Comunità armena: lettera a Tajani sulle dichiarazioni di Cirielli (Notizie Geopolitiche 01.11.24)

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha inviato l’allegata lettera aperta al ministro degli Affari esteri Antonio Tajani in merito alle dichiarazioni del viceministro Edmondo Cirielli sul plebiscitario voto del Parlamento europeo che, ancora una volta, ha condannato il regime dell’Azerbaigian per la violazione dei diritti umani, la gestione dei rapporti con l’Armenia e la questione del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno Karabakh (Artsakh), nonché la detenzione di prigionieri di guerra armeni in violazione degli accordi e delle convenzioni internazionali.
Il “Consiglio” chiede al titolare del dicastero “se la posizione assunta dal vice ministro Cirielli, così apertamente sbilanciata a favore dell’Azerbaigian e contro il pronunciamento del Parlamento Europeo, sia condivisa dal ministero degli Esteri italiano”.
Nel documento si sottolinea inoltre l’influente azione di alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia (Terzi, Scurria e lo stesso Cirielli fra tutti) che sembrano quasi dettare l’agenda politica italiana per quanto riguarda la regione caucasica.

Illustre sig. Ministro,
lo scorso 24 ottobre il parlamento europeo, ha votato a larghissima maggioranza (453 voti a favore, 31 contrari, 89 astensioni) una risoluzione sulla situazione in Azerbaigian, la violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, i rapporti con l’Armenia e la questione del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno Karabakh (Artsakh) nonché la detenzione di prigionieri di guerra armeni in violazione degli accordi e delle convenzioni internazionali.
Il viceministro degli Affari Esteri, on. Edmondo Cirielli, ha rilasciato una intemerata dichiarazione stampa criticando fortemente il voto dei parlamentari europei.
Non nuovo a tali esternazioni contro gli armeni e l’Armenia, l’on. Cirielli ha difeso a spada tratta il regime di Baku sorvolando peraltro su tutto il tema dei diritti umani e altre questioni che evidentemente non ritiene importanti.
Poiché si tratta non di un semplice parlamentare ma di un membro del governo in forza al Suo dicastero, gradiremmo sapere se la posizione assunta dal Vice Ministro Cirielli – così apertamente sbilanciata a favore dell’Azerbaigian e contro il pronunciamento del Parlamento Europeo – sia condivisa dal Ministero degli Esteri Italiano e dalla Sua Persona.
In qualità di cittadini italiani di origine armena, riteniamo che l’opportunità di preservare le forniture di gas azero (e non solo azero…) all’Italia non giustifichino i silenzi sulle gravissime violazioni di diritti umani in Azerbaigian che pongono il Paese tra le dieci peggiori dittature al mondo (fonte “Freedom house”).
Sul tema, dobbiamo purtroppo osservare come taluni esponenti di Fratelli d’Italia (su tutti i senatori Terzi e Scurria) sembrano dettare l’agenda della politica estera italiana ignorando quella opportuna posizione di equidistanza che ha contraddistinto l’operato della Farnesina negli anni.
Ringraziandola per l’attenzione che vorrà dare alla presente, voglia accettare i nostri migliori saluti e auguri di buon lavoro.

Consiglio Comunità armena di Roma.

Vai al sito


Lettera aperta sulle inqualificabili dichiarazioni del Viceministro Cirielli (Korazym)

la Repubblica d’Armenia ospiterà il vertice mondiale sulla biodiversità nel 2026. Cop17 (Esgdata 01.11.24)

La decisione è stata presa giovedì sera (31) in seguito a una votazione sulla sede della 17a conferenza delle parti (COP 17) nel 2026. L’Armenia, che era in competizione con l’Azerbaigian, ha vinto con 65 voti contro 58, ha annunciato il ministro colombiano dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile Susana Muhamad, presidente della COP16. Lo scenario descritto riflette un momento critico nei negoziati sulla biodiversità. La scelta dell’Armenia come sede della COP17 dimostra un passo verso la continuità delle discussioni e l’attuazione delle risoluzioni concordate.

Un messaggio di Dio agli armeni e al mondo che li ha scaricati (Tempi 01.11.24)

Non voglio spegnere fiammelle di speranza. Ci pensano da sole a estinguersi (qui da noi in Armenia, specie sui confini orientali, da cui passava l’aspra e dolce via della seta caucasica, lasciandosi alle spalle il lago di Sevan dai cui bordi vi scrivo, fratelli Italiani).

Ce n’è una che però appena si smorza, eccola ravvivarsi e si ostina a scottarmi le dita. La guardo, e provo ad illudermi. La Cop 29, cioè la XXIX Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico quest’anno si tiene dall’11 al 22 novembre, a Baku. Cosa ne penso? Che è uno schifo. È il premio che i Paesi occidentali porgono all’Azerbajgian mentre l’autocrate Ilham Aliyev agita lo scalpo del popolo Armeno e Cristiano cacciato dal nostro caro Artsakh/Nagorno-Karabach con una guerra di conquista in due tempi. Dapprima l’aggressione del settembre-novembre 2020, condotta con droni, missili e scimitarre dei pasdaran al soldo turco (duemila Armeni caduti in battaglia o liquidati a sangue freddo); quindi l’assalto definitivo con un blitz sanguinario il 19 settembre dello scorso anno e la cacciata da case, chiese e abbazie, vigne e tombe, dei 102mila Armeni, dopo che l’assedio di nove mesi, con complicità russa e silenzio europeo, aveva stremato per fame Stepanakert e i villaggi della regione.

Un voto mafioso di scambio. Questo è il mercimonio silenzioso che è intercorso anche in questi ultimi mesi tra Occidente e il duo Azerbajgian-Turchia. La conferma della Cop 29 a Baku dà enorme prestigio e mette in vetrina davanti al mondo la potenza economica e politica di Baku vassalla di Ankara.

Dapprima nel 2020, l’assenso alla prevaricazione azera contro l’enclave armena in Azerbaijan, fu un omaggio ai disegni di ricostituzione dell’Impero ottomano da parte della Turchia con il suo docile vassallo azero. Gas in cambio di silenzio accomodante e pieno di comprensione per la prosecuzione del genocidio contro gli Armeni.

Oh buon Signore, non riesco proprio a ingoiare queste ingiustizie, soprattutto insistite da parte della mia amatissima Italia. I due dittatori ottomani, il citato Azero, della dinastia brezneviana e cechista degli Aliyev, e il Turco Recep Tayyip Erdoğan, il quale – come ho documentato il mese scorso [QUI] – si è impunemente vantato di aver invaso con le sue truppe “il Nagorno”.

E quale sarebbe allora la speranza? La pressione americana su Baku perché accetti una pace che non metta più in discussione l’esistenza stessa dell’Armenia, come continuamente minacciato da documenti storici fasulli e dalla propaganda filo-turca. Un triste trattato di pace sarebbe. In quanto riconosce definitivamente come parte della Repubblica dell’Azerbajgian il nostro Artsakh. Ma lascia margini per una trattativa per il reingresso con garanzie di autonomia degli Armeni nella loro terra oggi occupata, magari in cambio di una via di comunicazione diretta tra Azerbajgian e Turchia, attraverso l’Armenia e il Nakhichevan, l’enclave azera nel nostro territorio.

Una presenza profetico in Libano

Quante cose vorrei dirvi sul Nakhichevan, e sull’estirpazione delle croci dalle tombe, la dispersione dei resti dei nostri cari, con un atto di disumanità che la dice lunga – tremo e temo – sul destino delle memorie cristiane e sui nostri monasteri e cimiteri in Artsakh (umanità viene, secondo l’etimologia proposta da Giovan Battista Vico, dal latino inhumare, seppellire, atto di pietà supremo anche tra nemici).

Fiammella flebile, flebilissima. Speranza mescolata a consapevolezza del nostro essere stati scaricati dai fratelli un tempo Cristiani nella pattumiera della storia, con un nuovo ordine mondiale che assegna il Caucaso meridionale e la sua anomalia Cristiana alla resa dei conti ottomana. Nulla sorride nel mondo alla nostra sorte.

C’è un’altra comunità armena, storicamente e culturalmente e profeticamente importantissima nel mondo: ed è quella che abita gloriosamente il Libano. La guerra, che mentre scrivo è in corso, mette in questione l’esistenza del Paese dei Cedri, che il vostro Papa San Giovanni Paolo II eresse a messaggio reale ed emblematico di una convivenza tra i figli di Abramo. Non tolleranti tra loro, ma capaci di riconoscimento fraterno, collaborando al governo della Nazione divisa in tre nazioni, anzi – se le contiamo tutte – in dodici nazioni. Tra esse quella Armena, e in particolare Armeno Cattolica.

L’ordine mondiale che cosa prevede per il Libano? Aspettiamo le elezioni americane, dicono tutti. Esse ci saranno quando questa mia lettera sarà già nelle vostre mani. Il Libano sarà una dependance ebraico-americana, magari con propaggini verso la Siria? La pace può mai essere – come scrisse Tacito – un deserto, dove conta solo sopravvivere, e al diavolo fede speranza e carità? Certo, Hezbollah è egemonico tra gli sciiti, e vuole la distruzione di Israele, ha spedito mille tra razzi e missili verso Haifa e Tel Aviv tra l’8 ottobre 2023 e il 7 ottobre 2024. Ovvio che lo Stato di Israele abbia il diritto di difendersi e soffocare future minacce esistenziali, ma la devastazione sistematica dei villaggi Cristiani nel Sud del Libano (di cui nessuno parla) da parte delle truppe davidiche non ha giustificazione.

Fiori e benedizioni

Eppure spero nel miracolo: non delle strategie furbe dei potenti, ma della preghiera.  Quella di noi poveri cristi mendicanti, e soprattutto quella in cielo dei nostri santi.

C’è un messaggio che Dio manda agli Armeni e al mondo proprio dal Libano. Vi chiedo di coglierlo nei segni straordinari che hanno accompagnato l’apertura della causa di beatificazione del Cardinale Agagianian. Quando ho visto l’immagine sono piombato, meschino come sono, in ginocchio: dimostra trent’anni e ne aveva 76 alla morte nel 1971 quel corpo incredibilmente intatto (davvero!) quando è stato aperto il sepolcro.

 

Il Servo di Dio Krikor Bedros Agagianian, già XV Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, è stato quindi traslato dalla chiesa armena di San Nicola da Tolentino in Roma alla cattedrale Cattolica Armena di Beirut, dedicata ai Santi Elia e Gregorio Illuminatore. C’è stata una cerimonia di unità nazionale e di dialogo interreligioso in piazza dei Martiri, qualcosa che nel caos degli ultimi anni è parso sorprendente. Il feretro è stato accompagnato alla tumulazione da fiori e benedizioni, portato a spalla da dodici rappresentanti delle dodici confessioni religiose. Fiammella non spegnerti (Di Krikor Bedros, cioè Gregorio Pietro, Agagianian racconterò prossimamente).

Il Molokano

Questo articolo è stato pubblicato sul numero cartaceo di Tempi di novembre 2024 e sulla edizione online Tempi.it [QUI].

La traslazione del Servo di Dio Agagianian
da Roma a Beirut

Il 12 settembre 2024, al termine del Sinodo della Chiesa Armena Cattolica, è avvenuta la traslazione dalla chiesa di San Nicola da Tolentino adiacente al Pontificio Collegio Armeno, nel cuore di Roma, a pochi passi dal palazzo del Dicastero di Propaganda Fide che guidò dal 1960 al 1970 come Prefetto, a Beirut delle spoglie mortali del Servo di Dio Cardinale Gregorio Pietro (Krikor Bedros) Agagianian, XV Patriarca di Cilicia degli Armeni, figura di spicco della Chiesa armena e simbolo della cultura libanese, morto a Roma nel 1971 in odoro di santità.

 

Il volo proveniente da Roma che trasportava i resti mortali del Servo di Dio Agagianian è stato accolto all’aeroporto internazionale di Beirut da Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, Patriarca di Cilicia degli Armeni, dal Primo ministro Najīb Mīqātī e dalle massime personalità religiose e politiche.

 

Poi, il feretro nell’urna trasparente portato a spalla da dodici rappresentanti delle dodici confessioni religiose, ha attraversato la città di Beirut, applaudito da migliaia di fedeli che lanciavano petali di rose come al passaggio di un santo, fino alla cattedrale armena dei Santi Elia e Gregorio Illuminatore, dove è stato sepolto.

 

La cerimonia in piazza dei Martiri a Beirut è parsa una cosa sorprendente nel caos degli ultimi anni. Il Libano ha reso omaggio con profondo rispetto e devozione al compianto porporato, la cui traslazione rappresenta un momento straordinario e storico non solo per la Chiesa e la comunità armena Cattolica, ma per l’intera nazione libanese.

 

Ciò che ha reso straordinaria questa traslazione è che il corpo del Servo di Dio Agagianian, oltre mezzo secolo dopo la sua morte, malgrado non sia stato imbalsamato, durante il trasporto in Libano è apparso incorrotto, senza i tipici segni di decomposizione. perfettamente integro, con il suo volto tranquillo e sorridente.

Marco Mancini, giornalista di ACI Stampa ed esperto del Collegio cardinalizio, autore di una biografia di cardinali del XX secolo dal titolo Usque ad sanguinis effusionem: I Cardinali di Santa Romana Chiesa da Pio X a Francesco, ha affermato che “sebbene i corpi di personalità della Chiesa orientale ricevano solitamente una qualche forma di imbalsamazione, è chiaro che lo stato del corpo del cardinale non può essere definito meno che eccezionale, se non soprannaturale. E questo ha commosso le migliaia di fedeli Armeni che hanno visto il suo corpo in Libano”. Mancini ha aggiunto che la “fama di santità del cardinale era già nota nella Curia romana, tanto che è aperto un solido processo di beatificazione”.

 

Vai al sito

Armenia-Azerbaigian. Ministro Mirzoyan: “Presto un accordo di pace”. (Sardegnagol 01.11.24)

Tira aria di accordo tra Armenia e Azerbaigian, Paesi vicini alla sigla del trattato di pace e alla ridelimitazione dei confini nazionali. A suggerirlo, l’ultima dichiarazione del ministro degli esteri armeno Ararat Mirzoyan, secondo il quale “molto presto sarà firmato un accordo di pace completo”.

Secondo il principale diplomatico armeno, Yerevan e Baku si notificheranno presto la ratifica dei regolamenti per il lavoro delle commissioni sulla delimitazione dei confini, dopodiché il processo potrà proseguire.

Nel contempo si lavora pure alla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Turchia.

Vai al sito

Nella Marca la villa veneta preferita dagli armeni per il giorno più bello (Corriere delle Alpi 01.11.24)

Villa Corner della Regina a Cavasagra di Vedelago ha chiuso la stagione primavera/estate con oltre 50 celebrazioni nuziali ospitate, molti gli stranieri. Gli armeni la scelgono ricordando Caterina Cornaro. E poi i matrimoni a cavallo e quelli con effetti speciali

Arrivano dagli Stati Uniti, Australia, Nigeria, Germania e Olanda. Ma anche dalla Armenia seguendo le tracce dell’unica regina della Serenissima, quella Caterina Cornaro che fu regina di Cipro, Armenia e Gerusalemme a cavallo del Cinquecento. La Marca trevigiana piace agli stranieri che vogliono sposarsi: perché vicina a Venezia, perché ne incorpora lo stile, probabilmente anche perché costa meno.

C’è una location, in particolare, che più di altre sta raccogliendo decine e decine di prenotazioni: oltre cinquanta nella sola estate appena trascorsa. È la storica Villa Corner della Regina a Cavasagra di Vedelago, nel Trevigiano, apprezzata per lo stile palladiano, il suo parco e la sua cucina guidata da uno chef di lunga esperienza.

General manager del Gruppo Buongiorno Hotels, che si occupa in prima persona della gestione di Villa Corner della Regina nell’ambito wedding, è una donna, Nicoleta Donoaga, 26 anni, un’esperienza sul campo acquisita nelle altre strutture del Gruppo.

Nicoleta Donoaga, general manager del Gruppo Buongiorno Hotels

«La stagione wedding 2024 è stata caratterizzata da un tripudio di culture e nazionalità», sottolinea Nicoleta Donoaga, «Grazie all’offerta variegata e capace di rispondere ai desideri degli sposi, ci siamo consolidati in termini di presenze, ma anche di tipologie di allestimenti e servizi per rendere il festeggiamento indimenticabile e gradevole per tutti i partecipanti».

Tra le cerimonie più curiose, ospitate a Villa Corner della Regina, tre nozze con ingresso a cavallo. Una, in particolare, ha visto l’animale, un frisone nero di nome Hulk (preparato con staffe fiorite e criniera frisé), portare le fedi agli sposi che lo attendevano sull’altare nel parco.

Unica nel suo genere anche la cerimonia nuziale armena, in abiti ricamati e con un menù a tema. In questo caso, come da tradizione, è stato il padre dello sposo, un docente di storia che oggi vive a Miami, a scegliere i dettagli della festa. Il rito, tra i più suggestivi di tutte le chiese orientali cristiano-ortodosse, ha visto l’incoronazione dello sposo e della sposa in laguna e poi i festeggiamenti con un party a Villa Corner della Regina abbinato a un viaggio storico nella residenza, sulle orme della regina Caterina Cornaro che la costruì.

“Pizza a mezzanotte”, invece, per una coppia italiana che ha deciso di chiudere la giornata offrendo agli ospiti un assaggio di focacce salate appena sfornate.

«Abbiamo lavorato molto anche sulle scenografie della villa e gli allestimenti: dai tagli della torta a bordo piscina con sfondo di fuochi d’artificio e spettacoli di luce, alle installazioni vegetali che hanno visto protagoniste le storiche piante di limone della villa trasformate in abat-jour. Non da ultimo, il coreografico posizionamento di lampadari in vetro di Murano en plein air che hanno trasformato il parco in un salone delle feste veneziano» aggiunge la general manager Nicoleta Donoaga.

Vai al sito

A Torino il ristorante che fa autentica cucina dell’Armenia (con grandi vini del Caucaso) – (CiboToday 31.10.24)

Con poco più di tre milioni di abitanti, l’Armenia è una terra di monasteri e villaggi di montagna – oltre l’80% del territorio nazionale è montuoso, senza affacci sul mare ma ricco di acque dolci – a cavallo tra l’Europa e l’Asia, in quell’area caucasica che la vede stretta tra la Turchia, la Georgia, l’Iran e l’Azerbaigian.

La storia degli armeni nel resto del mondo

 

Alcuni piatti di Casa Armenia
Alcuni piatti di Casa Armenia

 

Culla del Cristianesimo, l’Armenia ha una storia antica e un’identità culturale forgiata da invasioni, rotte commerciali, mire geopolitiche che riportano alla memoria un passato sanguinoso. Non a caso, una parte cospicua della comunità armena – ben più numerosa di quella rimasta in patria – oggi risiede all’estero. E con sé ha portato anche le tradizioni gastronomiche di una cucina che fonda le sue basi sulla pastorizia, conserva lasciti dell’impero ottomano, mostra tratti comuni con altri Stati dell’ex Unione Sovietica e un’apertura significativa alle influenze mediorientali.

Casa Armenia a Torino: la storia

 

L'interno di Casa Armenia
L’interno di Casa Armenia

 

A Torino questi sapori si scoprono da Casa Armenia, il ristorante aperto in zona Vanchiglia da Harutyun Vopanyan nel 2020. Un’avventura non troppo pianificata, intrapresa per dare riscontro all’apprezzamento degli amici che, ospiti di Harutyun e della sua famiglia, si dimostravano piacevolmente sorpresi da pietanze (ancora) poco conosciute in Italia. Così, pur senza esperienza pregressa nella ristorazione, prendeva forma il progetto Casa Armenia, “inizialmente un piccolo spazio nato come gastronomia, subito ostacolato dal Covid e poi ripreso di slancio con la riapertura dei locali”, ricorda Vopanyan. La buona risposta del pubblico, in una Torino curiosa di scoprire una nuova cucina, ha portato in poco tempo ad ampliare il menu e gli spazi. “Io e mia moglie gestiamo tutto, dividendoci i compiti; il personale è in gran parte armeno. Il progetto è ancora a trazione familiare e la proposta rispecchia la nostra tradizione gastronomica: quando arriva qualche cliente armeno, anche se abbiamo soprattutto ospiti italiani, ritrova i sapori di casa. Importiamo le spezie dall’Armenia, come pure le bevande e i vini; olio e carne sono invece italiani”.

La cucina dell’Armenia, dal pane lavash alle spezie

In cucina si prepara giornalmente il pane lavash, un flatbread non lievitato e sottile, tutelato come patrimonio dell’umanità dall’Unesco per il ruolo centrale nella liturgia armena. Da mangiare in accompagnamento con insaccati tradizionali come il basturma (prosciutto crudo) e il suciuk (salame), ci sono gli involtini di cavolo ripieni – variazione sul tema di una ricetta diffusa in tutta l’area caucasica, qui farciti con legumi, ma anche quelli di vite e le verdure sottaceto.

Tra le specialità della casa, le insalate permettono di avvicinarsi agli abbinamenti di gusto più tipici della cucina armena: il tabuleh è arricchito con foglie di coriandolo fresco, di cui si utilizzano con frequenza anche i semi, essiccati e tritati per conferire una nota agrumata alle pietanze; nell’insalata di barbabietola con aglio vengono aggiunte le noci, altro ingrediente amato in Armenia (se ne produce anche una marmellata per dolci), come tutta la frutta secca; mentre l’equilibrio della vinegret di derivazione russa (con barbabietola, fagioli rossi, patate, cipolle e cetrioli marinati) si ottiene dosando con cura un mix di spezie.

Cosa si mangia da Casa Armenia: i piatti

 

Vino di melograno che si può provare da Casa Armenia
Vino di melograno che si può provare da Casa Armenia

Come le erbe – oltre al coriandolo, aneto e basilico rosso – anche la frutta arricchisce molti piatti: “Facciamo largo uso di melograno, che in Armenia è un prodotto simbolo; ma utilizziamo anche frutti meno consumati in Italia, come l’olivello spinoso o il corniolo”. La specialità più richiesta? “Le grigliate di carne, anche in versione spiedino extralarge”. Ma c’è anche una buona scelta di zuppe insolite per il palato italiano (come la tanapur con yogurt, orzo e coriandolo), oltre agli immancabili ravioli ripieni (khinkali), in forma di fagotti di pasta ripieni di carne di manzo e maiale speziato, mutuati dalla Georgia. 

La carne, di cui la dieta armena è ricca, è protagonista anche di padellate, polpette (le ishli kufta a base di bulgur e noci, farcite con manzo speziato), verdure al forno ripiene. “Abbiamo dato a Torino qualcosa che non c’era e che piace. Vediamo il ristorante come una finestra aperta sulla nostra cultura, e per questo abbiamo mantenuto accessibile il prezzo, che in media si aggira intorno ai 40€ per una cena completa. Se vogliamo far conoscere la cucina armena dobbiamo dare a tutti la possibilità di assaggiarla”. Anche lo spazio, informale e accogliente, si presenta come una vetrina per i prodotti armeni, vini in primis.

Casa Armenia e la distribuzione di vini

 

Spiedino di carne di Casa Armenia pronto per essere cotto
Spiedino di carne di Casa Armenia pronto per essere cotto

 

L’importazione e la distribuzione di vini sono diventate infatti il core business di Casa Armenia: “Chi arrivava al ristorante apprezzava molto i nostri vini; quindi, abbiamo aperto un negozio (ora in fase di trasloco e ampliamento, n.d.r.) per permettere di acquistarli al dettaglio. E quando l’interesse è cresciuto è arrivato l’e-commerce. Oggi riforniamo molti ristoranti e locali in tutta Italia, siamo presenti al Vinitaly, collaboriamo con l’Ais e altre associazioni del settore per far scoprire un prodotto ancora poco conosciuto in Italia”.

I grandi vini dell’Armenia arrivano in Italia

Si punta sulle migliori cantine dell’Armenia, per importare (in esclusiva) vini di fascia alta, che siano un valore aggiunto sul mercato enologico italiano: “In Armenia i vigneti sono tutti in quota, oltre i mille metri di altitudine, su terreni vulcanici. Abbiamo diversi vitigni autoctoni, e una produzione varia, non solo vini in anfora”. Si aggiunga il tradizionale vino di melograno, ottenuto dal succo del frutto simbolo del Paese, vinificato in acciaio insieme a una ridotta percentuale di uva o in purezza. Così anche il vino diventa strumento di scoperta di una terra che ha molto da raccontare.

Vai al sito

Comunicato stampa LETTERA APERTA AL MINISTRO TAJANI RIGUARDO LE INQUALIFICABILI DICHIARAZIONI DEL VICEMINISTRO CIRIELLI

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha inviato l’allegata lettera aperta al ministro degli Affari esteri della repubblica italiana, on. Antonio Tajani.

L’oggetto della missiva riguarda le dichiarazioni del viceministro Edmondo Cirielli a seguito del plebiscitario voto del parlamento europeo che, ancora una volta, ha condannato il regime dell’Azerbaigian per la violazione dei diritti umani, la gestione dei rapporti con l’Armenia e la questione del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno Karabakh (Artsakh) nonché la detenzione di prigionieri di guerra armeni in violazione degli accordi e delle convenzioni internazionali.

Il “Consiglio” chiede al titolare del dicastero “se la posizione assunta dal Vice Ministro Cirielli – così apertamente sbilanciata a favore dell’Azerbaigian e contro il pronunciamento del Parlamento Europeo – sia condivisa dal Ministero degli Esteri Italiano e dalla Sua Persona”.

Nel documento si sottolinea inoltre l’influente azione di alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia (Terzi, Scurria e lo stesso Cirielli fra tutti) che sembrano quasi dettare l’agenda politica italiana per quanto riguarda la regione caucasica.

CONSIGLIO PER LA COMUNITÀ’ ARMENA DI ROMA

Segreteria


Di seguito il testo della lettera aperta inviata al Ministro Tajani

Egr. on.

Antonio Tajani

Ministero degli Affari esteri

Roma

Oggetto: lettera aperta al ministro Tajani riguardo le dichiarazioni del viceministro Cirielli

Illustre sig. Ministro,

lo scorso 24 ottobre il parlamento europeo, ha votato a larghissima maggioranza (453 voti a favore, 31 contrari, 89 astensioni) una risoluzione sulla situazione in Azerbaigian, la violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, i rapporti con l’Armenia e la questione del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno Karabakh (Artsakh) nonché la detenzione di prigionieri di guerra armeni in violazione degli accordi e delle convenzioni internazionali.

Il viceministro degli Affari Esteri, on. Edmondo Cirielli, ha rilasciato una intemerata dichiarazione stampa criticando fortemente il voto dei parlamentari europei.

Non nuovo a tali esternazioni contro gli armeni e l’Armenia, l’on. Cirielli ha difeso a spada tratta il regime di Baku sorvolando peraltro su tutto il tema dei diritti umani e altre questioni che evidentemente non ritiene importanti.

Poiché si tratta non di un semplice parlamentare ma di un membro del governo in forza al Suo dicastero, gradiremmo sapere se la posizione assunta dal Vice Ministro Cirielli – così apertamente sbilanciata a favore dell’Azerbaigian e contro il pronunciamento del Parlamento Europeo – sia condivisa dal Ministero degli Esteri Italiano e dalla Sua Persona.

In qualità di cittadini italiani di origine armena, riteniamo che l’opportunità di preservare le forniture di gas azero (e non solo azero…) all’Italia non giustifichino i silenzi sulle gravissime violazioni di diritti umani in Azerbaigian che pongono il Paese tra le dieci peggiori dittature al mondo (fonte “Freedom house”).

Sul tema, dobbiamo purtroppo osservare come taluni esponenti di Fratelli d’Italia (su tutti i senatori Terzi e Scurria) sembrano dettare l’agenda della politica estera italiana ignorando quella opportuna posizione di equidistanza che ha contraddistinto l’operato della Farnesina negli anni.

Ringraziandola per l’attenzione che vorrà dare alla presente, voglia accettare i nostri migliori saluti e auguri di buon lavoro.

CONSIGLIO PER LA COMUNITÀ ARMENA DI ROMA

COP29, Baku, Nagorno Karabakh. Non solo clima (Vocevangelica 30.10.24)

“Siamo convinti che una tale preghiera globale organizzata dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) incoraggerà la partecipazione di comunità cristiane, missioni diplomatiche, rappresentanti dei media e tutte le organizzazioni internazionali interessate”, ha detto Karekin II, patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, in vista della preghiera per gli ostaggi armeni indetta per il prossimo 10 novembre e promossa dal CEC, organismo ecumenico con sede a Ginevra che comprende più di 350 chiese anglicane, evangeliche, ortodosse e veterocattoliche in tutto il mondo.
“È nostra sincera speranza che questo sforzo spirituale possa aumentare la consapevolezza globale della crisi umanitaria in corso e promuova una soluzione pacifica, basata su verità e giustizia”, ha aggiunto il Catholicos Karekin II.
In un comunicato stampa diffuso ieri il CEC invita tutte le persone di buona volontà a unirsi a una giornata di preghiera per l’Armenia – per la pace, per il sostegno ai rifugiati e per la liberazione degli ostaggi di guerra – appunto, il 10 novembre, alla vigilia dell’apertura dei negoziati sul clima della COP29 (11-22 novembre 2024) a Baku, in Azerbaigian.

Oltre la COP29

“L’aggressione militare contro la Repubblica di Nagorno Karabakh/Artsakh a settembre-ottobre 2020, seguita da sei mesi di blocco totale del corridoio di Lachin per dieci mesi e dallo sfollamento forzato di circa 120.000 armeni dalle loro terre ancestrali avvenuto un anno fa, a novembre del 2023, rimane un problema critico”, si legge nel comunicato del CEC. Secondo molti, e anche secondo il CEC, “la COP29 offre un’opportunità unica per propugnare la liberazione incondizionata dei 23 ostaggi armeni, così come dei prigionieri politici azeri e dei giornalisti detenuti nelle carceri azere”.
Il moderatore del CEC, il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, ha dichiarato che l’Armenia ha bisogno delle nostre preghiere. “La fede ha accompagnato il popolo armeno sin dagli albori della Chiesa apostolica armena nel 301 d.C. – ha detto -, ma il futuro è incerto”. Tuttavia, Bedford-Strohm è convinto che “le nostre preghiere raggiungeranno i loro cuori e le loro anime e li rafforzeranno”.
Il segretario generale del CEC, il pastore Jerry Pillay, ha invitato tutte le chiese a rispondere all’appello alla preghiera e ha inoltre sollecitato la comunità internazionale a continuare a fornire il suo sostegno. “Rimaniamo solidali in preghiera con la Chiesa apostolica armena e con i partner ecumenici in Armenia”, ha detto. “Ribadiamo il nostro appello per una pace giusta e sostenibile in piena conformità con il diritto internazionale umanitario e i diritti umani”.

Sistematiche violazioni dei diritti umani

Dopo l’offensiva militare azera nel Nagorno Karabakh di poco più di un anno fa – e che ha causato la fuga di circa 120.000 armeni dell’enclave verso l’Armenia – sono state documentate violazioni sistematiche dei diritti dei detenuti armeni trattenuti in Azerbaigian, di abusi e di processi iniqui.
Durante un evento ospitato al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, esperti di diritti umani ed esponenti del CEC hanno denunciato la detenzione illegale di almeno 23 armeni. Siranush Sahakyan, avvocata armena per i diritti umani, ha esortato la comunità internazionale a utilizzare la COP29 come occasione per fare pressione sul governo azero. Nel corso del panel si è discusso anche della distruzione sistematica del patrimonio culturale e religioso nell’ex enclave armena. Peter Prove, direttore della Commissione delle Chiese per gli Affari Internazionali del CEC, ha evidenziato l’urgenza di affrontare queste violazioni, criticando il tentativo dell’Azerbaigian di migliorare la propria immagine internazionale attraverso la presidenza della COP29, mentre persistono gravi violazioni dei diritti umani.

È in questo quadro che il 10 novembre alle 17 a Ginevra, il CEC organizzerà un servizio di preghiera locale nella cattedrale di San Pietro in collaborazione con la comunità armena.

Preghiera per il popolo armeno

Di seguito la preghiera proposta dal CEC per l’occasione:

Dio misericordioso,

portiamo oggi davanti a te il popolo armeno.

Ti lodiamo per tutti i doni con i quali lo hai benedetto: la forza della sua fede, la bellezza delle sue chiese, l’ispirazione delle sue liturgie, gli straordinari talenti espressi nell’arte e nella cultura, la resilienza con la quale ha vinto le sfide della sua storia.

Portiamo davanti a te ciò che ne oscura la vita in questi giorni: le lacrime di chi ha perso i propri cari, vittime dell’aggressione militare. L’insicurezza di coloro che sono dovuti fuggire dalla proprie case e che adesso temono per il proprio futuro. La distruzione nella guerra di chiese sante e preziose.

Tu sei la luce del mondo. Manda la tua luce nei cuori di tutti coloro che sono stati colpiti e ispirali ancora e ancora con il tuo spirito di fede, amore e speranza. (trad.: G. M. Schmitt)

Il corpo incorrotto del cardinale Agagianian (Corrispondenza Romana 30.10.24)

Lo scorso 12 settembre 2024, al termine del Sinodo della Chiesa Armena Cattolica, è avvenuta la traslazione da Roma a Beirut, in Libano, delle spoglie mortali del Servo di Dio, cardinale Gregorio Pietro (in armeno Krikor Bedros) Agagianian, quindicesimo patriarca di quella Chiesa, morto a Roma nel 1971. Il feretro è stato accolto nella capitale libanese dal Patriarca Minassian, dal Primo ministro Najīb Mīqātī e dalle massime personalità religiose e politiche. Ciò che ha reso straordinaria questa traslazione è che il corpo del cardinale Agagianian, oltre mezzo secolo dopo la sua morte, malgrado non sia stato imbalsamato, è incorrotto, perfettamente integro. Il suo volto è tranquillo e sorridente. Sul blog di Padre Livio troverete alcune immagini veramente sorprendenti https://blogdipadrelivio.it/il-corpo-incorrotto-del-servo-di-dio-il-card-agagianian/

Il corpo del cardinale Agagianian, ha attraversato la città di Beirut, in un’urna trasparente, applaudito dalla folla che lanciava petali di rose come al passaggio di un santo, fino alla cattedrale armena dei Santi Elia e Gregorio Illuminatore, dove è stato sepolto.

Ma chi era il cardinale Agagianian? Nato in Georgia nel 1895, Gregorio Pietro Agagianian studiò a Roma fin da giovanissimo presso il Pontificio Collegio Armeno, di cui fu in seguito sia vice-rettore che Rettore e venne ordinato sacerdote nel 1917. Nominato Vescovo   l’11 luglio 1935 da Papa Pio XI, il 30 novembre 1937 fu eletto Patriarca di Cilicia degli Armeni cattolici.

Il 18 febbraio 1946 Papa Pio XII lo creò cardinale assegnandogli il titolo di San Bartolomeo all’Isola. Alla morte di Pio XII, Silvio Negro, vaticanista del “Corriere della Sera”, lo indicava come favorito dai pronostici in conclave, per la sua conoscenza della curia, la sua competenza di giurista e la sua pietà esemplare. Fu eletto invece Giovanni XXIII. Il cardinale Agagianian, sostenuto dai conservatori, fu un papabile anche nel conclave del 1963 che elesse Paolo VI. Guidò in veste di prefetto, la Congregazione di Propaganda Fide dal 1958 al 1970 e partecipò al Concilio Vaticano II. Morì a Roma il 16 maggio 1971, in fama di santità. Nel 2022 è stata avviata la sua causa di beatificazione e ha quindi il titolo di Servo di Dio.

Nei processi di beatificazione e canonizzazione è prevista la ricognizione canonica dei resti dei candidati alla santità e quando, al momento della riesumazione, il corpo appare non decomposto, senza che vi sia stata un’imbalsamazione, la Chiesa considera il corpo incorrotto come un segno soprannaturale. Il corpo incorrotto non è in sé stesso una prova di santità, ma ne costituisce una conferma, tanto che la Chiesa lo dichiara al momento della canonizzazione.

I santi con i corpi incorrotti sono comunque rari. Infatti i santi canonizzati dalla Chiesa negli ultimi cinque secoli sono stati circa 1700 e di essi poco più di un centinaio sono stati trovati incorrotti. Tra questi santa Cecilia, il cui corpo fu scoperto intatto oltre 1500 anni dopo la morte, santa Chiara da Montefalco e santa Caterina da Bologna, santa Caterina Labouré e santa Bernadette Soubirous, san Giovanni Bosco e san Luigi Orione. Nel bel libro di don Charles Murr L’anima segreta del Vaticano (Fede e Cultura, Verona 2024), tra i numerosi episodi che Suor Pascalina racconta al giovane sacerdote americano suo amico vi è anche questo. Quando nel 1956 Pio XII volle aprire la causa di beatificazione di Pio IX e fu riesumato il suo corpo, mandò la sua collaboratrice a rivestire il corpo del Papa, dopo che monsignor Enrico Dante e la commissione ne ebbero esaminato lo stato. «Quando la bara fu aperta – ricorda suor Pascalina – non riuscivo a credere ai miei occhi. Sembrava non morto, ma addormentato! Il corpo era perfettamente intatto! Non solo, ma le dita, i polsi, le braccia erano morbidi, flessibili». Suor Pascalina dovette tagliare i capelli, radere la barba e spuntare le unghie di Pio IX, prima di rivestirlo con gli abiti pontifici.

Si è parlato di incorruttibilità del corpo anche per Giovanni XXIII, ma il corpo di papa Roncalli, a differenza di quello di Pio IX fu imbalsamato e quando i corpi dei Papi subiscono questo trattamento il fenomeno non può essere definito di origine soprannaturale e l’ipotesi dell’incorruttibilità viene esclusa.

Perché il numero dei santi che sono sfuggiti al processo di decomposizione è così esiguo? La risposta sta nel dogma centrale della Chiesa cattolica, che è quello della Risurrezione dei morti. I corpi degli uomini sono destinati a decomporsi dopo la morte per poi ricongiungersi con le loro anime alla fine del mondo. La morte è la separazione dell’anima dal corpo e quando il corpo degli uomini è privato dell’anima, che è il suo principio unitario e vivificatore, si decompone e torna in cenere. Però, il giorno del Giudizio universale, tutte le anime si riuniranno con i loro corpi che verranno resi incorruttibili, sia quelle degli eletti che quelle dei dannati. In Paradiso e all’Inferno si andrà con anima e corpo per l’eternità. Tuttavia, solo i corpi di coloro che saranno in Paradiso riceveranno un corpo glorioso, spirituale, conforme a quello di Cristo risorto. Per questo san Paolo dice «E i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità» (1 Cor 15, 52-53).

Dio, che destina gli uomini alla corruzione dei corpi, per renderli incorruttibili quando risorgeranno, ha disposto tuttavia che alcuni di essi, eccezionalmente, sfuggano al processo di decomposizione.  I loro corpi possono essere accompagnati anche da altri fenomeni soprannaturali, quali il profumo che emanano, il ringiovanimento e talora il movimento. Nel caso del cardinale Agagianian colpisce, ad esempio il ringiovanimento. Basta paragonare le immagini del suo volto riesumato e quelle delle sue ultime fotografie per rendersi conto che il corpo del cardinale dimostra molto meno dei 76 anni che aveva quando è morto. Ciò che è inspiegabile deve rimandarci all’esistenza di Dio Creatore, che nella sua infinita Sapienza ha la capacità di modificare le leggi della natura per il bene delle anime. Per questo non dobbiamo trascurare i segni che la Divina Provvidenza mette spesso davanti ai nostri occhi. Nel caso del Servo di Dio Gregorio Pietro Agagianian fa riflettere anche il suo arrivo nella Terra dei Cedri, il Libano, proprio nel momento in cui il Medio Oriente è in fiamme, come a significare che solo la santità può spegnere quelle fiamme che rischiano di incendiare il mondo.

Vai al sito

Viaggio in Armenia, una delle culle della viticoltura, che si rilancia tra vino, cibo e cultura. (Youtube 30.10.24)

Alla scoperta di un Paese fuori dalle rotte enoturistiche più classiche, ma ricco di storia, con una lunga tradizione vinicola e culinaria. Come raccontano Zaruhi Muradyan (Vine and Wine Foundation of Armenia), Sophie Pallas (Oiv), Arpine Nersisyan (guida turistica), e produttori come Anoush Iskndaryan (Northen Terroir), Eduard Avetisyan (Kataro) e Samvel Machanyan (Alluria).

Guarda il video