalla profondità del #ArtsakhBlockade, che fra una settimana entrerà nel decimo mese ed esprime la pesantezza della resilienza e della determinazione. Le sue parole dipingono un quadro di lotta, ma rivelano anche uno spirito che rifiuta di essere confinato.
Appello di preghiera per il popolo armeno
Grazie all’amico e collega Marco Tosatti, apprendiamo dell’Appello di preghiera per il popolo armeno del Cardinale Raymond Leo Burke, che l’ha pubblicato oggi sul suo blog Stilum Curiae. Il Cardinal Burke fa appello per pregare in particolare per gli Armeni dell’Artaskh, minacciati di genocidio dal regime autocratico di Ilham Aliyev dell’Azerbajgian. L’appello è stato pubblicato in italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese, tedesco e polacco[QUI].
Nella festa della decapitazione di San Giovanni Battista, dopo aver celebrato pochi giorni fa la festa dell’apostolo San Bartolomeo (24 agosto) che, insieme a San Giuda Taddeo, portò Cristo in Armenia nel primo secolo cristiano, il mio pensiero va a Sua Santità Papa Benedetto XV e ai suoi instancabili sforzi per venire in aiuto del popolo armeno mentre su di esso si scatenava l’orrore del genocidio all’inizio della Prima Guerra Mondiale.
Nel suo discorso in occasione del Concistoro per la creazione dei cardinali di Santa Romana Chiesa, il 6 dicembre 1915, egli rifletté sullo stato oltremodo turbolento del mondo in quel momento. Facendo particolare riferimento al popolo armeno, dichiarò: “Il pietosissimo popolo armeno è portato vicino all’annientamento” [“miserrima Armeniorum gens prope ad interitum adducitur”] (Acta Apostolicae Sedis VII, p. 510).
I nostri fratelli e sorelle armeni sanno bene cosa significa essere massacrati per la loro fede, la loro storia, il loro stile di vita intriso di gioia cristiana. Sanno cosa significa portare la croce con Nostro Signore, essere braccati e arrestati con false accuse, marciare nel deserto senza cibo e acqua, essere massacrati.
Loro hanno l’onore di essere cristiani fin dai tempi degli apostoli Bartolomeo e Giuda Taddeo. Nel loro incessante amore per Cristo, hanno versato il loro sangue per testimoniare la verità della fede apostolica. Ora, vengono nuovamente aggrediti.
Dal dicembre 2022, i 120.000 armeni del Nagorno Karabakh (o Artsakh, come chiamano la loro antica patria) sono sotto assedio. Non hanno più gas per l’energia. Non hanno mezzi di trasporto pubblici o privati. I loro agricoltori vengono assaliti sotto la minaccia delle armi e non possono raccogliere i loro raccolti. Le scorte di cibo sono pericolosamente basse. I tribunali hanno denunciato l’assedio. I governi hanno denunciato l’assedio.
Ma, per ora, nessuno è venuto al fianco delle vittime di questa gravissima ingiustizia per alleviare la loro fame e la loro sete.
La voce di Nostro Signore risuona chiaramente nelle nostre orecchie: “Ciò che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Le sue parole devono rimanere sempre nel nostro cuore che, come ci ricorda Sant’Agostino, è inquieto finché non riposa nel suo Sacratissimo Cuore.
Non c’è posto per il silenzio e l’inazione davanti alla crudele persecuzione, anzi all’annientamento dei nostri fratelli e sorelle armeni. Diamo voce pubblica a ciò che Nostro Signore ispira nei nostri cuori a favore dei nostri fratelli e sorelle armeni, affinché tutti la possano sentire. Eleviamo a Nostro Signore preghiere ferventi e incessanti per il popolo armeno. Accorriamo anche noi al loro fianco. Portiamo loro cibo e bevande. Spero un giorno di andare in pellegrinaggio al Corridoio di Lachin. È un luogo armeno molto antico in cui si venerano le ossa dell’apostolo Giuda Taddeo che, con San Bartolomeo, predicò per primo il Vangelo in Armenia.
Facciamoci tutti pellegrini, almeno con la nostra preghiera quotidiana, per celebrare con gioia la presenza viva di Nostro Signore tra i suoi fratelli e sorelle dell’Armenia. Il Vangelo ci dice: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1, 5). Con i santi Bartolomeo e Giuda Taddeo, stiamo dalla parte della Luce che è Cristo, il Re del Cielo e della Terra, il Re della Pace, a nome dei suoi fedeli in Armenia, i nostri fratelli e le nostre sorelle sottoposti a una sofferenza così terribile. Vi prego di unirvi a me nella preghiera e nell’azione al fianco del popolo armeno. Raymond Leo Cardinale Burke
29 agosto 2023 Festa della decapitazione di San Giovanni Battista
Anne Hidalgo Sindaco di Parigi ieri ha detto al LCI, il canale televisivo all news francese del gruppo TF1: «L’Azerbajgian ha lanciato un processo di genocidio nell’Artsakh. Richiediamo una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e che tutta la luce venga fatta sulla responsabilità dell’Azerbajgian nella corruzione della classe politica europea».
Sì, c’è necessità di un’indagine sulla corruzione dei politici e dei funzionari dell’Unione Europea. Non sarà una sorpresa se, una volta completato, ne sopravvivessero solo pochi. Ciò in cui si sono trasformati i politici e i funzionari dell’Unione Europea è una vergogna assoluta.
Il Segretario del Consiglio di Sicurezza dell’Armenia ha presentato agli Ambasciatori l’accumulo di forze militari dell’Azerbajgian lungo la linea di contatto con il Nagorno-Karabakh e lungo il confine con l’Armenia
Il Segretario del Consiglio di Sicurezza armeno, Armen Grigoryan, ha incontrato ieri i Capi delle Missioni diplomatiche accreditate in Armenia. Grigoryan ne ha scritto sulla sua pagina Facebook: «Ho presentato ai Capi delle Missioni diplomatiche i dettagli riguardanti la linea di contatto del Nagorno-Karabakh, nonché l’accumulo di forze militari azere lungo il confine tra Armenia e Azerbajgian. Ho anche portato all’attenzione dei Capi degli uffici di rappresentanza la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh».
Durante l’incontro, Grigoryan ha sottolineato anche l’importanza degli sforzi dei partner internazionali per prevenire una possibile aggressione da parte dell’Azerbajgian.
Sui social network azeri sono tante le riprese video di spostamenti di truppe e attrezzature militari azeri. In una nuova riprese video viene segnalata lo spostamento della colonna delle forze speciali Yashma dell’Azerbajgian attraversano il villaggio di Chayli, dirigendosi in direzione della linea di contatto con l’Artsakh e il confine con l’Armenia, oltrepassando la città di Bilesuvar nel sud-est del Paese.
Verso mezzogiorno di oggi (ora di Roma) un drone azero stava conducendo una ricognizione vicino a Shamkhor, al confine con la regione di Tavush in Armenia.
Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha denunciato una notevole escalation della situazione politico-militare nel Caucaso meridionale, citando il crescente accumulo di truppe azere lungo la linea di contatto con l’Artsakh e il confine armeno-azerbajgiano. Pashinyan ha osservato che la situazione attuale richiede che la comunità internazionale, compresi i Paesi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottino delle misure più serie per prevenire un potenziale scoppio di conflitto nella regione. Attraverso le sue azioni, l’Azerbajgian dimostra la sua intenzione di impegnarsi in una nuova provocazione militare contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia, ha aggiunto Pashinyan.
«Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha ricevuto Hikmet Hajiyev. Il Signor Hajiyev ha portato i saluti e i migliori saluti del Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, al Primo Ministro. Hanno discusso le questioni della cooperazione bilaterale e delle prospettive future tra i nostri Paesi» (Ambasciata dell’Azerbajgian in Israele).
L’Ambasciata dell’Azerbajgian in Israele informa che ha avuto luogo un incontro tra Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale, e Benjamin Netanyahu, il Primo Ministro dello Stato di Israele.
Non serve uno sfera di cristallo o un uccellino nella stanza dell’incontro, per capire che gli argomenti del colloquio erano la vendita di armi all’Azerbajgian e la pulizia etnica degli Armeni in Artsakh.
Ricordiamo – mentre gli aerei cargo azeri continuano a volare da e verso la base aerea di Ovda in Israele, per trasportare armi israeliane all’Azerbajgian -come Hikmet Hajiyev, il capo bugiardo della macchina di propaganda di Ilham Aliyev, disse durante la guerra dei 44 giorni del 2020, che quegli aerei allora trasportavano “frutta e verdura”.
Il Centro Rabbinico d’Europa (RCE) ha inviato una lettera alla leadership armena, chiedendo al popolo armeno di “porre fine immediatamente e completamente” all’uso del termine genocidio in riferimento al blocco dell’Artsakh durato quasi 9 mesi da parte dell’Azerbajgian.
Inoltre, la lettera del RCE ignora palesemente il genocidio armeno del 1915 affermando che “le espressioni terrificanti sono adatte solo per il genocidio intenzionale, sistematico e più grande nella storia dell’umanità, subito dal popolo ebraico. Lo Shoa”.
Il RCE si riferisce anche al blocco durato quasi 9 mesi come ad un “conflitto” interno all’Azerbajgian e accusa il popolo armeno di “usare incessantemente” il termine “genocidio” per un guadagno politico inappropriato.
In precedenza, i rabbini del RCE si erano espressi contro la “demonizzazione” dell’Azerbajgian e avevano definito l’Armenia un “alleato degli ayatollah a Teheran”.
Attualmente nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh si sta verificando una catastrofe umanitaria, con un numero crescente di vittime per fame di massa, uccisioni mirate e rapimenti di civili armeni pacifici. L’autocrazia dell’Azerbajgian prende deliberatamente di mira la popolazione di etnia armena dell’Artsakh, con l’obiettivo di distruggere quel gruppo, definizione di genocidio. E così sia. Che il Centro Rabbinico d’Europa se ne faccia una ragione, continuando a fare da megafono per la propaganda armenofoba, guerrafondaia e genocida di dell’autocrate armenofobo, guerrafondaio e genocida Ilham Aliyev.
Nel frattempo, un aereo da ricognizione elettronico dell’aeronautica militare turca è attualmente operativo al confine con l’Iran. In precedenza, l’Iran aveva dichiarato la sua opposizione a qualsiasi cambiamento geopolitico nella regione.
CNN: «Baku è determinata a rendere impossibile la vita degli Armeni, a farli morire di fame e a fare pressione su di loro perché se ne vadano»
«Nel mezzo dell’ultima riacutizzazione delle tensioni, Baku afferma che riprenderà completamente e integrerà il territorio nell’Azerbajgian, mentre gli Armeni si rifiutano di essere sradicati da una regione che sostengono sia la loro patria. (…). Ronald Suny, Professore di Scienze politiche all’Università del Michigan, ha dichiarato alla CNN: “Ora che ha vinto la guerra del 2020 con l’Armenia, l’obiettivo finale dell’Azerbajgian è cacciare gli Armeni dell’Artsakh dall’Azerbajgian. “Piuttosto che usare la violenza diretta, che inciterebbe l’opposizione dall’estero… Baku è determinata a rendere impossibile la vita degli Armeni, a farli morire di fame e a fare pressione su di loro perché se ne vadano”, ha detto. Per rendere le cose ancora più complicate, l’Azerbajgian – uno stato monopartitico guidato dal Presidente Ilham Aliyev negli ultimi due decenni – si è offerto di rifornire la regione separatista attraverso un valico dalla vicina città azera di Aghdam. “Date le intenzioni genocide dell’Azerbajgian e la loro sistematica politica statale di odio anti-armeno di lunga data, il nostro popolo nutre legittime preoccupazioni sulla sicurezza di qualsiasi prodotto proveniente dall’Azerbaigian”, ha detto alla CNN Harutyunyan, il leader eletto del Nagorno-Karabakh. “Invece di fingere tentativi di fornire assistenza umanitaria, l’Azerbajgian deve sbloccare il Corridoio di Lachin”, ha detto» (CNN, 6 settembre 2023).
Arayik Harutyunyan alla CNN: «Invece di fingere di fornire aiuti umanitari, l’Azerbajgian dovrebbe sbloccare il Corridoio di Lachin»
Arayik Harutyunyan, il quarto Presidente della Repubblica di Artsakh, ha scritto ieri sulla sua pagina Facebook dell’intervista che ha rilasciato alla CNN per l’articolo, che abbiamo segnalato ieri: «Di recente, quasi tutti i principali media internazionali hanno fatto riferimento al blocco dell’Artsakh. In questa serie occupa un posto importante la pubblicazione odierna della CNN, alla quale ho risposto alle domande del conduttore, prima delle mie dimissioni dalla carica di Presidente della Repubblica. Alcune delle mie risposte sono contenute nella pubblicazione, che presenta la situazione in modo abbastanza completo, sia dal punto di vista politico che umanitario. Nell’intervista sono state presentate le mie seguenti sottolineature:
“L’Azerbajgian ha circondato la Repubblica di Artsakh con l’obiettivo principale di commettere un genocidio contro il nostro popolo”.
“Date le intenzioni genocide dell’Azerbajgian e la sistematica politica statale di odio anti-armeno di lunga data, il nostro popolo ha una valida preoccupazione per la sicurezza di qualsiasi prodotto proveniente dall’Azerbajgian”.
“Invece di fingere di fornire aiuti umanitari, l’Azerbajgian dovrebbe sbloccare il Corridoio di Lachin”.
“Sono deluso dalle risposte finora fornite da Unione Europea e USA. Le ragioni dell’inerzia e dei fallimenti dell’Europa e dell’America sono principalmente geopolitiche, che includono anche la dipendenza energetica dall’Azerbajgian”.
Potete leggere l’articolo completo al seguente link».
Il Congresso USA discute della situazione in Artsakh: quello che sta accadendo adesso è un genocidio
Ieri si sono svolte delle audizioni presso la Commissione Tom Lantos per i Diritti Umani della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, sotto la co-Presidenza bipartisan del Rappresentante democratico del Massachusetts, Jim McGovern e del Rappresentante repubblicano del New Jersey, Christopher H. Smith sul tema della situazione creatasi a seguito del blocco azero dell’Artsakh. I relatori hanno affermato all’unanimità che quello che sta accadendo è un genocidio contro la popolazione armena dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Il co-Presidente Smith ha sottolineato che 120.000 Armeni soffrono a causa del governo dell’Azerbajgian. «Questo terribile crimine, questo crimine genocida, è stato pianificato e portato avanti dal governo dell’Azerbajgian, direi dal Presidente Aliyev, che governa l’Azerbajgian come un dittatore. Ho incontrato Aliyev due volte a Baku, ho parlato con lui in modo molto franco del suo governo e delle violazioni dei diritti umani da lui commesse», ha il co-Presidente Smith, che ha riferito anche sulla preparazione di un nuovo disegno di legge sui diritti umani nel Nagorno-Karabakh, sul quale si sta attualmente lavorando.
L’ex Procuratore fondatore della Corte Penale Internazionale e fondatore del Global Practice Hub, Luis Moreno Ocampo, documentando la cronologia dei quasi 9 mesi di #ArtsakhBlockade, ha affermato inequivocabilmente: “Non c’è dubbio che ci siano intenzioni genocide”, presentando il suo parere di esperto, che ha formulato nel suo rapporto del 7 agosto 2023, in cui sottolinea che «ci sono fondati motivi per ritenere che nel 2023 si sta commettendo un genocidio contro gli Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh». Ha detto ai membri della Commissione: gli Armeni del Nagorno-Karabakh hanno bisogno che voi facciate sì che il “mai più” diventi realtà, ricordando loro il genocidio armeno del 1915.
Riassumendo la sua relazione, ha detto: «Quello che sta accadendo adesso è un genocidio. Di solito si pensa che molte persone debbano essere uccise e morire durante un genocidio. Tuttavia, ci sono diversi modi per compiere un genocidio. Una forma richiede 0 vittime, creando semplicemente le condizioni per lo sterminio umano». Ha ricordato che a gennaio il Segretario di Stato Blinken aveva invitato Aliyev ad aprire il corridoio, ma Aliyev non lo ascoltò. Aliyev sa che il blocco comporta il rischio di morte, ma lo fa. «In questa fase non c’è dubbio che ci siano intenzioni di genocidio», ha detto.
Parlando della posizione degli Stati Uniti, Luis Moreno Ocampo ha osservato che, come l’Armenia e l’Azerbajgian, gli Stati Uniti sono uno Stato parte della Convenzione per la prevenzione del crimine di genocidio, che implica prevenzione e punizione. Ha sottolineato la necessità di prevenirlo urgentemente.
Anche David Phillips, Direttore del Programma di Costruzione della Pace e dei Diritti Umani presso l’Istituto per lo Studio dei Diritti Umani della Columbia University, ha sottolineato che le parole di Aliyev e dei suoi funzionari non lasciano dubbi sul loro intento genocida.
La crisi umanitaria in Artsakh è stata discussa al Consiglio d’Europa: il blocco del Corridoio di Lachin dovrebbe essere considerato un genocidio
La Rappresentanza permanente dell’Armenia presso il Consiglio d’Europa informa che nella riunione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa di ieri, 6 settembre 2023, si è discusso del Blocco del Corridoio di Lachin e della crisi umanitaria in Artsakh.
Marija Pejcinovich Burich, Segretario Generale del Consiglio d’Europa ha presentato al Comitato dei Ministri i risultati delle visite della delegazione di alto rango del Consiglio d’Europa in Armenia e in Azerbajgian nei mesi di maggio e luglio 2023.
Diverse delegazioni, tra cui quella dell’Unione Europea, hanno rilasciato dichiarazioni sulla situazione nel Corridoio di Lachin.
Il Rappresentante permanente dell’Armenia, l’Ambasciatore Arman Khachatryan, ha osservato che durante la visita in Armenia, la delegazione di alto rango del Consiglio d’Europa, recandosi all’inizio del Corridoio di Lachin, ha costatato il blocco completo del Corridoio di Lachin. Ha sottolineato che con le sue azioni l’Azerbajgian dimostra apertamente il suo vero obiettivo: l’attuazione della pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh, che è incompatibile con gli obblighi assunti dall’Azerbajgian come membro del Consiglio d’Europa. L’Ambasciatore Khachatryan ha sottolineato la necessità di fermare la crisi umanitaria e dei diritti umani causata dal blocco totale del Nagorno-Karabakh. Ha esortato l’Azerbajgian a fermare il blocco e ad attuare pienamente le decisioni giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
«Come primo passo urgente, il Consiglio d’Europa dovrebbe condurre una missione conoscitiva nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno-Karabakh. Nella risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) è stata richiesta anche una missione conoscitiva sul Corridoio di Lachin e il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Dunya Mijatovich, ha confermato la sua disponibilità a recarsi nel Nagorno-Karabakh», ha osservato l’Ambasciatore Khachatryan. Ha sottolineato che le questioni relative ai diritti e alla sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh dovrebbero essere risolte nel quadro del meccanismo internazionale del dialogo Baku-Stepanakert.
Un altro punto all’ordine del giorno del Comitato dei Ministri era la discussione sul rapporto Genocidio contro gli armeni nel 2023 dell’ex Procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo.
L’Ambasciatore Khachatryan ha presentato la conclusione del rapporto di Luis Moreno Ocampo secondo cui il blocco del Corridoio di Lachin dovrebbe essere considerato un genocidio ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio. Inoltre, ha fatto riferimento ad opinioni e rapporti di altri autori sui pericoli della pulizia etnica e del genocidio nel Nagorno-Karabakh, come il rapporto dell’ex Consigliere Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, Juan E Méndez.
Il Deputato di PACE, Pieter Omzigi, ha chiesto per iscritto al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa quali misure ha intrapreso il Comitato per prevenire il genocidio contro gli Armeni e se l’attuale minaccia ha conseguenze per l’Azerbajgian, membro del Consiglio.
L’Ambasciatore Khachatryan ha sottolineato che le azioni dell’Azerbajgian contro il Nagorno-Karabakh contraddicono i principi e i valori del Consiglio d’Europa, che può lasciare senza conseguenze le evidenti violazioni degli obblighi di adesione e della convenzione da parte dell’Azerbajgian.
EDITORIALE
Il blocco del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian deve finire Le Monde, 4 settembre 2023
(Nostra traduzione italiana dal francese)
La chiusura da parte di Baku dell’unico corridoio che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia, usando l’arma della fame contro migliaia di Armeni, non è solo una colossale colpa politica, è anche e soprattutto una sfida alle più elementari regole della politica internazionale.
Ogni giorno che passa aumenta il rischio di una catastrofe umanitaria da quando il Presidente azerbajgiano ha deciso di sottoporre il Nagorno-Karabakh a un blocco d’altri tempi. Tre anni dopo la sua vittoria contro le forze armene, Ilham Aliyev sembra determinato a sfruttare il suo vantaggio, aiutato dalla passività di una forza di interposizione russa schierata dopo un cessate il fuoco ottenuto sotto l’egida di Mosca.
Enclave sulla quale la sovranità dell’Azerbajgian è riconosciuta a livello internazionale ma popolata principalmente da Armeni che vi godono di una forma di autonomia di fatto, il Nagorno-Karabakh non conosce tregua dall’inizio della disintegrazione dell’Unione Sovietica. La riconquista delle zone cuscinetto da parte di Baku e la cattura di parte dell’enclave stessa al costo di migliaia di morti da entrambe le parti nel 2020 non hanno portato ad una pace dei coraggiosi, anzi.
Dal dicembre 2022 il Corridoio di Lachin, l’unico che ancora collegava il Nagorno-Karabakh all’Armenia, concentra le tensioni. Dopo l’installazione di posti di blocco ufficialmente per ragioni di sicurezza, il regime di Ilham Aliev ha deciso a luglio di chiudere ermeticamente questa strada, anche al Comitato Internazionale della Croce Rossa, l’ultima organizzazione umanitaria internazionale a poter accedere all’enclave. Vi sopravvivono più di 100.000 Armeni, cifra contestata dall’Azerbajgian.
Utilizzando spudoratamente l’arma della fame e delle privazioni, anche per quanto riguarda le forniture mediche, Baku vuole costringere gli Armeni del Nagorno-Karabakh a ricorrere ad essa in preda alla disperazione. Invece di cercare la difficile via della convivenza in una terra tormentata, questo regime offre così a questi Armeni un patto impossibile: la sottomissione, mentre vengono vituperati in Azerbajgian, o l’esilio.
Il confinamento del Presidente azerbajgiano in questo atteggiamento intransigente non è solo una colpa politica colossale, che aumenta di dieci volte l’odio invece di ridurlo. Il suo blocco del Nagorno-Karabakh è anche, e soprattutto, una sfida alle regole più elementari del diritto internazionale. Restando sordo agli avvertimenti lanciati dalla Corte Internazionale di Giustizia a febbraio, Ilham Aliyev si espone a gravi accuse. Impotenza internazionale
L’ex Procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha già lanciato l’accusa, assicurando in un rapporto pubblicato ad agosto che “è in corso un genocidio contro i 120.000 Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh”. Baku si offese per questo, ma la Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 afferma, che “infliggere deliberatamente a un gruppo condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica totale o parziale sarà considerato genocidio”.
Sono iniziati i preparativi per la liturgia che sarà celebrata per l’XI volta nella chiesa della Santa Croce sull’isola Aghtamar del lago Vana in Turchia
Secondo il sito Ermenihaber, il Sindaco di Gevash in Turchia, Murad Sezer, del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) di Recep Tayyip Erdoğan, ha detto in riferimento ai preparativi per la liturgia che sarà celebrata per l’XI volta nella chiesa della Santa Croce sull’isola Aghtamar del lago Van: «Saranno centinaia gli invitati. La chiesa fu costruita dal Re Gagik I di Vaspurakan nel 915-921 ed era di grande importanza per gli Armeni. È stato restaurato nel 2005. Dopo il completamento dei lavori, la storica chiesa è stata inaugurata nel 2007 con una cerimonia internazionale come “Museo della memoria”».
Dopo una pausa di 95 anni, il 19 settembre 2010 è stata celebrata la prima liturgia nella chiesa della Santa Croce di Aghtamar. La cerimonia, alla quale parteciperanno migliaia di turisti provenienti dalla Turchia e dall’estero, si terrà per l’undicesima volta il prossimo 10 settembre. Il Sindaco Sezer ha osservato: «Anno dopo anno si osserva uno straordinario interesse per l’isola Aghtamar. L’interesse aumenta di giorno in giorno».
Il lago Van è il più grande lago della Turchia. Si trova Anatolia orientale, la parte più orientale del Paese. Sulla sponda orientale del lago si trova la città di Van. È un lago salato che riceve acqua da numerosi piccoli corsi d’acqua che scendono dalle montagne circostanti ed è uno dei più grandi laghi endoreici (senza sbocchi) del mondo. L’originario emissario del bacino venne bloccato da un’antica eruzione vulcanica.
Il lago Van fu il centro del Regno armeno di Ararat dal 1000 a.C. circa, e successivamente della satrapia di Armina, Regno della Grande Armenia, e del Regno armeno di Vaspurakan.
Insieme al lago Sevan (nell’odierna Armenia) e al lago Urmia (nell’attuale Iran), il lago Van era uno dei tre grandi laghi del Regno armeno, riferiti come “i mari di Armenia”.
La chiesa armena della Santa Croce del X secolo sull’isola Akdamar è una chiesa reale del Regno armeno di Vaspurakan. Le rovine dei monasteri armeni esistono anche in altre tre isole del lago Van (Lim, Arter e Ktuts). Anche la regione intorno al lago Van era disseminata di un gran numero di monasteri armeni, tra i quali i più importanti furono quelli di Narekavank del X secolo e di Varagavank dell’XI secolo, entrambi al giorno d’oggi distrutti.
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI
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