Armenia disposta a normalizzare i rapporti con la Turchia (Sputnik 10.03.17)

L’Armenia è pronta a normalizzare le relazioni con la Turchia senza precondizioni, ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri Eduard Nalbandian.

“Sapete che il presidente dell’Armenia ha avviato il processo di normalizzazione dei rapporti armeno-turchi, ma Ankara ha rifiutato l’accordo,” — ha detto Nalbandian durante la conferenza stampa congiunta con il capo della diplomazia greca Nikos Kotzias.

Secondo il ministro degli Esteri armeno, la Turchia di fatto ha ignorato il principio più importante delle relazioni internazionali: rispettare gli accordi.

“L’Armenia è aperta alla normalizzazione dei rapporti senza precondizioni. Auspichiamo che un giorno la Turchia ragioni e rispetti gli accordi con gli altri Paesi,” — ha detto Nalbandian.

La Turchia e l’Armenia non hanno relazioni diplomatiche: il confine tra i due Paesi è stato chiuso nel 1993 su iniziativa di Ankara.

Il complesso rapporto tra i due Paesi è dovuto ad una serie di circostanze, in particolare al sostegno di Ankara per l’Azerbaigian nel conflitto con gli autonomisti armeni del Nagorno-Karabakh e all’opposizione turca del riconoscimento della comunità internazionale del genocidio armeno avvenuto nel 1915 alla fine dell’Impero Ottomano.

Il processo di normalizzazione dei rapporti armeno-turchi è stato lanciato su iniziativa della presidenza dell’Armenia nell’autunno del 2008. Nell’ottobre 2009 il ministro degli Esteri dell’Armenia Edward Nalbandian e il capo della diplomazia turca Ahmet Davutoglu hanno firmato a Zurigo il “Protocollo per l’istituzione di relazioni diplomatiche” e il “Protocollo sullo sviluppo delle relazioni bilaterali”, documenti che dovevano essere ratificati dai Parlamenti di entrambi i Paesi.

Tuttavia nel dicembre 2009 l’allora primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan aveva detto che il Paese non avrebbe ratificato i protocolli senza la risoluzione del conflitto nel Nagorno-Karabakh. Il 22 aprile 2010 il presidente armeno Sargsyan ha firmato il decreto che sospende il processo di ratifica dei protocolli armeno-turchi, sostenendo che la Turchia non è disposta a continuare il processo avviato.

Il processo di ratifica nel Parlamento turco era congelato. Nell’agosto 2011 il Parlamento lo ha rimosso dall’ordine del giorno quasi 900 disegni di legge, compresi i protocolli armeno-turchi.

Il motivo principale della rimozione dai lavori del Parlamento dei protocolli è stata la convinzione dei deputati della perdita di priorità dell’apertura del confine armeno-turco nella politica estera turca. Inoltre, secondo i regolamenti del Parlamento turco, se una legge non viene approvata entro 6 mesi decade automaticamente. Nonostante il 24 settembre 2011 il governo turco abbia introdotto nuovamente all’ordine del giorno del Parlamento i protocolli armeno

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Francia-Armenia: presidente Hollande riceve omologo armeno, focus su accordi di cooperazione (Agenzia Nova 08.03.17)

Parigi, 08 mar 17:03 – (Agenzia Nova) – Gli accordi di cooperazione firmati tra Armenia e Francia sono stati al centro dei colloqui tra il presidente francese Francois Hollande e l’omologo armeno Serzh Sargsyan, oggi in visita a Parigi. “Abbiamo evocato i nostri progressi in un dialogo politico di più alto livello”, ha aggiunto Sargsyan. Il presidente armeno ha poi ricordato l’incontro avvenuto con alcuni rappresentanti della comunità imprenditoriale Medef. “Ho proposto di venire in Armenia e di approfittare delle opportunità che esistono”, ha dichiarato ancora il presidente armeno in merito all’invito fatto agli imprenditori francesi, aggiungendo che l’adesione di Erevan all’Unione euroasiatica svolgerà un ruolo fondamentale in tal senso. Sargsyan ha poi parlato dell’alleanza con l’Iran ricordando “le buone relazioni che esistono tra i due paesi, intrattenute “anche durante le sanzioni internazionali”. Il presidente armeno ha poi affermato che “l’Armenia potrebbe essere utile per le società europee” interessate a per “rinforzare le relazioni con l’Iran”. (Res)

Arslan: la storia delle donne armene (Corriere del Veneto 07.03.17)

PADOVA «Prendi in mano il tuo destino, vivi con audacia, non perdere mai la sicurezza in te stessa». Antonia Arslan scrittrice di origine armena, ricorda che «la lotta per la libertà ha radici antiche». E sull’esempio del coraggio delle donne amene sopravvissute al genocidio, esorta le ragazze e le donne di oggi a imparare a non arrendersi. Nel suo ultimo libro Lettera a una ragazza in Turchia (Rizzoli), Antonia Arslan ha scelto una giovane donna contemporanea («ci sei nata e ci stai in quel magnifico Paese dove i miei antenati per millenni hanno vissuto, combattuto, creato regni e chiese di cristallo… Da dove noi siamo stati cacciati per sempre»), per tramandare le vicende di tre figure femminili che combattono per sopravvivere, ma anche per difendere i loro ideali.

«Non bisogna perdere mai il rispetto di sè», ammonisce la scrittrice. Cosa insegna la forza delle storie armene? «A non arrendersi. Mai», dice. E rievoca le tre protagoniste del suo libro, Hannah, bimba in fuga dall’Armenia, nata nel 1910 vicino al monte Ararat, sopravvissuta allo sterminio, «curiosa e ostinata », che «si promette di non arrendersi mai, di resistere a qualsiasi cosa le capiterà». Fame, stenti, violenza, solitudine, ma Hannah ce la farà, diventerà imprenditrice di successo negli Stati Uniti. E Iskuhi, la bellissima moglie di Khayel, «guance di pesca e occhi rotondi», appassionata di Florence Nightingale, rivoluzionaria nelle idee e nella voglia di diffondere l’antica cultura armena, ma rinnovando la lingua dei padri. Morirà partorendo il secondo figlio, a 19 anni. E il suo primogenito Yerwant (medico geniale, nonno di Antonia Arslan), conserverà per sempre con nostalgia dentro si sé quel «profumo di mamma» che lo aveva lasciato a tre anni.

Infine Noemi, che si sposò con Levon (brillante giovane medico dei «felici dottori Arslanian»). Un amore splendente fino a quando i turchi cancellarono il loro futuro. Levon viene ucciso, ma Noemi rifiuterà il ricatto del maresciallo turco innamorato di lei, firmando così anche la sua condanna a morte. Voci femminili accomunate dalla volontà di decidere del proprio futuro, di affermarsi come donne. «Se sei donna ci vuole un’audacia straordinaria per restare libera e prendere in mano il tuo destino».

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Turismo sostenibile in Armenia (Osservatorio Balcani e Caucaso 07.03.17)

Nell’anno dedicato dall’ONU al turismo sostenibile, in Armenia si dibatte e ci si organizza per sfruttare le potenzialità del settore

07/03/2017 –  Marilisa Lorusso

Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2017 l’anno per il Turismo Sostenibile per lo Sviluppo . Sono cinque le priorità chiave identificate dall’ONU per favorire lo sviluppo attraverso il turismo: la crescita della sostenibilità, la pace e la sicurezza, il patrimonio culturale, la riduzione della povertà e l’ambiente.

Fondamentali sono la crescita sostenibile e l’inclusione delle comunità locali nei processi turistici. Spesso infatti buona parte degli introiti del turismo sono trasferiti dal paese di destinazione turistica al tour operator che vi opera, privando quindi le comunità ospitanti di un’importante fonte di reddito. Seguono l’attenzione all’impatto del turismo sulle peculiarità naturalistiche e socio-culturali locali, con lo scopo di garantire che venga mitigato e che nel lungo termine non comprometta l’unicità della destinazione, fattore chiave per attirare i turisti. E per finire: il turismo come veicolo di conoscenza reciproca, di superamento di pregiudizi e quindi come costruttore di dialogo e pace.

L’iniziativa non sta forse avendo la risonanza che meriterebbe, se non fra gli addetti ai lavori, ma in Armenia ha trovato sponda in una parte della società civile che vede nel turismo sostenibile una risorsa positiva per il paese.

Turismo in Armenia

Il turismo in Armenia è in crescita. A parte quello legato alla diaspora e al particolare legame che essa ha con il paese, c’è un numero crescente di stranieri che vi si recano. Dall’Europa sono soprattutto i tedeschi a vedere nel paese una destinazione per lo sport e per il turismo storico. Diversi italiani prediligono i tour a sfondo religioso: la visita ai numerosi monasteri, talvolta in combinazione con il settore eno-gastronomico, che nel Caucaso ha grosse potenzialità.

Sebbene considerato un bene strategico per il paese, il turismo manca però di un approccio integrato, di una mappatura e studio approfondito e di strategia da parte delle istituzioni. Manca ad esempio un ministero di riferimento e le competenze sono distribuite fra vari enti sub-ministeriali. In previsione della nascita del nuovo governo dopo le elezioni del 2 aprile l’esecutivo uscente sta sondando vari settori per raccogliere informazioni su cosa si stia facendo a livello locale, e su cosa si potrebbe fare. In questo contesto chi si occupa di turismo sostenibile cerca di raccogliere le forze, per assicurare al settore – quello a più alta crescita a livello globale in seno al macrosettore turistico – il giusto riconoscimento.

Alen Amirkhanian, direttore del Centro Acopian

Con questo scopo il Centro Acopian  organizzerà il 15 aprile prossimo una conferenza annuale sul turismo sostenibile. Come ci spiega il suo direttore, Alen Amirkhanian, una conferenza già organizzata in passato ha avuto come scopo esporre in quali ambiti l’ecoturismo/turismo sostenibile sia già una realtà nel paese e cioè: sport outdoor legati all’alpinismo, agriturismo ed eco-farming, turismo culturale e religioso. La seconda intende ora promuovere lo sviluppo dell’eco-turismo, offrendo una piattaforma per lo scambio di idee ed esperienze e la creazione di una rete di soggetti interessati.

I temi dell’ecoturismo hanno tra l’altro anche un percorso di formazione riconosciuto nel programma di istruzione per adulti con certificazione turistica dell’Università Americana in Armenia. Si tratta del primo caso in cui nel paese l’ecoturismo è incluso in un percorso di alta formazione.

La sostenibilità e la ricezione turistica

Il limite alla crescita del turismo sostenibile in Armenia non è dato dalla scarsità di risorse, quanto piuttosto dalla frammentazione e mancanza di coesione fra le realtà esistenti e dalla limitata consapevolezza da parte dell’opinione pubblica in generale. Quando per esempio il Monastero di Tatev è stato dotato della funivia più lunga del mondo  la comunità locale è stata invitata a riqualificare le proprie abitazioni per divenire B&B e agriturismi, senza dover così costruire alberghi per soddisfare la crescente domanda dei visitatori. Tatev è riconosciuto come Patrimonio universale dell’umanità dall’Unesco, e la preservazione del monastero e dell’ambiente in cui è collocato sono impegni ufficiali dell’Armenia presso l’ente certificante. Gli abitanti della zona sono stati inizialmente molto scettici verso la proposta, poiché non comprendevano pienamente l’interesse che un eco-turista poteva avere a vivere nella comunità locale e a contribuire all’alleviamento della povertà con la propria presenza. Un progetto ha aiutato a smussare le difficoltà iniziali.

Alcune realtà sono comunque già operative nel turismo ecosostenibile e anche nel volontariato ecologista. Vi sono ad esempio  eco-farm armene  dentro circuiti come Wwoof, l’organizzazione che raccoglie volontari che vogliono dedicare la propria vacanza a vivere l’esperienza di lavoro in aziende agricole sostenibili. O B&B e piccoli agriturismi che si sono auto-organizzati e offrono cibo organico, pur mancando un sistema di certificazione e di standard nazionali. Questo vale anche per il settore enogastronomico, dove peraltro iniziative locali sono state coronate dall’ammissione in presidi Slow Food. E’ il caso del Motal, formaggio tipico della provincia di Gegharkunik , prodotto da sei famiglie seguendo un particolare metodo antico tradizionale con l’utilizzo per la stagionatura di vasi di terracotta. Oppure di prodotti biologici come albicocche, noci ed altre specialità locali che hanno trovato il proprio posto nell’Arca del Gusto Slow Food . Doppio titolo per il lavash, il pane tradizionale diffuso nel Caucaso, riconosciuto nella varietà armena sia come prodotto Slow Food sia protetto dall’Unesco.

L’Outdoor

Lo stesso quadro si ripete nel settore dell’Outdoor: a professionalità avanzate e progetti molto maturi si affiancano iniziative che fanno fatica a trovare il necessario supporto. Nel settore dell’alpinismo e degli sport estremi ad esso legato, le montagne dell’Armenia hanno tanto da offrire: arrampicata, trekking, canyoning, slacklining, speleologia. Per quest’ultima vigono delle plausibili restrizioni poiché buona parte delle grotte non sono accessibili per non disturbare le specie endemiche di pipistrelli.
Ciononostante la qualità dell’offerta è potenzialmente molto alta, sia per le peculiarità del territorio, sia per l’esperienza degli alpinisti locali, che dimostrano peraltro una cultura etica e di sostenibilità. Si pensi ad un consorzio che si è creato fra varie associazioni di arrampicatori per la tutela delle montagne e per preservare le splendide colonne di basalto delle montagne del Caucaso.

Da scoprire e da sviluppare sono anche i percorsi di mountain bike. Oltre ai bike tour già disponibili, viaggiatori indipendenti stanno contribuendo alla mappatura via GPS dei percorsi , così come lo stanno facendo ONG che lavorano per la valorizzazione turistica del territorio.

Le ONG in particolare vedono protagonisti molti giovani che credono nella possibilità di realizzare una forma di turismo sano, legato all’outdoor, con ricadute anche sulla cultura sportiva del territorio, e che si sono rimboccati le maniche per creare progetti che vanno dalla nascita di bike park alla promozione di itinerari alternativi. Una risorsa importante, che però va strutturata in una visione complessiva.

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Nazismo, Erdogan taccia: in Turchia è reato parlare di genocidio armeno (IlSecoloditalia.it 06.03.17)

Una volta tanto ci tocca dare ragione alla Merkel. Ma il motivo è più che valido  «Mantenga il sangue freddo»: così il portavoce della cancelliera Steffen Seibert «ha respinto con forza» il paragone fatto da Erdogan tra la Germania nazista e la Germania di oggi. Il motivo di tale, inopportuno accostamento? Il fatto che  le autorità germaniche hanno  vietato  ad alcuni ministri turchi di fare comizi elettorali in città tedesche in vista del referendum sulla riforma costituzionale del 16 aprile. Di qui l’iperbolica e offensiva accusa alla Germania, da parte di Erdogan, di «pratiche naziste».

Roba da matti. E da che pulpito poi. L’attacco in nome della “libertà d’espressione”, viene da uno, Erdogan, che chiude i giornali non in linea con il suo pensiero. Brandire la storia (e le sue tragedie) come arma impropria  della politica è un atto sgradevole già  se  viene compiuto da un politico di ultima fila o da un corsivista di quart’ordine. Figuriamoci se a macchiarsi di una simile insulsaggine è un capo di Stato.

Ma c’è di più e di peggio: la Turchia è l’ultimo Paese al mondo che può permettersi di impartire agli altri lezioni “correttezza” storico- politica. E questo Erdogan lo dovrebbe sapere bene. Si dà infatti il caso che sia stata proprio la Turchia a commettere, cronologicamente parlando, il primo genocidio della storia del ‘900: quello degli armeni, compiuto tra il 1915 e il 1916 dal governo Giovani Turchi nell’ultima fase dell’impero ottomano. Si calcola che furono sterminati non meno di un milione e mezzo di innocenti, per il solo fatto di essere armeni e cristiani.

Per questo orrendo  misfatto, la Turchia non ha mai chiesto perdono né agli armeni e né al mondo. E ancora oggi il governo turco continua a negarlo. Tant’è che  è ancora illegale in Turchia parlare di genocidio armeno. È  un reato punito dall’articolo 301 del Codice Penale: «Vilipendio all’identità nazionale». Recentemente, Ankara ha parlato di “calunnie” per attaccare Papa Francesco che aveva appunto alluso al massacro degli armeni durante un suo discorso.

Accusando  la Germania democratica della Merkel di «pratiche naziste», il “Sultano” Erdogan ha perso un’ottima occasione per tacere.

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Le chiese armene che hanno vinto la sfida del tempo (La Repubblica 06.06.17)

Una decina di anni fa Claudio Gobbi è rimasto affascinato dall’architettura delle chiese armene, dal loro stile ripetuto identico per 1500 anni, dai materiali e dai principi costruttivi reiterati durante questo lasso di tempo. Da allora Gobbi, che è fotografo, ha cominciato a viaggiare da Erevan a Parigi, dal Lago di Van a Singapore. Non si è limitato a censire e ritrarre le chiese armene dell’Anatolia, ma ha raccolto immagini (cartoline, scatti fotografici, vecchie immagini) degli edifici religiosi in ogni parte del globo. Così ha messo insieme un’enciclopedia visuale composta di chiese situate in oltre venticinque paesi del mondo. Tutti i reportage fotografici di R2

Gli Armeni, come si sa, sono stati oggetto di un genocidio all’inizio del XX secolo, che ha portato allo sterminio di un milione e mezzo di uomini, donne e bambini; e oggi si trovano dispersi in due o tre stati, e nei cinque continenti. Ciò che attrae Gobbi è la serialità delle chiese armene, la loro «atavica capacità di ripetere gli stessi segni e processi nello spazio e nel tempo». Le immagini allineate nel suo album mostrano fortezze di pietra su cui si eleva un campanile dalla forma conica, turrito e austero. A volte le chiese possiedono un piccolo pronao esterno e decorazioni sulla facciata principale; più spesso appaiono composte di muri lisci, duri e forti. In altre occasione le chiese appaiono rovine sperse in mezzo a lande desolate a cavallo tra l’Asia e l’Europa.
Altre volte sorgono tra i palmizi di paesi tropicali, e il loro colore è il bianco abbacinante. Tuttavia ogni chiesa somiglia all’altra in una ripetizione continua di moduli architettonici con poche ed essenziali variazioni. Sfogliando le pagine del volume dove Gobbi ha raccolto il suo inventario ( Arménie Ville, Hatje Cantz) viene da chiedersi cosa l’abbia spinto a costruire un album del sempre-uguale. Perché un’ossessione per quell’unica forma ripetuta quattrocento volte? Nessun intento spettacolare, ricorda Martina Corgnati in un testo compreso nel volume, nessuna scelta sociologica, nessuna volontà storica, ma solo «la pazienza enciclopedica della raccolta e della classificazione». I suoi scatti, per altro molto belli, si alternano a cartoline reperite chissà dove foto storiche figurano accanto a ritratti di edifici contemporanei. Non c’è sviluppo in questo museo dell’identico, che ricorda da vicino gli album di Aby Warburg. Forse si può ipotizzare che ad aver attratto Claudio Gobbi sia stato proprio la persistenza del simbolo architettonico, la sua stabilità visiva e temporale. Cercare quello che permane, piuttosto che quello che muta. Eppure la raccolta d’immagini che ci propone non ha nulla di desueto o di archeologico.
Probabilmente ad attrarre l’autore è stata proprio la diffusione dell’archetipo armeno fuori dal suo territorio d’origine, la sua disseminazione al di là delle frontiere caucasiche o balcaniche, la sua presenza nei territori della modernità, come a Parigi, dove vive una delle più vaste comunità armene del mondo. C’è però, non dichiarato, un intento politico: richiamare la resistenza che queste chiese manifestano nel contesto di un mondo in vorticosa trasformazione, memoria del passato e insieme sua stabilità nel futuro. Ha scritto Hripsimé Visser che Arménie Ville è un commuovente omaggio all’eredità di un piccolo popolo tenace che con la sua diaspora ci interroga sulla disseminazione attuale di genti e popoli nei quattro angoli del mondo.

 

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In viaggio con Artribune Magazine. Nuovo numero, nuovi reportage: un salto dall’Africa all’Armenia (Atribune.com 05.03.17)

Quasi primavera, fermento nel mondo dell’arte italiano, tra fiere, biennali, grandi mostre, saloni: il nuovo Artribune Magazine, fresco di stampa, anticipa già il clima rovente. Tra i contenuti che raccontano latitudini lontane, due reportage speciali.
Lisa Chiari e Roberto Ruta ci portano fino in Kenia, a Nairobi, soffermandosi sul potenziale culturale e le energie più giovani, colte, indipendenti, in netta impennata. Gallerie, centri culturali, fondazioni e collettivi artistici stanno disegnando il volto dell’Africa del terzo millennio, sul filo di un anti-colonialismo che significa riscatto, rigenerazione, identità, rinnovamento. A questo si somma  il declino delle dittature, la lenta espansione economica e la voglia di democrazia che cresce e si radica.

UN TEAM DI LUSSO

Due nomi su tutti: il curatore nigeriano Okwui Enwezor, direttore della Biennale Arte 2015, e l’artista Michael Soi, classe 1972, già popolare grazie al suo lavoro dal forte impatto estetico, orientato a un’aspra critica sociale: la serie China loves Africa è passata da importanti case d’asta, da musei internazionali ed da importanti collezioni private.
Altro viaggio, altra esplorazione culturale e creativa. Il servizio di Claudia Zanfi spalanca pieghe e segreti di Yerevan, caotica città armena, cresciuta all’ombra del sacro Monte Ararat: 5.200 metri di altezza e strati di nevi perenni a imbiancare la cima. Da qui una passeggiata fra le architetture stratificate, dai quartieri bizantini ai soviet block, fra i musei cittadini – in testa la suggestiva Cascade- Cafesjian Art Foundation, con giardini pensili e strutture scavate nella collina – fra le nuove generazioni di artisti e ancora lungo le curve dei paesaggi mistici, puntellati di laghi e massicci rocciosi, in cui si incastonano alcuni tra i monasteri più affascinanti dell’Armenia.

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Il Vaticano e la strage degli armeni ( Lastampa.it 03.03.17)

Esiste ormai, anche in italiano, un’ampia scelta di titoli su quello che papa Francesco ha definito «il primo genocidio del XX secolo». Una ricchezza quantitativa di studi e testimonianze, quella sulla persecuzione degli armeni, che corrisponde a una sempre più vasta gamma di apporti e prospettive. In questo senso, degno di nota è il recente volume «La Santa Sede e lo sterminio degli armeni nell’impero ottomano» (edizione Guerini e Associati, pagine 294, euro 25,50). Un libro, quello firmato da Valentina Vartui Karakhanian e Omar Viganò, che racconta la tragedia del 1915 da un’angolatura particolare: quella della diplomazia vaticana, ricostruita attraverso un’accurata selezione di documenti presenti nell’Archivio segreto vaticano e in quello storico della Segreteria di Stato.

Un percorso puntuale e avvincente che vede come protagonista indiscusso monsignor Angelo Maria Dolci, delegato apostolico della Santa Sede a Costantinopoli. Una figura abile e carismatica, calata in un contesto storico proibitivo come quello del primo conflitto mondiale. Un compito arduo, il suo, che sembra a tratti quasi impossibile. Non si deve dimenticare, infatti, come la persecuzione degli armeni e delle altre popolazioni cristiane avvenga in aree spesso difficili da monitorare, investendo soprattutto i territori anatolici, a centinaia di chilometri dalla capitale. Man mano che si delinea in modo sempre più netto il dramma in questione, il Dolci si prodiga in ogni modo con il governo ottomano – ma anche con i suoi alleati tedeschi e austriaci – per porre termine alle violenze e alle deportazioni, per fornire assistenza alle popolazioni stremate. Del Cardinale si apprezzano in queste pagine le agili tessiture diplomatiche, la penetrazione psicologica dei suoi interlocutori turchi, ma anche e soprattutto la penna, capace di renderci – grazie alle sue lettere e documenti ufficiali – un ritratto vivido di una delle più grandi tragedie del secolo scorso.

Un impegno morale, quello del Delegato apostolico a Costantinopoli, che si mantiene inalterato durante tutta la sua missione, nonostante le molte limitazioni – politiche e materiali – cui è sottoposta la sua azione. Determinante nel porre per quanto possibile freno alla violenza contro la minoranza armena è poi l’impegno del pontefice Benedetto XV, che non esita in tre occasioni a rivolgersi direttamente al sultano Mehmed V. Missive che il Dolci, nonostante l’opposizione decisa di funzionari e ministri, si ingegna a consegnare personalmente al Sultano, evitando una possibile censura. Il ritratto che affiora da queste pagine è quello di una Santa Sede all’altezza del dramma storico in corso, che comprende e si prodiga per le minoranze (cattoliche e non) scontrandosi spesso con l’indifferenza delle grandi potenze, assai più votate all’interesse strategico che al destino dei loro correligionari.

Dedicato alla «luminosa memoria di Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX», patriarca degli armeni cattolici scomparso nel 2015, il volume accompagna il lettore dall’inizio della persecuzione fino alla effimera esperienza della prima Repubblica armena, presto stroncata dall’avanzata sovietica nel Caucaso. Gli autori preferiscono, con apprezzabile onestà intellettuale, mettere in primo piano con costanza e caparbietà le fonti primarie: lettere, dispacci, rapporti, note.

Questo nello spirito di informare e fornire al lettore strumenti di una valutazione autonoma, anziché imporre una determinata versione su un tema, ahimè, su cui pesano ancora veti e controversie. «Far parlare le fonti», anziché imporre interpretazioni e tesi storiografiche precostituite: questa la formula proposta da un volume che merita di essere letto da coloro che hanno a cuore la questione armena e la storia della Chiesa. Un piccolo ma importante passo nel senso del riconoscimento storico di una verità storica condivisa, che ha ispirato all’uso della parola «genocidio» tanto papa Francesco che già, prima di lui, Giovanni Paolo II.

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La scelta dell’Armenia: intervista al presidente Sargsyan (Euronews 02.03.17)

Stretta tra Europa e Russia, l’Armenia cerca di trovare un suo equilibrio. Questa settimana il presidente armeno Serzh Sargsyan si è recato a Bruxelles per concludere i negoziati sul nuovo accordo di partenariato con l’Unione Europea.

Nel novembre 2013, in occasione del vertice del partenariato orientale a Vinius, sia l’ Armenia che l’Ucraina erano sul punto di firmare degli accordi di associazione e di libero scambio con l’Unione europea. Ma entrambi i tentativi fallirono. Da li ebbero inizio le proteste in piazza Maidan a Kiev ed anche a Yerevan. Nel 2015 gli armeni manifestarono per diversi mesi contro le tariffe energetiche e per chiedere le dimissioni del presidente Sargsyan. Le proteste culminarono nel 2016 con la crisi degli ostaggi.

Il nuovo accordo arriva due anni dopo la controversa adesione dell’Armenia al blocco commerciale guidato dalla Russia. Inaspettatamente, nel settembre 2013 Sarkisian annuncio’ la decisione di aderire all’Unione doganale. Più tardi, nel 2015 l’ Armenia entro’ nell’Unione economica eurasiatica, una mossa che è stata attribuita alla forte pressione da parte di Mosca.

La Russia mantiene infatti la sua presenza militare in Armenia tra cui l’implementazione di sistemi missilistici Iskander.
Una presenza che dovrebbe rassicurare gli armeni, viste le tensioni che persistono con l’Azerbaigian per il conteso territorio del Nagorno-Karabakh.

Il 2 aprile 2017 nel Paese si terranno le elezioni parlamentari che seguono il referendum costituzionale nel 2015. Grazie alle riforme del sistema di governo l’Armenia diventerà una repubblica parlamentare.

Il presidente Sargsyan ha parlato con il nostro corrispondente a Bruxelles Andrei Beketov sul futuro delle relazioni tra l’UE e l’Armenia.

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Iran-Armenia: presidente armeno auspica approfondimento delle relazioni tra Teheran e l’Ue

Teheran, 02 mar 12:20 – (Agenzia Nova) – Il presidente armeno Serzh Sargsyan ha sottolineato l’importanza che Erevan attribuisce alla cooperazione economica tra le imprese europee e le compagnie iraniane. “L’Armenia è pronta ad ampliare la cooperazione tra l’Eurasia e l’Unione europea da una parte e l’Iran dall’altra”, ha dichiarato Sarkisian. Il presidente, scrive l’agenzia “Irna”, ha sottolineato il carattere storico delle relazioni con l’Iran, aggiungendo che vi sono “buone relazioni tra i due paesi in campo economico, politico e culturale” e che “l’Armenia è un ottimo posto per la presenza delle imprese europee interessate al mercato iraniano”. Sargsyan ha osservato che l’Armenia può diventare il percorso di transito più breve tra i porti situati sul Mar Nero, il Golfo Persico, osservando che anche il Corridoio nord-sud potrà essere utilizzato per il transito di merci. (segue) (Irt)

L’Interpol rifiuta di pubblicare le indagini sugli archeologi che lavorano in Karabakh (Sputnik 02.03.17)

Il segretariato generale dell’Interpol ha rifiutato la richiesta dell’Azerbaigian di pubblicare le indagini sugli archeologi armeni che lavoravano in Karabakh, ha detto il capo dell’ufficio per le relazioni con il pubblico e stampa della polizia armeno Ashot Agaronian.

In precedenza il procuratore generale dell’Azerbaigian aveva annunciato che erano ricercati dall’Interpol un dipendente dell’istituto di biologia molecolare dell’accademia Nazionale armena delle scienze, Levon Episkopjana, la ricercatrice dell’Istituto di storia naturale in Spagna Yolanda Fernandez Chalvo, il direttore del progetto Asia del British Museum Blanford King e uno scienziato di Londra, che lavora al museo di storia naturale, Peter Andrews.

Secondo il capo ufficio, il primo marzo dall’ufficio centrale dell’Interpol in Azerbaigian è stata ricevuta una circolare sulla dichiarazione riguardo gli articoli violati dagli scienziati: “violazione di norme umanitarie internazionali durante i conflitti”, “violazione del diritto d’autore e dei diritti connessi”, “appropriazione indebita di oggetti di oggetti di valore”, “pubblici appelli contro lo stato” e “soppressione illegale del confine di stato dell’Azerbaigian”.

“Subito dopo aver ricevuto la circolare dall’ufficio centrale nazionale dell’Interpol in Armenia, sono state richieste al segretariato generale dell’organizzazione, le necessarie giustificazioni e spiegazioni, avvertendo che l’Azerbaigian sta cercando ancora una volta di trascinare l’Interpol nell’orbita di problemi politici” ha scritto su Facebook il capo della polizia. Yerevan ritiene che queste azioni minaccino la credibilità dell’Interpol e contraddicano il terzo articolo dello statuto, che recita, che “all’organizzazione è severamente vietato effettuare qualsiasi intervento o attività politica, militare, religiosa o di carattere razziale”.

“Il segretariato generale dell’Interpol, riconoscendo fondate le informazioni provenienti dall’ Armenia, ha immediatamente reagito e si è rivolto lo stesso giorno ai paesi membri per le informazioni riguardo gli scienziati, in contrasto con il terzo articolo dello statuto dell’organizzazione, ciò non poteva essere effettuato” ha detto il capo della polizia.

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