Ricordatevi dei vostri fratelli armeni, «come d’autunno sugli alberi le foglie» (Tempi 13.12.21)

Le dita intirizzite stanno sospese sopra la tastiera dell’iPad e vorrebbero ticchettare parole di pace per voi amici dei molokani e degli armeni. Le dichiarazioni firmate il 26 novembre a Sochi, terra russa, da Vladimir Putin (mediatore), dal primo ministro armeno Nikol Pashinyan e dal presidente azero Ilham Aliyev dovrebbero accarezzarmi il cuore. E un po’ lo fanno. Ma guardo l’azzurro perlaceo del lago di Sevan e non riesco a festeggiare un bel niente: non posso mentire a me stesso. La logica dei rapporti di forza combinata con l’ideologia di potenza del grande assente, Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia, ma che vegliava invisibile dietro le spalle del suo alleato e vassallo Aliyev, dicono: questa è una tregua organizzativa, poi l’ineluttabile accadrà, e Putin, se non vuole avere la spada turca nel suo fianco caucasico dovrà concedere l’Armenia a un redivivo impero ottomano. Esagero in pessimismo? Ci sono delle variabili. Poi le elencherò. Intanto i fatti.
Invas…

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