Armenia, Mkhitaryan vince per la nona volta il premio di miglior calciatore dell’anno: “Un onore” (Forzaroma.it 29.01.20)

Con la Roma le cose non vanno benissimo a causa dei troppi infortuni. In Armenia però Mkhitaryan è ancora un punto di riferimento, tanto da essere votato per la nona vota come miglior giocatore dell’anno. Ecco il suo post social per ringraziare i tifosi: “E’ sempre un onore per me essere votato come giocatore dell’anno del mio paese, per la nona volta ormai. Grazie a tutti coloro che hanno votato“.

Libano: capi delle Chiese, no a violenze di piazza. Sostegno al nuovo governo libanese (SIR 29.01.20)

Apertura e incoraggiamento verso il nuovo governo, denuncia della piaga della corruzione, insieme all’avvertenza che il legittimo diritto a manifestare non può essere invocato per giustificare le azioni violente e “incivili” perpetrate da gruppi di facinorosi nelle piazze e nelle strade libanesi durante le manifestazioni di protesta degli ultimi mesi. Sono questi i giudizi e i richiami condivisi dai capi delle Chiese e comunità ecclesiali presenti in Libano, riunitisi martedì 28 gennaio su invito del Patriarca maronita Bechara Boutros Rai presso la sede patriarcale maronita di Bkerkè. Motivo della convocazione, riferisce l’agenzia Fides, valutare insieme il passaggio storico delicato e pieno di insidie attraversato dalla nazione libanese. Al “vertice spirituale” dei Capi delle Chiese presenti in Libano hanno preso parte anche il Patriarca greco cattolico melchita Youssef Absi, il Patriarca siro cattolico Ignace Youssif III Younan, il Patriarca siro ortodosso Ma r Ignatius Aphrem II, il Catholicos di Cilicia degli armeni apostolici Aram I e il reverendo Joseph Kassab, presidente del Consiglio supremo delle Comunità evangeliche in Libano e Siria. Nel documento comune, diffuso alla fine del summit, i capi delle Chiese presenti in Libano, tra le altre cose, esprimono soddisfazione per la formazione del nuovo governo affidata a Hassan Diab, e per gli esperti cooptati dal premier incaricato nella squadra governativa. Gli ecclesiastici richiamano l’intero ceto politico a intraprendere con decisione la via delle riforme strutturali necessarie per far uscire il Paese dalla crisi economica che lo sta soffocando. I capi delle Chiese chiedono anche di fermare l’emorragia di risorse sottratta al popolo libanese dalla corruzione. Patriarchi, Vescovi e capi delle comunità cristiane riaffermano il pieno diritto a manifestare pubblicamente il proprio dissenso verso la classe politica, ma nel contempo condannano fermamente l’impronta “incivile” che hanno assunto diverse manifestazioni di piazza, soprattutto a Beirut, esprimendo apprezzamento per l’operato dell’esercito e delle forze di sicurezza, e sollecitando i gruppi violenti a esprimere il proprio dissenso in forme consone all’ordinamento democratico, e ribadendo che la salvezza della nazione non può mai arrivare attraverso lo spargimento di sangue.

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Armenia-Giordania: ministro Industria a Erevan, sviluppare rapporti economici (Agenzianova 29.01.20)

Erevan, 29 gen 13:32 – (Agenzia Nova) – Il ministro dell’Economia armeno, Tigran Khachatryan, ha ricevuto oggi una delegazione guidata dal titolare del dicastero dell’Industria, del Commercio e delle Forniture della Giordania, Tariq Hammouri. La delegazione si trova in Armenia per preparare i preparativi per l’imminente visita del re Abdullah II di Giordania in Armenia, nonché per discutere dell’andamento della cooperazione bilaterale. Khachatryan ha affermato che i due paesi hanno un grande potenziale economico inespresso. Il ministro giordano ha affermato che l’interazione economica tra i due paesi è molto modesta rispetto all’alto livello delle relazioni politiche. Il funzionario governativo giordano ha anche parlato del potenziale di sviluppo dell’Armenia nel comparto delle tecnologie dell’informazione. Durante il colloquio è stato raggiunto un accordo per istituire dei gruppi di lavoro dovranno favorire l’attuazione degli accordi raggiunti. (Res)

Eurovision 2020: fra gli aspiranti armeni Athena Manoukian e un ex vincitore JESC (eurofestivalnews 28.01.20)

ARM TV, la tv nazionale armena, ha annunciato i 12 artisti che si sfideranno nella competizione Depi Evratesil, il concorso nazionale di selezione per l’Eurovision. Diversi nomi noti della scena nazionale e non solo. Finale secca il 15 febbraio alle 19 italiane. Ecco di seguito gli artisti che si sfideranno per Rotterdam, con l’obiettivo di riportare l’Armenia in finale dopo l’eliminazione di Sbruk nella passata edizione.

Athena Manoukian

Agop: Band della scena pop nazionale armena

Arthur Aleq: cantautore, pianista e violinista, ex partecipante ad X Factor Armenia.

Athena Manoukian: nome grosso della scena musicale di quelle zone, è una cantante greca di radici armene che ha trascorsi nella selezione per lo Junior Eurovision 2008 in Grecia e che nel 2018 ha preso parte ad X Factor UK. Più volte associata ad una partecipazione eurovisiva, per Grecia, Cipro o Armenia

ERNA: vincitrice del concorso internazionale New Wave nel 2017, ed in precedenza (2014) in gara a The Voice of Armenia.

Eva Rida: Cantautrice della scena pop armena

Gabriel Jeeq: cantautore pop sulla scena da diversi anni, prodotto dalla Global Rockstar di Christoph Straub, il padre dell’austriaca Zoe

Hayk Music: cantautore della scena indie

Karina Evn: russa di famiglia armena, nel 2014 ha partecipato a The Voice of Armenia.

Miriam Baghdasaryan: altro nome in rampa di lancio, l’armeno-canadese è reduce dalla versione del Canada francofono di The Voice, dove ha chiuso seconda.

Sergey & Nikolay Harutyunov: si tratta di una coppia di artisti over 60, che hanno preso singolarmente  parte alla prima edizione di The Voice Senior Russia, talent show riservato agli artisti sopra i 60 anni.

TOKIONINE: David Badalyan, in arte TOKIONINE, è un cantautore, autore del brano di Srbuk, che ha rappresentato l’Armenia all’Eurovision 2019.

Vladimir Arzumanyan: oggi ventiduenne, quando aveva 12 anni si aggiudicò lo Junior Eurovision Song Contest. E’ nato nella regione contesa con gli azeri del Nagorno-Karabakh

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Giorno Memoria, i Liberali ricordano il Genocidio armeno e la tragedia degli italiani di Crimea (Piacenzasera 28.01.20)

L’Associazione dei Liberali Piacentini Luigi Einaudi ha ricordato per il terzo anno consecutivo (il giorno successivo alla conclusione del Festival della cultura della libertà) il genocidio armeno e la “tragedia dimenticata” della deportazione degli italiani della Crimea nei gulag sovietici in Kazakhistan, avvenuta la notte del 29 gennaio 1942.

Dopo Bobbio e Lugagnano, quest’anno una rappresentanza dell’Associazione Liberali si è recata a Nibbiano (Comune Alta Val Tidone), accolta dal sindaco Franco Albertini, dall’assessore Giovanni Dotti, dal presidente dell’Associazione “La Valtidone” Valentino Matti e dal titolare della filiale della Banca di Piacenza Lorenzo Bersani, che hanno accompagnato la delegazione (tra i presenti, l’avv. Corrado Sforza Fogliani e il vicepresidente dell’Associazione dott. Carlo Giarelli) tra le vie dell’accogliente borgo.

Nella chiesa parrocchiale di San Pietro don Giuseppe Bertuzzi, coadiuvato da don Sergio Sebastiani, ha celebrato la messa in suffragio delle vittime di genocidi. «Oggi 27 gennaio – ha spiegato don Giuseppe – è il Giorno della Memoria a 75 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz; ed è significativo che si ricordino anche altri stermini: nel 1915-1916 in Armenia si consumò il primo genocidio del XX secolo con un milione e mezzo di morti; la nostra comunità di Crimea, che lì si era insediata nell’800 proveniente soprattutto dalla Puglia, fu invece deportata nel 1942 nei campi di lavoro sovietici solo per il fatto di essere italiani, quindi alleati della Germania di Hitler. Tornarono in pochissimi. Oggi è doveroso ricordare e pregare per tutte le vittime innocenti. Grazie per aver scelto questa chiesa».

La giornata si è conclusa con un momento conviviale all’agriturismo La Pobiella di Trevozzo.

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Armenia: premier Pashinyan su crisi Corte costituzionale, presto sarà tutto risolto (Agenzianova 28.01.20)

Erevan, 28 gen 09:33 – (Agenzia Nova) – La crisi che si è venuta a creare attorno alla Corte costituzionale armena, in particolare a seguito dell’avvio di un procedimento penale nei confronti del presidente Hrayr Tovmasyan, sarà risolta nel prossimo futuro. Lo ha dichiarato il primo ministro del paese caucasico, Nikol Pashinyan, durante le celebrazioni organizzate oggi in occasione della Giornata delle Forze armate. “Presto sarà tutto risolto”, ha detto il premier, rifiutando di aggiungere ulteriori dettagli in merito alla vicenda. (Res)

27-1 – Un Giorno della Memoria per tutti i genocidi del Novecento (Orwell.live 27.01.20)

l cosiddetto “secolo breve” è stato anche il più sanguinoso caratterizzato da persecuzioni politiche, religiose o etniche che hanno colpito molti popoli

Oggi è il “Giorno della Memoria” giorno in cui, in tutto il mondo, si commemorano le vittime dell’Olocausto. Una commemorazione ufficiale che, però, è relativamente recente, essendo stata istituita solo nel 2005, con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Si scelse il 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz liberandone i detenuti.

Anche in Italia la dicitura parte da quella ferita, per poi però citarne altre: «…ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati». Così recita la legge nazionale sul 27 gennaio.

In questo giorno, quindi, è giusto che la Memoria percorra anche tutti gli altri olocausti – e sono molti – che hanno insanguinato l’Europa e il Mondo nel Novecento. Facciamo quindi menzione, qui, dei più terribili.

Armeni
Il primo genocidio del ’900 fu, appunto ,quello perpetrato contro il popolo armeno. Fu ordinato, tra il 1915 e 16, dal governo dei cosiddetti “Giovani Turchi”, allora alla guida dell’Impero Ottomano, mirando all’eliminazione fisica o alla deportazione, di questa popolazione, di religione cristiana che abitava l’area anatolica fin dal VII secolo a.C. Negli eccidi, dal 1915 agli anni successivi, perirono i due terzi degli armeni residenti nell’Impero Ottomano, ovvero almeno 1 milione e mezzo di persone. Molti bambini furono forzatamente islamizzati e le donne rese schiave sessuali.

Cristeros
«La Chiesa è la sola causa di tutte le sventure del Messico». Con questa convinzione il presidente messicano Plutarco Elias Calles, nel 1926, diede vita a una serie di persecuzioni anticattoliche, con distruzione di chiese espulsione dei sacerdoti e perdita dei diritti civili di chi faceva confessione di fede. A partire dal 1 agosto 1926, in tutto il Messico non si poterono più celebrare né la Santa messa né i sacramenti, se non clandestinamente. Questa persecuzione generò la rivolta dei cosiddetti “Cristeros”, che furono trucidati a migliaia nelle varie regioni dell’immenso Paese centramericano. Le rivolte cattoliche terminarono solo nel 1941, con un bilancio stimato in 80mila morti.

Ucraini
Carestia e repressione politica da parte del governo comunista sovietico: un doppio tacco che schiacciò il popolo ucraino negli anni ’30, segnandone il destino. Tanto che quella terrificante pagina di storia ha un nome: Holodomor. Dal 1932, accusati da Mosca di contestare il sistema della proprietà collettiva, gli ucraini furono oggetto di una brutale repressione dei bolscevichi, con la misura della requisizione di tutte le risorse agricole che portò in brevissimo tempo alla fame totale tutta la popolazione della repubblica da poco proclamata. Vi sono documenti che dinostrano con certezza la premeditazione della condanna imposta al popolo ucraino. Il conto delle vittime, nonostante la difficoltà di reperire dati ufficiali a distanza di ormai 90 anni, è terribile: almeno 6 milioni di persone, forse più, persero la vita per fame, stenti ed esecuzioni sommarie.

Kulaki
Lo sterminio per fame e stenti degli ucraini aveva del resto un precedente su cui poggiare: quello dei “kulaki”, i piccoli proprietari terrieri della Russia contadina, che furono i primi a sperimentare sulla propria pelle l’eliminazione programmata dal nuovo regime comunista. La colpa dei kulaki fu quella di non essere in linea con la “nuova politica economica” imposta da Lenin e quando, nel 1922, prese il potere Stalin, egli diede il via alla “collettivizzazione”, così i kulaki divennero, a tutti gli effetti, nemici dello Stato. Iniziò allora un vero e proprio rastrellamento nelle campagne e i kulaki finirono nei campi di concentramento (i gulag) della Siberia. Anche qui la cifra esatta dei deportati, torturati e massacrati non si è mai saputa, ma si tratta comunque di milioni di persone: un’intera classe sociale che costituiva lo scheletro economico della Russia zarista che scomparve in una tomba di ghiaccio.

Cosacchi
Si rimane, purtroppo, nella Unione sovietica dopo la rivoluzione del 1917. Il popolo Cosacco era sempre stato fedele allo zar e i suoi soldati ne erano la guardia. Per questo a decine di migliaia morirono opponendosi alla rivoluzione. L’episodio più odioso, però, avviene alla fine della Seconda guerra mondiale. Nel corso di questa, i Cosacchi si arruolarono in massa nell’esercito tedesco per combattere contro i sovietici e vendicare così gli stermini del 1917-20. Nel 1944 i Cosacchi armati, con le loro famiglie e i loro Pope cristiano, si stabilirono in Italia, nella Carnia friulana, dove avevano avuto la promessa di poter costruire una loro comunità. A guerra finita si rifugiarono in Austria, consegnandosi alle truppe inglesi. Stalin però fu irremovibile e obbligò l’alleato inglese a rimandare in Russia uomini donne e bambini, circa 50mila persone. Migliaia di loro si suicidarono ancora prima di partire. Nessuno di loro restò in vita.

Foibe
Questa volta parliamo di italiani. Più di 12.000 quelli gettati nelle cavità carsiche, spesso ancora vivi, dai partigiani partigiani comunisti jugoslavi. Oltre 350.000 quelli costretti a lasciare tutto e fuggire in quello che è stato il primo esempio di quella “pulizia etnica” che caratterizzò la regione balcanica, anche dopo la morte di Tito negli anni ’80. A loro è dedicato il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio e, in quella data, torneremo a parlarne.

Altri genocidi “dimenticati”
Oltre alle molte guerre sanguinose, Sudest asiatico e Africa, nel dopoguerra, hanno un primato in fatto di stragi e genocidi. Forse il più gigantesco è quello commesso in Cambogia dai cosiddetti “khmer rossi” di Pol Pot che fecero almeno 3 milioni di vittime negli anni ’70. In Africa, dal 1994, i massacri per puro odio razziale tra Hutu e Tutsi hanno portato alla morte, principalmente nel Ruanda, di almeno un milione e mezzo di persone. Più recentemente, in Sud Sudan la guerra civile fra l’etnia Dinka (islamica al governo) e Nuer (cristiana) si è trasformata in una vera e propria pulizia etnica ai danni di quest’ultima, anche qui con milioni di morti e di sfollati.

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Armenia: premier Pashynian, stroncante le possibilità di un colpo di Stato (Agenzianova 25.01.20)

Erevan, 25 gen 11:33 – (Agenzia Nova) – L’Armenia ha “rotto la spina dorsale” del colpo di Stato: uno sviluppo di questo tipo non ci può essere nel paese. Lo ha dichiarato oggi in conferenza stampa il premier armeno, Nikol Pashinyan, commentando le notizie su un colpo di Stato sventato nel paese caucasico. “Sapete cosa accadrà a coloro che vogliono prendere le loro opportunità”, ha aggiunto il premier armeno. Lo scorso 23 gennaio, il segretario del Consiglio di sicurezza armeno, Armen Grigoryan, ha dichiarato senza fornire ulteriori dettagli che un colpo di Stato è stato sventato in Armenia. Nella conferenza stampa odierna, Pashinyan ha parlato anche di economica, sottolineando che nel paese non esistono oligarchi. “Quando gli oligarchi pagano le loro tasse significa che non sono dei privilegiati”, ha dichiarato il premier secondo cui “non ci sarà mai il potere dei pochi in Armenia ma solo il potere dei molti, ovvero del popolo armeno”. (Res)

Primo Piano A ritmo di danza, per ricordare con il cuore (Quibrianzanews 24.01.20)

La danza coordina il movimento, dà ritmo ai nostri gesti, mette in relazione anima e corpo ma, soprattutto, fa battere all’unisono i nostri cuori.

Quando poi la danza è messa a disposizione di una buona causa, i cuori palpitano al ritmo delle emozioni e tutto diventa ancora più magico.

È proprio quello che avverrà venerdì 24 gennaio, presso la Sala Deledda di via Italia a Carnate, quando l’associazione Iridanza, metterà a disposizione musica, ritmo, passi danzanti e tanti tanti cuori, per il ricordo e la commemorazione del primo genocidio del XX secolo.

A ritmo di danza, per ricordare con il cuore

Medz Yeghern, ovvero il Grande Male, è il termine con cui gli Armeni definiscono lo sterminio e la deportazione della propria gente, perpetuata dagli Ottomani nel 1915. Ancor prima dello scoppio della Grande Guerra che sconvolse il mondo intero, il popolo armeno già viveva e subiva le peggiori atrocità di cui l’umanità si possa macchiare.

Forse temendo un’alleanza armena con la Russia, il popolo ottomano si macchiò del sangue di 1,5 milioni di Armeni. Umiliati, sequestrati dalle proprie abitazioni e portati allo stremo delle forze e della sopportazione nelle cosiddette “marce della morte”, cioè veri e propri cammini di patimento, sofferenza e soprusi che si sarebbero conclusi solo tramite l’uccisione.

A ritmo di danza, per ricordare con il cuore

Così, precedendo il più noto, il più citato ma ugualmente barbaro genocidio ebraico, con lo sterminio armeno l’umanità dava già prova della selvaggia brutalità di cui l’uomo può essere fautore.

Non esiste crudeltà più grave e inspiegabile di quella umana. Soprattutto quando a versare il sangue degli esseri umani sono altri uomini, adducendo allo sterminio giustificazioni inaccettabili, che di umano non hanno proprio nulla.

Perché il sangue versato non ha distinzione di razza, di popolo o di appartenenza, ma è solo sangue. Sangue di persone sacrificate ingiustamente, crudelmente e barbaramente in nome di una superiorità che nessuno dovrebbe mai e poi mai avere il diritto di arrogarsi.

E non esiste mezzo di comunicazione migliore della danza per ricordarci l’importanza dell’appartenenza a un unico genere: quello umano, in cui non esistono distinzioni alcune.

A ritmo di danza, per ricordare con il cuore

Nella serata di venerdì, le danze armene messe in scena da Iridanza, ci rammenteranno la bellezza e l’armonia di anime e piedi distinti che ballano come fossero una sola e unica entità. Tutti guidati dalla stessa canzone, destati dallo stesso ritmo e incalzati dalla medesima voglia di sorridere insieme.

Sorridere e danzare per non dimenticare. Per ricordarci costantemente a cosa possa condurre la violenza umana. Per rammentarci che una cosa del genere non dovrà mai e poi mai più ripetersi.

Perché richiamare alla memoria e ripercorrere le atrocità dei genocidi è come imparare e memorizzare i passi di un ballo. Imprimerli nella nostra mente per non muoversi più fuori tempo, per non commettere più gli stessi errori.

È imperdibile, dunque, l’appuntamento di questo venerdì alle ore 21 con Iridanza. Per ricordare con la mente e con il cuore, a ritmo di danza.

A ritmo di danza, per ricordare con il cuore

Filo conduttore della serata, la figura femminileLa condizione e il ruolo della donna, infatti, accompagnerà il racconto della storia armena, dai tempi crudeli del genocidio fino ai giorni nostri.

La riproduzione costante di video e, ovviamente, la messa in scena delle tipiche danze armene, renderanno unico questo appuntamento.

Una piacevole e…danzante dimostrazione che gli usi e i costumi di una popolazione che altri esseri umani volevano distrutti e persi per sempre, sono invece ancora parte, per fortuna, del nostro mondiale patrimonio culturale.

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Giorno della memoria: Patton (custode Terra Santa), “cultura dell’intolleranza in crescita. Antisemitismo da condannare senza se e senza ma” (SIR 23.01.20)

“La ferita della Shoah l’umanità e l’Europa se la porteranno dietro per secoli. È necessario che i leader anche religiosi ribadiscano senza tentennamenti che l’antisemitismo non è assolutamente giustificabile e va sempre condannato. Esso è molto pericoloso poiché è frutto di una cultura dell’intolleranza che è in crescita, alimentata da più versanti”. Lo dice al Sir il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, parlando del Giorno della memoria che si celebra ogni anno il 27 gennaio, data della liberazione del lager nazista di Auschwitz (27 gennaio 1945). Quest’anno ricorre il 75° anniversario e a Gerusalemme in queste ore sono riuniti oltre 40 capi di Stato, per l’Italia il presidente Sergio Mattarella, per partecipare al quinto Forum mondiale dell’olocausto dal titolo “Ricordare l’olocausto: combattere l’antisemitismo”. “Giudico grave e pericoloso – afferma il custode – ciò che è successo in questi ultimi anni come il colpire persone che pregano nelle sinagoghe, nelle chiese e nelle moschee, attaccare i luoghi di culto. Tutto questo va condannato senza se e senza ma. Condannare l’antisemitismo è anche un monito per condannare ogni forma di ideologia che, sulla base di distinzioni di razza o religione, ritenga di poter o voler eliminare l’altro. È terribile”. “Non dobbiamo abbassare la guardia contro l’antisemitismo e le ideologie razziste”, rimarca padre Patton che non dimentica “i drammi del ‘900 che hanno visto purtroppo tanti fenomeni di genocidio, penso agli armeni, prima della Shoah, e più tardi alla Cambogia di Pol Pot, in Ruanda, alle pulizie etniche nei Balcani”, per arrivare fino alle guerre in Iraq e Siria. “Per noi cristiani è doppiamente terribile perché dobbiamo riconoscere le comuni radici e il legame particolare con l’ebraismo anche alla luce di tutti i passi di dialogo che si sono compiuti soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II”. Un impegno che la Custodia ha fatto proprio e che porta avanti nelle sue scuole dove, spiega padre Patton, “vengono insegnati valori di fratellanza, di rispetto, di convivenza e di pace. E si cerca di metterli in pratica. Far conoscere la storia alle nuove generazioni anche nei suoi momenti più mostruosi serve a formare le coscienze. Per questo sono molti utili i viaggi in luoghi come Auschwitz e Birkenau perché aiutano a prendere consapevolezza dell’orrore della Shoah così da evitare che quel genere di mentalità si riproduca ancora oggi”.

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