Armenia: Hahn in visita ufficiale lunedì 2 ottobre (Ansa 29.09.17)

BRUXELLES – Il commissario europeo all’Allargamento, Johannes Hahn, sarà in missione ufficiale in Armenia lunedì 2 ottobre per preparare il summit sul partenariato orientale, che si terrà a Bruxelles il 24 novembre. A Erevan, Hahn incontrerà il presidente Serzh Sargsyan, il primo ministro Karen Karapetyan, e il ministro degli Esteri, Edward Nalbandia.

Al centro dei colloqui sul partenariato orientale, i 20 risultati attesi dall’Ue per il 2020. “Discuteremo i nostri progressi congiunti”, ha spiegato Hahn, puntualizzando che gli obiettivi fissati da Bruxelles “mirano a portare benefici tangibili alla vita quotidiana dei cittadini armeni”.

La visita di Hahn sarà inoltre un’occasione per discutere delle relazioni tra Ue e Armenia. “Questo è un anno molto importante” per le relazioni tra i due Paesi, spiega il commissario, sottolineando che Bruxelles “è pronta a firmare il nuovo accordo di partenariato globale e rafforzato con l’Armenia” e a cooperare e investire in particolare su “istruzione e innovazione” nel paese. (ANSA).

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Salvatore Lilli, un santo della nostra terra (Missionario anche in Armenia) – (Ilfaro24.it 29.09.17)

SALVATORE LILLI, frate minore nato in terra d’Abruzzo, nel paesino di Cappadocia, nella Marsica. I genitori erano commercianti e vivevano agiatamente, ma egli senti l’attrazione per la povertà francescana sin da ragazzo. A diciassette anni vesti il saio dei frati minori a Roma, al convento di San Francesco a Ripa. A motivo della legge italiana di soppressione degli ordini religiosi fu mandato a completare gli studi in Terra Santa dove divenne sacerdote a Gerusalemme, all’età di venticinque anni.
Inviato nella missione di Marasc, nell’Armenia Minore, cioè il territorio armeno sotto il domino turco. Da lì  segui molte opere caritative dei francescani di Terra Santa lavorando a Rodi, a Cipro e in Egitto.
Una volta tornato in Abruzzo, lo bloccarono per un processo di renitenza alla leva.  Imparò l’arte del falegname, del calzolaio e del sarto.Nel 1890 fu nominato parroco in Armenia, a trentasette anni. Subito divenuto parroco affrontò una dura emergenza per un’epidemia di colera; aiutò gli ammalati in ogni modo.
Quattro anni dopo fu trasferito alla missione vicina di Mujuk-Deresi. Dopo un anno, era il 1895, scoppiò una violenta persecuzione contro i poveri armeni, disprezzati dai turchi per la loro fedeltà al cristianesimo. Ci furono stragi enormi. Furono uccisi a migliaia, uomini e donne, bambini e anziani.
È stata la prima delle stragi terribili che cancellarono la presenza armena e cristiana dalla Turchia. Il culmine dell’orrore si raggiunse pochi anni dopo, nel 1915, quando il movimento dei “Giovani Turchi” col benestare del governo sterminò tutto il popolo armeno. Un genocidio da un milione di morti.
Gli giunse un messaggio urgente dai suoi superiori, i quali gli suggerivano di abbandonare la missione per il grave pericolo che si correva. Non fece in tempo a rispondere che me ne giunse un secondo dello stesso tenore. Questa fu  la sua risposta: «Il pastore non può abbandonare il gregge in pericolo».
Dopo un mese giunsero i soldati con le baionette spianate. Presero tutti prigionieri. Tentarono addirittura di farli rinnegare Cristo per Maometto. Al loro rifiuto li uccisero tutti.
Gli altri martiri furono sette, I loro nomi : Baldji Oghlou Ohannes, Khodianin Oghlou Kadir, Kouradji Oghlou Tzeroum, Dimbalac Oghlou Wartavar, Geremia Oghlou Boghos, David Oghlou David e Toros Oghlou David.

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Armenia-Egitto: dopo 12 anni, prima riunione della Commissione bilaterale per la Cooperazione tecnico-scientifica (Agenzianova 29.09.17)

l Cairo , 29 set 17:32 – (Agenzia Nova) – Si è riunita oggi a Yerevan in Armenia la Commissione bilaterale armeno-egiziana per la Cooperazione tecnico-scientifica. La commissione non si riuniva dal 2005. Lo ha reso noto, in un comunicato, il ministero egiziano per la gli Investimenti e la Cooperazione internazionale. Il ministro Sahar Nasr ha precisato che “è un passo in avanti verso una proficua collaborazione tra i due paesi” ed ha auspicato un salto di qualità nella storia di Egitto e Armenia. Presieduta congiuntamente da Nasr e dal ministro armeno per l’Amministrazione territoriale, David Lokyan, la commissione ha assistito alla firma di sette accordi con l’Armenia nei settori degli investimenti, della cultura, delle politiche giovanili e della cooperazione tra l’Università del Cairo e l’Università statale di Yerevan. Nars ha invitato poi gli imprenditori armeni ad investire nel suo paese, ricordando che la costituzione di progetti congiunti in Egitto significa “accedere a un mercato di 100 milioni di consumatori, oltre a poter operare in un paese caratterizzato da una posizione geografica unica”. Il ministro egiziano ha anche aggiornato la commissione sulle recenti riforme economiche adottate dal suo paese per il consolidamento e il miglioramento del settore imprenditoriale. (segue) (Cae)

Speciale energia: l’Iran costruirà un parco fotovoltaico lungo il confine con l’Armenia (Agenzianova.com 27.09.17)

Teheran, 27 set 14:15 – (Agenzia Nova) – L’Iran realizzerà un impianto fotovoltaico da 50 megawatt vicino al confine con l’Armenia. Lo ha dichiarato ieri il capo della delegazione iraniana per la cooperazione economica tra Iran e Armenia, Ali Reza Daemi, secondo quanto pubblicato oggi dalla stampa iraniana. Parlando delle relazioni bilaterali e dei memorandum d’intesa siglati tra Teheran e Yerevan, Daemi ha anche aggiunto che l’Armenia è un buon partner politico ed economico per l’Iran che progetta di trasferire energia elettrica grazie a una linea da 400 kilowatt. (Res)

Viaggio a Erevan, centro di spiritualità nel cuore dell’Armenia (siviaggia.it

Il centro dell’Armenia è il cuore della spiritualità cristiana del Paese; qui è concentrata una parte dei monasteri più importanti e conosciuti. Situati in posizioni dominanti con architetture austere ma allo stesso tempo eleganti, sono esempi di ingegno spesso avvolti in quell’alone di magia e silenzio che invogliano il visitatore a scoprirli. In questa guida indicheremo alcune mete da visitare in viaggio nella capitale Erevan, alle pendici del monte Ararat, e nei suoi dintorni all’insegna della spiritualità.

A mezz’ora di strada da Erevan si raggiunge la città di Echmiatsin – anche indicata come Vagharshapat -, dove san Gregorio Illuminatore fondò la chiesa apostolica in Armenia. La prima, costruita nell’anno 303, dedicata alla Madre di Dio. Il luogo di Vagharshapat è parte del patrimonio mondiale dell’Unesco: questa onorificenza la si deve al fatto che è un territorio dall’importante valore storico artistico e religioso. È considerata la più antica cattedrale al mondo.

La cattedrale di Vagharshapat possiede tre ingressi: il primo, che è quello del campanile, il secondo e il terzo a nord-est e sud-est; un quarto ingresso situato nell’area dell’angolo orientale, ma non accessibile poiché murato, è comunque visibile l’arco che ne attesta l’esistenza. La cattedrale sorge su un giardino quadrangolare dove si trovano altri edifici riservati ai monaci oltre che al seminario.

In questo luogo, a breve distanza da Erevan, sono custodite preziose reliquie come la Lancia Sacra di Antiochia conosciuta anche come lancia di Longino, frammenti di legno riconducibili all’Arca di Noè e altre reliquie appartenenti agli apostoli Pietro, Andrea e Giuda Taddeo. Oltre alla cattedrale di Echmiadzin si potranno ammirare in città le chiese di Santa-Gaiana e Santa-Ripsima e Shoghakat appartenenti al VII secolo, le quali custodiscono preziosi esempi di arte ecclesiastica armena.

Decidere di intraprendere la strada dei monasteri nel centro dell’Armenia vi permetterà di conoscere luoghi e siti eccezionali, ma il viaggio stesso vi regalerà splendide emozioni poiché è la natura stessa ad offrirle. L’arte e la splendida natura del Caucaso formano un connubio perfetto che permette di apprezzare e rimanere stupiti davanti a Khor Virap, a sud di Erevan. Si tratta di un monastero in pietra rossa arroccato su un’altura rocciosa alle pendici del Monte Ararat che lo abbraccia alle spalle. Una meraviglia!

Costruito durante il regno di Arshakidi su una collina che, in quell’epoca, serviva da carcere per i condannati, il monastero ospitò proprio san Gregorio Illuminatore fondatore del cristianesimo in Armenia, detenuto in un pozzo per 12 anni per ordine del re pagano Tiridate III. Gregorio, ritenuto reo di aver professato e diffuso la religione, venne poi liberato per ordine della sorella del re in seguito ad una visione. La liberazione del santo avrebbe permesso a Gregorio di guarire il sovrano da una malattia e di accoglierne la conversione. È possibile visitare il pozzo profondo 6/7 metri sopra il quale è stata costruita la chiesa intitolata al santo.

Dirigendosi a nord est di Erevan, percorrendo una sessantina di chilometri, in una valle dei monti Geghama, nella provincia di Kotayk, si incontra Geghard uno dei più bei monasteri dell’Armenia. La particolarità è nella sua edificazione: in parte è stato costruito in modo classico e in parte sfruttando l’erosione della roccia che è adornata da bassorilievi stupendi così come l’interno illuminato dalla luce naturale che filtra da feritoie.

Anche se la cappella di Geghard risale al 1215, il monastero venne fondato nel IV secolo da san Gregorio Illuminatore dove sgorgava una sorgente sacra all’interno di una grotta. La cappella dedicata al santo è di forma rettangolare con un’abside a ferro di cavallo e ai lati si trovano i vari cunicoli scavati nelle pareti rocciose. Probabilmente le mura interne erano affrescate poiché sono ben visibili tracce di intonaco e parti di affreschi.

Il nome antico del monastero era Ayrivank che tradotto significa “il monastero della grotta”. Alcune delle chiese che fanno parte del complesso di Geghard sono scavate nella parete rocciosa; altre sostenute da parti in muratura e parti di roccia. Poco distante dal monastero si trova il tempio Garni che ricorda strutturalmente il Partenone.

Sono molte le mete nei dintorni di Erevan che si possono raggiungere per stupirsi ancora di fronte alla storia del cristianesimo, alcune in piena conservazione e altri più in decadenza. Zvartnots, ad esempio, un altro sito molto importante nella periferia di Erevan (a circa 15 chilometri) anch’esso inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco dal 2000.

L’interno della chiesa di Zvartnots vanta preziosi affreschi e una pianta a croce greca a tre navate; secondo alcuni studi in seguito agli scavi condotti da Toros Toromanian, la struttura doveva avere tre piani. L’esterno della chiesa era un poligono a 32 facce che da lontano doveva sembrare di forma circolare. La prima banconota da 100 dram riportava il disegno di questa cattedrale.

I monasteri armeni sembrano tante sentinelle e alcuni di questi trasmettono in pieno il fervore con il quale il popolo armeno è custode del culto religioso; questi luoghi così fuori dal tempo non lasciano spazio alla suggestione perché è già la loro storia a non lasciare indifferenti. Tornati nella capitale, vi suggeriamo di godervi la città più frivola, ma non meno stimolante dal punto di vista culturale, della musica, del cinema e dell’enogastronomia

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Un centro culturale intitolato a Mesrob II, il Patriarca armeno reso inabile da una malattia incurabile (Agenzia Fides 26.09.17)

Istanbul (Agenzia Fides) – Un Centro culturale intitolato a Mesrob Mutafyan, Patriarca armeno apostolico di Costantinopoli, è stato inaugurato in una chiesa armena di Istanbul. All’inaugurazione, avvenuta mercoledì 20 settembre, hanno preso parte anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, insieme al Rabbino Capo di Istanbul Isak Haleva e a Hayati Yazici, ministro turco per il commercio e le dogane. All’evento era presente anche la madre del Patriarca, Mari Mutafyan, visibilmente commossa.
A dare rilievo all’evento, e a spiegare anche l’alto livello dei presenti all’inaugurazione, concorre certo la vicenda personale del Patriarca Mesrob e gli effetti che essa sta indirettamente provocando sulla condizione della Chiesa armena in Turchia. Mutafyan era stato eletto Patriarca armeno apostolico di Costantinopoli nel 1998, all’età di soli 42 anni. Giovane e determinato, si era presto profilato come uno tra i più intraprendenti tra i capi delle Chiese d’Oriente. Ma il morbo di Alzheimer lo ha reso inabile nel 2008. Da allora, i complicati regolamenti di ascendenza ottomana che regolano l’elezione del Patriarca armeno e le divisioni interne al Patriarcato, hanno di fatto impedito di nominare un successore. Anche negli ultimi mesi, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 15/9/2017), il processo avviato per l’elezione del nuovo Patriarca armeno di Costantinopoli sta vivendo una nuova fase di stallo, dovuta secondo alcuni osservatori al silenzioso boicottaggio da parte delle istituzioni turche, ma di certo collegata anche alle perduranti divisioni che si registrano all’interno della comunità armena.

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L’Ambasciata Armena acquisisce una tela di Vanessa Pia Turco (Versiliatoday.it 23.09.17)

L’opera è stata recensita per l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia da uno dei maggiori critici dell’arte in Italia. A corredare il dipinto, infatti, il testo critico a firma di Paolo Battaglia La Terra Borgese certifica pure la qualità del dipinto. Il Critico, che ha curato l’alienazione della tela a favore dell’Ambasciata, precisa all’istante il parallelo di entusiasmo con S.E. Victoria Bagdassarian, Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia presso la Repubblica Italiana.

Sua Eccellenza – dichiara il Critico – ha scritto infatti alla pittrice Vanessa Pia Turco: “accolgo con vero piacere il Suo dono, frutto del Suo impegno e della Sua arte e viva espressione di una squisita sensibilità dell’animo. Il Suo quadro “Zabel, il coraggio delle donne” – oltre a sottolineare quel grande atto di coraggio e di civiltà che l’Assemblea Regionale Siciliana ha compiuto nel 2016 riconoscendo il genocidio degli armeni – è un’ulteriore testimonianza dell’amicizia fraterna che lega la Sicilia e l’Italia all’Armenia. Mi ha molto colpito la scelta del soggetto. Si percepisce attraverso il sapiente uso delle pennellate, diretta promanazione dei suoi più vibranti sentimenti, non solo l’intrinseca natura della donna armena, ma anche quella insostituibile di madre, mayrig (madre appunto in armeno) che mai è venuta e verrà meno ai suoi figli, quella madre Armenia che mai ha abbondonato e abbandonerà il suo popolo”. 

Scrive ancora l’Ambasciatrice: “Dice il critico Paolo Battaglia La Terra Borgese che «Zabel con i suoi occhi fieri e innocenti rappresenta la bellezza e la forza di un popolo che nonostante le sofferenze subite ha saputo ricostruire con impegno serietà e saggezza il senso di una propria identità civica e morale». Non avrei saputo trovare parole migliori per descrivere la storia del popolo armeno che Zabel, con l’intensa e placida fierezza del suo volto, racconta. C’è in quell’espressione fissata sulla tela, paura ma anche speranza, morte ma soprattutto rinascita. Nell’apparente silenzio della pittura, Zabel, con i suoi colori – che Lei Sig.ra Turco ha splendidamente utilizzato in chiave personale e che, aggiungo, riprendono i colori della bandiera armena – urla decisa il bisogno di conservare e tramandare perché altri genocidi, altri crimini contro l’umanità non abbiano mai più a ripetersi. RingraziandoLa ancora una volta per un dono che suggella relazioni millenarie auspico a Lei e al Suo lavoro il successo che giustamente merita e che la Sua arte continui a essere portatrice di pace e di fiducia nel futuro”.

“Sono più che mai fiero dei sentimenti e delle espressioni d’animo della Sig.ra Ambasciatrice Victoria Bagdassarian – continua Paolo Battaglia La Terra Borgese – noi soddisfacciamo l’arte senza mai considerarla una camarilla, anzi, e a maggiore ragione, l’arte esige disponibilità come ascolto della sofferenza morale e fisica dell’altro. E non bisognerebbe mai staccarsi dal dialogo che l’opera d’arte promuove peregrinando la strada ambigua dell’insegnamento, degli studi e delle indagini della ricerca per il processo dell’educazione, ha dichiarato Paolo Battaglia La Terra Borgese. E continua – In Italia, nell’aprile dello scorso anno, l’Assemblea Regionale Siciliana ha riconosciuto il Genocidio del popolo armeno, facendosi promotrice, d’intesa con il Governo Nazionale, di iniziative atte a rinnovare la memoria dei fatti e a diffonderne la verità storica. Ed è così che la pittrice Vanessa Pia Turco, fiera di tale testimonianza di amicizia nei confronti di un popolo al quale gli italiani sono legati da antichi rapporti di fraternità e scambi culturali, stipendia le emozioni che hanno mosso i suoi colori per dare vita a “Zabel, il coraggio delle donne”, un acrilico su tela, del 2016, che misura cm 40×30. Quale cittadina di questo Paese, che nutre anche personalmente sentimenti di amicizia per il popolo armeno, Vanessa Pia Turco, vincolata dalle leggi morali imposte dalla coscienza e da ragioni di gratitudine, ha conferito, nei giorni scorsi, alla Ambasciata della Repubblica d’Armenia, il dipinto di cui è l’autrice, quale custode del valore perché resti a designare un’area, una porzione di spazio ritagliata dal mondo, un luogo speciale consacrato all’autodeterminazione dei popoli. Nell’uomo, la capacità di orientarsi – precisa ancora Paolo Battaglia La Terra Borgese – come consapevolezza della reale situazione in cui la storia si trova, rispetto al tempo, allo spazio e al proprio io, risultante dalla sintesi di molteplici processi psichici (percettivi, mnesici, ideativi) indica anche, più genericamente, la capacità di determinare il valore dove ci si trova e conseguentemente di prendere la direzione esatta per raggiungere il bene da tramandare. La connessione con l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia presso la Repubblica Italiana, vive nella poetica della tela, nei cento anni di silenzio. L’Artista ha inteso ricordare il genocidio del popolo Armeno, i 101 anni dall’inizio delle deportazioni e dello sterminio messi in atto dal governo dei Giovani Turchi contro questa etnia prevalentemente concentrata in Anatolia. Si stima che oltre un milione e mezzo di persone, due terzi della popolazione armena, vennero eliminati.”

L’opinione critica di Paolo Battaglia La Terra Borgese: “Professionista esperta in Comunicazione dell’Arte, Vanessa Pia Turco è una pittrice italiana. Nasce a Caltanissetta, in Sicilia, il 28 luglio 1970 e, sempre in Sicilia, a Palermo, vive e lavora. Numerosissimi i colleghi Critici dell’arte di spessore internazionale che hanno scritto di Lei, tantissime le testate specializzate, oltre che web e tradizionali come Vanity Fair. Sono fiero di offrire la mia consulenza su un’opera di una Artista che è stata insignita di parecchi riconoscimenti e premi durante le svariate esposizioni personali in Italia ed in altri Stati esteri sino agli Emirati Arabi Uniti. Le personali di Vanessa Pia Turco hanno sempre ottenuto il Patrocinio di Organismi internazionali quali Ambasciate, UNESCO ed altri, nonché di Club Service come Rotary International e Lions o Civitan. Diverse Sue opere sono state acquisite da Musei e Fondazioni pubblici ed anche per differenti collezioni di importanti Musei privati sia in Italia che in altri Paesi d’Europa e di altri Continenti. L’approvazione della mozione a testimonianza di amicizia nei confronti di un popolo al quale ci legano antichi rapporti di fraternità e scambi culturali è anche un contributo alla ricerca di una verità storica che per troppo tempo è stata negata e che, ancora oggi, si vuole occultare. Il dipinto costituisce la testimonianza e la solidarietà della pittrice Vanessa Pia Turco, sia per la difesa dei diritti inalienabili del popolo armeno che per la individuazione di quello che è stato il primo genocidio del XX secolo. Dinanzi alla tela si respira un alto valore, una percettibile gentilezza di tono manifestata nei caratteri femminili e aggraziati di un bel viso di ragazza. La figura è analizzata con acuto realismo psicologico ed è completata da lunghe trecce bionde che risiedono su abiti tradizionali armeni. La scelta dei colori in “Zabel” è figlia di un’emozione profonda, un’impressione viva di una percezione vibrante che spinge a vedere la realtà in chiave squisitamente  personale. Vanessa Pia Turco usa il rosso, il blu ed il giallo. Il primo, emblema di calore e vitalità, diviene qui simbolo di forza e coraggio oltreché di passione e tenacia nelle proprie idee e convinzioni, è un colore che soprattutto nel credo cristiano perde le connotazioni positive e si trasforma nel colore del sangue e del martirio, le sue pennellate sono stese sapientemente sulla tela per ricordare allo spettatore il sangue innocente versato nella sopraffazione degli Armeni durante il genocidio del 1915. Il blu è il colore della calma e del silenzio, della tenerezza e della purezza ma anche dell’acqua fresca e trasparente che rigenera e pulisce spazzando via tutto ciò che si allontana dal candore e dall’integrità interiore. Infine il colore giallo da sempre simbolo di bellezza, regalità e fierezza rappresenta anche la luce che fa svanire il buio e le tenebre, così come il male che si nasconde nelle più segrete pieghe dell’animo umano. La cultura armena odierna, così come pure le ricette ed alcune tradizioni sono ancora esistenti e conosciute grazie alle donne sopravvissute al genocidio, che hanno saputo conservare e tramandare ciò che di più prezioso risiedeva nel loro popolo. Ecco che Zabel, dal viso placido e sognante, con i suoi colori sgargianti e luminosi, con i suoi capelli che richiamano la purezza e la perfezione dell’oro e con i suoi occhi fieri ed innocenti, rappresenta la bellezza e la forza di un popolo che nonostante le sofferenze subite ha saputo ricostruire con impegno, serietà e saggezza il senso di una propria identità civica e morale. Quest’opera ha una rigorosa valenza politica e vale come allegoria propiziatoria per l’umanità, ed è da mettersi in relazione con la presenza armena in Sicilia testimoniata dall’XI al XVIII sec. e nel 1753 S. Gregorio l’Illuminatore è proclamato patrono di Palermo.”

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Cerveteri celebra l’indipendenza dell’Armenia (Terzobinario.it 22.09.17)

Cerveteri celebra l’indipendenza dell’Armenia. Mauro Porro, Consigliere comunale che durante il primo mandato dell’Amministrazione guidata dal Sindaco Alessio Pascucci ha ricoperto il ruolo di Delegato ai Gemellaggi, ha partecipato presso il Pontificio Collegio Armeno in Roma, alla presenza di Sua Eccellenza Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia Victoria Bagdassarian, alle celebrazioni della Festa Nazionale della Repubblica d’Armenia.

“La nostra città in questi anni ha già avviato numerosi e proficui rapporti con realtà estere – ha dichiarato il Consigliere Mauro Porro – abbiamo avuto l’onore di ospitare e di essere ospitate in realtà lontanissime geograficamente da noi ma che da un punto di vista storico e culturale hanno avuto in passato molti legami con l’Italia e il nostro territorio: negli anni passati abbiamo incontrato realtà provenienti dal Brasile, dall’Azerbaijan, dalla Cina e ora anche con l’Armenia, una nazione ricca di storia e tradizione. Auspico che i rapporti intrapresi sino ad ora possano proseguire e svilupparsi ulteriormente: una preziosa opportunità per far parlare e portare la nostra Cerveteri nel mondo”.

Il Giorno dell’indipendenza dell’Armenia è la festa nazionale della Repubblica di Armenia. Si celebra il 21 settembre di ogni anno e commemora il giorno dell’indipendenza dall’Unione Sovietica e la proclamazione della Repubblica d’Armenia, nel 1991. Figura di primo piano dell’indipendenza armena fu il politico Lewon Ter-Petrosyan, che fu cosí il primo Presidente dell’Armenia indipendente. Anche per questa ricorrenza nazionale, come per quella del Genocidio armeno del 24 aprile, il popolo armeno rimarca i valori di una propria identità nazionale e culturale, mettendo in risalto i valori di un popolo, quello armeno, con una propria indipendenza, sovranità e la rivendicazione del rispetto dei diritti umani.

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Santa Sede-Armenia: card. Sandri, “cammino costellato da tanti punti luminosi. Non c’è alternativa alla pace” (SIR/ACISTAMPA/RADIOVATICANA 21.09.17)

Relazioni tra Santa Sede e Armenia: 25 anni ricchi di punti luminosi (Radio Vaticana)

di Amedeo Lomonaco

“Ogni passo è stato preparato da incontri e dialoghi che hanno consentito di stabilire legami profondi di stima e di amicizia che hanno reso più bello e più ricco, umanamente e spiritualmente, il rapporto diplomatico”. Così, ieri, il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante la celebrazione eucaristica nel 25.mo delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Repubblica di Armenia, presso la Chiesa di San Nicola da Tolentino del Pontificio Collegio Armeno. Hanno concelebrato mons. Boutros Maryati, arcivescovo armeno cattolico di Aleppo (Siria), mons. Giorgio Chezza, della nunziatura apostolica in Italia, padre Lorenzo Lorusso, sotto-Segretario del Dicastero orientale, il rettore del Collegio armeno e altri presbiteri.

Il cammino durante i 25 anni di relazioni diplomatiche – ha detto il porporato – è ricco di punti luminosi. Tra questi, i viaggi apostolici di San Giovanni Paolo II nel 2001 e di Papa Francesco lo scorso anno, le sette visite dei Presidenti della Repubblica armena in Vaticano. “Consideriamo queste pagine di amicizia – ha affermato il card. Sandri – come un vero dono di Dio”. Tra i punti luminosi, anche “la creazione dell’Ordinariato per i fedeli armeno cattolici in Europa Orientale, con sede in Armenia, a cui tanto contribuì la stima e l’amicizia tra san Giovanni Paolo II e il Catholicos Vasken”.

Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha ricordato, in particolare, l’annosa questione del territorio del Nagorno-Karabakh, conteso da Armenia e Azerbaigian. “Nel suo viaggio di ritorno dall’Armenia – ha detto il card. Sandri – il Santo Padre Francesco salutava con speranza l’incontro avvenuto tramite il Presidente russo tra i Presidenti armeno ed azero; ci associamo al medesimo auspicio pensando all’analoga occasione, poche settimane fa, che ha visto incontrare nuovamente con Sua Santità Kyrill di Mosca il Catholicos Patriarca Karekin II e lo Sheikh dell’Islam azero: insieme diciamo con forza che non c’è alternativa alla pace, e va posto termine ad ogni dolore e sofferenza, a maggior ragione quando essa colpisce la popolazione civile inerme”.


“Un cammino costellato di tanti punti luminosi, come stelle del cielo, ciascuno dei quali segna una tappa dei nostri incontri”: così il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha definito i 25 anni delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Armenia e la Santa Sede. Celebrando ieri sera a Roma una messa per l’anniversario il porporato ha rievocato, tra le altre cose i viaggi apostolici di san Giovanni Paolo II nel 2001 e di Papa Francesco nel 2016 in Armenia e le sette visite dei presidenti della Repubblica in Vaticano. “Ciascuno di questi eventi – ha detto il prefetto – dischiude in chi li ha vissuti una memoria grata: ogni passo è stato preparato da incontri e dialoghi che hanno consentito di stabilire legami profondi di stima e di amicizia che hanno reso più bello e più ricco, umanamente e spiritualmente, il rapporto diplomatico. Consideriamo queste pagine di amicizia come un vero dono di Dio, attraverso la disponibilità e l’accoglienza di noi uomini e di coloro che ci hanno preceduto: non potrebbe accadere che così, tra i discepoli dell’unico Signore e Maestro, Cristo Gesù”. Il card. Sandri ha ricordato “l’identità nuova della comunità armena” di cui parte “costitutiva e inseparabile” è la fede in Cristo. “Una eredità – ben lungi dall’essere soltanto un vanto del passato – che mette in moto il cuore e la vita degli uomini e delle donne armene anche in questo tempo, come quelle di noi tutti. Rimaniamo fedeli alla vocazione di essere uomini e donne di speranza: memori del passato, ma con le radici nel futuro di Dio: ed esso non può che esser un futuro di giustizia, di riconciliazione e di pace”. E a proposito di pace il prefetto ha ricordato che “nel suo viaggio di ritorno dall’Armenia, il Santo Padre Francesco salutava con speranza l’incontro avvenuto tramite il presidente russo tra i presidenti armeno ed azero; ci associamo al medesimo auspicio pensando all’analoga occasione, poche settimane fa, che ha visto incontrare nuovamente con Sua Santità Kyrill di Mosca il Catholicos Patriarca Karekin II e lo Sheikh dell’Islam azero: insieme diciamo con forza che non c’è alternativa alla pace, e va posto termine ad ogni dolore e sofferenza, a maggior ragione quando essa colpisce la popolazione civile inerme. Idealmente sogniamo e desideriamo che le colombe lanciate da Papa Francesco e dal Catholicos Karekin II al monastero Khor Virap – che significa letteralmente “prigione in profondità”, rievocando la prigionia patita da san Gregorio l’Illuminatore, attraversino le profondità delle divisioni, degli odi e delle guerre, si librino nel cielo alto di Dio, e tornino recando in bocca un ramoscello di pace per tutte le popolazioni del Caucaso e dell’Anatolia”.

SIR


È la storia la protagonista dell’omelia del Cardinale Sandri. Non potrebbe essere altrimenti. L’Armenia è una nazione antichissima, dalla forte tradizione cristiana radicata in una particolare predilezione per il libro, con una fede che si è preservata grazie a 36 soldati, le lettere dell’alfabeto che il geniale monaco Mashtoz codificò per dare al popolo una tradizione e una storia.

Il Battesimo dell’Armenia, celebrato da Giovanni Paolo II nel suo viaggio, costituì per la nazione una “identità nuova” e una eredità – racconta il Cardinale Sandri – “ben lungi dall’essere solo un vanto del passato”, perché “è la potenza stessa di Dio ricevuta nel Battesimo che ci spinge, ci mette fretta”.

Insomma, Caritas Christi urget nos, e non è un caso che il Cardinale ricordi, tra queste opere di carità, l’ospedale di Ashots, al confine con la Georgia e al limite della città di Gyumri martoriata dal terremoto del 1988. È chiamato “l’ospedale del Papa”, e fino all’ultimo, durante la visita di Papa Francesco in Armenia nel giugno 2016, si era sperato che il Papa potesse vedere questa struttura tra le montagne. Una struttura che è arrivata molto prima delle relazioni diplomatiche, a testimonianza che la carità sempre precede.

Il Cardinale Sandri ripercorre, nell’omelia, i “punti luminosi” del rapporto diplomatico tra Santa Sede e Armenia, citando “i Viaggi Apostolici di San Giovanni Paolo II nel 2001 e di Papa Francesco lo scorso anno, le sette visite dei Presidenti della Repubblica in Vaticano, inaugurate con S.E. Ter Petrosyan nel 1992, poi le due, nel 1999 e nel 2005 di S.E. Kocharyan, e infine le quattro (2011,2013,2014,2015) dell’attuale Presidente, S.E. Sargsyan; la grande celebrazione dell’aprile 2015 e la proclamazione di San Gregorio di Narek Dottore della Chiesa Universale, l’invio di un Rappresentante Speciale del Santo Padre alla consacrazione del Santo Myron a Ethchmiadzin, ogni sette anni, le visite dei Catholicos Vasken, Karekin I e II ai Papi, senza dimenticare la creazione dell’Ordinariato per i fedeli Armeno cattolici in Europa Orientale, con sede in Armenia, a cui tanto contribuì la stima e l’amicizia tra san Giovanni Paolo II e il Catholicos Vasken”.

Sono passi “preparati in incontri e dialoghi” che hanno consentito “di stabilire legami profondi di stima e di amicizia e che hanno reso più bello e più ricco, umanamente e spiritualmente, il rapporto diplomatico”.

Il Cardinale Sandri guarda a Echmiadzin, la sede del Patriarcato Apostolico di Armenia, che è “cuore irradiante della fede e del popolo armeno”. Significa “Discese l’unigeto” e la sua costruzione “è quasi una rappresentazione plastica della professione di fede ascoltata dall’apostolo Paolo”.

L’Armenia terra cristiana, l’Armenia terra di incontro, dove si cerca di costruire la pace nella Regione, e a tal proposito il Cardinale cita l’incontro tra il Patriarca Kiril di Mosca, il Catholicos Karekin II e lo Sheikh dell’Islam azero che si è svolto qualche giorno, e che porta a dire con forza “che non c’è alternativa alla pace, e va posto termine ad ogni dolore e sofferenza, a maggior ragione quando essa colpisce la popolazione civile inerme”.

E allora – conclude il Cardinale – “idealmente sogniamo e desideriamo che le colombe lanciate da Papa Francesco e dal Catholicos Karekin II al monastero Khor Virap – che significa letteralmente ‘prigione in profondità’, rievocando la prigionia patita da san Gregorio l’Illuminatore – attraversino le profondità delle divisioni, degli odi e delle guerre, si librino nel cielo alto di Dio, e tornino recando in bocca un ramoscello di pace per tutte le popolazioni del Caucaso e dell’Anatolia”.

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Il presidente armeno: il Paese ha bisogno di un milione di abitanti in più (Rainews.it 21.09.17)

Il presidente armeno Serzh Sargsyan ha auspicato che la popolazione del suo paese raggiunga i 4 milioni entro il 2040. Per il leader armeno l’obiettivo è irraggiungibile soltanto con l’aumento della natalità e il calo della mortalità. Secondo Serzh Sargsyan, è necessario un forte flusso migratorio nel paese entro i prossimi 25 anni. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e l’acquisizione dell’indipendenza la popolazione è in continuo calo. Nel 1991 la popolazione del paese era di 3 milioni 574 mila persone, mentre al 31 luglio 2017 la cifra è 2 milioni 979 persone. Il numero degli armeni residenti fuori dai confini nazionali è di gran lunga superiore a quelli residenti in patria: si stima infatti che gli armeni all’estero siano 7-8 milioni. Dal discorso del presidente non è chiaro se intenda far tornare in patria gli armeni etnici o agevolare l’immigrazione in generale nel suo paese. –