Berlino riconosce il genocidio armeno: crisi Turchia-Germania (Rassegna 3, 4 e 5 giugno 2016)

Germania: comunità armena Roma ringrazia Bundestag per voto genocidio

Roma, 3 giu. (AdnKronos)

(Dan/AdnKronos)

“Abbiamo appena mandato una lettera all’ambasciata tedesca a Roma per ringraziare i membri del Bundestag che ieri hanno approvato la risoluzione con la quale viene riconosciuto il genocidio degli armeni avvenuto un secolo fa per mano dell’Impero Ottomano”. Lo annuncia all’Adnkronos Robert Attarian, responsabile dei rapporti istituzionali del Consiglio per la Comunità armena di Roma.

“Per noi il voto del Parlamento tedesco è molto importante e anche se la dura reazione di Ankara non ci meraviglia, auspichiamo che la Turchia, soprattutto la comunità civile turca, inizi a fare i conti con il proprio passato – sottolinea – e che il governo turco la smetta con il negazionismo, offendendo la memoria di un milione e mezzo di armeni e la stessa dignità del polo turco”.

Per l’esponente della comunità armena a Roma, “a differenza degli anni passati, oggi la società civile è ben conscia di quel che è successo nel 1915. In molti lo ammettono e ne parlano anche a rischio della loro vita – continua Attarian – La legge turca prevede il carcere per chiunque parli del genocidio armeno e con l’articolo 301 del codice penale turco sono stati denunciati lo scrittore premio Nobel per la letteratura nel 2006 Orhan Pamuk, la maggiore scrittrice turca, Elif Shafak, e lo storico Taner Akçam, che oggi vive e insegna negli Usa dopo essere stato minacciato di morte in Turchia per essere stato uno dei primi a riconoscere pubblicamente il genocidio armeno”.

“Il nostro obiettivo – conclude l’esponente della Comunità armena a Roma – è che la Turchia riconosca questo crimine compiuto contro la popolazione armena. Se il primo genocidio del XX secolo fosse stato condannato subito, forse non avremmo assistito a tutti gli altri genocidi che sono avvenuti fino ad oggi”.


 

Raccolta 03.06.16

Genocidio armeno: Patriarca degli armeni Karekin II, “passo importante per prevenire il ripetersi di tali crimini nella storia” (SIR 03.06.16)

Genocidio armeno: decisione del Bundestag. Catholicos Aram I, “un atto di portata storica” (SIR 03.06.16)

Genocidio armeno: decisione del Bundestag. Mons. Minassian (vescovo cattolico), “Armenia pronta alla riconciliazione” (SIR 03.06.16)

Erdogan conferma: nessun genocidio armeno anche se Berlino dice il contrario (Askanews.it 03.06.16)

Genocidio armeno: mancano gli USA. E Obama. (Lastampa.it 03.06.16)

Turchia, tutti i fronti internazionali aperti di Erdogan (Askanews.it 03.06.16)

Turchia, tutti i fronti internazionali aperti di Erdogan (Askanews.it 03.06.16)

“Nipoti di Hitler”, stampa turca all’attacco della Germania dopo il voto sugli armeni (Adnkronos 03.06.16)

Amb. turco Sezgin: Ue attenta, voto su genocidio nuoce interessi comuni (Askanews 03.06.16)

I timori sul piano migranti: “Per lo scontro con Ankara ci saranno conseguenze sull’intesa” (La Stampa.it 03.06.16)

Collegamento con Mariano Giustino da Ankara sulla mozione approvata al Parlamento tedesco sul riconoscimento del genocidio degli armeni (Radio Radicale 03.06.16)

Berlino riconosce il genocidio armeno: crisi Turchia-Germania (L’Ultima Ribattuta 03.06.16)

Berlino, gli armeni e lo schiaffo a Erdogan (Il Sole24 ore 03.06.16)

Armeni, segnale della Merkel agli Usa (Affari Italiani 03.06.16)

Genocidio degli armeni, l’inciampo tra Berlino e Ankara (Avanti 03.06.16)

Scrive Mario Cardone: Per noi Socialisti quello degli armeni fu un genocidio (Avanti 03.06.16)

Armeni: media turchi, ‘ci accusano i nipoti di Hitler’ (Gazzetta di Parma 03.06.16)

Germania, premier turco: voto su armeni non distruggerà nostri rapporti (Il Velino 03.06.16)

Il Genocidio armeno in sintesi (Nextquotidiano.it 03.06.16)

Armeni, crisi diplomatica tra Germania e Turchia (Lettera43 03.06.16)

La Germania riconosce il genocidio degli armeni (Italiaitaly.eu 04.06.16)


Raccolta 04.06.16

Atom Egoyan: “Il coraggio di Berlino aiuta a cancellare l’oblio degli armeni” (Repubblica.it 04.06.16)

Genocidio: monsignor Raphael Minassian, “l’Armenia è pronta alla riconciliazione”(SIR 04.06.16)

Armeni, Erdogan non cambia idea (Rsi.ch 04.06.16)

Ankara abbassa i toni sul genocidio armeno (La Stampa 04.06.16)

Armeni: Erdogan, accusa di genocidio usata come ricatto (Gazzetta di Parma 04.06.16)

Erdogan accusa Berlino: islamofobia sugli armeni. Ma gli affari continuano (Il Giornale 04.06.16)

«Armeni, svolta col voto tedesco» – Tito De Luca commenta la decisione del Bundestag. E pubblica un nuovo libro (Coriere delle Alpi 04.06.16)

Il voto tedesco sul genocidio armeno: riflessioni istituzionali (Il Sole24ore 04.06.16)


Raccolta 05.06.16

Germania, leader dei Verdi sotto protezione: “Minacciato di morte per il voto sul genocidio armeno” (Ilfattoquotidiano.it 05.06.16)

Mons. Minassian: Armenia pronta alla riconciliazione (Radio Vaticana 05.06.16)

Rettore Collegio Armeno: visita del Papa nel segno della pace (Radio Vaticana 05.06.16)

Turchia: governo discute mozione Germania su genocidio armeni (Swissinfo.it 05.06.16)

C’era una volta l’impero ottomano. Prima e dopo la tragedia armena (Remocontro.it 05.06.16)

Reggio Calabria: al Planetario Pythagoras la conferenza “Storie di minoranze: gli armeni in Calabria” (Strettoweb 03.06.16)

Stasera, venerdì 3 giugno, ore 21.00 presso il Planetario Provinciale Pythagoras di Reggio Calabria il Dott. Sebastiano Stranges (ispettore onorario del Ministero per i Beni e le attività culturali e ricercatore storico archeologico) terrà una conferenza sulla presenza degli Armeni in Calabria e della nostra provincia in particolare. L’incontro nasce dall’esigenza di meglio conoscere le diverse culture che si sono susseguite, fronteggiate, confrontate nel tempo nel nostro territorio che certamente è stato crocevia di culture diverse. Infatti una delle caratteristiche fondamentali è il rapporto costante tra la Calabria e il Mediterraneo all’interno di una contestualizzazione dei legami con il mondo arabo e islamico.

3 giugno 2016Molti calabresi, per esempio, non sanno di essere armeni, e forse non hanno conoscenza del popolo armeno. Gli Armeni, probabilmente, arrivarono in Calabria ad ondate successive già in epoca romana, come commerciati e come soldati. Nel nono secolo a seguito di Niceforo Foca, vennero per aiutarci contro l’invasione islamica. Si stabilirono nella valle da Brancaleone a Bruzzano. Il Castello di Bruzzano si chiama ancora Rocca degli Armeni, a Brancaleone rimane una chiesa rupestre con albero della vita e segni incisi della cultura profonda siriaco armena. Su tutto il territorio da Brancaleone a Casignana, rimango toponimi, cognomi e croci incise sui molti palmenti ricavati nella roccia. Il lascito armeno nella zona ampia della provincia di Reggio Calabria è ricchissimo, ed è tutta una grande sorpresa, una parte importante della nostra storia sarà svelata da Sebastiano Stranges, e dal breve filmato che Carmine Verduci, presidente della pro loco di Brancaleone, presenterà.

Una storia affascinante, questa degli Armeni, che porta la Calabria agli antichi splendori con la provincia di Reggio capitale mondiale del mondo Cristiano, terra di storia, cultura che fu protagonista degli eventi del mondo bizantino. Il dott. Stranges nella sua relazione metterà in evidenza come senza una forte consapevolezza mediterranea non è possibile comprendere la “favola” e la “leggenda” nel racconto degli Armeni.

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La Germania riconosce il genocidio degli armeni, Erdogan richiama l’ambasciatore (Raccolta 02.06.2016)

Il Bundestag alla fine ha approvato la risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni, massacrati da parte dell’Impero ottomano nel 1915.

Angela Merkel e Recep Tayyip Erdoğan a Istanbul

La Turchia, per tutta risposta, ha richiamato il proprio ambasciatore a Berlino, in segno di clamorosa protesta.

La camera bassa del parlamento di Berlino non ha avuto paura delle minacce della Turchia di Recep Erdogan, che alla vigilia del voto aveva fatto sapere, per bocca del primo ministro Binali Yildrim, che un voto favorevole avrebbe “messo a dura prova” l’amicizia turco-tedesca, ponendo a rischio le relazioni diplomatiche fra i due Paesi.

Oggi il presidente turco, parlando a Nairobi, ha spiegato che il voto tedesco “comprometterà seriamente i rapporti fra i due Paesi: il ritiro dell’ambasciatore è stato solo il primo paso”

L’assemblea legislativa della Germania, però, non ha temuto gli strali provenienti da Ankara e ha votato la mozione quasi all’unanimità: solo un deputato si è astenuto e un altro ha votato contro. Tra il 1915 e il 1916 il governo dell’allora Sublime Porta ordinò l’espulsione e il massacro di un milione e mezzo di armeni, sparsi nelle varie province dell’Impero ottomano. In tempi recenti, però, la Turchia si è sempre opposta con forza a chi ha qualificato quei fatti come “genocidio”, facendone una questione pregiudiziale della propria politica estera.

La sfida tedesca alla Mezzaluna, peraltro, giunge in un momento assai delicato. Ieri scadeva il termine per l’implementazione dell‘accordo fra Turchia e Ue sui migranti, in base al quale Ankara dovrebe frenare il flusso incontrollato degli arrivi in cambio della liberalizzazione dei visti necessari ai cittadini turchi per circolare liberamente nel territorio dell’Unione.

Se Erdogan ha sempre alzato la voce contro le presunte incoerenze dell’Europa, che si ostina a pretendere dalla Turchia il rispetto delle 72 clausole sul rispetto dei diritti umani, ora la questione dell’Armenia rischia di riaprire una ferita mai del tutto rimarginatasi.

Se il presidente turco alza la voce, Angela Merkel sembra però più conciliante: “La Germania ha ampie e forti relazioni con la Turchia nonostante le differenze su alcune questioni – spiega la cancelliera – Affrontare questioni controverse fa parte della democrazia: il voto sugli armeni non intaccherà le nostre relazioni amichevoli e strategiche”.

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Istanbul – Il Parlamento tedesco ha approvato una risoluzione con la quale definisce “genocidio” la strage degli armeni del 1915 e la reazione della Turchia non si è fatta attendere: richiamato l’ambasciatore ad Ankara, mentre il presidente Recep Tayyip Erdogan da Nairobi ha annunciato “serie ripercussioni” nei rapporti tra i due Paesi ma anche con l’Europa. Basta il termine “genocidio” ad aprire una crisi tra la Turchia e il suo principale partner commerciale, una crepa sulle cui conseguenze Erdogan aveva già messo in guardia la cancelliera Angela Merkel con una telefonata di venerdì, invitando la cancelliera a considerare i rapporti tra i due Paesi e i tre milioni e mezzo di cittadini turchi residenti in Germania.

Una decisione che “comprometterà seriamente i rapporti tra i due Paesi”, ha avvertito Erdogan. Di “errore storico”, ha parlato il governo turco che ha respinto la risoluzione del Bundestag come “nullo e mai avvenuto”, e richiamando l’ambasciatore.

L’approvazione della risoluzione da parte della Camera bassa tedesca giunge al culmine delle tensioni per l’accordo sulla crisi dei migranti che prevede, in cambio dell’aiuto di Ankara, l’abolizione del visto Ue per i cittadini turchi se la Turchia rispetterà le condizioni poste da Bruxelles. Un prezzo politicamente elevato per Berlino che in caso di apertura delle frontiere europee rischia di vedere intensificato l’arrivo di cittadini turchi. E la tensione tra i due governi è in continua crescita. Il voto di oggi era già stato programmato lo scorso anno, ma fu congelato dopo una serrata polemica internazionale proprio per non compromettere i rapporti tra Germania e Turchia.

E le conseguenze, al di là delle smentite di rito, potrebbero estendersi agli accordi che Ankara ha preso con Bruxelles, considerando che la Merkel è stata la principale controparte con la quale l’ex premier Ahmet Davutoglu ha condotto la trattativa che ha portato alla chiusura dell’accordo siglato lo scorso 18 marzo che prevedeva la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi e il respingimento degli immigrati irregolari dalla Grecia in Turchia. Per il neo premier Binali Yildirim si tratta invece del primo banco di prova in ambito di politica internazionale. Negli scorsi giorni Yildirim aveva definito “ridicola” la discussione della risoluzione da parte del Bundestag, per poi riferire i tragici fatti del 1915 a “dinamiche normali in tempo di guerra, avvenuti in qualsiasi territorio che abbia combattuto la prima guerra mondiale”. Oggi il premier si è limitato a esprimere il proprio disappunto, mentre il suo vice Numan Kurtulmus ha assicurato che la reazione della Turchia “non si fara’ attendere in nessun ambito”.

Angela Merkel, con Ankara relazioni solide

Il ministro degli Esteri tedesco, Wolfgang Steinmeier, da Buenos Aires ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Ci aspettavamo il malcontento da parte di Ankara, lavoreremo nelle prossime settimane per evitare che le reazioni diventino sproporzionate”.

Non e’ solo l’Akp, il partito di maggioranza cui appartengono presidente e premier, a fare la voce grossa. I rappresentanti di tre dei quattro partiti in parlamento hanno firmato una dichiarazione congiunta, con la quale invitano la Germania a rivedere il testo, approvato “a detrimento di tutte le parti”. I repubblicani del Chp, principale partito di opposizione, attraverso il portavoce Ozturk Yilmaz ha definito “inaccettabile” il voto tedesco, un voto che danneggia i cittadini di origine turca e pone un ulteriore ostacolo al processo di riavvicinamento di Turchia e Armenia, mentre i nazionalisti del Mhp hanno invitato Berlino “a riprendersi gli immigrati”. Solo i curdi del Hdp hanno rifiutato la firma, invitando il Parlamento turco a “guardare in faccia alla realta’”.

Un contenzioso che dura da oltre un secolo

Lo scorso anno, in occasione del centenario dello sterminio, fu Papa Francesco a utilizzare il termine “genocidio” scatenando la dura reazione di Erdogan, in seguito alla quale si sfiorò la crisi diplomatica con il Vaticano. In quell’occasione il presidente turco rinnovo’ la proposta di una commissione congiunta di storici turchi e armeni che lavorasse “al raggiungimento di una verita’ storica, per porre fine a strumentalizzazioni da parte della politica”. Quando ancora ricopriva la carica di premier infatti, Erdogan scrisse al presidente armeno Robert Kocharyan, offrendo la completa apertura degli archivi e la pubblicazione dei documenti relativi le operazioni militari del 1915. Secondo Erevan furono un milione e mezzo i morti, il triplo di quelli riconosciuti da Ankara , ma al di la’ dei numeri sono le modalita’ a costituire il nervo scoperto di una questione che appare non avere sintesi né soluzione. Per gli armeni rastrellamenti, campi di sterminio e pulizia etnica non laciano spazio a dubbi: fu genocidio. Per i turchi la carenza di cibo e il freddo glaciale che attanaglia sistematicamente una regione dove le temperature raggiungono anche i -50°C, furono tra i principali fattori alla base di una strage che vide morire, secondo Ankara, anche piu’ del 60% dei soldati turchi.

Finora 20 Paesi – tra i quali Francia e Russia – hanno già riconosciuto ufficialmente lo status di genocidio al massacro degli armeni. (AGI)



Genocidio Armeno, gli archivi vaticani dell’epoca inchiodano la Turchia (Il Messaggero)

Franca Ginasoldati

CITTA’ DEL VATICANO – Il copione si ripete. Stavolta la tensione alle stelle investe i rapporti tra Germania e Turchia, due Paesi storicamente alleati dai tempi dell’Impero Ottomano. Il Bundestang approvando la Risoluzione presentata da Cdu, Spd e Verdi per riconoscere il genocidio armeno, il primo genocidio del XX secolo, un capitolo buio e vergognoso per l’Europa intera, costato la vita a un  milione e mezzo di uomini, donne e bambini sterminati tra il 1915 e il 1919, ha indebolito le buone relazioni con Ankara.  Nonostante siano passati 100 anni da quei fatti, la Turchia moderna continua a respingere qualsiasi addebito storico, anzi minaccia apertamente quei Paesi che portano avanti mozioni parlamentari tese a ristabilire la verità storica. L’anno scorso a farne le spese era stato Papa Francesco che aveva osato pronunciare, durante una messa a San Pietro per le vittime dello sterminio, la parola «genocidio». Per tutta risposta il presidente Erdogan aveva richiamato immediatamente il suo ambasciatore, congelando le relazioni diplomatiche.

La Germania resta in attesa di conoscere la controffensive di Ankara anche se le intimidazioni non hanno fermato l’iter parlamentare. Contro il testo della risoluzione si è espresso il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, della Spd. Il presidente turco, nei giorni scorsi, ha fatto sapere a Berlino che scatteranno pesanti conseguenze. Erdogan, durante una conversazione telefonica con la Cancelliera, si è appellato al buon senso della Merkel. Sullo sfondo ci sono notevoli interessi commerciali, militari, strategici. Il presidente armeno, Serz Sargsyan, in una intervista alla Bild, tre giorni fa aveva incoraggiato i deputati del Bundestag a non lasciarsi intimidire. «Non è giusto che non si possa chiamare genocidio il genocidio contro gli armeni, solo perché il capo di Stato di un altro Paese ne è disturbato». Paesi come Russia e Francia in passato hanno riconosciuto il genocidio. Il Parlamento italiano lo ha fatto nel 2000, con una mozione trasversale presenta dal leghista Pagliarini. Di dubbi storici non ce ne sono su come si svilupparono i fatti non ce ne sono. Il piano di sterminio fu pianificato nel 1915 a tavolino dal triumvirato Talat, Enver e Pasha, tre ministri che, ancora oggi, sono considerati eroi nazionali, al pari di Garibaldi o Mazzini.

Erdogan aveva anche proposto agli armeni di istituire una commissione storica per stabilire la verità ma nulla si è mosso. Secondo gli armeni i morti di quelle terribili marce forzate nel deserto, superano il milione e mezzo, secondo i turchi si attestano a 200-300 mila: le stragi sono attribuite al durissimo inverno e alla carenza di cibo. L’anno scorso la Santa Sede ha terminato di raccogliere, catalogare, pubblicare e rendere fruibili gli sterminati archivi dell’epoca (1914-1920), mettendoli a totale disposizione di tutti gli studiosi del mondo. Contengono cablogrammi, dossier, resoconti diplomatici, lettere di sacerdoti, missionari, vescovi, appunti arrivati a Roma da diversi ambasciatori e testimoni vari, dai quali è facile ricostruire nel dettaglio ogni singola fase genocidaria. Il fatto è che gli armeni sotto l’Impero Ottomano erano una minoranza ricchissima, influente, di religione cristiana da sterminare per poter incamerare (mediante una legge parlamentare) le immense ricchezze. Tra due settimane Papa Francesco andrà a Yerevan, a pregare sul memoriale del genocidio. Libererà due colombe pensando alla pace, guardando l’Ararat, e sperando che la scintilla della misericordia possa fare mutare la direzione del vento politico.


Berlino e il «genocidio» armeno – Un duro colpo per Erdogan Corriere della Sera

Il parlamento tedesco ha votato nella mattinata di giovedì, quasi all’unanimità, una mozione che definisce «genocidio» il massacro degli armeni avvenuto a opera dell’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916: un milione e mezzo di morti.

Ha così affermato due cose. Primo che non si fa intimorire dalle molte reazioni turche, innanzitutto quelle del presidente Recep Tayyp Erdogan, il quale nei giorni scorsi ha minacciato ripercussioni nelle relazioni bilaterali tra Ankara e Berlino, a causa della mozione. Anche durante una telefonata con Angela Merkel.

Da parte del Bundestag, è un atto di affermazione di autonomia, anche se molti deputati si rendevano conto, mentre votavano, che la reazione turca avrebbe potuto creare problemi all’accordo sui rifugiati che la Ue ha firmato con Ankara e che la cancelliera tedesca ha voluto a tutti i costi (Frau Merkel non era in aula per altri impegni). In realtà, il tenere ferma la posizione da parte del parlamento di Berlino ribalta su Erdogan il problema: ora dovrà decidere se vale la pena prendere iniziative drastiche per una questione rilevante dal punto di vista politico ma senza conseguenze pratiche. Non probabile, dicono gli osservatori, al di là delle dichiarazioni e magari del coinvolgere gli ambasciatori dei due Paesi come forma di protesta.

La seconda affermazione del Bundestag riguarda l’idea di portare in parlamento una questione che solitamente si lasciava agli storici (altri Paesi lo hanno già fatto) e decidere su basi politiche che quello di allora fu un genocidio (alcuni storici non sono d’accordo, ritengono che l’obiettivo ottomano non fosse lo sterminio definitivo degli armeni). In Germania, la mozione non avrà forza di legge, quindi nessuno andrà in prigione o verrò multato se negherà il genocidio armeno. Ciò nonostante, alcuni storici e intellettuali hanno sollevato dubbi sull’opportunità di un’azione del genere.

Occorre aggiungere che la mozione votata è anche molto autocritica sul ruolo della Germania, alleata dell’Impero Ottomano durante la prima guerra mondiale, nelle vicende di quegli anni. Sapeva e non disse niente.



Per la Germania la strage ottomana degli Armeni fu “genocidio” (Radio Vaticana)

Quasi all’unanimità il Bundestag, il parlamento tedesco, ha approvato oggi la risoluzione che definisce come genocidio il massacro degli armeni da parte dell’Impero Ottomano, avvenuto tra il 1915 e il 1916. La risoluzione, che è stata adottata con un solo voto contrario e un astenuto, rischia di raffreddare i rapporti tra Berlino e la Turchia, che ha già richiamato ad Ankara il proprio ambasciatore in Germania. Sentiamo Giancarlo La Vella:

Non vogliamo mettere la Turchia sotto accusa, ma riconoscere che la riconciliazione è possibile solo se i fatti accaduti vengono riconosciuti. Questo il commento del capogruppo dei Cristiano democratici sulle sofferenze subite da 1 milione e mezzo di armeni, espulsi e uccisi. Parole chiare e nette di fronte alla posizione negazionista dei governi turchi dopo la fine dell’Impero Ottomano. Non fa eccezione la Turchia di oggi. Dopo aver richiamato per consultazioni l’ambasciatore a Berlino, il presidente Erdogan ha parlato di serie conseguenze nei rapporti economici e militari tra Ankara e Berlino. I tedeschi pensino all’olocausto e non agli armeni – ha aggiunto il ministro della Giustizia, Bozdag. La cancelliera Merkel minimizza: “Con Ankara rapporti solidi, ma idee diverse”. Il timore è che ad andarci di mezzo sia proprio il recente accordo tra Turchia e Unione Europea sulla crisi dei migranti. Dalla sua, l’Armenia ha accolto con soddisfazione il voto del Bundestag, ma rimane in attesa della dichiarazione più importante: quella della Turchia. Venti Paesi, tra i quali Italia, Francia e Russia hanno già riconosciuto il genocidio degli armeni.



La tragedia armena: ferita ancora aperta (Avvenire.it)

Quello armeno fu il primo genocidio del XX secolo, ma il massacro avvenuto tra il 1915 e il 1918 è stato riconosciuto ufficialmente soltanto da 29 Paesi (compresa la Germania con il voto di oggi). L’Onu lo riconobbe già nel 1985 e due anni dopo fu la volta del Parlamento europeo. A cento anni dall’inizio delle deportazioni, la Turchia continua a negare ciò che è invece considerato un fatto dalla maggior parte degli storici contemporanei e che lo studioso Michael Hesemann ha certificato una volta di più attraverso un attento studio degli archivi segreti Vaticani nel 2012 (leggi l’intervista).

Giovanni Paolo II usò la parola “genocidio” in un documento firmato nel 2001 dal patriarca armeno Karekin II, mentre Jorge Bergoglio lo aveva già impiegato prima di diventare Pontefice nel 2013 e almeno una volta in privato. Ad aprile dello scorso anno lo stesso Francesco ha pronunciato il termine il termine in pubblico, in occasione del centenario dell’inizio dei massacri.

I FATTI. L’incubo armeno comincio nell’ottobre nel 1914 quando gli ottomani entrarono in guerra al fianco dell’Impero Austro-ungarico e della Germania. Poche settimane dopo i primi arresti di massa dei leader armeni, nel maggio 1915, una legge speciale autorizzò le deportazioni per motivi di sicurezza interna di tutti i gruppi sospetti. La popolazione armena di Anatolia e di Cilicia, additata come “il nemico interno”, fu deportata verso i deserti della Mesopotamia. Durante l’esodo forzato molti morirono di stenti e malattie o furono uccisi da guerrieri curdi al servizio degli ottomani. Altri morirono nei campi dove furono confinati mentre alcuni riuscirono a fuggire in Occidente. L’operazione di pulizia etnica mirava ad occupare le terre appartenenti agli armeni e ad annichilire le speranze di una minoranza cristiana. Nel maggio 1918 fu infine istituito uno Stato armeno, inglobato nell’ex Urss. Dopo decenni di ostilità, nel dicembre del 1991, la Turchia riconobbe l’indipendenza dell’Armenia dall’Unione Sovietica, senza però stabilire alcun contatto diplomatico. Nel 2005 Ankara si mostrò per la prima volta disponibile all’avvio di relazioni politiche.

PAROLE E NUMERI. La Turchia non riconosce il termine “genocidio”, ma ammette i massacri e la morte di molti armeni durante le deportazioni. Secondo Ankara si trattò di repressione contro una popolazione che collaborava con la Russia zarista. Ma la questione rimasta da sempre in sospeso è quella sui numeri dei morti: circa 1,3 milini di vittime per gran parte della comunità internazionale, tra i 250 e i 500mila per Ankara.

Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento proponiamo qui un brano tratto da Libro per Pietro. Memorie per un figlio di Herman Vahramian, una delle voci più interessanti della diaspora armena in Italia e in Europa e per lungo tempo nostro collaboratore fino alla sua morte nel 2009 a Milano.


 

Armeni: monito di Ankara a Berlino (Ansa.it 01.06.16)

Il primo ministro turco Binali Yildirim ha avvertito oggi che le relazioni con la Germania soffriranno se il Bundestag deciderà di definire genocidio il massacro degli armeni avvenuto durante la prima guerra mondiale.
Secondo gli storici fino a 1,5 milioni di armeni sono stati uccisi dai turchi ottomani in ciò che per molti studiosi é stato il primo genocidio del 20mo secolo. Ma secondo la Turchia, che respinge questa tesi, si tratta di stime gonfiate ed i morti sono stati vittime di una guerra civile.
Yildirim ha definito “senza senso” il voto di domani del Parlamento tedesco, definendo le morti fatti “ordinari” in un contesto bellico.


Altolà di Erdogan alla Germania: “Quello degli armeni non è genocidio” (Euronews 31.05.16)


Bundestag pronto a riconoscere il genocidio armeno, scontro Ankara-Berlino (Euronews 01.06.16)


Il voto del Bundestag sulla strage degli armeni non è contro Ankara (Ticinoonline.it 31.05.16)


Erdogan chiede a Merkel “buon senso” su genocidio armeno (Askanews 31.05.16)


Turchia e Armenia alzano i toni in vista del voto tedesco sul genocidio armeno. (Internazionale.it 01.06.16)


Armenia: Merkel sostiene risoluzione genocidio (Ansa 01.06.16)

Genocidio degli armeni, tensioni tra Turchia e Germania (Corriere del Ticino Ticino 30.05.16)

ISTANBUL – Un nuovo caso diplomatico rischia di scatenarsi tra Germania e Turchia. Alla vigilia del voto del voto del Bundestag su una risoluzione che intende definire come genocidio il massacro degli armeni, avvenuto durante la Prima Guerra mondiale, il vicepremier di Ankara, Numan Kurtulmus, ha invitato Berlino ad “agire con prudenza”, evitando che siano i parlamenti a pronunciarsi sulla storia.

La Turchia ha anche riproposto il suo invito a creare una commissione congiunta di storici che possa occuparsi dello studio degli eventi. Il Bundestag dovrebbe votare la risoluzione entro questa settimana.

Armeni, cioè cristiani. Il viaggio del Papa alle radici della fede (Aleteia 30.05.16)

Ci sono dei villaggi in Armenia dove, dopo 80 anni di comunismo e ateismo, “le persone hanno ancora il rosario in mano e dicono: noi siamo cristiani”. Dove d’inverno con la neve e le stradine chiuse i preti fanno ore di cammino a piedi per celebrare una Messa. “E la gente ci tiene perché ha la fede”. La fede è quello che troverà Papa Francesco nella sua visita “al primo paese cristiano”, come recita il motto del viaggio. Tre giorni, seimila chilometri, per immergersi in questa fede. Il rettore del Pontificio Collegio Armeno di Roma, padre Nareg Naamo ha seguito da vicino i preparativi. La visita è “attesa sia dallo Stato sia dalle Chiese apostolica e cattolica”. Tra l’altro una delegazione di entrambe le Chiese è stata a Roma per preparare la visita. Il Papa incontrerà il Catholicos Karekin II, capo della Chiesa apostolica armena, già il primo giorno. L’ultimo giorno i due firmeranno una dichiarazione congiunta, come già avvenne 15 anni fa nel corso del viaggio di Giovanni Paolo II. Tra la Chiesa cattolica e quella apostolica “non ci sono più gli ostacoli di un tempo. Non c’è tanta differenza dottrinale, se non il primato del Papa” spiega padre Naamo. Soprattutto tra i fedeli e nella diaspora l’unità è ormai un fatto. Ma alla domanda se sia tempo di una unità anche formale la risposta è “no comment”.

Ambasciatore Minasyan: Papa troverà un’Armenia che guarda al futuro (Radio Vaticana 29.05.16)

Il Programma armeno della Radio Vaticana compie questa domenica 50 anni. Il 29 maggio 1966 veniva, infatti, messa in onda la prima trasmissione in lingua armena, grazie al cardinale Krikor Bedros XV Agagianian. In questi anni la redazione ha raggiunto gli armeni di tutto il mondo portando la parola del Vangelo e del Papa anche laddove era vietata, come nei Paesi comunisti. Oggi si sta preparando all’ormai imminente viaggio di Papa Francesco in Armenia che si svolgerà dal 24 al 26 giugno. Sulle attese di questa visita, il responsabile del Programma, Robert Attarian, ha intervistato l’ambasciatore armeno presso la Santa Sede, Mikayel Minasyan:

R. – Non solo l’Armenia, ma gli armeni, ovunque si trovino, provano una profonda gioia per la tanto attesa visita del Santo Padre, che si compirà alla fine di giugno. Il Papa viene accogliendo gli inviti dei Patriarchi armeni e del presidente della Repubblica e, quindi, dell’intero popolo armeno, che non vede l’ora di poter mostrare a Papa Francesco la più profonda stima e riconoscenza per la vicinanza che ha sempre dimostrato di avere per il nostro popolo, ancora dai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires. I rapporti tra le nostre realtà non hanno probabilmente precedenti e da come si sta delineando il programma di questa visita, ogni momento della sua permanenza nel nostro Paese ne sarà la testimonianza. A partire dal fatto che soggiornerà, come fece Giovanni Paolo II, presso il Palazzo Patriarcale, insieme al fratello, il Katholikos di tutti gli armeni. Questo fatto non si è tutt’oggi registrato per nessun’altra Chiesa non cattolica: che ospitasse il Papa nella residenza del Patriarca.

D. – Quale Armenia troverà il Papa?

R. – Oggi l’Armenia è una giovane e dinamica Repubblica che compie 25 anni di indipendenza dall’Unione Sovietica. Giovane come Stato, ma con una lunga storia che l’Armenia affronta con serenità e sulla quale costruisce la propria forza identitaria, così necessaria nel mondo globalizzato di oggi. Il Papa troverà un’Armenia che guarda al futuro, un’Armenia che cerca di superare la difficile eredità di un’economia pianificata e scommette sulla tecnologia, puntando sull’educazione. Un’Armenia che, in virtù del dolore subito nel passato, vuole e si impegna per avere un mondo di pace, soprattutto nella nostra regione.

D. – Qual è la situazione geopolitica oggi nella regione?

R. – La mia ultima frase si riferiva esattamente alla situazione nella regione in cui viviamo. Ciò che fino a non molti anni fa sarebbe considerato il peggior incubo, oggi purtroppo è diventata una realtà. L’Armenia fa fronte a tutta una serie di disastri umanitari che colpiscono la regione del Medio Oriente e del Caucaso. La Repubblica del Nagorno Karabakh, che per anni ha vissuto il dramma delle violazioni del cessate-il-fuoco stabilito dal 1994, è stata attaccata sotto il sostanziale silenzio della comunità internazionale. Episodi come quelli che abbiamo visto non possono purtroppo non ricordare alla nostra popolazione di quanto accaduto in Anatolia 100 anni fa – mi riferisco al genocidio armeno – o di quanto accade ancora oggi alle comunità cristiane del Medio Oriente sull’orlo dell’estinzione. L’Armenia, negli ultimi anni, è terra di accoglienza anche dei cristiani siriani, nel limite delle nostre possibilità. La solidarietà con il mondo cristiano e la pace nelle nostre terre sono i temi che saranno affrontati insieme al Pontefice durante la sua visita in Armenia e si pregherà insieme per un concreto impegno per un mondo migliore.

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Berlino: ‘Il genocidio armeno? E’ stata anche colpa nostra’(Il Giornale d’Italia 28.05.16)

Il dramma del popolo armeno è una pagina di storia difficile. Che ha addirittura faticato ad essere (giustamente) riconosciuta come genocidio: solo recentemente, infatti, si sono avuti pronunciamenti in tal senso. Tra coloro che ne hanno parlato in questi termini, il presidente della Repubblica federale tedesca Joachim Gauck che, nel corso di una cerimonia svoltasi a Berlino nell’aprile 2015, aveva oltretutto sottolineato la responsabilità e le colpe della Germania in quanto accaduto a circa un milione e mezzo di persone (questo il numero di armeni che, secondo diverse fonti, hanno perso la vita nella strage del 1915).

Da allora il parlamento tedesco ha lavorato ad una risoluzione che non solo riconosce il genocidio, ma affronta, ammettendola e condannandola, anche le responsabilità del Paese nel dramma in questione. Responsabilità e colpe, come ha anticipato Gauck. Se infatti l’autore principale dello sterminio è stato senz’altro l’Impero Ottomano, anche le truppe dell’allora alleata Germania di Guglielmo II aiutarono l’esercito turco nell’azione contro la minoranza religiosa armena.

Il documento, attualmente ancora in via di definizione, sarà votato dal Bundestag il prossimo 2 giugno. A presentarlo, entrambi i partiti della “grosse coalition” al governo in Germania (conservatori della Cdu-Csu e socialdemocratici dell’Spd) con l’appoggio anche del gruppo di opposizione dei Verdi.

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Abrahamian, vescovo armeno: “Il Papa porterà la pace” (La Stampa 28.05.16)

simone zoppellaro

Talish, Nagorno-Karabakh

«Visita al primo Paese cristiano»: questo il motto scelto dalla Santa Sede per l’imminente viaggio del Papa in Armenia. Ma a giugno Francesco non incontrerà solo la prima nazione al mondo ad abbracciare il cristianesimo, all’inizio del IV secolo. Troverà anche un Paese impegnato da più di vent’anni in una guerra infinita, quella per la regione del Nagorno-Karabakh, ufficialmente parte dell’Azerbaigian ma da tempo in mano agli armeni. Un conflitto che si trascina dai primi anni novanta senza che si riesca a trovare un accordo di pace. 30mila morti, oltre un milione di profughi e sfollati: questo il tragico bilancio di questa guerra dimenticata.

E proprio in questa regione contesa, a pochi chilometri dalla prima linea del conflitto, abbiamo intervistato il vescovo armeno Vrtanes Abrahamian, vicario generale dell’Ordinariato militare per la Chiesa apostolica, in visita per officiare nella chiesa di Santa Maria. L’intervista ha luogo dopo una funzione religiosa a Talish, un paese di frontiera dove ad aprile sono morte decine di persone, in uno degli episodi più drammatici avvenuto da molti anni a questa parte. Oggi Talish è villaggio fantasma, tutti i civili sono stati evacuati dopo le recenti violenze, e alla funzione prendono parte solo volontari e soldati.

Qual è la ragione della sua presenza oggi a Talish, in questo villaggio che ad aprile è stato segnato dalla violenza e dove sono morti diversi civili?

«La nostra Chiesa nel corso dei secoli è sempre stata a fianco della nazione armena e del suo esercito. Essendo vicario generale dell’ordinariato militare per la Chiesa apostolica, è mio compito essere vicino ai soldati. Ma sono anche qui per ricordare all’esercito e alla nostra gente che la nostra religione e la Chiesa sono per la pace, e noi siamo qui per promuoverla e per predicarla. In questa chiesa dove ci troviamo, dedicata a Maria, madre di Dio, la nostra presenza assume diversi significati. In primis, volevamo fare sentire ai nostri uomini che siamo con loro, in questo momento difficile. Quindi ritenevamo importante officiare una liturgia per coloro che sono morti di recente proprio in questo luogo. Siamo qui anche per pregare Dio affinché riporti la pace in questo villaggio, di modo che i civili possano ritornare presto alle loro case, alla loro terra e in questa chiesa costruita dai loro padri nel XVIII secolo. Questo è inoltre un luogo simbolico perché ci troviamo alla frontiera estrema della cristianità. Qui finisce il mondo cristiano e inizia la terra dell’islam».

In questo luogo un esercito cristiano, quello armeno, e un altro musulmano, quello dell’Azerbaigian, si confrontano da più di due decenni. Qual è la Sua opinione: la religione ha un importante ruolo in questo conflitto? Siamo di fronte a uno scontro di civiltà?

«Credo che il mondo si stia muovendo in un’altra direzione, rispetto a quella da lei menzionata, e che si tenda oggi verso la comunione, il dialogo e la pace fra le religioni. Io stesso ho preso parte a diversi meeting ecumenici nel mondo, dove non solo cristiani di diverse fedi, ma anche ebrei e musulmani si incontrano e pregano insieme per la pace. Credo pertanto che il futuro del mondo e della religione tenda sempre più a unire gli uomini, anziché a dividerli. Quanto a questo conflitto, posso affermare senza dubbio che non si tratta di una guerra di religione. Da parte nostra, cerchiamo in ogni modo di evitare che questa componente vi rientri, ora o in futuro. Certo, non posso garantire che lo stesso valga per l’altra parte, l’Azerbaigian».

Qual è la sua speranza per il futuro di Talish e di questo conflitto? Vedremo un giorno la pace in Nagorno-Karabakh?

«Purtroppo questo non è semplice. Prego per la pace e affinché i civili possano tornare un giorno in questo villaggio. Questo è quello che posso fare. Ma conserviamo la intatta speranza che si arrivi presto alla pace».

Volevo chiederle infine della visita del Papa, che sarà a giugno in Armenia. Crede che il suo arrivo possa dare un contributo alla pace nella regione?

«Certo, la visita del Papa ha per noi un enorme significato, anche da un punto di vista geopolitico. Riconosciamo in lui una grande figura di fede del nostro tempo, e noi armeni – che abbiamo tanto a cuore la religione – ci sentiamo vicini a lui. Siamo certi che la sua visita darà un grande contributo alla pace, non solo per l’Armenia, ma anche per l’intera regione. L’intera biografia del Pontefice racconta di un uomo che ha una grande fede nel bene e nell’umanità, e questo è vero sia prima che dopo che è divenuto Papa. Il riconoscimento del genocidio armeno lo scorso aprile ne è stato un’ennesima riprova, e una conferma del suo impegno per rendere migliore il nostro mondo».

Radio Vaticana: 50° del Programma armeno, si è spento Michel Jeangey (Radio Vaticana 28.05.16)

Si è spento questa mattina a Roma Michel Jeangey, nostro collega della Radio Vaticana, per 20 anni responsabile del Programma armeno dell’emittente pontificia: avrebbe compiuto 71 anni il prossimo 13 luglio. Sposato, due figlie, era diacono permanente. E’ venuto a mancare proprio durante il Giubileo dei Diaconi – domani c’è la Messa con il Papa in Piazza San Pietro – e alla vigilia dei 50 anni di attività del Programma armeno della Radio Vaticana, inaugurato il 29 maggio 1966. Michel aveva preparato fino a ieri sera i festeggiamenti nella sede della nostra emittente per questo importante anniversario: nonostante fosse in pensione, continuava ad offrire la sua collaborazione ai colleghi. Lo ricordiamo sempre al servizio di tutti, con il suo sorriso gentile, la sua positività, la sua disponibilità, la sua fede forte e serena. Il 27 settembre 2007 era stato insignito da Benedetto XVI con l’onorificenza di Commendatore del Santo Ordine di Papa Silvestro. Per tanti anni è stato anche presidente della vivace comunità armena a Roma.

Michel ha dato un grande impulso all’attività del Programma armeno della nostra emittente al servizio dell’annuncio del Vangelo, soprattutto quando l’Armenia faceva parte dell’Unione Sovietica e i cristiani, perseguitati dal regime comunista, ascoltavano di nascosto la parola del Papa attraverso le onde corte. Un’azione evangelizzatrice che si è sempre estesa a tutta gli armeni dispersi nel mondo a causa dei massacri compiuti nel 1915 sotto l’Impero Ottomano. Michel se n’è andato a meno di un mese dal viaggio del Papa in Armenia che si svolgerà dal 24 al 26 giugno: il 25 giugno avrebbe partecipato alla Messa presieduta da Francesco a Gyumri per la comunità cattolica armena. I funerali si svolgeranno lunedì alle 11.00 nella Chiesa armena di San Nicola da Tolentino a Roma. (A cura di Sergio Centofanti)