Armenia: premier Pashinyan, coronavirus potrebbe portare nuove opportunità per economia (Agenzianove 13.03.20)

Erevan, 13 mar 10:52 – (Agenzia Nova) – Le conseguenze della diffusione del nuovo coronavirus sui mercati globali potrebbero portare nuove opportunità per l’economia armena, oltre ovviamente ai problemi che ne deriveranno. Lo ha dichiarato il capo del governo di Erevan, Nikol Pashinyan, durante una live su Facebook. “L’economia globale sta subendo cambiamenti estremamente drastici, che ovviamente potrebbero creare seri problemi alle economie dei singoli paesi: tuttavia, i cambiamenti che interesseranno i mercati mondiali potrebbero aprire nuove finestre di opportunità per il nostro paese”, ha detto il premier.

Alla scoperta di Gyumri, la piccola perla dell’Armenia (siviaggia.it 12.03.20)

Sebbene sia una città molto piccola, Gyumri è un vero gioiello da non perdere: ecco cosa vedere

Splendide architetture che raccontano un passato ricchissimo delle più varie influenze culturali dell’Europa orientale, ma anche tante testimonianze artistiche di grande pregio: Gyumri è una bellissima città dell’Armenia, che ha vissuto un grande dramma, senza però lasciarsi abbattere. È un luogo che saprà regalarvi grandissime emozioni, e per questo motivo merita assolutamente una visita.

Siamo nel nord dell’Armenia, a pochi chilometri dal confine con la Turchia. La città di Gyumri è piuttosto piccola, ma è anche la seconda più popolosa di tutto il Paese, dopo naturalmente la capitale Erevan. In passato è stata chiamata in molti modi: originariamente era Kumayri, poi divenne Alessandropoli e, con la morte di Lenin, assunse il nome di Leninakan, che durò sino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica.

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Gyumri – Foto: 123rf

Nella storia più recente di Gyumri non c’è solamente un cambio di denominazione, bensì anche un evento molto drammatico. Nel 1988, la città è stata colpita da un violento terremoto che ha provocato gravissimi danni, arrivando a radere al suolo molti edifici e a comprometterne definitivamente tanti altri. Quello che era un fondamentale polo economico e industriale dell’Armenia ha così vissuto anni difficilissimi. Ma nonostante tutto ci sono ancora molte meraviglie che attendono solamente di essere (ri)scoperte dai turisti.

Gyumri sorge a poca distanza da uno degli aeroporti principali del Paese, così raggiungerla non è affatto difficile. La città, che ha un sapore decadente e molto romantico, si snoda attorno al suo centro storico, costituito da due viali alberati che corrono paralleli. Ad intersecare le due arterie principali, un’infinità di stradine sempre più strette e, in alcuni casi, addirittura acciottolate. Centinaia di edifici di tufo nero con portoni riccamente decorati si affacciano sulle viuzze del centro, donando al posto un’atmosfera un po’ cupa.

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La Chiesa del San Salvatore – Foto: 123rf

Nonostante le piccole dimensioni di questa città, vi vissero moltissimi grandi artisti le cui testimonianze risplendono ancora oggi in strutture a loro dedicate, dei veri e propri musei affascinanti. Come ad esempio la casa-museo di Hovhannes Shiraz, poeta armeno che scrisse famosi componimenti nella prima metà del ‘900, o la galleria d’arte delle sorelle Aslamazyan, due talentuose pittrici e artiste della ceramica. Imperdibile è anche il Museo nazionale dell’architettura e della vita urbana, uno splendido edificio costruito da un ricco commerciante alla fine dell’800, al cui interno sono raccolte preziose testimonianze della storia di Gyumri.

Una delle architetture più belle della città è la Chiesa del San Salvatore, che venne gravemente danneggiata dal terremoto. Oggi la restaurazione è quasi completa e ha portato la chiesa ai suoi antichi fasti. Proprio nelle sue vicinanze possiamo ammirare quello che è conosciuto come “Vicolo delle croci”: una strada interamente dedicata a decine di Khachkar, cippi funerari scolpiti nel tufo o nel basalto, tipici dell’Armenia.

E dopo aver girato in lungo e in largo la cittadina, è tempo di un po’ di riposo. La fabbrica di birra Old Alexandropol vi accoglierà per visitare lo splendido edificio che la ospita, ormai divenuto un monumento nazionale, ma anche per scoprire qualcosa in più sulle varie fasi di produzione della birra e naturalmente per assaggiarne un bel boccale.

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Armenia: ministero Sanità, restano 4 i casi di coronavirus nel paese (Agenzianova 12.03.20)

Erevan, 12 mar 08:32 – (Agenzia Nova) – Sono quattro al momento i casi di coronavirus accertati in Armenia. È quanto riferito dal ministero della Sanità, che ha così smentito alcune indiscrezioni apparse su Facebook secondo cui vi sarebbero altri tre casi accertati. “Cari utenti di Facebook, vi invitiamo a non creare ulteriore panico nell’opinione pubblica e a mostrare un senso di responsabilità”, si legge nella nota del dicastero armeno, secondo cui i casi restano quelli identificati il primo e l’11 marzo e sono quattro in tutto. “Chiediamo di dare seguito solo alle notizie provenienti da fonti ufficiali”, si legge inoltre nella nota del ministero. (Res)

Armenia: premier Pashinyan, elezioni dal 1995 al 2018 non sono state libere (Agenzianova 11.03.20)

Erevan, 11 mar 09:46 – (Agenzia Nova) – Dal 1995 alla “rivoluzione di velluto” del 2018, fatta eccezione per le parlamentari del 1999, tutte le elezioni non hanno espresso il libero arbitrio della popolazione armena. È quanto affermato dal premier armeno, Nikol Pashinyan, che durante un comizio a Goris ha letto la bozza della dichiarazione sul referendum costituzionale del 5 aprile. “Dopo il 2018, la rivoluzione pacifica in Armenia, è necessario dare una valutazione politica alla leadership precedentemente in carica. Abbiamo steso una bozza della dichiarazione del referendum che fornirà una valutazione politica dei processi politici che si sono svolti in Armenia negli ultimi trent’anni”, ha affermato Pashinyan. Il primo punto della dichiarazione esprime il mancato rispetto degli standard democratici nelle tornate elettorali svoltesi negli ultimi trent’anni, con unica eccezione le parlamentari del 1999. (segue) (Res)

Caparros lascia il Siviglia. È il nuovo CT del’Armenia (artribune.com 10.03.20)

Joaquin Caparros è il nuovo CT dell’Armenia. Lo ha annunciato il Siviglia, club nel quale Caparros ha allenato prima di diventare responsabile del settore giovanile. Guiderà la Nazionale armena fino nelle qualificazioni ai Mondiali 2022.

Sevilla Fútbol Club

@SevillaFC

? @JoaquinCaparros deja el para dirigir a la selección de Armenia.

¡Gracias por tanto y no olvides, aquí está tu casa, Joaquín!

Armenia – Elevata specializzazione nella prevenzione di epidemie (assadakah 06.03.20)

(ArmenPress/Assadakah) – L’Armenia ha un punteggio elevato di 90 punti nella prevenzione delle epidemie rispetto ad altri Paesi del mondo. Prevenire le epidemie ha affermato che l’Armenia si è preparata meglio a trovare, fermare e prevenire le epidemie.

“Ci sono sistemi funzionanti per trovare, arrestare e prevenire le minacce per la salute, ma devono lavorare per mantenere questo livello di protezione”, ha dichiarato il sito Web di Prevent Epidemics. I Paesi contrassegnati in verde sulla mappa del sito Web sono quelli con un livello di protezione sicuro. Il sito web afferma che l’Armenia ha raggiunto un ReadyScore di 80 o superiore e sta lavorando per migliorare e sostenere la sua preparazione.

Secondo Prevent Epidemics, le aree di preparazione che l’Armenia ha stabilito per trovare, fermare e prevenire le minacce per la salute sono il coordinamento, la comunicazione e la difesa dell’IHR, le malattie zoonotiche e la sicurezza alimentare. Tra le lacune c’è la resistenza antimicrobica. Tra i paesi vicini dell’Armenia, la Georgia ha segnato 57 punti. I Paesi con punteggi 90 o superiori sono Canada, Giappone, Australia, Emirati Arabi Uniti. Il vice primo ministro dell’Armenia Tigran Avinyan ha commentato questo rapporto su Facebook, osservando: “L’Armenia è pronta a trovare, fermare e prevenire le epidemie”.

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Così hanno salvato Armenia, la barca mitica che era data per “spacciata” (Giornaledellavela 06.03.20)

Vi ricordate della storia della barca Armenia? Il CNB 66 che venne costruito anni fa per partecipare a una circumnavigazione del globo a vela che avrebbe dovuto promuovere l’Armenia nel mondo.

E che l’eccezionale acqua alta di Venezia aveva scaraventato in banchina tra l’indifferenza generale. La nostra denuncia e le foto del 20 metri sdraiato sulle banchine dell’isola di San Lazzaro degli Armeni, a 20 minuti in vaporetto da Piazza San Marco, hanno fatto il giro del web. “La triste fine di una barca splendida e mai utilizzata. E ora, chi la recupera?”, ci eravamo chiesti nell’articolo.

SALVATA DA UN FRANCESE

Per fortuna, qualcuno lo ha fatto. “Armenia, il CNB 66 che fece il giro del mondo per la causa Armena, dopo essere stata scaraventata sul marciapiede da marea e vento è finalmente stata venduta e recuperata”, a scriverlo è il noto perito nautico Davide Zerbinati, che precisa “a dire il vero era stata venduta prima dell’incidente. L’armatore (francese molto determinato) con 3 palloni e 3 energumeni sfruttando l’alta marea sono riusciti a disincagliarla tirandola per l’albero.

La barca pesca 2.75m ed era appoggiata su un metro circo di fango. Andrà in refitting all’estero. Era stato richiesto un preventivo coi relativi permessi, per dragaggio, rimorchio etc etc, ma il francese è andato con la sua testa. Il preventivo era importante”. E ancora: “La barca in alluminio non ha avuto danni, se non un crepino in una saldatura a prua, stuccato. Il motore va”.

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Il presidente armeno si congratula con Mkhitaryan per la nascita del figlio Hamlet (Siamolaroma 05.03.20)

Sarkissian su Instagram scrive: “Il grande calcio ti aspetta”

Nella giornata di ieri, la compagna di Mkhitaryan ha dato alla luce il piccolo Hamlet. Tra le tanti congratulazioni arrivate al calciatore giallorosso c’è stata anche quella di Sarkissian, presidente dell’Armenia che, su Instagram, ha pubblicato una foto insieme al numero 77 della Roma e ha scritto: “Buongiorno, caro Henrikh. Benvenuto nel nuovo mondo Junior Hamlet Mkhitaryan, il grante calcio ti aspetta“.

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Scoperta a Venezia un’antichissima Spada di 5.000 anni fa (Vanillamagazine 05.03.20)

Capita a volte che straordinarie scoperte avvengano quasi per caso, come è successo a Vittoria Dall’Armellina, dottoranda presso l’Università di Venezia Ca’ Foscari.

Dall’Armellina ha scoperto una delle spade considerate tra le più antiche al mondo, senza andare a cercarla. Il manufatto era lì, esposto in una teca di un museo non troppo conosciuto, il Museo dell’isola di San Lazzaro degli Armeni.

San Lazzaro degli Armeni

 

Vale la pena spendere due parole su questo minuscolo isolotto della laguna, dove sorge un unico edificio, il monastero che accoglie monaci armeni dell’ordine dei Mekhitaristi. Nel 1717 la Repubblica di Venezia concesse quell’isolotto, ormai abbandonato, ad alcuni monaci armeni in fuga dall’invasione turca.

Prima di loro, nel IX secolo ci avevano vissuto dei frati benedettini, e poi i lebbrosi (XII secolo) che lì venivano isolati, fino a diventare un rifugio per poveri e ammalati nel ‘500, e poi, nel ’600, per i frati domenicani espulsi da Creta.

I monaci armeni trasformarono l’isola abbandonata in uno dei principali centri di studio al mondo sulla cultura del loro paese. Nel museo sono custoditi reperti storici acquisiti nel corso dei secoli, e proprio fra questi si trovava la spada individuata dalla ricercatrice in una teca che ospita oggetti medioevali.

Grazie ai suoi precedenti studi, Dall’Armellina ha capito che quella spada non aveva l’aspetto di un manufatto medievale, ma somigliava piuttosto a quelle che sono considerate le spada più antica del mondo, trovate in Anatolia orientale, nel Palazzo Reale di Arslantepe, 9 spade datate a cinquemila anni fa. In seguito a quella scoperta venne individuata un’altra spada simile, che era conservata nel Museo Tokat, in Turchia.

L’arma individuata da Dall’Armellina non era catalogata tra gli oggetti appartenenti al Museo, e quindi è iniziato un appassionante lavoro di ricerca per capire come la spada fosse finita a San Lazzaro. Consultando gli archivi si è scoperto che la spada è arrivata a Venezia non molto tempo fa, a metà del 19° secolo, regalata da un collezionista d’arte insieme ad altri oggetti provenienti da un luogo vicino a Trebisonda, Kavak.

Padre Serafino Jamourlian e Vittoria Dall’Armellina

A sancire l’eccezionalità della scoperta sono poi arrivati i risultati sull’analisi della composizione metallica della spada, forgiata in rame arsenicato, una lega dov’era presente anche una modesta quantità di arsenico del tutto simile alle spade di provenienza turca già identificate.

La professoressa Ivana Angelini, dell’Università di Padova, in collaborazione con il CIBA, ha effettuato le analisi del materiale, e gli studiosi sono stati in grado di supporre che la spada risalga al 3.000 a.C. circa, proveniente da una zona dell’Anatolia Centrale.

La datazione, che non può essere effettuata con le analisi scientifiche in quanto il reperto è in metallo, viene effettuata per somiglianza con le altre spade turche. Alcune di queste è infatti stata scoperta in uno scavo archeologico del quale è stato possibile datare il terreno nel quale i reperti erano sepolti.

Rimane da stabilire la funzione dell’arma: era una spada usata con funzione offensiva, o si trattava di un oggetto cerimoniale, oppure apparteneva a un corredo funebre? L’antico manufatto non ha ancora svelato tutti i suoi segreti…

Tutte le fotografie sono scattate da Andrea Avezzù e condivise con il permesso dell’autore. Si ringrazia la Dottoressa Vittoria Dall’Armellina per la disponibilità e la chiarezza della spiegazione.

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Attivismo in Armenia: l’arte diviene protesta (Osservatorio Balcani e Caucaso 04.03.20)

“Non mentire!” Sono state le prime parole che l’attivista Nvard Avetisyan, 26 anni, ha dipinto per protesta.

Ha scritto il messaggio su un muro nella capitale armena Yerevan durante una manifestazione contro i risultati delle elezioni del 2013.

Il messaggio era abbastanza chiaro per coloro che partecipavano alla protesta, ma abbastanza astratto da essere aperto all’interpretazione di molti.

Quel punto labile tra il commento politico diretto e l’interpretazione personale è diventato – nel corso degli anni – un tema nel lavoro di Avetisyan.

Ad esempio, quando ha partecipato alle proteste “elettriche” di Yerevan del 2015 – partite per protestare contro il caro bollette – Nvard Avetisyan ha iniziato a dipingere pareti con messaggi che, a prima vista, non avevano nulla a che fare con le manifestazioni.

Insieme ad un’amica hanno ad esempio scritto “#Աչքներս լույս” – una famosa frase idiomatica armena che si traduce letteralmente in “Luce dei nostri occhi” e che significa “Congratulazioni”. Lo hanno fatto sui muri dell’ospedale di maternità Margaryan. Di conseguenza, molte persone hanno inizialmente pensato che fosse un messaggio di congratulazioni per i nuovi genitori.

Successivamente hanno dipinto lo stesso messaggio su altri edifici, principalmente in centro città a Yerevan, per raggiungere un pubblico più ampio.

Illustrazione di Mananiko Kobakhidze/Chai Khana

Avetisyan utilizza i graffiti anche per spingere le persone a riflettere sulle politiche attuate nella capitale. Ad esempio, ha creato un paio di opere d’arte di strada famose in segno di protesta contro le demolizioni che avvengono in città, tra cui “La casa non è un edificio, la casa è una persona”. Lavoro diventato famoso tra i cittadini di Yerevan, anche se non tutti lo hanno collegato alle demolizioni in atto. “L’ho fatto su edifici che erano stati identificati per essere demoliti” racconta l’artista, sottolineando che si augurava che le sue parole avrebbero portato la gente a pensare.

Lo storico dell’arte Hasmik Barkhudaryan sottolinea come, intorno al 2015, gli artisti in Armenia hanno iniziato a usare i graffiti per esprimere le loro critiche alla contemporaneità. “Era il miglior modo di protestare a cui un artista potesse pensare durante quel periodo”, afferma.

Anna Zhamakochyan, sociologa, concorda sul fatto che a causa della mancanza di altre piattaforme e spazi di protesta, l’arte di strada è diventata “uno dei modi migliori” per esprimere resistenza. “Quando non c’erano molti spazi disponibili per la protesta, gli unici spazi pubblici rimasti in città erano le mura, dove era possibile esprimere protesta e renderla visibile in modo che penetrasse nella vita di tutti i giorni”, dice.

Zhamakochyan ricorda che vi fu un’ondata di graffiti ispirati alle proteste ambientali, come quelle del 2007 contro l’estrazione mineraria a Teghut.

Per Avetisyan, che non si considera un’artista, l’arte di strada è stata una naturale evoluzione del suo esprimere protesta. Ha infatti iniziato a scrivere per le strade perché ciò le ha permesso di rendere i messaggi politici più accessibili al pubblico. Inoltre Nvard Avetisyan dà grande importanza alle strade, proprio a livello ideologico, probabilmente perché tutte le proteste politiche a cui ha partecipato hanno avuto luogo nelle strade e nelle piazze.

I graffiti le hanno permesso di scrivere, e soprattutto di scrivere in strada, luogo, dove secondo lei, inizia la cittadinanza. “La carta e la penna costituivano lo spazio della mia creazione”, afferma. Sostituendo carta e penna con vernice e pareti, i graffiti sono diventati un altro strumento per la sua lotta. Avetisyan sottolinea che è sempre stato ideologicamente importante per lei scrivere per strada – e i graffiti le hanno permesso di diffondere il suo messaggio a un pubblico più vasto.

Nella sua essenza – secondo la storica dell’arte Barkhudaryan – l’arte di strada implica resistenza. “Prima di diventare uno strumento di protesta o avere il potenziale di parlare di un certo problema, rappresenta già una protesta nel campo dell’arte”, osserva.

Infatti, rispetto ad altre forme d’arte, “l’arte di strada ha un interessante fenomeno di discrezione collettiva”, aggiunge Barkhudaryan. “Pertanto, ha un impatto maggiore e maggiori sono le probabilità che penetri in diversi strati della società e divenga più rapidamente oggetto di discussioni pubbliche.”

Oggi attivisti come ad esempio Aida Marukyan, di stanza a Yerevan usano i graffiti per diffondere consapevolezza su questioni sociali concrete, come l’uguaglianza di genere.

Marukyan, 21 anni, è co-fondatrice dell’iniziativa “Le ragazze parlano”. Spiega che il suo gruppo si rende conto che “la situazione tra uomini e donne non è del tutto uguale” ed è per questo che vogliono cambiare “la disuguaglianza che è profondamente radicata nella società”.

Illustrazione di Mananiko Kobakhidze/Chai Khana

Attirare l’attenzione della gente sulle questioni di genere è diventata una lotta molto personale per Marukyan. “Tutti, nonostante tutto, affrontiamo questi problemi”, afferma. “Fare qualcosa per cambiare la situazione esistente è molto importante per me… stiamo sollevando problemi che la nostra società non riconosce come problemi, ma che per noi lo sono”.

A partire dall’autunno del 2018, il gruppo ha iniziato a viaggiare in regioni al di fuori della capitale Yerevan per creare arte di strada sui diritti delle donne. Hanno dipinto i loro primi messaggi nella città settentrionale di Gyumri. Un ritratto di una donna con lo slogan: “Sono qualcuno, non sono di qualcuno”.

Il testo si riferisce alla convinzione che le donne siano prima di tutto loro stesse e non – come detta la tradizione – solo figlie, sorelle, madri o mogli di qualcuno.

Hanno anche creato gli slogan “50/50” e “Sì! È una bimba!” riferendosi alla nascita delle bambine, un evento che non sempre bene accolto in Armenia. A Hrazdan, una città a nord-est della capitale Yerevan, hanno scritto slogan come “Una donna appartiene al luogo in cui vuole essere” e “Perché la mia libertà ti spaventa?!”

Gli sforzi del gruppo non sono sempre apprezzati. A Gyumri, un gruppo di uomini sedeva in una macchina insultandole, mentre loro lavoravano. A Hrazdan è stata una donna a minacciare di strappare i loro poster.

Ma Marukyan crede che l’interazione con il pubblico sia parte del processo. Il potere dei graffiti è proprio che è accessibile, dice, sottolineando che “camminiamo tutti per strada”.

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