Steli di pace a Marengo (Iltorinese 14.07.21)
Marengo, crocevia culturale dove non manca un premio dedicato alla pace e a chi la racconta e la valorizza. Non è un caso se è stato scelto il luogo identitario nazionale della storia napoleonica, dove la storia e la cultura si fondono grazie a un approccio nuovo e internazionale, per ospitare la premiazione della terza edizione di ‘Steli di pace’, premio ideato dall’Unione Giornalisti e Comunicatori Europei (Ujce) con il Gus (Giornalisti Uffici Stampa) del Piemonte.
Il riconoscimento, ricorda Ezio Ercole, Vice Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, si prefigge «di valorizzare chi, attraverso la stampa o con altre forme di comunicazione, trasmette un messaggio di pace ed è quindi costruttore di pace». L’evento si svolgerà giovedì 15 luglio e sarà aperto, alle 17.30, dalla visita al Museo napoleonico. Seguirà, alle 18.15, l’accoglienza nella Marinco Curtis e la premiazione. Gli ‘Steli di pace’ saranno assegnati a Patrizia Foresto e Daniele Barale.
Patrizia Foresto, giornalista torinese, ha collaborato e collabora con varie testate locali e nazionali e si occupa di uffici stampa per Fondazioni ed enti privati. Fra i molti scritti, spiccano quelli dedicati all’Armenia e in uno di questi, pubblicato su ‘Il Mondo’ di Pannunzio racconta anche di Charles Aznavour, chansonnier e attore franco-armeno, uomo di pace e di condivisione, con un interesse costante ai tanti bisogni del popolo armeno profondamente ferito da secoli di guerre.
Daniele Barale, giornalista, ha scritto e scrive per diverse testate, tra cui Vita Diocesana Pinerolese, Il Laboratorio, Tempi, Il Foglio (recensioni libri) ed è stato promotore, in questi ultimi anni, di incontri e convegni con importanti intellettuali italiani e stranieri chiamati a Torino nel corso di numerosi eventi culturali. Ha già ottenuto una menzione speciale nell’ambito del premio ‘Finanza per il sociale’, indetto da Abi (Associazione bancaria italiana), Feduf (Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio, nata su iniziativa della stessa Abi) e Fiaba (Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche) testimoniando come l’educazione finanziaria sia un tema capace di promuovere equilibri produttivi di pace.
Terzo momento di pace il Concordato fra Napoleone e Papa Pio VII del 1801, che regolamentando il rapporto Stato-Chiesa, rimise ordine in quegli anni burrascosi post Rivoluzione Francese.
La cerimonia di consegna sarà aperta e conclusa da due brani musicali per arpa che vedranno come protagonista Camillo Vespoli, docente del Liceo musicale, noto all’ambiente alessandrino per la sua intensa attività concertistica in Italia e all’estero.
Seguirà la presentazione di un libro in memoria di Ermanno Eandi, torinese, poeta, giornalista e scrittore, scomparso nel maggio del 2020, e l’assemblea del Gus Piemonte
Ferma condanna del tour dei diplomatici stranieri a Baku nell’Artsakh occupata dall’Azerbajgian, partecipi nella propaganda del regime dittatoriale azero (Korazym 13.07.21)
Il 9 luglio 2021 è iniziata la visita di due giorni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh occupato dall’esercito azero di oltre 100 rappresentanti diplomatici di Paesi e organizzazioni internazionali accreditati a Baku. Personale diplomatico di Turchia, Italia, Pakistan, Austria, Svezia, Polonia, Israele, Cina, Giappone, Malesia, Corea del Sud, Bielorussia, Ucraina, Brasile, Messico, Arabia Saudita, Qatar, Algeria e altri Stati, nonché i rappresentanti dell’Alto Commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno partecipato al tour propagandistico azero. “Secondo le istruzioni del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian Ilham Aliyev, continua l’organizzazione delle visite di conoscenza del corpo diplomatico straniero nei territori liberati dall’occupazione”, ha riferito l’Azeri Press Agency (APA) di Baku [QUI], riportando la velina azera. Da tener presente che il personale delle Ambasciate di Russia, Stati Uniti e Francia a Baku si sono rifiutato di partecipare all’iniziativa voluta dal dittatore azero Aliyev.

Lo scopo del tour dei diplomatici accreditati a Baku era di “far conoscere ai diplomatici stranieri i lavori di restauro e ricostruzione eseguiti a Shusha, il ripristino dello stile architettonico originale di Shusha e il patrimonio nazionale e culturale del popolo azero”, ha fatto sapere l’agenzia di stampa azera APA. I diplomatici hanno visitato Fizuli, dove hanno preso conoscenza della costruzione di un aeroporto internazionale e la Città di Shushi, occupata dalle forze armate azere. In precedenza, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev e il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan hanno firmato a Shushi una dichiarazione di alleanza. Successivamente, Aliyev ha affermato che il successo militare dell’Azerbajgian nella guerra nel Nagorno-Karabakh è il risultato dell’alleanza con Ankara. Un fatto armai accertato da tempo.

La Federazione Armena Europea per la Giustizia e la Democrazia (EAFJD) deplora la visita di alcuni ambasciatori e diplomatici stranieri in Azerbajgian alla Città di Shushi occupata nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh
La sfortunata decisione dei diplomatici di partecipare a questo tour di propaganda organizzato dal governo azero è un deplorevole atto di approvazione e legittimazione dei crimini di guerra commessi dallo stesso regime autoritario e criminale azero contro la popolazione armena nativa di Shushi e Nagorno-Karabakh in generale solo pochi mesi fa, ha affermato l’European Armenian Federation for Justice and Democracy (EAFJD) in una dichiarazione.

Infatti, con un massiccio sostegno della Turchia e il dispiegamento di combattenti terroristi siriani stipendiati, le forze armate azere hanno deliberatamente distrutto l’infrastruttura civile di Shushi e bombardato due volte la cattedrale principale della città durante la guerra di 44 giorni nell’autunno 2020. Come risultato di questo disastrosa guerra scatenata dal tandem turco-azero, prosegue l’EAFJD, la secolare città armena di Shushi è ora completamente ripulita etnicamente dalla sua popolazione armena per la prima volta nella storia. Il Presidente dell’Azerbajgian ha poi annunciato pubblicamente e con orgoglio di aver “inseguito la popolazione armena come cani”.

Va da sé che il rifiuto degli ambasciatori dei tre paesi copresidenti del gruppo OSCE di Minsk – Francia, Russia e Stati Uniti, di partecipare a questo viaggio, è un chiaro messaggio che il conflitto del Nagorno-Karabakh non è ancora risolto, ha dichiarato l’EAFJD. Di fatto, due dei tre principi fondamentali dell’OSCE – non uso della violenza e pari diritto all’autodeterminazione dei popoli – sono stati palesemente violati durante la guerra dalle autorità dell’Azerbajgian.

È un peccato che i diplomatici che hanno visitato Shushi non abbiano scelto di seguire l’esempio dei Paesi co-presidenti del gruppo OSCE di Minsk, ha sottolineato l’EAFJD. Accettando l’invito, sono entrati a far parte della campagna di propaganda del regime autoritario dell’Azerbajgian. Inoltre, hanno minato gli sforzi dei Co-presidenti del gruppo OSCE di Minsk di trovare una soluzione duratura, pacifica e giusta del conflitto del Nagorno-Karabakh. Inoltre, questi diplomatici hanno completamente ignorato il fatto che l’Azerbajgian continua a detenere e torturare illegalmente più di 200 prigionieri di guerra e prigionieri armeni, utilizzandoli come merce di scambio politica, in violazione della dichiarazione tripartita di cessate il fuoco del novembre 2020 che anche il Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev ha firmato e che prevede il ritorno di tutti i prigionieri e prigionieri di guerra.

Inoltre, ha aggiunto l’EAFJD, l’Azerbajgian continua a rifiutare alle organizzazioni internazionali come l’UNESCO di accedere ai monumenti architettonici e religiosi armeni nei territori occupati dall’Azerbajgian di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Nel frattempo è emersa la documentazione della profanazione e persino della completa distruzione di alcuni di questi monumenti religiosi. Inoltre, dal maggio 2021 l’esercito azero ha invaso il territorio sovrano della Repubblica di Armenia nelle sue regioni Syunik e Gheghargunik mentre rapiva militari armeni.

È estremamente deplorevole, conclude l’EAFJD, vedere come la diplomazia, anche quella dei Paesi che affermano di preoccuparsi dei diritti umani e dell’etica, si trasformi in un crudo sincronizzazione labiale con un regime autoritario famoso per aver stabilito elaborati meccanismi di corruzione in tutta Europa, come la lavanderia a gettoni azera e scatenando una guerra contro la popolazione armena nativa mentre schierava combattenti terroristi pagati. In quanto organizzazione europea di base, afferma l’EAFJD, crediamo che la diplomazia sia molto più di questo, che la dignità e un certo senso di giustizia debbano essere il suo nucleo centrale e continueremo sicuramente il nostro lavoro volto a questo.

L’Armenia ha consegnato una nota verbale agli ambasciatori dei Paesi, i cui inviati hanno visitato i territori occupati di Artsakh
I capi di alcune missioni diplomatiche a Erevan sono stati convocati presso il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Armenia in merito alla partecipazione dei rappresentanti diplomatici di alcuni Paesi alla visita organizzata dalle autorità azere nei territori occupati di Artsakh il 9 e 10 luglio 2021.
Agli ambasciatori è stata consegnata una nota verbale indirizzata ai rispettivi governi, nella quale si afferma in particolare che la Repubblica di Armenia considera assolutamente inaccettabile la visita di rappresentanti diplomatici accreditati in Azerbajgian nei territori occupati di Artsakh, tra cui Hadrut e un centro storico di Artsakh, Shushi: regioni che sono state sottoposte a pulizia etnica e la loro popolazione è stata oggetto di crimini di guerra e altre atrocità di massa commesse dalle forze armate azere durante la recente aggressione. Viene sottolineato che organizzando tali eventi le autorità azere stanno cercando di legittimare l’aggressione contro il popolo di Artsakh e di rafforzare le proprie affermazioni di aver risolto il conflitto con la forza.
Durante tutte le riunioni è stato sottolineato che il coinvolgimento di rappresentanti diplomatici in tali visite contraddice lo spirito di cooperazione esistente tra la Repubblica di Armenia e tali paesi, nonché la posizione della Co-Presidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE. A questo proposito, l’Armenia chiede fermamente di astenersi da qualsiasi azione che possa giustificare l’uso della forza e quindi minare la pace e la sicurezza regionali.
“L’uso della forza e le atrocità di massa non possono risolvere il conflitto del Nagorno-Karabakh e la risoluzione del conflitto può essere raggiunta solo attraverso negoziati sotto gli auspici dell’unico formato con mandato internazionale: i copresidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE”, il Ministero degli Affari Esteri armeno ha detto in un comunicato.
Il Ministero degli Affari Esteri armeno ha portato la suddetta posizione anche all’attenzione dei governi dei rispettivi Paesi, che detengono missioni diplomatiche non residenti in Armenia.
Ferma condanna del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Artsakh per la visita a Sushi dei diplomatici accreditati in Azerbajgian
Il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh ha condannato l’organizzazione da parte delle autorità dell’Azerbajgian di una visita di personale delle missioni diplomatiche straniere accreditate in Azerbajgian nei territori occupati della Repubblica di Artsakh, compresa la città di Shushi il 10 luglio 2021.
“Con tali azioni, l’Azerbajgian sta cercando di consolidare i risultati della guerra di aggressione che ha scatenato il 27 settembre 2020 con la partecipazione della Turchia e di militanti di organizzazioni terroristiche ed estremiste internazionali contro la Repubblica di Artsakh”, il Ministero ha detto oggi in una dichiarazione.
“Sottolineiamo ancora una volta che la situazione attuale è il risultato di azioni illegali dell’Azerbajgian, che ha gravemente violato i principi fondamentali del diritto internazionale, come il non uso della forza o la minaccia della forza, la risoluzione pacifica delle controversie, il rispetto dell’uomo diritti e libertà fondamentali, uguaglianza e diritto dei popoli di decidere in buona fede del proprio destino e dell’attuazione degli obblighi internazionali, si legge nella dichiarazione.
“I tentativi dell’Azerbajgian di legittimare l’attuale stato di illegalità significa anche giustificare lo scatenamento di una guerra aggressiva, la cooperazione con i terroristi internazionali, le violazioni del diritto internazionale umanitario ei crimini di guerra. A questo proposito, è deplorevole che i diplomatici stranieri accreditati in Azerbajgian abbiano ceduto alle azioni manipolative di Baku, che non sono solo volte a impedire la ripresa del processo di risoluzione globale del conflitto azerbajgiano-karabako, ma minano anche le basi della politica internazionale relazioni, ponendo le basi per riconoscere i risultati di azioni illegali come norma accettabile. Nessuna acquisizione territoriale risultante dalla minaccia o dall’uso della forza dovrebbe essere riconosciuta come legittima”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh.
Il Ministero ha ribadito che i territori della Repubblica di Artsakh, compresa la città di Shushi, occupati dall’Azerbajgian con il sostegno della Turchia e dei terroristi internazionali durante la guerra dei 44 giorni, sono territori temporaneamente occupati in conformità con le norme del diritto internazionale. “La città di Shushi è parte integrante di Artsakh sia negli aspetti territoriali, culturali, economici e storici. Qualsiasi tentativo di respingerlo è una grave violazione dell’integrità territoriale della Repubblica di Artsakh”.
“Il ripristino dell’integrità territoriale della Repubblica di Artsakh e l’acquisizione della personalità giuridica internazionale da parte di Artsakh sono condizioni indispensabili per raggiungere una soluzione globale del conflitto e stabilire una pace duratura nella regione. Chiediamo agli Stati copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE di adottare tutte le misure necessarie per riprendere il processo negoziale in vista di una soluzione definitiva del conflitto azerbaigiano-karabako”, si legge nella dichiarazione del Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh.
Il viaggio in Armenia Dall’antichità ai nostri giorni (Edizionicafoscari 12.07.21)
Il viaggio in Armenia
Dall’antichità ai nostri giorni
A CURA DI
ABSTRACT
Il volume raccoglie saggi di studiosi di diversa estrazione dedicati alle narrazioni che visitatori, mercanti, missionari e viaggiatori di varie epoche e provenienze hanno dedicato all’Armenia, alla sua storia, alla sua cultura. Attraverso l’analisi di fonti primarie e documenti inediti, il tema del viaggio in Armenia è affrontato in prospettiva storica, storico-artistica, religiosa, filologica e letteraria, coprendo un periodo di quasi mille anni.
Nair Melikyan, prete campione MMA Armenia/ Dai combattimenti alle preghiere “Gesù…” (Ilsussidario 11.07.21)
Un prete armeno, Nair Melikyan, campione di MMA nel suo paese. A rivelare il particolare è l’account twitter The US Armenians, ma la notizia stava già facendo il giro dei social. Ad esempio, su Reddit, dove è stato addirittura condiviso il link che porta alla pagina della Diocesi armena in Georgia, in cui è riportata la notizia relativa all’ordinazione per gli ordini minori a Javakheti. Il lottatore professionista 23enne, originario di Yerevan, in Armenia, è considerato una giovane promessa, un prospetto che può costruire una carriera importante nella MMA e lasciare il segno, non solo sui suoi avversari, come ha mostrato nei suoi ultimi combattimenti. Alto 1,67 cm, si distingue per la sua forza devastante. Nell’ottobre scorso ha anche combattuto in Spagna. La notizia della sua vittoria, in considerazione anche del fatto che è un sacerdote armeno, ha stupito gli appassionati di MMA, ma non sono mancati commenti ironici sui social.
LE PREGHIERE DI NAIR MELIKYAN
La religiosità di Nair Melikyan traspare anche dal suo account social, dove si alternano foto e video dei suoi combattimenti ad altri in cui esprime tutta la sua spiritualità. Si trovano infatti anche preghiere come questa: «Gesù, ho bisogno di te, grazie per essere morto sulla croce per i miei peccati. Confesso e mi pento dei miei peccati. Apro la porta del mio cuore e ti accetto come mio Salvatore e Signore. Grazie per aver perdonato dammi i miei peccati e vita eterna. Fammi ciò che vuoi che io sia, perché sono diventato Tuo figlio». Ma c’è anche questa preghiera: «Ti glorificherò, mio Dio, mio Re, e benedirò il tuo nome nei secoli dei secoli. Ti benedirò giorno e notte e loderò il tuo nome nei secoli dei secoli». In molti però si chiedono come riesca a coniugare la passione per la MMA con la sua profonda religiosità che lo ha portato a diventare prete.
Dal ring alla messa: Nair Melikyan, prete campione di MMA (Aleteia 13.07.21)
ARMENIA. Più truppe russe al confine con l’Azerbaijan (Agcnews 09.07.21)
La Russia ha iniziato i preparativi per schierare le sue truppe in un’altra provincia armena al confine con l’Azerbaigian: «Alcuni di loro sono già nella provincia di Gegharkunik. Saranno dispiegati lungo il confine qualche tempo dopo», ha detto il governatore provinciale, Gnel Sanosyan, ripreso da Asbarez.
Il dispiegamento inizierà nei prossimi giorni, ha detto Sanosyan. Gegharkunik confina con il distretto di Kelbajar a ovest del Nagorno-Karabakh, che è stato riconquistato dall’Azerbaigian dopo la guerra nell’autunno scorso.
Le truppe azere hanno attraversato diversi tratti del confine armeno-azero e sono avanzate di qualche chilometro a Gegharkunik e in un’altra provincia, Syunik, il 12-14 maggio, innescando uno stallo militare con le forze armene; Yerevan ha ripetutamente chiesto il loro ritiro.
Il generale Artak Davtyan, il capo dello stato maggiore dell’esercito armeno, ha annunciato l’imminente schieramento delle guardie di frontiera russe a Gegharkunik alla fine del mese scorso. Davtian ha detto che Mosca e Yerevan erano vicine a raggiungere un accordo in merito.
Secondo il governatore Sanosyan, il dispiegamento sarà seguito dal ritiro delle truppe armene e azere dai tratti di confine contestati e dall’inizio dei colloqui mediati dalla Russia sulla demarcazione della lunga frontiera. La Russia ha già inviato soldati e guardie di frontiera in altre parti del Syunik dopo la guerra armeno-azerbaigiana fermata da un cessate il fuoco mediato dalla Russia a novembre 2020.
L’ambasciatore russo a Yerevan, Sergei Kopyrkin, ha confermato il 7 luglio che Mosca e Yerevan stanno discutendo le modalità pratiche di ulteriori schieramenti di truppe russe in Armenia: «Come sapete, i posti di guardia di frontiera russi sono stati dispiegati in varie sezioni del confine tra Armenia e Azerbaigian (…) Stanno aiutando a mantenere la situazione al confine calma e stabile in modo che la popolazione locale si senta più sicura e più a suo agio in queste circostanze insolite (…) Sono in corso discussioni su come tale presenza possa essere ampliata» ha detto Kopyrkin dopo aver inaugurato un centro culturale russo nella città armena di Armavir.
Le ragioni dell’Armenia. L’ambasciatore in Vaticano replica al suo omologo azero (Faro di Roma 09.07.21)
Ho letto di un “briefing con giornalisti” dell’Ambasciatore dell’Azerbaijan Mustafayev durante il quale il diplomatico ammette che
“l’Azerbaigian si è sentito legittimato a riprendersi nel 2020 i territori…”
A dire il vero l’Azerbaigian, con l’aiuto della Turchia e il coinvolgimento di famigerati gruppi terroristici, ha iniziato una guerra di 44 giorni contro l’Artsakh con gravi violazioni del diritto internazionale, incluse le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu a cui il diplomatico fa riferimento in quel briefing.
Mustafayev dice che “non c’è stata una guerra per motivi religiosi ma soltanto di confine” e ricorda “la grande libertà religiosa che esiste nel suo paese”.
Una domanda allora si pone: perché migliaia di jihadisti dalla Siria, dalla Libia e dall’Iraq sono stati portati nella zona del conflitto a combattere contro gli “infedeli”? I social media pullulano di video e immagini di membri di gruppi terroristici come Jabhat al-Nuṣra e altri che, talvolta indossando le divise delle forze armate azerbaijane, hanno combattuto contro la pacifica popolazione armena. E ciò è stato confermato da rappresentanti di alto livello di Francia, Russia, Stati Uniti e diverse nazioni ancora.
Curiosamente proprio gli Stati Uniti il 12 maggio scorso hanno pubblicato, a cura della Commissione Usa sulla Libertà Religiosa
Internazionale, il 2020 International Religious Freedom Report. Nel rapporto l’Azerbaigian viene collocato nella speciale lista di nazioni
sotto osservazione a causa delle eclatanti violazioni della libertà religiosa nel paese, non da ultime le recenti violazioni commesse
durante la nuova guerra contro il Nagorno Karabakh e i suoi territori circostanti. Il rapporto inoltre solleva serie preoccupazioni circa la conservazione e la protezione dei luoghi di culto armeni e sulla vandalizzazione e distruzione di cimiteri e lapidi armene.
Per quel che concerne poi la proposta dell’Ambasciatore azerbaigiano su “una mediazione della Santa Sede”, gli va ricordato che il governo dell’Azerbaigian ignora ripetutamente i diversi appelli che il Santo Padre ha lanciato da luglio del 2020. In particolare nel più recente messaggio pasquale il Pontefice ha auspicato: “Continuino gli sforzi per trovare soluzioni pacifiche ai conflitti, nel rispetto dei diritti umani
e della sacralità della vita (…) Conceda a quanti sono prigionieri nei conflitti, specialmente nell’Ucraina orientale e nel Nagorno-Karabakh, di ritornare sani e salvi alle proprie famiglie”.
Vorrei concludere che la popolazione dell’Artsakh non lotta per “motivi di confine”, come dichiarato da Mustafayev, ma per il riconoscimento del suo diritto inalienabile all’autodeterminazione.
Garen Nazarian, ambasciatore della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede
La popolazione della Repubblica di Artsakh lotta per il riconoscimento del suo diritto inalienabile all’autodeterminazione… e di esistere. La Nota dell’Ambasciatore armeno presso la Santa Sede
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la Nota di Garen Nazarian, Ambasciatore della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede e il Sovrano Militare Ordine di Malta (foto di copertina), con cui replica al suo omologo azero Rahman Sahib Oglu Mustafayev. L’Ambasciatore della Repubblica di Azerbajgian, dopo aver partecipato il 30 giugno 2021 con il Corpo Diplomatico alla Santa Messa presieduta da Papa Francesco per la Solennità dei Santi Pietro e Paolo, ha detto ai giornalisti che la mediazione della Santa Sede dopo la guerra dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh sarebbe “di grande importanza per pacificare la regione”. Mustafayev ha osservato che “le tre risoluzioni ONU a favore del suo Paese (1993, 2006 e 2008), negli anni non hanno cambiato nulla e solo per questo l’Azerbajgian si è sentito legittimato a riprendersi nel 2020 i territori che l’Armenia aveva occupati nella prima guerra di Nagorno-Karabakh, finita nel 1994 con l’Accordo di Biškek”. Parole riportate dal Faro di Roma.
L’Accordo di Biškek è l’accordo provvisorio di cessate il fuoco che segnava la fine della guerra del Nagorno-Karabakh, il conflitto armato che si svolse tra il gennaio 1992 e il maggio 1994, tra la maggioranza etnica armena del Nagorno-Karabakh, sostenuta dalla Repubblica di Armenia, e la Repubblica di Azerbajgian. Il conflitto scoppiò in seguito al voto del parlamento del Nagorno-Karabakh il quale, facendo leva su una legge sovietica allora vigente, dichiarò la nascita della Repubblica di Nagorno-Karabakh/Artsakh e il diritto all’autodeterminazione della sua popolazione.
L’Accordo di Biškek venne siglato il 5 maggio 1994 a Biškek, la capitale del Kirghizistan, tra A. Jalilov (firma di R. Guliyev), Presidente del Soviet Supremo di Azerbajgian; K. Baburyan, Presidente del Soviet Supremo della Repubblica di Nagorno-Karabakh; B. Ararktsian, Presidente del Soviet Supremo di Armenia; V. Šumejko, Presidente del Consiglio della Federazione Russa; M. Sherimkulov, Presidente del Soviet Supremo di Kirghizistan; V. Kazimirov, Rappresentante plenipotenziario della Federazione Russa, Capo della missione russa di mediazione; M. Krotov, Capo della Segreteria del Consiglio dell’Assemblea interparlamentare della Comunità degli Stati Indipendenti (CIS).
L’Accordo congelò di fatto il conflitto del 1992-94. Esso esprimeva la determinazione di assistere in tutti i modi possibili dentro e fuori del Nagorno-Karabakh la cessazione del conflitto armato che non solo provocava grandi perdite al popolo armeno ed azero, ma anche colpiva significativamente gli interessi di altri Paesi nella regione e complicava seriamente la situazione internazionale. Inoltre, a supporto di una mozione del Consiglio CIS del 15 aprile 1994, puntava al rapido raggiungimento di un accordo finale e, dopo aver ricordato il ruolo attivo della CIS ed essersi richiamato ad alcune decisioni dell’OSCE e delle Nazioni Unite, si appellava al buon senso delle parti invitando le stesse al raggiungimento di un definitivo accordo di pace. Il cessate il fuoco veniva stabilito per la mezzanotte tra l’8 e il 9 maggio 1994.
Il 9 maggio 1994 il Rappresentante plenipotenziario della Federazione Russa, V. Kazimirov preparò un accordo definitivo di cessate il fuoco che lo stesso giorno venne sottoscritto dal Ministro della difesa azero, Mamedrafi Mammadov a Baku. Il 10 maggio venne firmato dal Ministro della difesa armeno, Serzh Sargsyan a Yerevan e l’11 maggio dal Ministro della difesa della Repubblica di Nagorno Karabakh, Samvel Babayan a Stepanakert. L’Accordo ebbe ufficialmente effetto alla mezzanotte del 12 maggio.
L’Ambasciatore azero ha affermato che “non c’è stata una guerra per motivi religiosi ma soltanto di confine”, ricordando “la grande libertà religiosa che esiste nel suo Paese”, “al punto che nel cuore della loro capitale, Baku, gli armeni hanno la chiesa di San Gregorio l’Illuminatore, in un posto che in Roma equivarrebbe a Piazza Venezia”. Inoltre, ha dichiarato che gli Azeri lamentano che ci siano stati “danni a monumenti religiosi durante il conflitto, anche se su questo gli armeni chiaramente, hanno un altro punto di vista”. Poi ha precisato anche che “sarebbe gradita una mediazione della Santa Sede, come nel conflitto in Oriente Medio, ma anche in tante altre situazioni ed epoche storiche”, per superare gli effetti del “conflitto”.
La replica a Mustafayev dell’Ambasciatore dell’Armenia presso la Santa Sede
Ho letto di un “briefing con giornalisti” dell’Ambasciatore dell’Azerbajgian Mustafayev durante il quale il diplomatico ammette che “l’Azerbaigian si è sentito legittimato a riprendersi nel 2020 i territori…”.
A dire il vero l’Azerbajgian, con l’aiuto della Turchia e il coinvolgimento di famigerati gruppi terroristici, ha iniziato una guerra di 44 giorni contro l’Artsakh con gravi violazioni del diritto internazionale, incluse le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a cui il diplomatico fa riferimento in quel briefing.
Mustafayev dice che “non c’è stata una guerra per motivi religiosi ma soltanto di confine” e ricorda “la grande libertà religiosa che esiste nel suo paese”.
Una domanda allora si pone: perché migliaia di jihadisti dalla Siria, dalla Libia e dall’Iraq sono stati portati nella zona del conflitto a combattere contro gli “infedeli”? I social media pullulano di video e immagini di membri di gruppi terroristici come Jabhat al-Nuṣra e altri che, talvolta indossando le divise delle forze armate azerbajgiane, hanno combattuto contro la pacifica popolazione armena. E ciò è stato confermato da rappresentanti di alto livello di Francia, Russia, Stati Uniti e diverse nazioni ancora.
Curiosamente proprio gli Stati Uniti il 12 maggio scorso hanno pubblicato, a cura della Commissione Usa sulla Libertà Religiosa Internazionale, il 2020 International Religious Freedom Report. Nel rapporto l’Azerbajgian viene collocato nella speciale lista di nazioni sotto osservazione a causa delle eclatanti violazioni della libertà religiosa nel paese, non da ultime le recenti violazioni commesse durante la nuova guerra contro il Nagorno-Karabakh e i suoi territori circostanti. Il rapporto inoltre solleva serie preoccupazioni circa la conservazione e la protezione dei luoghi di culto armeni e sulla vandalizzazione e distruzione di cimiteri e lapidi armene.
Per quel che concerne poi la proposta dell’Ambasciatore azerbajgiano su “una mediazione della Santa Sede”, gli va ricordato che il governo dell’Azerbajgian ignora ripetutamente i diversi appelli che il Santo Padre ha lanciato da luglio del 2020. In particolare nel più recente messaggio pasquale il Pontefice ha auspicato: “Continuino gli sforzi per trovare soluzioni pacifiche ai conflitti, nel rispetto dei diritti umani e della sacralità della vita (…) Conceda a quanti sono prigionieri nei conflitti, specialmente nell’Ucraina orientale e nel Nagorno-Karabakh, di ritornare sani e salvi alle proprie famiglie”.
Vorrei concludere che la popolazione dell’Artsakh non lotta per “motivi di confine”, come dichiarato da Mustafayev, ma per il riconoscimento del suo diritto inalienabile all’autodeterminazione.
Garen Nazarian
Ambasciatore della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede
ASIA/LIBANO – Senza esito il Sinodo convocato per eleggere il nuovo Patriarca degli armeni cattolici (Fides 07.07.21)
Bzommar (Agenzia Fides) – Il Santo Sinodo dei Vescovi armeni cattolici, riuniti dalla sera del 22 giugno presso il Convento libanese di Nostra Madre di Bzommar allo scopo di eleggere il loro nuovo Patriarca, non è finora riuscito a trovare il consenso necessario per scegliere il successore del Patriarca Krikor Bedros XXI Ghabroyan, deceduto per malattia lo scorso 25 maggio, all’età di 86 anni. Lo riferisce un laconico comunicato diffuso oggi, mercoledì 7 luglio, dalla Chiesa armena cattolica.
In ottemperanza ai canoni relativi al processo di elezione dei nuovi Patriarchi delle Chiese cattoliche orientali, le sessioni del Sinodo elettivo vengono interrotte. I Vescovi – annuncia il breve testo, pervenuto all’Agenzia Fides – rinviano a data da destinarsi ulteriori consultazioni per provare a adempiere al compito di scegliere un nuovo Patriarca per la Chiesa armena cattolica, impegnandosi a rendere noti tempi e modalità di tale ripresa dei lavori sinodali. “Vi chiediamo – aggiunge la formula conclusiva del comunicato – di accompagnare i padri partecipanti al Sinodo con la preghiera, per il bene della Chiesa armena cattolica”.
Riguardo alle procedure di elezione dei Patriarchi, il canone 72 del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, al primo comma, stabilisce che “è eletto colui che ha riportato due terzi dei voti, a meno che per diritto particolare non sia stabilito che, dopo un conveniente numero di scrutini, almeno tre, sia sufficiente la parte assolutamente maggiore dei voti” e l’elezione sia portata a termine a norma del canone 183, §3 e 4”. Il secondo comma del medesimo canone 72 chiarisce che “Se l’elezione non si porta a termine entro quindici giorni, da computare dall’apertura del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, la cosa viene devoluta al Romano Pontefice”.
L’Assemblea sinodale elettiva (vedi Fides 23/6/2021) era stata convocata da Boutros Marayati, Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, divenuto dal 26 maggio Amministratore della Chiesa patriarcale di Cilicia degli Armeni, in quanto presule più anziano per ordinazione, secondo il disposto dell’articolo 127 del Codice dei Canoni delle Chiese orientali cattoliche. In tale veste, il compito principale dell’Arcivescovo Marayati è stato proprio quello di convocare il Sinodo della Chiesa armena cattolica per eleggere il nuovo Patriarca. All’Assemblea elettiva, conclusasi senza esito, hanno preso 12 membri del Sinodo della Chiesa armena cattolica, provenienti dalle sedi episcopali sparse in Medio Oriente e nei Paesi di maggior concentrazione della diaspora armena. (GV) (Agenzia Fides 7/7/2021)
Libano: Sinodo vescovi armeni cattolici, rinviata a data da destinarsi elezione nuovo patriarca (Sir 07.07.21)
Masdar di Abu Dhabi vince la gara per un progetto di energia solare da 200 MW in Armenia (Wam.ae 06.07.21)
ABU DHABI, 6 luglio 2021 (WAM) – Masdar (Abu Dhabi Future Energy Company) ha vinto una gara d’appalto per la costruzione di un progetto solare su scala industriale da 174 milioni di dollari in Armenia.
Il governo armeno aveva avviato una gara internazionale a seguito dell’offerta iniziale di Masdar di 0,0299 dollari/kWh nel dicembre 2019. Dopo un processo competitivo, Masdar ha presentato un prezzo finale di 0,0290 dollari/kWh.
L’impianto da 200 megawatt (MW) sarà situato nelle comunità di Talin e Dashtadem in Armenia, in un’area in cui la radiazione solare è elevata e la terra è inutilizzabile per scopi agricoli.
Il progetto sarà sviluppato su una base di progettazione, finanziamento, costruzione, proprietà e gestione (DFBOO) e la società di progetto sarà posseduta per l’85% da Masdar, con il Fondo di interesse nazionale armeno CJSC (ANIF) che detiene il 15%.
Mohamed Jameel Al Ramahi, amministratore delegato di Masdar, ha dichiarato: “Vincendo la gara per il più grande progetto solare su scala di utilità dell’Armenia, Masdar entra in una nuova entusiasmante fase nella nostra collaborazione con i nostri partner di ANIF e con il governo armeno. Questa è una tappa fondamentale nel viaggio verso l’energia pulita dell’Armenia. L’energia solare a basso costo aiuterà ad alimentare nuove industrie, a generare posti di lavoro e ad avviare il Paese verso un futuro prospero e veramente sostenibile”.
David Papazian, CEO di ANIF, ha dichiarato: “Dal presidente in giù, abbiamo lavorato molto duramente per finalizzare questo accordo. Sembra siano passati secoli da quando stiamo lavorando a questo processo, ma ci rendiamo conto che questo è di gran lunga il più grande investimento estero singolo in energia verde nella regione e il secondo più grande investimento estero diretto nella storia dell’Armenia moderna. Siamo entrambi fortunati e orgogliosi di avere Masdar come nostro partner in questa fase cruciale della diversificazione del mix energetico dell’Armenia e dell’evoluzione verso le rinnovabili”.
L’impianto si estenderà su oltre 500 ettari e creerà numerosi posti di lavoro diretti e indiretti. La gara rientrava nell’accordo di sviluppo congiunto firmato tra Masdar e ANIF nel novembre 2019, per lo sviluppo di progetti di energia rinnovabile con una capacità totale di 400 MW in Armenia. Sono in corso ulteriori discussioni sullo sviluppo dei restanti 200 MW.
Tradotto da: Mina Samir Fokeh.
L’albicocca – che gli antichi romani apprezzavano e chiamavano mela armena, arriva dal lontano oriente. (Verdeazzurronotizie 06.07.21)
L’albicocca (Prunus armeniaca L),che gli antichi romani apprezzavano e chiamavano mela armena, arriva dal lontano oriente. Le sue origini, però, sono in Persia, o in Cina, dove veniva coltivata già dal 3000 a.C.
La sua diffusione nel bacino del Mediterraneo fu consolidata dagli arabi: infatti “albicocco” deriva dalla parola araba al-barqūq.
L’albicocca, dicono i vecchi, è un frutto che andrebbe mangiato a completa maturazione, appena spiccato dal ramo, cosa difficile, oggidì, se non si ha una pianta nell’orto…
Campania ed Emilia Romagna sono le regioni italiane che maggiormente le producono
