Papa in Armenia: padre Lombardi, parola armena “Medz Yeghern” è “più forte” del termine genocidio (SIR 21.06.16)

La parola armena “Medz Yeghern” è addirittura “più forte” del termine genocidio. Risponde così padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticano, alla domanda sul perché in Vaticano c’è ancora una certa ritrosia ad usare il termine genocidio per indicare la persecuzione ed eliminazione che il popolo armeno subì nel 1915. “Perché – ha chiesto Lombardi – c’è tutta questa ossessione nel fare le domande su questo?”. Ed ha aggiunto: “Sappiamo cosa è successo. Nessuno nega che ci siano stati massacri orribili e lo riconosciamo. Però non vogliamo fare di questo una trappola di discussioni politiche perché andiamo alla sostanza. E’ una tragedia enorme”. Alla presentazione questa mattina del viaggio apostolico di papa Francesco in Armenia era presente anche monsignor Antranig Ayvazian, professore della Università di Yerevan, che ha ricordato che anche la sua famiglia fu sterminata nel corso del genocidio e ha sottolineato come il termine armeno “Medz Yeghern” significa letteralmente: “sradicamento ed eliminazione di tutto il popolo nel sangue”. “La Santa Sede – ha poi aggiunto – deve avere neutralità in problemi che possono avere un risvolto politico. Ha il diritto di esserlo e deve essere neutrale verso tutte le popolazioni anche se nemiche tra loro perché solo così potrà essere portatore di pace e favorire la convivenza tra i popoli. Questa è la missione del Santo Padre”. A questo punto, padre Lombardi ha letto un brano del messaggio che lo scorso anno papa Francesco inviò al popolo armeno: “Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh. Si tratta di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace”. Significativo quindi in questo senso per la pace in Nagorno Karabakh e tra l’Armenia e la Turchia sarà la liberazione delle due colombe al monastero di Khor Virap, che si trova molto vicino al confine turco e ai piedi del Monte Ararat.

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L’abbraccio di Francesco ai discendenti delle vittime del genocidio (Faro di Roma 21.06.16)

Papa Francesco in Armenia incontrerà 10 discendenti di alcune vittime del genocidio armeno che furono ospitate nelle Ville di Castel Gandolfo da Benedetto XV, dove per molti anni vi fu un orfanotrofio armeno.

Lo ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede e direttore della sala stampa vaticana, in occasione della conferenza stampa di presentazione del viaggio apostolico di Papa Francesco in Armenia che avrà inizio venerdì 24 giugno fino a domenica 26 giugno. Si tratta del 14esimo Viaggio internazionale di Bergoglio che per la prima volta dalla sua elezione si reca in Armenia dopo la storica visita di Papa Giovanni Paolo II del settembre 2001 in occasione del 1700esimo anniversario del cristianesimo in Armenia. Wojtyla proprio in quell’anno scrisse una lettera apostolica sul Battesimo del popolo armeno esortando l’intera popolazione a rialzarsi dalla sofferenza di tanti anni di regime totalitario. “Il popolo – scriveva Giovanni Paolo II – aspetta segni concreti di speranza e di solidarietà, e sono certo che il ricordo grato delle proprie origini cristiane è per ogni Armeno motivo di consolazione e di sprone”.

Su questa stessa linea ecumenica di continuità, Papa Francesco visiterà il Caucaso per ben due volte: adesso recandosi in Armenia e dal 30 settembre al 2 ottobre in Georgia e Azerbaigian. “Per diverse ragioni – ha spiegato il gesuita – le due tappe sono separate, uno dei motivi principali è che il patriarca della Georgia doveva essere a Creta in questi giorni per partecipare al Sinodo panortodosso. Ma il viaggio va visto nel suo complesso”. Francesco dunque visita la Repubblica di Armenia perché è stato invitato dal governo, della Chiesa cattolica, e dal Catholicos d’Armenia e di tutti gli armeni, che è l’arcivescovo a capo della Chiesa apostolica armena.

“Motivi di questo viaggio – ha spiegato p. Lombardi ripercorrendo assieme ai giornalisti presenti i momenti principali del viaggio – sono diversi: il Catholicos era già venuto a Roma per l’elezione di Papa Francesco e ora il Papa desidera visitare la comunità cattolica locale per incoraggiarla e per confermare sostegno e amicizia all’intera popolazione, come ha già fatto in occasione della grande celebrazione presieduta un anno fa nella basilica vaticana sul centenario del genocidio alla presenza delle principali autorità armene”.

Incontrando gli armeni, Papa Francesco nella mattina di sabato 25 giugno, dopo aver visitato il Tsitsernakaberd Memorial Complex, eretto nel 1967, in ricordo del grande genocidio che tra il 1915 e il 1916 causò la morte di 1,5 milioni di armeni, abbraccerà un gruppo di discendenti di alcune vittime. Si tratta di un incontro molto significativo che segna un ponte simbolico e storico tra l’opera benevola di Benedetto XV, che con l’appoggio dell’allora Segretario di Stato, cardinale Pietro Gasparri, ha tentato tutto ciò che era possibile perché il governo turco fermasse la disumana razzia, e questa visita di Francesco.

Benedetto XV inventò la “diplomazia del soccorso”  mobilitando la Santa Sede, i vescovi, il laicato e le comunità cattoliche ad aiutare tutti senza distinzione tra cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, musulmani. Si parla infatti di due lettere indirizzate dal Papa al sultano, di varie istanze mosse dal delegato apostolico, ma anche di interventi presso gli alleati dei turchi, in particolare presso il Reich tedesco, prussiano-protestante, dimostratosi del tutto indifferente, e presso il cattolico Impero austro-ungarico, allora purtroppo impotente. Nonostante qualche promessa turca, non si ottenne alcun risultato e persero la vita circa 1,5 milioni di cristiani armeni.

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“Un Paese isolato, sempre più isolato, dal punto di vista internazionale. Un Paese sostanzialmente in guerra, che destina il 50% per cento del suo Pil alle spese militari. Una terra che porta la ferita profonda del genocidio, vive il conflitto con l’Azerbaijan per la difesa del Nagorno Karabakh, accoglie con generosità e fatica i profughi siriani armeni che fuggono dalle terre conquistate dall’Is. Un popolo che ha grandissime potenzialità, ma ha bisogno di alleati, di comprensione”. Così, Franca Giansoldati, giornalista e vaticanista del quotidiano Il Messaggero, descrive l’Armenia, il primo Paese cristiano della storia, meta del prossimo 14° viaggio apostolico di Papa Francesco. La Giansoldati è autrice del libro “La marcia senza ritorno, il genocidio armeno”, Salerno editrice (2015), frutto di un meticoloso lavoro d’archivio, le cui bozze sono state inviate al Pontefice proprio in occasione del centenario dell’immane tragedia che colpì quel popolo.
I motivi del negazionismo
“Le frontiere armene con la Turchia – spiega – sono chiuse per la questione del mancato riconoscimento del genocidio da parte del governo di Ankara che si rifiuta di assumersi la responsabilità storica di quei fatti. Dietro questa linea negazionista c’è il grande problema dei risarcimenti economici, ma anche un problema psicologico: la difficoltà a mettere in discussione la storia delle proprie radici nazionali. I tre ministri turchi che studiarono il piano di sterminio degli armeni sono celebrati ancora oggi in diverse città turche dove le piazze e i boulevards portano i loro nomi”.
Volti che escono dal silenzio
“Il mio libro è nato grazie soprattutto al lavoro di padre Georges-Henri Ruyssen sj, scrittore de La Civiltà Cattolica, che ha messo a disposizione di tutti gli storici del mondo i documenti conservati negli archivi della Santa Sede: una mole immensa di testi e carteggi che confermano la veridicità e la drammaticità del grande sterminio della popolazione armena, attuato dalla Turchia, con un piano prestabilito, nel 1915”. “Oggi non è più possibile negare ciò che è accaduto”, spiega l’autrice. “Leggendo queste testimonianze le statistiche si trasformano in volti di persone, donne, bambini, che escono dal silenzio, ed è impossibile non commuoversi”. “Un massacro che inizia grazie a un odio sottotraccia da decenni, ma esplode contro le élite armene per motivi politici all’inizio del primo conflitto mondiale, quando la Turchia si trova oberata da debiti dopo la guerra con la Grecia e considera i cristiani armeni vicini alla nemica Russia. La grande marcia, la grande deportazione verso il nulla, senza cibo né acqua, diventa così la ‘soluzione finale’, meno dispendiosa e più terribile”.
Gratitudine e desiderio di pace
“La popolazione armena oggi ha veramente bisogno di pace. Lo si capisce parlando con la gente comune. Tutti vogliono una situazione migliore, ma la ‘realpolitik’ purtroppo continua a prevalere”, aggiunge la Giansoldati. “Nei confronti di Papa Francesco ci sono sentimenti di profonda gratitudine per aver detto la verità, aver utilizzato la parola genocidio e aver ricordato un milione e mezzo di persone, pregando per loro in San Pietro con il Patriarca e Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II. Speriamo che questo viaggio possa far riflettere anche i Paesi vicini all’Armenia, la Turchia e l’Azerbaijan. Speriamo che la preghiera e la liberazione delle colombe davanti al Monte Ararat, che Francesco e il Catolichos effettueranno domenica prossima, siano davvero di buon auspicio per la pace in tutta la regione”.  


Fabio Colagrande

Papa conclude il suo viaggio in Armenia vicino a confine turco (Askanews 21.06.16)

Città del Vaticano, 21 giu. (askanews) – Il Papa conclude a Khor Virap, vicino al confine turco, il suo viaggio in Armenia da venerdì a domenica prossimi, e lì, in direzione del monte Ararat, libererà delle colombe.

Il Papa, ha spiegato in un briefing il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, arriverà il pomeriggio di venerdì 24 nella capitale Yerevan alle 15. Subito la preghiera alla cattedrale apostolica di Etchmiadzin con il saluto al Catholicos Karekin II, quindi l’incontro con il presidente Serz Sargsyan, che aveva ricevuto a Roma l’anno scorso, e le autorità civili e il discorso al corpo diplomatico.

La mattina di sabato 25, come aveva già fatto Giovanni Paolo II, il Papa visiterà il Memoriale del “Metz Yeghern”, ha spiegato Lombardi, il Tzitzernakaberd Memorial Complex. Francesco prosegue poi con l’aereo per Gymuri, seconda città più popolosa in Armenia colpita da un violento sisma a fine anni Ottanta, dove il Papa celebrerà la messa – l’unica messa pubblica del viaggio – visiterà un orfanotrofio e pranzerà con le suore che lo gestiscono, e nel pomeriggio visiterà la cattedrale armeno apostolica delle Sette Piaghe e la cattedrale armeno cattolica dei Santi Martiri. In serata, di nuovo a Yerevan, l’incontro ecumenico e la preghiera per la pace, l’evento per il quale è prevista la maggiore partecipazione, con diverse decine di migliaia di persone.

Domenica 26 giugno, terzo e ultimo giorno della visita, l’incontro del Papa con i 14 vescovi cattolici armeni nel Palazzo Apostolico ad Etchmiadzin e la partecipazione alla divina liturgia nella Cattedrale armeno apostolica. Dopo il pranzo, l’incontro con i delegati e benefattori della Chiesa armena apostolica. Nel programma attualmente “non è prevista firma di una dichiarazione congiunta”, ha detto oggi Lombardi. Prima del rientro in Vaticano il Papa pregherà nel monastero di Khor Virap, luogo del pozzo in cui, secondo la tradizione, fu tenuto imprigionato per 12 anni Gregorio l’Illuminatore, fondatore del Cristianesimo in Armenia. Qui Francesco libererà delle colombe in direzione del monte Ararat. A chi domandava se inizialmente ci fosse nel programma l’intenzione del Papa di recarsi al confine con la Turchia, padre Lombardi ha sottolineato che in quest’ultima tappa il Papa sarà “vicinissimo al confine con la Turchia” e liberare le colombe “in direzione del monte Ararat” è “un messaggio che ha significato”. In serata, infine, la cerimonia di congedo e alle 20.45 l’arrivo previsto a Roma.

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Armenia. Una religiosa: il Papa a casa nostra, un grande dono (Radio Vaticana 21.06.16)

Gyumri, seconda città dell’Armenia, è il luogo scelto per la celebrazione della Messa di Papa Francesco durante il suo imminente viaggio apostolico. In questa città, dopo il devastante terremoto del 1988, vive Suor Arousiag, di origine siriana. La religiosa 71.enne è attualmente la superiora dell’Orfanatrofio dell’Immacolata Concezione che si sta preparando ad accogliere quello che lei stessa definisce il suo “ospite illustre”. Davide Dionisi l’ha intervistata:

R. – Noi siamo arrivate dopo il terremoto del 1988. Prima abbiamo lavorato a Spitak, l’epicentro del terremoto. Eravamo due sorelle. La gente di Spitak era tutta in lutto, adulti e ragazzi, perché la maggioranza di loro aveva perso l’intera famiglia. Poi siamo andate al villaggio Arevik, un villaggio cattolico. La gente voleva che noi andassimo lì per fare la catechesi. Abbiamo insegnato nella scuola pubblica con il permesso del Ministero dell’educazione.

D. – Parliamo adesso della visita del Papa: come la state raccontando alla comunità?

R. – Quando hanno detto che il Papa veniva in Armenia, all’inizio ho detto: “No, mi prendono in giro! Il Papa, quest’uomo per il quale prego ogni giorno, una persona che mi piace molto, viene da noi in questo piccolo orfanotrofio per vedere i nostri piccoli ragazzi?”. Ma l’arcivescovo mi ha detto: “È vero, il Papa viene da voi per pranzo e anche per riposare un po’. Preparate le camere”. Ho detto: “Ma, per questo Papa io lascerò tutto così com’è”, perché io so che lui non vuole che le persone facciano cose straordinarie per la sua visita.

D. – Quanti bambini avete nel vostro orfanotrofio?

R. – In totale 37, ma ne abbiamo 9 a Yerevan – ragazzi e ragazze – che studiano all’Università.

D. – Non farete niente di eccezionale, ma che cosa preparerete per il Papa?

R. – Prepareremo canti anche in lingua italiana per lui perché i nostri ragazzi sanno cantare in molte lingue. Abbiamo un coro professionale.

D. – Avete preparato un dono particolare?

R. – Sì, sì…

D. – Può anticiparcelo?

R. – Una statua di due ragazzi che cercano una casa, perché ospitiamo tanti ragazzi che provenivano dalla strada e che la polizia ha portato qui.

D. – Una statua in legno?

R. – In bronzo.

D. – E chi l’ha realizzata?

R. – Uno scultore di Yerevan, non molto famoso, ma che fa delle cose molto belle!

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Armenia. P. Lombardi: Papa abbraccia le sofferenze di un popolo intero (Radio Vaticana 21.06.16)

Si avvicina la data di inizio del 14.mo viaggio apostolico di Papa Francesco. Il Santo Padre sarà dal 24 al 26 giugno prossimi in Armenia, prima tappa della più ampia visita nel Caucaso, che a settembre vedrà il Pontefice anche in Georgia e Azerbagian. I momenti salienti del viaggio, dal titolo “Visita al primo Paese cristiano”, sono stati presentati stamani in Sala Stampa vaticana dal direttore, padre Federico Lombardi. Il servizio di Giancarlo La Vella:

“Santa Madre di Dio, volgi il tuo sguardo sulla terra di Armenia”. Padre Lombardi ha iniziato la conferenza stampa citando una preghiera di San Giovanni Paolo II, a significare come il Paese caucasico, primo nel 301 d. C. ad accogliere il cristianesimo come religione ufficiale al culmine dell’opera evangelizzatrice di San Gregorio l’Illuminatore, sia particolarmente caro ai cattolici di tutto il mondo. Con i medesimi sentimenti Papa Francesco vi si reca ad abbracciare la profonda fede, il desiderio di pace e le sofferenze di un popolo intero, che in maggioranza vive oggi fuori della propria patria, ma mantenendo tradizioni religiose e culturali. Tre milioni e 300 mila quelli che vivono in Armenia. Tra i momenti significativi del viaggio, evidenziati da padre Lombardi, oltre agli incontri con le autorità civili e religiose, la visita al Memoriale di Tzitzernakaberd, che ricorda il massacro di un milione e mezzo di armeni nel 1915. E, rispondendo ai giornalisti sulla questione dell’utilizzo del termine “genocidio”, o “medz yeghern” (il grande male) come dicono gli armeni, padre Federico Lombardi ha così chiarito:

“Nessuno di noi nega che ci siano stati questi massacri, però non vogliamo fare di questo discussioni politico sociologiche. È una tragedia enorme, so di che cosa parlo. Uso il termine “medz yeghern”, la parola che usano i miei fratelli armeni e credo che sappiamo molto bene a cosa si riferisce”.

Ospite in Sala Stampa vaticana mons. Antonio Ayvazian, della Chiesa armeno cattolica della Siria. Ci ha parlato di come l’Armenia sta aspettando l’incontro con Papa Francesco:

R. – Questa visita è veramente la più bella occasione per mostrare al mondo civile e soprattutto al popolo armeno stesso, che il Santo Padre è vicino a questa gente che ha sofferto. La sofferenza secolare del popolo armeno sta nell’intimo del cuore del Santo Padre. È un’occasione per dire: “Io sono con voi. Avete il diritto di vivere tra i popoli; avete il diritto di vivere in pace e avete soprattutto il diritto di avere giustizia”.

D. – La realtà religiosa in Armenia è del tutto particolare…

R. – Un armeno non può essere tale se non è battezzato. Non può esistere un armeno che si dichiara tale senza avere il cristianesimo come “diploma” scritto nel suo sangue, nella sua genetica, perché il cristianesimo è così radicato nella mente e nella psicologia degli armeni. Per questo abbiamo avuto milioni e milioni di martiri. Le guerre in Armenia sono sempre state rivolte a conservare la religione cristiana.

D. – Come si sta vivendo questo Giubileo della Misericordia in Armenia?

R. – In questo popolo la misericordia c’è da sempre! Un armeno non può odiare. Anche quando odia si mette subito in pace con il suo vicino. Questo nel cuore del Santo Padre ha un valore: lui conosce bene gli armeni, sono brave persone che hanno sofferto molto, che amano la vita, sono innamorati della vita.

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Papa in Armenia: mons. Ayvazian (Yerevan), “il popolo armeno non dimentica il bene ricevuto” (SIR 21.06.16)

Tutto il popolo armeno attende Papa Francesco. Lo ha detto monsignor Antranig Ayvazian, professore della Università di Yerevan, presentando questa mattina in sala stampa vaticana il programma del viaggio apostolico di Papa Francesco in Armenia dal 24 al 26 giugno. “Il popolo armeno è un popolo sentimentale e non dimentica il bene ricevuto”. “Da Papa Francesco aspettiamo tutto il bene. La sua presenza è per noi una benedizione. Il popolo lo aspetta – ha detto mons. Ayvazian -. Fateci vedere il Santo Padre, dice la gente, anche se da lontano. C’è nei suoi confronti un sentimento filiale verso un padre universale della Chiesa e nonostante il 90% della popolazione non è cattolico, per tutti il nome di Francesco è una chiave di gioia, di serenità e di speranza di un futuro per l’Armenia migliore di quello che è oggi”. Il professore ha ripercorso la storia del popolo “circondata di avvenimenti dolorosi” che portarono poi al grande Genocidio che ha avuto luogo dal 1909 fino al 1922. Oggi gli armeni che vivono in Armenia sono appena 3 milioni 300 mila abitanti: in diaspora vivono 10 milioni 500 mila persone sparse nel mondo in particolare con comunità molto numerose in California negli Stati Uniti e in Russia: solo a Mosca si conta una popolazione armena di 1 milione e 500 mila persone.

Il Papa incontrerà discendenti di sopravvissuti al “Metz Yeghern” armeno (San Francesco 21.06.16)

Il Papa incontrerà alcuni discendenti di sopravvissuti al «Metz Yeghern», lo sradicamento sanguinoso subito dagli armeni nell’impero ottomano nel 1915, o «genocidio» con un termine contestato dalla Turchia, che furono accolti a Castel Gandolfo da Benedetto XV, nel corso della sua visita al memoriale Tzitzernakaberd che visiterà a Yerevan in occasione del suo viaggio in Armenia da venerdì 24 a domenica 26 giugno prossimi.

L’Armenia è il 22esimo paese visitato dal Papa e il viaggio va visto in continuità con il viaggio in Georgia e Azerbaigian già programmato da Francesco per fine settembre: «Il Papa – ha spiegato padre Lombardi nel corso di un briefing – visita tre paesi del Caucaso partendo dall’Armenia: per diversi motivi si sono dovute separare le due tappe, tra gli altri motivi perché il patriarca georgiano doveva essere a Creta in questi giorni» dove è in corso un concilio ortodosso al quale, peraltro, lo stesso esponente della Georgia ha dato forfait all’ultimo insieme ai rappresentanti di Russia, Antiochia e Bulgaria. Tra i motivi del viaggio indicati da padre Lombardi, restituire la visita che il Catholicos armeno ha fatto al Papa, incoraggiare la locale comunità cattolica, manifestare a tutto il popolo armeno il suo sostegno e la sua amicizia. Monsignor Antranig Ayvazian, capo della eparchia cattolico-armena di Qamishli intervenuto al briefing, ha peraltro sottolineato che nello scegliere la tempistica del suo viaggio, «il Santo Padre voleva essere vicino al popolo armeno ad aprile». Seguiranno l’evento seicento giornalisti. Tra di essi vi sarà anche Evangelina Himitian, figlia di un armeno pastore evangelico amico di Jorge Mario Bergoglio nonché autrice della biografia «Il Papa della gente». I suoi nonni, ha sottolineato Lombardi, furono testimoni e vittime della persecuzione ottomana e si salvarono grazie ad alcuni contadini turchi che li protessero.

Il Papa arriverà il pomeriggio di venerdì 24 nella capitale Yerevan alle 15. Subito la preghiera alla cattedrale apostolica di Etchmiadzin con il saluto al Catholicos Karekin II, quindi l’incontro con il presidente Serz Sargsyan, che aveva ricevuto a Roma l’anno scorso, e le autorità civili e il discorso al corpo diplomatico.

La mattina di sabato 25, come aveva già fatto Giovanni Paolo II, il Papa visiterà il memoriale del «Metz Yeghern», ha spiegato Lombardi, il Tzitzernakaberd Memorial Complex, «la fortezza delle rondini», luogo dove «tutti i grandi ospiti del popolo armeno devono naturalmente passare», ha spiegato il Portavoce vaticano. Il Papa, affiancato dal Catholicos, incontrerà un gruppo di bambini che portano ricordi del 1915, poi entrerà nella camera centrale dove si trova la fiamma perenne, e lì Francesco reciterà una preghiera di intercessione in italiano, poi insieme agli altri il «padre nostro». Viene poi piantata e annaffiata una pianta e infine Francesco incontrerà «una decina di discendenti da perseguitati armeni a suo tempo accolti a Castel Gandolfo da Benedetto XV»: «Gli armeni – ha sottolineato il Gesuita – hanno conservato sempre memoria di Benedetto XV, uno dei pochi sostenitori espliciti al tempo della tragedia di un secolo fa». Come si legge nel messale dell’evento, peraltro, già pubblicato online, un vescovo armeno userà esplicitamente il termine «genocidio».

Lo stesso Portavoce vaticano ha peraltro accennato nel corso del briefing alla cerimonia presieduta a San Pietro il 12 aprile 2015. In quell’occasione, nel centenario del «Metz Yeghern» armeno nell’impero ottomano, papa Francesco, citando la dichiarazione comune firmata a Etchmiadzin nel 2001 da Giovanni Paolo II e Karekin II, parlò del «primo genocidio del XX secolo», usando un termine, «genocidio» appunto, contestato dalla Turchia, che in seguito richiamò per diversi mesi ad Ankara il proprio ambasciatore presso la Santa Sede. Lombardi, che nell’incontro con la stampa ha usato più frequentemente il termina «Metz Yeghern» che «genocidio», ha spiegato: «Rispondo con quello che mi ha detto un mio amico armeno, che la parola Metz Yeghern è anche più forte di quello che dice la parola genocidio, e io preferisco usare questa parola proprio per non essere intrappolato dalle domande che non fanno che ruotare attorno all’uso di una parola. Nessuno di noi nega che ci siano stati massacri orribili, lo sappiamo molto bene e lo riconosciamo, e andiamo al memoriale per ricordarlo, ma non vogliamo fare di questo una trappola di discussione politico-sociologico perché andiamo alla sostanza». Antranig Ayvazian, da parte sua, è intervenuto per precisare: «Io come armeno ho perso tutta la mia famiglia, è rimasto solo mio padre che è diventato musulmano, e quando parliamo del genocidio usiamo il termine Metz Yeghern, che significa un grande sradicamento della popolazione nel sangue». L’esponente armeno ha ribadito che il Paese si attende dalla Turchia di «riconoscere questo sbaglio storico», ed ha poi sottolineato che «la Santa Sede ha una presenza universale e deve essere neutrale verso tutte le popolazioni, anche che sono nemiche tra di loro, così potrà essere portatrice di pace e di convivenza tra i popoli, che è la sua missione. Il punto, dunque, non è la parola genocidio, che peraltro la Santa Sede ha più volte usato, ma che non c’è bisogno sempre di ripetere».

La giornata di sabato proseguirà con il viaggio di Francesco in aereo a Gymuri, seconda città più popolosa in Armenia colpita da un violento sisma a fine anni Ottanta, dove il Papa celebrerà la Messa – l’unica messa pubblica del viaggio – visiterà un orfanotrofio e pranzerà con le suore che lo gestiscono, e nel pomeriggio visiterà la cattedrale armeno apostolica delle Sette Piaghe e la cattedrale armeno cattolica dei Santi Martiri. In serata, di nuovo a Yerevan, l’incontro ecumenico e la preghiera per la pace, l’evento per il quale è prevista la maggiore partecipazione, con diverse decine di migliaia di persone.

Domenica 26 giugno, terzo e ultimo giorno della visita, l’incontro del Papa con i 14 vescovi cattolici armeni nel Palazzo apostolico ad Etchmiadzin e la partecipazione alla divina liturgia nella Cattedrale armeno apostolica. Dopo il pranzo, l’incontro con i delegati e benefattori della Chiesa armena apostolica. Nel programma attualmente «non è prevista firma di una dichiarazione congiunta», ha detto oggi Lombardi. Prima del rientro in Vaticano il Papa pregherà nel monastero di Khor Virap, luogo del pozzo in cui, secondo la tradizione, fu tenuto imprigionato per 12 anni Gregorio l’Illuminatore, fondatore del cristianesimo in Armenia. Qui Francesco libererà delle colombe in direzione del monte Ararat. A chi domandava se inizialmente ci fosse nel programma l’intenzione del Papa di recarsi al confine con la Turchia, Lombardi ha sottolineato che in quest’ultima tappa il Papa sarà «vicinissimo al confine con la Turchia» e liberare le colombe «in direzione del monte Ararat» è «un messaggio che ha significato». In serata, infine, la cerimonia di congedo e alle 20,45 l’arrivo previsto a Roma.  (Iacopo Scaramuzzi – Vatican Insider)

Suore Immacolata Concezione di Gyumri ospiteranno Papa Francesco durante viaggio in Armenia (Primapaginanews.it 21.06.16)

Roma, 21 giu (Prima Pagina News) «È la stanza migliore che abbiamo». Suor Arousiag Sajonia mostra orgogliosa ad una delegazione di Aiuto alla Chiesa che Soffre, la camera dove sabato 25 giugno Papa Francesco si riposerà per qualche ora. Siamo a Gyumri in Armenia, nel convento delle Suore dell’Immacolata Concezione. All’interno del convento le religiose, che ACS sostiene sin dal 1997, gestiscono un orfanotrofio ed un centro diurno per gli anziani. «Quando il vescovo mi ha detto che il Papa sarebbe venuto qui, credevo mi stesse prendendo in giro – afferma la religiosa – Ancora stento a crederci». Eppure tutto è pronto, mentre i 37 piccoli ospiti dell’orfanotrofio continuano a provare i canti per il Pontefice ed hanno perfino imparato qualche parola di italiano per l’occasione. Papa Francesco visiterà la struttura dopo aver celebrato la messa in Piazza Vartanants a Gyumri. «È da molto tempo che aspettiamo questo momento», confessa ad ACS Anahir, una ragazza di 16 anni che vive nell’orfanotrofio. Suo padre è morto diversi anni fa e la madre, dovendo lavorare tutto il giorno, non poteva prendersi cura di lei e così l’ha affidata alle suore. Oltre all’orfanotrofio le religiose organizzano dei campi estivi per ragazzi orfani o di famiglie povere nella città di Tsaghkatzor, nella cosiddetta Valle dei Fiori. Lo scorso anno sono stati più di 890 i bambini che hanno preso parte al campo estivo. Tra loro 40 piccoli rifugiati siriani. Anche gli ospiti del centro diurno per anziani attendono con ansia la visita di Papa Francesco, come racconta Rosa, 72 anni. La donna esprime grande gratitudine per il sostegno e l’amore ricevuto dalle religiose. «Ho tre figli che vivono lontano e se non fosse per le suore dell’Immacolata Concezione nessuno si prenderebbe cura di me». Come Rosa, sono in tanti gli anziani che si recano ogni giorno al centro, dove vengono offerti loro tre pasti e un bagno caldo. Un’opportunità preziosa dal momento che la maggior parte delle case dell’area non hanno acqua calda. Gyumri porta ancora i segni profondi del terremoto che ha colpito la città nel 1988, causando una terribile devastazione e la morte di oltre 25mila persone. Le suore dell’Immacolata Concezione possono portare avanti la loro opera grazie al sostegno costante di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha permesso loro di continuare i campi estivi, di migliorare le strutture dell’orfanotrofio e del centro diurno e perfino di acquistare parte della terra in cui attualmente vivono. «Vi siamo davvero grati – afferma Suor Arousiag – ACS è tra i nostri benefattori più generosi».

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Papa conclude il suo viaggio in Armenia vicino a confine turco (Askanews.it 21.06.16)

Città del Vaticano, 21 giu. (askanews) – Il Papa conclude a Khor Virap, vicino al confine turco, il suo viaggio in Armenia da venerdì a domenica prossimi, e lì, in direzione del monte Ararat, libererà delle colombe.

Il Papa, ha spiegato in un briefing il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, arriverà il pomeriggio di venerdì 24 nella capitale Yerevan alle 15. Subito la preghiera alla cattedrale apostolica di Etchmiadzin con il saluto al Catholicos Karekin II, quindi l’incontro con il presidente Serz Sargsyan, che aveva ricevuto a Roma l’anno scorso, e le autorità civili e il discorso al corpo diplomatico.

La mattina di sabato 25, come aveva già fatto Giovanni Paolo II, il Papa visiterà il Memoriale del “Metz Yeghern”, ha spiegato Lombardi, il Tzitzernakaberd Memorial Complex. Francesco prosegue poi con l’aereo per Gymuri, seconda città più popolosa in Armenia colpita da un violento sisma a fine anni Ottanta, dove il Papa celebrerà la messa – l’unica messa pubblica del viaggio – visiterà un orfanotrofio e pranzerà con le suore che lo gestiscono, e nel pomeriggio visiterà la cattedrale armeno apostolica delle Sette Piaghe e la cattedrale armeno cattolica dei Santi Martiri. In serata, di nuovo a Yerevan, l’incontro ecumenico e la preghiera per la pace, l’evento per il quale è prevista la maggiore partecipazione, con diverse decine di migliaia di persone.

Domenica 26 giugno, terzo e ultimo giorno della visita, l’incontro del Papa con i 14 vescovi cattolici armeni nel Palazzo Apostolico ad Etchmiadzin e la partecipazione alla divina liturgia nella Cattedrale armeno apostolica. Dopo il pranzo, l’incontro con i delegati e benefattori della Chiesa armena apostolica. Nel programma attualmente “non è prevista firma di una dichiarazione congiunta”, ha detto oggi Lombardi. Prima del rientro in Vaticano il Papa pregherà nel monastero di Khor Virap, luogo del pozzo in cui, secondo la tradizione, fu tenuto imprigionato per 12 anni Gregorio l’Illuminatore, fondatore del Cristianesimo in Armenia. Qui Francesco libererà delle colombe in direzione del monte Ararat. A chi domandava se inizialmente ci fosse nel programma l’intenzione del Papa di recarsi al confine con la Turchia, padre Lombardi ha sottolineato che in quest’ultima tappa il Papa sarà “vicinissimo al confine con la Turchia” e liberare le colombe “in direzione del monte Ararat” è “un messaggio che ha significato”. In serata, infine, la cerimonia di congedo e alle 20.45 l’arrivo previsto a Roma.

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Il Papa in Armenia: Paese isolato bisognoso di pace (Radio Vaticana 21.06.16)

Un Paese isolato

“Un Paese isolato, sempre più isolato, dal punto di vista internazionale. Un Paese sostanzialmente in guerra, che destina il 50% per cento del suo Pil alle spese militari. Una terra che porta la ferita profonda del genocidio, vive il conflitto con l’Azerbaijan per la difesa del Nagorno Karabakh, accoglie con generosità e fatica i profughi siriani armeni che fuggono dalle terre conquistate dall’Is. Un popolo che ha grandissime potenzialità, ma ha bisogno di alleati, di comprensione”. Così, Franca Giansoldati, giornalista e vaticanista del quotidiano Il Messaggero, descrive l’Armenia, il primo Paese cristiano della storia, meta del prossimo 14° viaggio apostolico di Papa Francesco. La Giansoldati è autrice del libro “La marcia senza ritorno, il genocidio armeno”, Salerno editrice (2015), frutto di un meticoloso lavoro d’archivio, le cui bozze sono state inviate al Pontefice proprio in occasione del centenario dell’immane tragedia che colpì quel popolo.

“Le frontiere armene con la Turchia – spiega – sono chiuse per la questione del mancato riconoscimento del genocidio da parte del governo di Ankara che si rifiuta di assumersi la responsabilità storica di quei fatti. Dietro questa linea negazionista c’è il grande problema dei risarcimenti economici, ma anche un problema psicologico: la difficoltà a mettere in discussione la storia delle proprie radici nazionali. I tre ministri turchi che studiarono il piano di sterminio degli armeni sono celebrati ancora oggi in diverse città turche dove le piazze e i boulevards portano i loro nomi”.

Volti che escono dal silenzio

“Il mio libro è nato grazie soprattutto al lavoro di padre Georges-Henri Ruyssen sj, scrittore de La Civiltà Cattolica, che ha messo a disposizione di tutti gli storici del mondo i documenti conservati negli archivi della Santa Sede: una mole immensa di testi e carteggi che confermano la veridicità e la drammaticità del grande sterminio della popolazione armena, attuato dalla Turchia, con un piano prestabilito, nel 1915”. “Oggi non è più possibile negare ciò che è accaduto”, spiega l’autrice. “Leggendo queste testimonianze le statistiche si trasformano in volti di persone, donne, bambini, che escono dal silenzio, ed è impossibile non commuoversi”. “Un massacro che inizia grazie a un odio sottotraccia da decenni, ma esplode contro le élite armene per motivi politici all’inizio del primo conflitto mondiale, quando la Turchia si trova oberata da debiti dopo la guerra con la Grecia e considera i cristiani armeni vicini alla nemica Russia. La grande marcia, la grande deportazione verso il nulla, senza cibo né acqua, diventa così la ‘soluzione finale’, meno dispendiosa e più terribile”.

Gratitudine e desiderio di pace

“La popolazione armena oggi ha veramente bisogno di pace. Lo si capisce parlando con la gente comune. Tutti vogliono una situazione migliore, ma la ‘realpolitik’ purtroppo continua a prevalere”, aggiunge la Giansoldati. “Nei confronti di Papa Francesco ci sono sentimenti di profonda gratitudine per aver detto la verità, aver utilizzato la parola genocidio e aver ricordato un milione e mezzo di persone, pregando per loro in San Pietro con il Patriarca e Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II. Speriamo che questo viaggio possa far riflettere anche i Paesi vicini all’Armenia, la Turchia e l’Azerbaijan. Speriamo che la preghiera e la liberazione delle colombe davanti al Monte Ararat, che Francesco e il Catolichos effettueranno domenica prossima, siano davvero di buon auspicio per la pace in tutta la regione”.

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