Erevan, i capolavori dell’arte moderna custoditi dentro la Cascata (SiViaggia 20.08.21)

Erevan è la particolarissima capitale dell’Armenia, una città caratterizzata dalla sontuosa architettura dell’epoca sovietica e che custodisce con cura le testimonianze del suo passato. Tante le cose da visitare da queste parti, ma ce n’è una che più di altre conquista il cuore dei suoi visitatori: la Cascata, una scala gigante fatta di pietra calcarea in cui sono custoditi alcuni capolavori dell’arte moderna.

Un monumento impressionante e progettato dagli architetti Jim Torosyan, Aslan Mkhitaryan e Sargis Gurzadyan e la cui costruzione iniziò nel 1971, per poi essere parzialmente completata nel 1980. In origine, doveva essere una struttura di tipo sovietico con la cima raggiungibile con una scala mobile all’interno o scalando i 572 gradini che compongono l’imponente opera situata nel centro della città, nella piazza Tamanyan.

Tuttavia, i lavori subirono un rallentamento dopo il terremoto del 7 dicembre 1988, e un blocco dopo la caduta dell’URSS nel 1991. Ma nonostante questo, oggigiorno il visitatore può godere di questa monumentale scalinata in marmo intervallata da statue, aiuole fiorite e fontane che sale sul fianco di una collina collegando il centro cittadino con il Parco di Haghtanak, il principale polmone verde di Erevan

La meravigliosa struttura della Cascata

L’esterno della Cascata si presenta regale e con più livelli, tutti adornati da fontane e sculture moderniste della collezione Cafesjian, un filantropo e collezionista d’arte appartenente alla diaspora armena. In cima alla scalinata si trova una piazza piuttosto tetra con al centro il Monumento per il 500esimo anniversario del Soviet dell’Armenia.

La parte superiore, invece, è rimasta incompiuta fino al 2001, quando proprio Gerald L. Gefesjian rilevò il progetto. Da allora la vasta struttura di cemento ha cambiato aspetto: oltre ad attenti lavori di ripulitura, sono state riparate le scale mobile al suo interno e piantate centinaia di aiuole.

Nel piazzale in cima, sotto il monumento al Soviet, è stato collocata una statua di Botero, un irriverente micio grasso e tutto nudo. Davanti alla Cascata si trova la statua di Tamanian, l’architetto che progettò la Erevan sovietica, intento a scrutare una mappa. Lungo la Cascata ci sono cinque fontane coperte, alcune delle quali presentano pannelli scolpiti e khachkar postmoderne.

Su entrambi i lati della Cascata, vi sono poi numerosi caffè e ristoranti, molto frequentati da gente del posto e dai turisti che giungono qui affascinati da questa bellezza.

Il Gatto di Botero a Erevan

I capolavori dell’arte moderna dentro la Cascata

Molti sono i capolavori custoditi al suo interno. Al di sotto delle scalinate esterne ci sono, infatti, sette scale mobili che si ergono lungo tutta la lunghezza del complesso. E sempre qui ci sono delle sale espositive che compongono il Museo d’Arte Moderna di Cafesjian e che sono collegate tra loro grazie al meccanismo suddetto delle scale mobili. In particolare qui è possibile ammirare una ricca collezione di opera d’arte e oggetti in vetro.

Il museo è composto da due sezioni separate: il “Cafesjian Sculpture Garden” esterno e le “Cafesjian Art Galleries” interno. Il Cafesjian Sculpture Garden è il giardino anteriore della Cascata dove sono esposte diverse sculture. Ma non solo, come detto in precedenza queste si trovano anche nella terrazza del giardino lungo i massicci gradini e le fontane che salgono dai giardini di strada di Tamanyan.

Nelle “Cafesjian Art Galleries” è possibile ammirare una vasta collezione di opere d’arte in vetro esposte in diverse gallerie e sezioni, comprese mostre permanenti o mostre temporanee. In particolare la “Khanjyan Gallery” ospita il trittico murale su larga scala “Storia dell’Armenia” del famoso pittore sovietico e armeno Grigor Khanjyan.

Infine, durante la primavera, l’estate e l’inizio dell’autunno, qua hanno luogo concerti di musica classica e jazz con gli spettatori che assistono direttamente seduti sui gradini stessi della struttura. E quando la scalinata s’accende, segnata da fasci di luce, è il segnale che un’altra notte di divertimento sta per cominciare nella bellissima Erevan.

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Erevan, l’origine misteriosa della Città Rosa dell’Armenia (Si Viaggia 15.08.21)

Alle pendici del biblico Monte Ararat e sulle rive del fiume Hrazdan sorge Erevan, capitale e città più popolosa dell’Armenia conosciuta anche come Città Rosa.

Una città curata, pulita e dotata di un’efficiente metropolitana e che allo stesso tempo vanta, però, un’origine misteriosa e tutta da scoprire.

Erevan nacque con l’edificazione della Fortezza di Erebuni, il cui nome significa “Fortezza di sangue”: in passato importante baluardo, oggi notevole sito archeologico e museo cittadino. Inoltre, l’anno riconosciuto come quello della fondazione della città (anticamente Erebuni) è il 782 A.C., ovvero 29 anni prima della nascita di Roma.

Il rosa è il colore caratteristico di molte abitazioni e dei bellissimi palazzi intorno a Piazza della Repubblica, ed è dovuto alla pietra usata per le costruzioni, un particolare tipo di tufo, chiamato ignimbrite.

La pietra utilizzata è molto abbondante nel territorio armeno, e presenta una tinta uniforme, ma con molte sfumature diverse, a seconda della cava di estrazione. Si calcola che esistano fino a 70 sfumature diverse di questo tufo. Tecnicamente, si tratta di roccia lavica, ma a differenza dei tufi che si trovano nella maggior parte del mondo, che sono di colore scuro, questo presenta una colorazione tendente al rosa.

Il motivo di questa colorazione sarebbe legato al fatto che l’originaria esplosione vulcanica avvenne in modo estremamente esplosivo, generando un flusso di lava denso e distruttivo, ma che riuscì a spargersi su una vasta area in modo molto veloce, riuscendo così a formare uno strato superficiale di ignimbrite ossidata, che attualmente ricopre gran parte della vallata sottostante il Monte Ararat. Al contrario, la lava scura che si trova in quasi tutto il resto del mondo è di origine basaltica, e si forma a partire da un flusso piroclastico piuttosto lento.

Una capitale bellissima e antichissima e in cui sono molte le attrazioni da visitare. Da non perdere assolutamente la famosa Cascata, un’imponente scalinata rosea arricchita da fontane e aiuole, punto di ritrovo amato da locali e turisti: dalla sua sommità si può godere di una vista mozzafiato sulla città e sul monte che la sovrasta.

Racchiusa da un bell’anello di giardini, la città si presenta geometrica e regolare, tutta in pietra rosea o rossastra, dove i colossali monumenti offrono scenari particolari. Magica anche Piazza della Repubblica, dove trovano sede alcune delle istituzioni più importanti tra cui il Ministero delle Comunicazioni e il Palazzo del Governo. Qui spicca la Fontana Musicale, i cui getti d’acqua e le luci che ne impreziosiscono le coreografie cambiano diverse volte durante il corso dell’anno. La Cattedrale di San Gregorio Illuminatore è la più grande chiesa armena del mondo, particolare perché formata da tre diverse strutture.

Infine, da non perdere è il celebre Museo e Memoriale del Genocidio Armeno, costruito nel 1995 sul colle Tsitsernakaberd che conserva fotografie e testimonianze del genocidio, avvenuto tra il 1915 e il 1922.

Erevan (il cui nome originale è Yerevan) è una vera e propria perla che entra dritta nel cuore.

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L’Armenia respinge le accuse dell’Azerbaigian di violazione dell’accordo trilaterale sul Karabakh (Sputniknews 12.08.21)

Il ministero degli Esteri armeno ha respinto mercoledì le accuse da parte azera, secondo le quali Yerevan avrebbe violato la dichiarazione trilaterale sulla cessazione delle ostilità nella regione di Nagorno-Karabakh, firmata dai leader di Armenia, Russia e Azerbaigian nel novembre 2020.
“Negli ultimi giorni, le forze armate azere hanno intensificato le loro azioni provocatorie sia contro le forze armate dell’Armenia, che contro unità dell’esercito di difesa dell’Artsakh [Karabakh]… La parte azera sta cercando di nascondere le sue azioni aggressive, sostenendo che siano invece gli armeni a violare la dichiarazione trilaterale del 9 novembre, e distorcono apertamente il testo della dichiarazione stessa”, ha affermato il ministero armeno.
In precedenza, il ministero della Difesa azero aveva affermato che l’Armenia, in violazione della dichiarazione trilaterale sulla cessazione delle ostilità in Karabakh, avrebbe dispiegato le sue forze armate in zona non consentita.
Lo scorso settembre si è svolto un conflitto armato, durato 44 giorni, tra Armenia e Azerbaigian nella regione di Nagorno-Karabakh. Le ostilità si sono concluse con una dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco, mediata dalla Russia, il 10 novembre 2020, in cui le parti hanno cementato i rispettivi guadagni e perdite territoriali e hanno concordato che le forze di pace russe sarebbero rimaste schierate nella regione per monitorare la tregua.

Erevan rilancia l’amicizia con Teheran (Asianews 09.08.21)

di Vladimir Rozanskij

Incontro tra il premier armeno Pašinyan e neoeletto presidente iraniano Raisi. Le due parti vogliono lavorare per la pace nella regione. Nessun riferimento al conflitto tra azeri e armeni nel Nagorno Karabakh. Gli iraniani attenti a non irritare l’Azerbaijan.

Mosca (AsiaNews) – Il giorno dell’insediamento del neoeletto presidente iraniano Ebrahim Raisi, a Teheran si è tenuta anche una visita di Stato del primo ministro dell’Armenia, Nikol Pašinyan, anch’egli da poco rieletto dopo due anni di contrastata leadership e conflitti.

Secondo la sala stampa del premier armeno, Raisi ha accolto Pašinyan assicurando che “l’Iran accorda grande importanza al continuo sviluppo delle relazioni amichevoli con l’Armenia, in campo politico, economico e umanitario”. Il nuovo presidente iraniano ha sottolineato che il mantenimento della pace nella regione ha un significato cruciale anche per Teheran, e che l’Iran ritiene indispensabile risolvere tutte le questioni attraverso il dialogo.

Pašinyan ha assicurato la volontà di proseguire il dialogo bilaterale, per rendere ancora più efficace la collaborazione con l’Iran “al massimo livello”. Le parti hanno discusso di varie questioni legate al rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali.  Al centro dei colloqui l’attività della zona di commercio libero “Megri”, creata dal governo armeno nel 2017 per attirare aziende straniere da tutto il mondo, a cominciare da quelle russe.

L’Armenia sostiene anche la partecipazione dell’Iran all’Unione Economica Eurasiatica, attiva dal 2015: oltre e Erevan, ne fanno parte Russia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan. Iraniani e armeni hanno valutato anche alcuni piani di rafforzamento delle vie di comunicazione della cooperazione energetica dal Golfo Persico al Mar Nero. Vi sono compresi la costruzione di un’autostrada nord-sud e della terza linea ad alto voltaggio per lo scambio di energia elettrica  e gas tra i due Paesi.

Secondo Rubik Minasyan di Radio Svoboda, dall’indipendenza dell’Armenia nel 1991 la politica dell’Iran nei suoi confronti è rimasta immutata: ciò anche durante la “guerra dei 44 giorni”, come viene chiamato il conflitto nel Nagorno Karabakh dell’autunno 2020. “Noi capiamo che gli interessi dell’Iran sono più dalla parte dell’Armenia, che non da quella dell’Azerbaijan, ma ancora non distinguiamo i passi concreti di questa sintonia, contrastata del resto dalla forte lobby turcofona presente nel governo iraniano”, afferma Minasyan.

Nel loro incontro del 5 agosto, Raisi e Pašinyan hanno fatto riferimento alla “pace nella regione”, ma senza nominare il Nagorno Karabakh e le situazioni critiche sui confini armeno-azeri, come quella dei prigionieri di guerra armeni ancora trattenuti in Azerbaijan. Il 3 novembre scorso, durante il conflitto nel Caucaso, il leader supremo iraniano Alì Khamenei era intervenuto con una dichiarazione secondo la quale “i territori azeri occupati dall’Armenia devono essere liberati, poiché queste terre appartengono all’Azerbaijan, che ha il diritto di controllare il suo territorio”. L’attuale presidente Raisi aveva ribadito questa posizione lo scorso 14 luglio, rispondendo agli auguri del presidente azero Ilham Aliyev in vista delle elezioni del 18 luglio.

L’Iran cerca di giocare tra il sostegno all’Azerbaijan, Paese più affine per la sua fedeltà all’islam, e le rassicurazioni all’Armenia in quanto “vicino di casa”. Né Raisi né il suo predecessore Hassan Rouhani avevano fatto le loro congratulazioni per la rielezione di Pašinyan dello scorso 20 luglio, e per la sua nomina a primo ministro del 2 agosto. La visita di Pašinyan a Teheran intende superare le ombre rimanenti, e rilanciare l’amicizia con l’Iran per sostenere il ruolo dell’Armenia nella regione.

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Ravenna Festival: Il concerto dell’Amicizia in Armenia diretto da Muti su Rai 1 (Piunotizieravenna 05.08.21)

Nella notte fra venerdì 6 e sabato 7 agosto, alle 00.15, gli schermi di RAI 1 accolgono una volta ancora Le vie dell’Amicizia, lo speciale progetto di Ravenna Festival che quest’anno ha visto l’Armenian State Chamber Choir unirsi ai musicisti dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini per due concerti, a Lugo (Ravenna) ed Erevan, diretti da Riccardo Muti. È infatti da sempre il gesto generoso di Muti a guidare artisti italiani e stranieri negli indimenticabili concerti-pellegrinaggio che dal 1997 visitano luoghi simbolo della storia antica e contemporanea. Con la trasmissione del concerto al Pavaglione del 1° luglio si rinnova anche quest’anno la collaborazione con RAI 1, che percorre Le vie dell’Amicizia al fianco del Festival sin dalla nascita del progetto. Per il programma musicale – l’Incompiuta di Schubert e pagine sacre di Haydn (il Te Deum), Mozart (il Kyrie in re minore K. 341) e di nuovo Schubert, con la Messa n. 2 in sol maggiore D. 167 – si sono uniti a coro e orchestra anche il tenore Giovanni Sala e gli armeni Nina Minasyan e Gurgen Baveyan, rispettivamente soprano e baritono.

Vent’anni dopo il primo concerto a Erevan – nel 2001, in occasione dei 1700 anni del Cristianesimo in Armenia – il Festival ha scelto nuovamente il “regno delle pietre urlanti”, come l’ha descritto il poeta russo Osip Mandel’stam, come propria destinazione nella mappa di fratellanza che negli anni ha toccato città quali Sarajevo, Beirut, Gerusalemme, Mosca, New York, Nairobi, Teheran, Kiev, Atene…e, nel 2020, nel Parco Archeologico di Paestum, gemellato con il sito di Palmira, per ricordare il popolo siriano. Mentre vent’anni fa il programma che univa italiani e armeni era interamente verdiano, il 1 luglio l’impeto celebrativo che pervade il Te Deum haydniano ha riassunto lo sguardo fiducioso i concerti dell’Amicizia vogliono rivolgere al futuro, un gesto di solenne gioia e speranza. Quella speranza, oggi più che mai necessaria, che trova espressione compiuta nella musica sacra, al di là di ogni credo o dottrina; quella speranza che, intrecciando il quotidiano desiderio del singolo con l’universale anelito al bene, risuona appunto nella religiosità serena e razionale di Haydn. Ma anche nella scrittura densa di sfumature cromatiche e nella strumentazione opulenta del Kyrie di Mozart, detto “di Monaco” perché in quella città composto. E innerva la Messa del giovane Schubert scritta, si dice, in soli sei giorni, eppure nel timbro delicato e dolce capace di richiamare ognuno al raccoglimento più intimo.

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Nikol Pashinyan per un secondo periodo come primo ministro del paese (TRT 02.08.21)

Il presidente dell’Armenia ha nominato Nikol Pashinyan per un secondo periodo come primo ministro del paese a seguito delle elezioni parlamentari a giugno.

Pashinyan, 46 anni, ha 15 giorni per formare un governo.

Pashinyan, come primo ministro, aveva indetto elezioni anticipate per cercare di porre fine a una crisi politica iniziata quando le forze armene sono scnfitte in Karabagh.

Nikol Pashinyan aveva ottenuto il 53,91% dei voti.

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Nikol Pashinyan nominato nuovamente Primo ministro dell’Armenia (Global Voices 13.08.21)

Mkhitaryan: “Quel che successe con Mourinho resta a Manchester. Scudetto? Fate i conti con la Roma” (90min 31.07.21)

C’è stato un momento in cui Henrikh Mkhitaryan sembrava lontano dalla Roma, dopo l’arrivo di José Mourinho e la proposta di rinnovo di contratto presentata da Tiago Pinto. Ma alla fine, per la gioia di tutti, l’attaccante armeno ha deciso di restare nella Capitale nonostante la corte di diverse squadre (tra cui il Milan) per restare al centro del progetto targato Mourinho. Del rapporto col tecnico, in particolare, Mkhitaryan ha parlato in un’intervista esclusiva rilasciata al Corriere dello Sport direttamente dal ritiro portoghese in Algarve.

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Tensioni nel Caucaso: l’Armenia vuole i Russi lungo il confine (L’opinione 30.07.21)

Sale la tensione nel Caucasomercoledì 28 luglio tre soldati armeni sono morti e due azeri sono rimasti feriti in uno scontro a fuoco lungo il confine. È l’incidente più sanguinoso dalla guerra dell’anno scorso, durata sei settimane, in cui le truppe di Baku sono riuscite ad occupare parte del Nagorno Karabakh, Repubblica indipendente abitata in maggioranza da armeni (e sostenuta da Erevan), ma reclamata dall’Azerbaijan.

I due Paesi si sono accusati reciprocamente di aver aperto il fuoco per primi, quindi non è ben chiaro chi abbia rotto la tregua. Nello specifico, Erevan ha dichiarato che gli azeri hanno aperto il fuoco contro le postazioni armene a Gegharkunik, mentre Baku sostiene che gli armeni abbiano attaccato con mitragliatricilancia-granate e bombe a mano un villaggio nella regione di Kelbajar. La Russia, che mantiene una forza di pace in Nagorno Karabakh, è intervenuta ed è riuscita a mediare un cessate il fuoco, accettato da entrambe le parti, anche se l’esercito azero continua ad accusare gli armeni di bombardare le sue postazioni.

Nell’ultimo conflitto, l’esercito di Baku ha dimostrato la sua superiorità, bombardando con droni di fabbricazione turca e israeliana le retrovie e le postazioni fortificate armene, ed è probabile che un nuovo conflitto armato arriderebbe sempre agli azeri. Il mantenimento della tregua è nell’interesse dell’Armenia: proprio per questo il primo ministro Nikol Pashinyan ha avanzato una proposta che potrebbe sbilanciare i già delicati equilibri della regione. Ovvero lo schieramento di truppe russe lungo tutto il confine tra i due Stati.

“Data la situazione attuale – ha dichiarato ieri Pashinyan durante una riunione del Governo – penso che abbia senso considerare la possibilità di schierare avamposti di guardie russe lungo tutto il confine armeno-azero”. Il suo staff, ha aggiunto, si sta preparando per discutere della proposta con Mosca, e che la sua attuazione avrebbe permesso la demarcazione e delimitazione del confine senza il rischio di scontri armati. Il Cremlino ha affermato di essere in contatto con entrambi gli Stati, ma si è rifiutato di commentare la proposta di Pashinyan.

La situazione tra Armenia e Azerbaijan è attentamente monitorata: è d’interesse internazionale sventare qualunque minaccia agli oleodotti di Baku ed evitare il coinvolgimento diretto delle due potenze regionali, Turchia e Russia. Il primo ministro armeno, però, sembra curarsi poco degli equilibri dell’area e del futuro della sua Nazione. Una massiccia presenza delle truppe di Mosca sicuramente scatenerebbe una dura risposta di Ankara, che pretenderebbe il diritto di schierare anche i propri soldati nell’area, per non perdere la propria influenza politico-militare. A quel punto, i due Paesi caucasici, già militarmente e (in parte) economicamente dipendenti dai loro potenti alleati, diverrebbero poco più di Stati-fantoccio, strangolati dalla morsa degli eserciti dei garanti della loro integrità territoriale.

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Armenia e Azerbaijan: appetiti, interessi e scontro sulla provincia di Syunik (Osservatorio Balcani e Caucaso 30.07.21)

La provincia armena di Syunik è al centro di nuove tensioni tra Armenia e Azerbaijan: la sua posizione strategica stimola appetiti e rivendicazioni contrastanti, creando nuove tensioni tra Yerevan e Baku dopo il conflitto armato in Nagorno Karabakh

30/07/2021 –  Marilisa Lorusso

La crisi intorno all’area di Syunik è iniziata con il contenzioso transfrontaliero del 12 maggio. Si inserisce nel quadro di problemi di demarcazione di confine che recentemente hanno anche causato un ritorno alle armi. Il cessate-il-fuoco è minacciato da questioni irrisolte, e gli incidenti di scambio di fuoco che causano feriti e morti – tre armeni solo nella giornata del 28 luglio – sono ormai più frequenti lungo il confine armeno-azero che nell’area contesa del Nagorno-Karabakh. La delimitazione del confine è divenuta una crisi a sé stante, e all’interno di questo quadro Syunik ha una posizione particolare.

 

Il fronte meridionale

Syunik si insinua fra la exclave azera del Nakhchivan e le aree tornate sotto il controllo azero con l’ultima guerra. Inizialmente le tensioni hanno riguardato il lato est, dove il confine non è delimitato. Da fine maggio la sicurezza è andata deteriorandosi anche lungo il confine con il Nakhchivan, da sud, Syunik, fino alla zona di Ararat e sono iniziati una serie di incidenti non sempre confermati da ambo le parti. In genere è il ministero della Difesa dell’Azerbaijan che lamenta più provocazioni da parte armena. In alcuni casi invece gli episodi di violazione del cessate-il-fuoco sono confermati da entrambe le parti. È il caso dei numerosi incidenti segnalati nella seconda metà di luglio intorno a Yeraskh, dove il 20 luglio un militare azero e un civile armeno sono rimasti feriti.

Syunik è insomma presa, letteralmente, fra due fuochi, per via dei confini. Ma anche il suo nome e l’uso che si intende fare del suo territorio sono fonte di grande tensione.

 

Rivendicazioni storiche

Per l’Azerbaijan Syunik è lo Zangezur occidentale. Così lo ha definito anche recentemente in un discorso ufficiale  il Presidente Ilham Aliev, indicandolo come storica terra dell’Azerbaijan, dove gli azeri dovranno tornare a vivere. Gli armeni, ovviamente, vedono queste rivendicazioni storiche come fumo negli occhi, e temono che i presidi militari che gli azeri hanno creato in aree di confine a demarcazione ancora non concordata non siano altro che il preludio di una nuova aggressione azera.

Non sono solo parole, per quanto la retorica incendiaria sia un problema tangibile nella risoluzione del conflitto. A marzo una delegazione della Turchia ha presenziato ai lavori di inaugurazione del cosiddetto “corridoio di Zangezur”, e a maggio – durante la visita del ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture turco Adil Karaismailoğlu in Azerbaijan – il presidente Erdoğan ha ribadito l’importanza del progetto, che la Turchia inserisce nella Nuova Via della Seta  . Molto diversa la posizione armena, che non accetta che Syunik sia solo un corridoio, uno spazio passivo di transito fra Turchia e Azerbaijan, ma sostiene che debbano riaprire tutte le vie di comunicazione e che i territori che ne saranno attraversati debbano essere protagonisti per trarne quanto più benessere possibile.

 

Fra tensioni e interessi

La questione butta la benzina sul fuoco, in un quadro in cui la sfiducia reciproca continua ad aumentare, e proporzionalmente alla sfiducia i motivi di contesa e rancore. Oltre al recente conflitto – con tutte le ferite che questo ha comportato – rimangono le questioni dei prigionieri di guerra, dei campi minati, dei processi ai prigionieri che sono in corso, dei confini da demarcare, degli spostamenti di militari non concordati e dei successivi, conseguenti, nuovi scontri.

A causa di questa sfiducia e del peggioramento del quadro della sicurezza è stata sospesa una parte sostanziosa degli accordi che hanno messo fine ai combattimenti. Oltre all’accordo trilaterale del 9-10 novembre 2020, c’è quello dell’11 gennaio che ha previsto la creazione di un gruppo di lavoro trilaterale incaricato di concordare l’apertura delle vie di comunicazione e di tutte le infrastrutture che dovrebbero comportare una fitta rete di trasporti e scambi regionali. Gli incontri del gruppo si tengono sia in formato di tecnici, sia in una dimensione politica a livello di vice-premier russo, armeno e azero. Il vice-premier russo ha recentemente cercato di sollecitare un nuovo impulso al lavoro del gruppo trilaterale  , le cui attività si sono interrotte a causa degli scontri di inizio giugno. Non sono solo la Russia e la Turchia a premere in questo senso. Anche l’Iran è sceso energicamente in campo per quella che gli pare un’inattesa e tempestiva opportunità per ridurre il proprio isolamento, incrementare le proprie esportazioni e far ripartire l’economia per un paese che ha subito in modo pesante l’impatto della pandemia.

Intorno a Syunik, insomma, pullulano vasti interessi, e la regione armena può diventare uno snodo pivotale nelle direzioni nord-sud ed est-ovest.

 

La pace avvelenata

L’Azerbaijan preme in questo senso e si dichiara disposto a trasformare questa seconda fase post-bellica in una pace duratura. Questa proposta per l’Armenia appare però come un frutto avvelenato: firmare la pace vuol dire riconoscere reciprocamente l’integrità territoriale e i confini, che potrebbe voler dire per l’Armenia mettere fine alle dispute di confine e facilitare l’opera di demarcazione, ma allo stesso tempo mettere una pietra tombale sulla questione del Nagorno Karabakh, riconoscendolo de jure parte dell’integrità territoriale azera. La pace quindi per l’Armenia arriva dopo la definizione dello status del Karabakh. Per l’Azerbaijan lo status è stato invece deciso con la guerra. Come già ricordato, per Aliyev la questione dell’indipendenza/autonomia del Karabakh non esiste più. Esiste un presidio militare temporaneo russo, in attesa che la popolazione locale accetti di venire riannessa all’interno dello stato azerbaijano. Il 7 luglio è nata per decreto la zona economica Karabakh-Zangezur orientale, e questa è l’unica peculiarità amministrativa che Baku vuole concedere all’area secessionista.

Inutile dire che per l’Armenia questa è una non opzione. Di pace il primo ministro armeno Pashinyan non vuole sentire parlare fino al ritiro dei militari azeri – stimati un migliaio – che dal cessate-il-fuoco ad oggi si sono insediati in aree che l’Armenia considera proprie, e fino a quando non si sarà trovata una soluzione politica per lo status del Karabakh. L’Armenia ne insegue ancora la secessione, l’Azerbaijan dice che non esiste più.

Se possibile, le posizioni sono ancora più lontane e incompatibili di prima della guerra. E come uno scoglio fra onde contrastanti sta Syunik, esposto alle bramosie di chi ha fretta di cominciare a costruire anche là dove ancora non si è bonificato.

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Tre soldati armeni uccisi in scontri di confine con le forze azere (Euronews e altri 28.07.21)

Tre soldati armeni sono stati uccisi in uno scontro con le forze azere al confine, il più letale dalla fine della guerra dello scorso anno nel Nagorno-Karabakh.

A darne notizia è stato il ministero della Difesa armeno, che in una nota rende noto come anche altri due soldati sono rimasti feriti.

In una dichiarazione rilasciata alle 09:20 ora locale (07:20 CET), il Ministero ha aggiunto che “i combattimenti continuano”.

Il ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha affermato che anche due dei suoi soldati sono rimasti feriti negli scontri, ma che “non c’è pericolo per la loro vita”.

Entrambi i paesi si sono accusati l’un l’altro per la riacutizzazione della tensione lungo il confine.

Yerevan e Baku hanno combattuto una micidiale guerra di 44 giorni in autunno, ultimo capitolo del lungo conflitto in Nagorno-Karabakh, che si è concluso a novembre con una tregua mediata dalla Russia.

Le tensioni tra i due paesi nella regione stanno ribollendo dalla fine di una guerra negli anni ’90 e l’escalation di violenza dello scorso anno è stata la più mortale degli ultimi due decenni. Più di 5.000 persone hanno perso la vita e decine di migliaia sono state sfollate.

L’accordo di pace mediato da Mosca ha visto l’Armenia costretta a cedere un territorio significativo all’Azerbaigian.

Entrambi i paesi si sono ripetutamente accusati a vicenda di aver violato i termini dell’accordo da quando è entrato in vigore il 10 novembre.

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Armenia, tre soldati uccisi in uno scontro al confine con le truppe azere (Sputniknews 28.07.21)


Scontri a fuoco al confine, risale la tensione nel Nagorno-Karabakh (Insiderover 28.07.21)


Armenia-Azerbaigian, sale di nuovo la tensione: scontri a fuoco al confine (Ilprimatonazionale 28.07.21)


Nagorno-Karabakh, nuovi scontri Armenia-Azerbaigian: 3 morti e 4 feriti (Cronachedi 28.07.21)