Turchia e Armenia pronte a ‘normalizzare i rapporti’ dopo quasi 30 anni (Globalvoices 19.10.21)

La Turchia ha chiuso il proprio confine [en, come tutti i link successivi] con l’Armenia nel 1993, durante la prima guerra del Nagorno Karabakh, al fine di dimostrare la propria solidarietà con l’Azerbaigian, con cui è alleata da molto tempo. Dopo quasi 30 anni, la Turchia sta considerando l’idea di riaprire il confine in seguito alla vittoria dell’Azerbaigian nella seconda guerra del Nagorno Karabakh, nel 2020.

Durante la visita in Azerbaigian del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel dicembre 2020, ha affermato: “Se si adottano misure positive a riguardo, apriremo le nostre porte”. Un mese dopo, un consigliere anonimo di Erdogan ha detto al giornalista turco Asli Aydintasbas che Ankara era pronta a “normalizzare le relazioni con l’Armenia.”

A febbraio del 2021, il Ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu ha condannato il possibile tentativo di golpe contro il Primo Ministro dell’Armenia’s, Nikol Pashinyan, che ha affermato lo Stato Maggiore ha rilasciato una dichiarazione in cui chiedeva le sue dimissioni.

Il 24 aprile 2021, durante una riunione con il Patriarca armeno Sahak Maşalyan, Erdogan ha detto: “È giunto il momento per noi di svelare che noi, in quanto Turchi e Armeni, abbiamo raggiunto una maturità tale da superare insieme tutti gli ostacoli.”

“Tutti vincerebbero”  se ci fosse un ampio accordo regionale, ha affermato l’ex Primo Ministro della Turchia Ahmet Davutoglu a The Economist nel maggio 2021.

“In quanto Stato senza sbocco sul mare, un confine aperto e un commercio attivo potrebbero facilitare lo sviluppo economico e diminuire la povertà nel Paese,” hanno scritto Hans Gutbrod, un professore della State University di Tbilisi, e David Wood, un professore della Seton Hall University nell’articolo di giugno 2021 per la Politica Estera. Aggiungendo “Il riavvicinamento con Ankara potrebbe anche permettere a Yerevan di affrontare la sua quasi totale dipendenza dalla Russia, promuovendo così una maggiore stabilità regionale. E anche la Turchia ne beneficerebbe, specialmente grazie ad un aumento del commercio.”

Ad agosto, poi, il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha dichiarato che il Paese era pronto a rafforzare i legami con la Turchia in seguito a segnali positivi provenienti da Ankara. Il Parlamento del Paese ha approvato un piano quinquennale, stipulando che l’Armenia era “pronta a fare uno sfrozo per normalizzare i legami con la Turchia.” Mentre il piano è stato approvato, è stato duramente criticato dai parlamentari di opposizione, secondo un rapporto di Civilnet.am.

Le intenzioni in buona fede si sono anche riflesse in Armenia, aprendo il proprio spazio aereo ai voli di Turkish Airline diretti a Baku.

Il 29 settembre, il portavoce presidenziale della Turchia İbrahim Kalınm ha dichiarato in un canale televisivo turco: “In teoria, siamo positivi circa la normalizzazione dei rapporti con l’Armenia. La ragione principale per la quale abbiamo terminato le nostre relazioni diplomatiche e chiuso il nostro confine nel 1992 è stata l’occupazione di Karabakh. Una volta risolto questo problema, non ci saranno, difatti, ostacoli alla normalizzazione con l’Armenia.”

La Turchia e l’Armenia and Armenia erano vicine dal trovare un punto d’intesa nel 2008, quando l’allora Presidente Abdullah Gul si recò a Yerevan per assistere alla prima delle due partite di qualifica per i mondiali tra Turchia e Armenia. Un anno dopo, Serge Sarkisian, il Presidente dell’Armenia, si recò nella provincia turca di Bursa per assistere ad un’altra partita di calcio tra le due squadre nazionali. Il gioco e la visita di Sarkisian in Turchia ha seguito la firma di una serie di protocolli a Zurigo, che sono stati creati con lo scopo di normalizzare i rapporti tra i due Paesi. Descritte allora come “una diplomazia calcistica,” le trattative alla fine sono fallite, dopo che la Turchia si è ritirata a causa della crescente pressione da parte dell’Azerbaigian. L’Armeni ha formalmente dichiarato i protocolli nulli e non validi nel 2018.

Adesso, le probabilità che l’Azerbaigian interferisca sono diminuite. “Prima del ritiro dell’Armenia da questa regione, Baku vedeva l’apertura dei confini della Turchia come un tradimento e la criticò duramente. Adesso, dopo la tregua, questo problema è fuori discussioni e non sarà una sorpresa vedere un tono più mite dall’Azerbaigian rispetto al 2009,” ha affermato l’analista politico di Ankara Hasan Selim Özertem in un’intervista con Eurasianet.

In Armenia, ci sono opinioni differenti riguardo come possa risolversi questa nuova relazione bilaterale, secondo il giornalista Ani Mejlumyan che scrive per Eurasianet:

Molti analisti e ufficiali armeni credono che Yerevan dovrebbe perseguire la normalizzazione con Ankara a tu per tu, senza il coinvolgimento di Russia, Azerbaigian o chiunque altro. Nel frattempo, la Turchia sembra essere più interessata nell’ottenimento della normalizzazione nel quadro della piattaforma da lei proposta “3+3″, un organismo regionale composto dagli Stati del Caucaso meridionale e dai Paesi limitrofi: Armenia, Azerbaigian, Georgia, Iran, Russia e Turchia.

Il ruolo che la Russia giocherebbe resta da vedere. Parlando al forum New Knowledge di Mosca il 3 settembre, il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato: “Ora che la guerra del Nagorno Karabakh è terminata, ci sono le basi per sbloccare il processo politico, i trasport e i rapporti economi.” Nel 2009, la Russia ha apertamente incoraggiato la “diplomazia calcistica” del Paese e si è detta favorevole alla firma dei Protocolli di Zurigo.

Tuttavia, vi sono anche delle “dimensioni morali” in ballo, secondo Hans Gutbrod e David Wood:

Per raggiungere delle relazioni più efficaci e reciprocamente vantaggiose, i governi turco e armeno dovrebbero darsi da fare per guardare al genocidio armeno, e all’immensa sofferenza che ha accompagnato la caduta dell’Impero Ottomano, come una storia in comune. Si tratta inevitabilmente di un processo lungo ed emotivamente intenso. Per l’Armenia, significa optare per una diplomazia che invita la società turca ad impegnarsi, che sia attraverso mostre, viaggi o scambi accademici e culturali. Infatti, le società armena e turca hanno molte più cose in comune di quelle che le dividono. Potrebbe trovare qualcosa lo stesso nelle loro storie.

Un modo perché ciò accada sarebbe focalizzarsi sulle azioni e sulle esperienze individuali piuttosto che sulle “punizioni collettive”,  sostengono Gutbrod e Wood. Entrambi notano che le storie di coloro che hanno espresso la propria solidarietà con gli Armeni sono rimaste in gran parte non raccontate, e forse adesso è il momento giusto per andare avanti, per ricostruire dei legami. Ma questo dipenderebbe dalle volontà di entrambe le parti. Secondo il piano d’azione adottato dal Parlamento armeno verso la fine di agosto, il governo armeno continuerà a fare pressione affinché “le capitali mondiali riconoscano il genocidio armeno,” che “rafforzerebbe il sistema di garanzie di sicurezza dell’Armenia.” Potrebbe rivelarsi più difficile. Ruben Melkonyan, uno studioso di studi turchi presso la Yerevan State University, sostiene che l’Armenia potrebbe dover rinunciare al riconoscimento del genocidio adesso che il Paese si trova “in una posizione debole”

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Chigiana, la musica parla armeno (La Nazione 19.10.21)

Maya Oganyan, giovane pianista protagonista dell’Omaggio a Beethoven in programma domani.
Maya Oganyan, giovane pianista protagonista dell’Omaggio a Beethoven in programma domani.
L’Armenian National Philharmonic Orchestra arriva a Siena per due concerti, stasera e domani alle 21 al Teatro dei Rinnovati. Due momenti davvero straordinari, resi possibili dalla collaborazione tra Comune e Accademia Chigiana con il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena. L’orchestra, sotto la direzione Eduard Topchjan, proporrà oggi le ‘Sinfonie e arie d’opera’, protagonisti la soprano Juliana Grigoryan e il tenore Tigran Hakobyan, due tra le migliori voci del…
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L’Armenian national philharmonic orchestra a Siena per due straordinari concerti (Sienanews 19.10.21)


L’Armenian National Philharmonic Orchestra a Siena per due straordinari concerti (Teatrionline 19.10.21)

Garò, una storia armena in scena a Lurago d’Erba (Ciaocomo.it 19.10.21)

Venerdì 22 ottobre 2021, alle ore 21, presso la palestra della scuola primaria, in piazzale Carlo Porta a Lurago d’Erba, si terrà la prima rappresentazione assoluta di Garò – Una storia armena, uno spettacolo dedicato allo sterminio degli armeni, un Progetto Piattaforma di UnoTeatro, con la produzione di Anfiteatro, il testo e la regia di Giuseppe di Bello e l’interpretazione di Stefano Panzeri.

L’evento, organizzato dall’Assessorato alla Cultura e alla Pubblica Istruzione, in collaborazione con la Biblioteca Comunale di Lurago d’Erba, si svolgerà nel rispetto della normativa vigente in materia di contrasto del contagio da COVID-19.

Prenotazione gratuita obbligatoria tramite il portale luragoderba.eventbrite.com.

Garò - una storia armena a Lurago d'Erba

Sinossi di Garò – Una storia armena
Lo spettacolo racconta la storia del giovane Garabed Surmelian, della sua famiglia e della vita a Shevan, un piccolo villaggio di montagna. Attraverso le parole di un Meddah, un narratore della tradizione, apparirà un affresco appassionato, curioso e rispettoso, che alterna momenti intimi emozionanti e profondi ad altri più leggeri e divertenti per raccontare la nascita, i riti di passaggio, i giochi e le feste, che porteranno gli spettatori ad entrare in contatto con alcuni dei “colori” di questa cultura straordinaria; ma pure con le ansie e le paure, perché sugli armeni di questo villaggio, come su quelli di tutti gli altri villaggi o città, incombe la folle minaccia di una giovane classe dirigente turca portatrice di un’ideologia nazionalista, che sfocerà nella pianificazione e nell’attuazione del più atroce e terribile dei crimini: il genocidio. E quando il racconto volge al termine in senso tragico e tutto sembra ormai perduto, il Meddah toccherà ancora una volta i cuori con un’ultima storia che consentirà a tutti di tornare a sperare e a respirare.

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Il ritorno sul palco dei System of a Down. Video e scaletta (Sentireascoltare 18.10.21)

La band alternative metal è ritornata a calcare i palcoscenici con l’energia e la grinta che la contraddistingue

System of a Down sono ritornati sul palco dopo diversi mesi di assenza dai live. Si tratta del loro primo concerto dal vivo realizzato dall’inizio della pandemia. Per la precisione, il loro ultimo live risaliva a maggio 2019, ovvero più di due anni fa. Il concerto si è tenuto alla T-Mobile Arena a Las Vegas il 15 ottobre e la band ha presentato una scaletta ricca e densa, composta da ben trenta brani.

La formazione ha inoltre eseguito i singoli Genocidal Humanoidz e Protect the Land, pubblicati simultaneamente lo scorso anno. Si tratta di brani pubblicati a sostegno dell’Armenia, attaccata dall’Azerbaijan e dalla Turchia per il controllo della regione del Nagorno Karabakh. Il conflitto è avvenuto tra fine settembre ed inizio novembre 2020 ed i componenti del gruppo musicale, che hanno tutti origini armene, hanno deciso di incidere queste canzoni allo scopo di sensibilizzare le persone sull’accaduto. Era da quasi quindici anni che la band, che vanta una carriera pluridecennale, non pubblicava alcun brano inedito: l’ultimo in questo senso è del 2006.

System of a Down terranno inoltre un altro paio di concerti al Banc of California Stadium, a Los Angeles, il 22 e 23 ottobre. Le date in questione erano previste a maggio 2020, ma sono state posticipate due volte a causa della pandemia in corso. Avranno però finalmente luogo questa settimana, con il supporto di diversi gruppi musicali: KornHelmet e Russian Circles. La band ha aggiunto poi ulteriori date in California: si è esibita a Fresno il 16 ottobre e terrà un altro concerto ad Oakland stasera, 18 ottobre.

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L’Armenian national philharmonic orchestra a Siena per due straordinari concerti (Sienanews 18.10.21)

L’Orchestra nazionale filarmonica armena in tour in Italia, sceglie di fare tappa a Siena per due concerti sinfonici martedì 19 ottobre e mercoledì 20 ottobre alle 21 al Teatro dei Rinnovati. Il Comune di Siena e l’Accademia Chigiana in collaborazione con il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena hanno il piacere e l’onore di ospitare in città la longeva e pluripremiata ANPO – Armenian Philharmonic National Orchestra, dal 2000 sotto la direzione di Eduard Topchjan, rinomato direttore d’orchestra, conosciuto in Europa e in Italia per il suo impegno nell’attività artistica e insignito nel 2013 del titolo onorifico di Cavaliere e dell’Onore al Merito del Lavoro dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

L’Orchestra Nazionale Filarmonica Armena, istituita nel 1925 è sin dall’inizio impegnata in importanti tournées nazionali e internazionali, ricoprendo il ruolo di ambasciatrice della musica armena nei cinque continenti. Negli anni ha collaborato con artisti e direttori d’orchestra tra i più rilevanti del nostro tempo e ha saputo diventare efficace mezzo di diffusione della cultura e della musica armena in Europa e nel mondo.

I programmi musicali proposti nei due imperdibili concerti di martedì e mercoledì mettono in luce la versatilità della compagine orchestrale e del suo direttore in due programmi assai differenti: repertorio lirico – operistico il primo e principalmente sinfonico il secondo, con giovani solisti emergenti della scena armena e internazionale.

Protagonisti della prima serata dedicata a celebri “Sinfonie e arie d’opera” sono il soprano Juliana Grigoryan e il tenore Tigran Hakobyan, due tra le migliori voci del Teatro lirico della capitale armena. Accanto alle arie tratte dalla Rusalka di Antonín Dvořák, l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, la struggente scena della Lettera di Tat’jana dell’Evgenij Onegin di Čajkovskij e il duetto da La Vedova allegra di Franz Lehar, l’orchestra eseguirà la sinfonia d’introduzione all’opera di Giuseppe Verdi La forza del destino, l’Intermezzo di Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e la Polonaise tratta dall’opera di Pëtr Il’íč Čajkovskij dedicata al romanzo in versi di Aleksandr S. Puškin.

Nella seconda serata al Teatro dei Rinnovati di Siena l’Armenian Philharmonic National Orchestra propone un “Omaggio a Ludwig van Beethoven”, introducendo la serata con la Seconda Sinfonia in re maggiore del compositore tedesco e concludendo con il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in do minore, eseguito al pianoforte da Maya Oganyan giovanissima interprete di grande talento, allieva dei corsi estivi di perfezionamento dell’Accademia Chigiana. Un richiamo alla musica contemporanea armena è dato dalla composizione per orchestra d’archi Poema-Epitaffio di Edvard Myrzoyan, autore armeno scomparso nel 2012, con un brano di grande suggestione dedicato alla memoria dell’amico e sodale Aram Chachaturyan.

Per ascoltare l’Armenian National Philharmonic Orchestra diretta da Eduard Topchjan: martedì 19 ottobre alle 21 al Teatro dei Rinnovati “Sinfonie e arie d’opera” e mercoledì 20 ottobre alla stessa ora sempre presso il Teatro dei Rinnovati di Siena “Omaggio a Beethoven”. I concerti sono realizzati con il supporto di Scudieri International e dell’ACN Siena 1904.

I concerti hanno due tipi di biglietti per tutti i settori: intero: 10 euro; ridotto: 5euro (riservato agli studenti, ai giovani sotto i 26 anni e a chi abbia compiuto 65 anni). È possibile acquistare i biglietti online sul sito www.chigiana.org a partire da lunedì 18 ottobre fino alle ore 12 del giorno dello spettacolo o telefonando al n. 333 9385543 dalle ore 9.30 alle ore 12.30. In alternativa presso il Teatro dei Rinnovati a partire da due ore prima dell’inizio dello spettacolo.

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Armenia-Russia: la politica delle Chiese (Settimananews 18.10.21)

L’Armenia ha necessità di contenere gli effetti gravi della guerra e la Russia di garantire la sua area di influenza. L’incontro dei massimi responsabili delle religioni dei paesi interessati (oltre a quelli indicati, anche l’Azerbaigian) a Mosca, il 13 ottobre, mostra l’azione coordinata delle rispettive Chiese e religioni rispetto alla politica e il loro apporto creativo.

Karekin II, Catholicos della Chiesa armena, Allahshukur Pashazadech, gran Mufti dei musulmani del Caucaso (con sede in Azerbaigian) e Cirillo, patriarca di Mosca, hanno rinnovato un dialogo, avviato nel 1988 e ripreso nel 1993, nel 2010, nel 2011 e nel 2017.

L’incontro

Nel saluto introduttivo Cirillo ha sottolineato: «Siamo chiamati a dare una risposta comune e inequivocabile ai tentativi di collegare la religione con la guerra. Le guerre di religione sono una pagina terribile e peccaminosa nella storia religiosa dell’umanità. In questo secolo dobbiamo fare di tutto perché i concetti di religione e guerra non si giustifichino reciprocamente».

Nella dichiarazione finale lo stesso patriarca indica i temi essenziali del confronto. «Oggi è particolarmente importante ripristinare la fiducia reciproca delle persone, imparare di nuovo a guardare al prossimo con rispetto e disponibilità all’aiuto reciproco. La chiave di volta di tale appello è il rispetto per gli edifici religiosi, i monumenti storici e i cimiteri, il rispetto per i sentimenti religiosi delle persone di fede diversa, il dovere di custodire la memoria dei defunti. I leader religiosi sono chiamati a spendere la loro autorità per creare e custodire il buon vicinato fra religioni e popoli. Vi esortiamo a chiarire il destino dei dispersi, a facilitare il rilascio dei prigionieri di guerra, a prevenire l’uso non autorizzato di armi che minacciano la vita dei civili. In futuro è necessario sforzarsi con tutti i mezzi per evitare il linguaggio dell’odio e per astenersi dagli appelli all’azione militare nella zona del conflitto».

Equilibri e mediazioni

Nel 2020 si è riacceso il conflitto fra Armenia e Azerbaigian per il territorio conteso del Nagorno-Karabakh, enclave armena dentro i confini dell’Azerbaigian. La vittoria militare del paese islamico, favorita dalla armi fornite dalla Turchia, ha lasciato dietro di sé 6.000 morti e 100.000 sfollati che chiedono di tornare nei loro territori.

All’attivismo del Catholicos si salda il rinnovato dialogo del governo con la Russia, punto di mediazione dell’area. All’inizio di ottobre, mentre il primo ministro armeno, Nikol Pašinyan era a Mosca per parlare con Putin circa l’attuazione degli accordi di pace, il presidente dell’Armenia, Armen Sarkisyan, era a Roma per chiedere a papa Francesco di favorire il processo di pacificazione e per aprire formalmente una nunziatura nel paese.

Pochi giorni dopo Pašinyan arrivava in Georgia per una mediazione con la Turchia e garantire un corridoio di comunicazione (sotto la responsabilità dell’ONU) fra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia (cf. Asianews, 13 ottobre).

Il ruolo di Mosca

L’incontro a Mosca dei leader religiosi conferma il riconoscimento del ruolo del dipartimento patriarcale dei rapporti con l’estero, presieduto da Hilarion Alfaev e della complicata partita per rafforzare il riferimento della Chiesa ortodossa russa come garanzia dell’egemonia culturale (il pensiero russo) su tutta l’area ex sovietica e, dall’altro, il conflitto sempre più acceso dentro i confini dell’Ortodossia con Costantinopoli.

Espressione dell’egemonia sono l’ottenimento di una diocesi russa in Armenia e il discorso di Cirillo ai rappresentanti dei russi all’estero. Parlando il 15 ottobre al Congresso mondiale dei russi all’estero, il patriarca Cirillo ha rivendicato le ragioni del potere russo sia nei confronti della verità storica (non accettare che la Russia possa avere responsabilità nella guerra mondiale in ragione del patto con la Germania nazista), sia nell’attuale tensione con l’Ucraina.

I caratteri del popolo russo (fede, valori evangelici, forza di volontà, perseveranza, ospitalità, grandezza d’animo ecc.) giustificano anche una parziale correzione della prima lettera di Paolo a Timoteo, in cui il versetto 5,8 («Se uno non si cura dei suoi cari» ) diventa per il patriarca: «Se uno non si cura del suo popolo». È necessario garantire la sicurezza dei russi all’estero e la possibilità del loro ritorno in patria (c’è un fenomeno migratorio dalle ex Repubbliche sovietiche asiatiche).

«Nell’era della globalizzazione, dobbiamo concentrarci sulla nostra identità, non vergognarci della nostra “differenza”, percorrere il nostro percorso storico e preservare i nostri valori ovunque ci troviamo».

La difesa dell’uso della lingua russa va preservata in tutti i paesi ex sovietici. Preoccupazione molto viva in particolare nel Kirghizistan.

Lo scisma ortodosso

Sullo scisma intra-ortodosso va segnalata la decisione di posticipare il previsto consiglio dei vescovi russi dal 15-18 novembre al 26-29 maggio 2022. P. Anderson interpreta la scelta, oltre che per l’esigenza pandemica, anche per andare incontro alle richieste della Chiesa di Antiochia di non compiere gesti troppo rapidi e radicali verso Costantinopoli.

Nella riunione era prevista la discussione sulla condanna di Bartolomeo. Nella stessa riunione si prevedeva anche il riconoscimento formale delle reliquie di Nicola II e della famiglia imperiale, previo alla proclamazione della santità della famiglia, trucidata dai bolscevichi nel 1917.

Sono usciti nel frattempo un paio di volumi del Comitato d’inchiesta statale sul riconoscimenti dei resti. Il risultato positivo viene considerato dalla Chiesa come subalterno e legittimabile solo con l’assenso ecclesiale.

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Diplomazia pontificia, un protocollo di intesa Armenia – Santa Sede (AciStampa 16.10.21)

La visita del presidente armeno Sarkissian si è conclusa con la firma di un protocollo di intesa tra Armenia e Santa Sede che coinvolgerà una serie di aspetti culturali. Parlando con un gruppo di giornalisti, il presidente ha sottolineato i buoni rapporti con la Santa Sede, dicendo però che i rapporti sarebbero ulteriormente migliorabili.

Si ricomincia a sentire profumo di viaggi per Papa Francesco. Mentre in Vaticano, una conferenza si occupa di come guarire l’Europa.

                                                FOCUS ARMENIA

L’Armenia firma un protocollo di intesa con la Santa Sede

Il presidente armeno Armen Sarkissian ha firmato, nel corso della sua visita in Vaticano l’11 ottobre, un protocollo di intesa con il Pontificio Consiglio della Cultura. Il protocollo punta a salvare il patrimonio cristiano armeno, specialmente in quelle regioni dove è più a rischio, come il Nagorno Karabakh (in armeno, Artsakh), dove un accordo doloroso ha posto fine lo scorso anno al conflitto azero-armeno mettendo parte del patrimonio storico cristiano a rischio, con monasteri isolati all’interno di nuovi confini.

Come ogni conflitto, ci sono due punti di vista su chi abbia iniziato le ostilità. Quello che però colpisce è la progressiva perdita di patrimonio cristiano nella regione nel corso degli anni, tanto che alcuni hanno parlato di genocidio culturale, e l’ombusman Tatoyan, in viaggio la scorsa settimana con il Catholicos armeno Karekin II, non ha esitato a denunciare una generale “armenofobia” in un rapporto presentato al Tribunale Internazionale dell’Aja.

L’accordo con la Santa Sede è parte di uno sforzo diplomatico importante. La Santa Sede non ha mai fatto mancare l’appoggio all’Armenia. Quando scoppiò il conflitto c’era, per una ironia della sorte, il Catholicos Karekin II in visita da Papa Francesco, e il Papa fu pronto a fare un primo appello all’Angelus subito dopo l’incontro. Per il presidente Sarkissian, i rapporti tra Armenia e Santa Sede sono “buoni, ma potrebbero essere migliori”.

E per migliori intende proprio un comune impegno culturale, con magari scambi tra opere d’arte dei Musei vaticani e quelle armene, dove c’è anche uno straordinario Museo del Libro, il Matenadaran, che sta proprio a significare l’importanza della scrittura per il popolo armeno.

Parlando con un piccolo gruppo di giornalisti il 12 ottobre, il presidente Sarkissian, che fu il primo ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede, ha notato come Armenia e Vaticano si assomiglino, essendo “piccoli Stati con una grande nazione”. La nazione dell’Armenia, la prima a proclamarsi cristiana nel mondo, è data dalla incredibile diaspora sparsa ovunque nel mondo, alimentata anche dal genocidio (non riconosciuto comunque come tale da tutte le nazioni, a partire dalla Turchia) del 1915 che è ancora una ferita aperta per il popolo armeno.

La nazione del Vaticano è invece quelle dei cattolici in tutto il mondo. E il presidente armeno, fisico di formazione e coniatore del concetto di “politica quantica”, pensa proprio in termini di cooperazione tra Stati piccoli, messi ai margini della storia.

Sono temi che il presidente ha sviluppato nel suo incontro con Papa Francesco prima e con il Cardinale Piero Parolin e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher dopo. Il conflitto in Nagorno Karabakh, e in particolare la perdita del patrimonio cristiano, allarmano gli armeni.

Così come c’è allarmismo sui soldati armeni prigionieri di guerra nelle carceri azere. “Non abbiamo nemmeno i numeri di quanti sono realmente imprigionati, non possiamo nemmeno vedere i volti dei prigionieri, denuncia il presidente. Non vuole entrare nei dettagli della conversazione con il Papa, che ovviamente resta riservata, ma sottolinea che la Santa Sede, e in particolare Papa Francesco, ha un soft power che non va sottovalutato, e che può in qualche modo indirizzare anche il modello diplomatico.

Il protocollo di intesa siglato con il pontificio consiglio della Cultura – nota il presidente .- “consentirà di svolgere ricerche congiunte su questioni di interesse storico. Ci auguriamo che contribuisca ad intensificare ulteriormente la cooperazione tra l’Armenia e la Santa Sede in materia di cultura, scienza, archeologia e altri settori, nonché la partnership tra la Chiesa apostolica armena e la Chiesa cattolica di Roma”.

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Assegnato il Premio Nobel per l’ Umanità a Venezia Per la prima volta al di fuori dell’ Armenia (Panorama.it 16.10.21)

Assegnato il Premio Nobel per l’Umanità a Venezia. Per la prima volta al di fuori dell’Armenia (Di sabato 16 ottobre 2021) L’Umanità si sta svegliando e chi contribuisce a questo risveglio viene premiato con 1 milione di dollari da spendere per la causa difesa. È successo a Venezia, in un soleggiato fine settimana autunnale, grazie all’Aurora Prize for Awakening Humanity. L’Aurora Prize, riconosciuto come il Premio Nobel per l’Umanità, viene Assegnato ogni anno a partire dal 2015 a chi aiuta e assiste le persone in difficoltà mettendo a repentaglio la propria vita. È stato istituito in memoria dei sopravvissuti del Genocidio Armeno da tre fondatori armeni: l’ingegnere Noubar Afeyan (presidente e co-fondatore della società del vaccino Moderna), l’imprenditore e filantropo Ruben Vardanyan e lo storico Vartan Gregorian. La cerimonia della premiazione, quest’anno intitolata …

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Turchia, quello sforzo ecumenico delle chiese cristiane che sono in minoranza (AciStampa 14.10.21)

Era stato eletto patriarca armeno di Costantinopoli nel 2019, ma solo quest’anno, dopo uno stop forzato dovuto alle restrizioni della pandemia, Sahak II Mashalyan è potuto venire a Roma e ha potuto incontrare Papa Francesco. Un incontro “di cortesia”, ha raccontato ad ACI Stampa lo stesso patriarca. Il quale ha portato con sé a Roma una ventata di impegno ecumenico, e soprattutto un piccolo libro in inglese, Christianity (Cristianesimo).

È un libro che ha la sua importanza nel cammino dell’ecumenismo, perché racconta anche di un lavoro costante fatto ad Istanbul da tutte le vecchie confessioni cristiane. “Costantinopoli – spiega Sahak II ad ACI Stampa – ha tutto il suo peso storico, con le divisioni tra cristiani, gli scismi. Eppure qui abbiamo una commissione congiunta delle Chiese Cattoliche, Ortodosse e Protestanti, e con questa commissione abbiamo pubblicato in turco e poi tradotto in inglese questo libro in cui si affrontano i temi fondamentali della nostra fede. È un libro che racconta di un programma comune”.

Nel piccolo libro vengono affrontati tutti i temi teologici in comune tra le confessioni cristiane, secondo la logica del guardare prima quello che unisce piuttosto che quello che si divide.

Si va, allora, dall’esistenza e unicità di un Dio al tema della seconda venuta di Gesù Cristo, passando per l’attività dello Spirito Santo, il posto e l’importanza della Chiesa nel mondo, la resurrezione dei morti e persino i fondamenti dell’etica cristiana, nonché il rapporto del cristianesimo con la cultura.

È un libro che ha un suo peso, in un posto come la Turchia, dove il cristianesimo, sommando tutte le confessioni cristiane, non raggiunge lo 0,2 percento della popolazione. E gli armeni, di questo gruppo, sono i più numerosi. “Siamo cinquantamila – racconta il patriarca Sahak II – mentre i cattolici, divisi in cattolici di rito latino, siriano e caldeo, sono 21.500, i greco ortodossi 2 mila, i siriaci 12 mila e i protestanti 5 mila”.

Gli armeni sono numerosi in Turchia. Il Patriarca Sahak II ricorda che gli armeni sono “una minoranza bilingue”, ma che in fondo non stanno malissimo, considerando che hanno anche un periodico nella loro lingua, e persino le relazioni tra armeni e turchi sono considerate un problema del passato.

I problemi veri – aggiunge – sono quelli che vive “ogni minoranza nel mondo”, a partire dal problema demografico, perché “siamo una comunità che muore, abbiamo un tasso di mortalità dell’1,2 per cento a fronte di un tasso di mortalità del 2,6 per cento”.

C’è poi il tema di trovare una ragione per rimanere in Turchia, nonostante ci sia “libertà di culto e la comunità goda di buona salute, anche se ci sono, non lo nego, alcuni problemi a livello locale. Le nostre istituzioni hanno una buona forma dal punto di vista finanziario, ma non abbiamo uno status legale, un riconoscimento giuridico”.

In tutto questo, quel piccolo libro ecumenico può rappresentare un passo avanti perché le Chiese cristiane siano più uniti. “A volte, si riescono ad avere migliori relazioni con chi sta fuori che nella tua stessa Chiesa. Le relazioni non sono tanto quanto prendi, ma quanto riesci a dare”.

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L’ennesima sfida di Petrosyan: c’é Banchamek per il titolo mondiale di ONE Championship (Gazzetta.it 14.10.21)

A Singapore l’armeno naturalizzato italiano affronta il campione thailandese nella categoria -70 Kg: “Ho una boxe migliore, non mi interessa lo show ma penso solo a colpire forte e a portare a casa la cintura”

Giorgio Petrosyan, 35 anni

Molti lo hanno già definito il più grande evento nella storia della Kickboxing. One Championship: First Strike andrà in scena domani a Singapore dalle 14.30 ora italiana (visibile in chiaro sulla app e sul canale youtube di One fc), ma tutti aspettano il gran finale, previsto invece tra le 17.30 e le 18.00: a combattere per il titolo dei Pesi Piuma (-70 kg) ci sarà infatti Giorgio Petrosyan. “The Doctor”, leggenda italiana di questo sport, per molti il miglior kickboxer di sempre. Con 104 vittorie (41 per k.o.) e 2 sole sconfitte in carriera (l’ultima risale al 2013) ha conquistato così tante cinture che occupano un’intera parete nella sua palestra di Milano. Ha vinto tutti i principali tornei del Mondo e nel momento in cui erano al culmine del loro prestigio, a cominciare dal K1 Max e da Glory. A fine 2019 il suo successo più altisonante: la conquista del Grand Prix Pesi Piuma di One con uno straordinario premio di un milione di dollari. Una miriade di successi che hanno indotto molti fans e addetti ai lavori in tutto il mondo a considerarlo “the goat” come dicono gli americani, The Greatest Of All Times nella Kickboxing.

L’AVVERSARIO

A Singapore affronterà un osso duro: l’ex pluricampione del mondo e di Thailandia di Muay Thai Superbon Banchamek. Trentun anni, professionista da quando ne aveva 15, da un po’ è passato alla più redditizia Kickboxing vincendo anche qui importanti titoli. Saranno 5 round da 3 minuti di altissimo livello tecnico ed estremamente duri per entrambi i fighters. “Petrosyan ha pugni veloci e tecniche di attacco pericolosissime, colpisce con una potenza e una precisione incredibile. Dovrò contrastarlo attaccando per primo, la mia forza sta nell’essere un fighter a tutto tondo e a sfruttare le mie abilità di Muay Thai anche nella kickboxing. E ho più esperienza di lui”. Nei giorni scorsi Superbon aveva anche provato a provocare Petrosyan, che però si è mostrato tranquillo: “Non mi interessa, parli pure, sul ring non c’è bisogno di parlare. Lui è uno tosto, bravo nei calci. Io penso di avere una boxe migliore, ma non significa nulla se non lo dimostro in combattimento. Non mi interessa lo show, penso solo a colpire forte e a portare a casa la cintura”.

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