162° giorno del #ArtsakhBlockade. Azioni e dichiarazioni dell’Armenia volte a riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian sono inaccettabili e illegali (Korazym 22.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.05.2023 – Vik van Brantegem] – L’Armenia riconosce l’integrità territoriale di 86.600 km2 dell’Azerbaigian che include il Nagorno-Karabakh, ma i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh devono essere discussi attraverso il dialogo Baku-Stepanakert, ha affermato oggi il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan. Ha osservato che tutte i governi armeni precedenti hanno riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.

Ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e dell’articolo 37 della legge “Regolamento di procedura dell’Assemblea Nazionale”, si terrà oggi alle ore 23.00 una sessione straordinaria dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh su iniziativa dei Deputati di l’Assemblea Nazionale con all’ordine del giorno questioni urgenti.

“L’Armenia è pronto a riconoscere l’integrità territoriale di 86.600 km2 dell’Azerbajgian. Ed è nostra comprensione che l’Azerbajgian è pronto a riconoscere l’integrità territoriale di 29.800 km2 dell’Armenia. Se ci intendiamo correttamente con l’Azerbajgian in questa materia, l’Armenia, infatti, riconosce l’integrità territoriale di 86.600 km2 dell’Azerbajgian, con la consapevolezza che l’Azerbajgian riconosce l’integrità territoriale di 29.800 km2 dell’Armenia”, ha detto Pashinyan.

Pashinyan ha affermato che è molto importante creare garanzie internazionali per i colloqui diretti tra Stepanakert e Baku sui diritti e la sicurezza degli Armeni nel Nagorno-Karabakh. “Intendiamo, ad esempio, che la questione dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno Karabakh potrebbe essere dimenticata e l’Azerbajgian potrebbe continuare la sua politica di pulizia etnica e genocidio contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh attraverso la forza”, ha detto Pashinyan, sottolineando la necessità di garanzie per impedire questa politica.

Il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha dichiarato che durante i colloqui ospitati a Brussel all’inizio di maggio, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, e il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, hanno confermato il loro inequivocabile impegno nei confronti della Dichiarazione di Almaty del 1991 e della rispettiva integrità territoriale dell’Armenia (29.800 km2) e dell’Azerbajgian (86.600 km2).

Artak Beglaryan, il Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, ha presentato alcuni punti riguardanti l’intenzione dell’Armenia a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian e la recente dichiarazione del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, relativa all’Artsakh.

1. Qualsiasi documento e dichiarazione che riconosca l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian è altamente inaccettabile, come hanno dichiarato le autorità della Repubblica di Artsakh, a livello di Presidente, Assemblea Nazionale, Consiglio di Sicurezza e Ministero degli Esteri in tante diciture diverse. È inaccettabile, perché:
1.1. Il popolo dell’Artsakh ha esercitato il suo diritto inalienabile all’autodeterminazione con la norma jus cogens (vincolante) nel 1991 sulla base dei documenti fondamentali del diritto internazionale (Carta delle Nazioni Unite, Patti internazionali sui diritti delle Nazioni Unite, Atto finale di Helsinki, ecc.). Negli anni successivi, il popolo dell’Artsakh ha difeso i propri diritti e dimostrato la propria volontà e capacità di sovranità.
1.2. Sebbene la Repubblica di Artsakh non sia stata pienamente riconosciuta dalla comunità internazionale, tuttavia, la sua indipendenza è stata accettata come una realtà e il suo status è stato riconosciuto a livello internazionale come territorio conteso.
1.3. L’oggetto principale di qualsiasi decisione riguardante lo status e il futuro dell’Artsakh è il popolo dell’Artsakh, gli altri attori grandi e piccoli hanno il diritto solo di esprimere le proprie posizioni, ma non di decidere per conto del popolo dell’Artsakh o di fare dell’Artsakh un oggetto di trattative.
1.4. Pertanto, ignorare questo percorso passato e i diritti e i gravi pericoli esistenziali degli autoctoni e detentori del titolo dell’Artsakh è semplicemente un crimine internazionale.

2. Una delle insidie e delle false argomentazioni abituali dell’Azerbajgian è la tesi della continuità per difetto dei confini sovietici, sulla base della quale si stanno svolgendo i processi di mutuo riconoscimento dell’integrità territoriale di Armenia e Azerbajgian. È infondato e falso per diversi motivi, in particolare:
2.1. La ripartizione territoriale amministrativa dell’URSS non poteva diventare un confine di Stato secondo la logica del principio giuridico internazionale dell’uti possidetis juris (continuità degli ex confini interni), perché tale principio non è un principio universale ed è stato applicato con grandi riserve solo con chiaro accordo reciproco tra alcuni stati decolonizzanti del Sud America e dell’Africa. Il Kosovo è uno dei buoni esempi di esclusione di tale principio, perché anche nel caso del crollo della Jugoslavia, il principio primario nella definizione dei confini degli ex Stati membri è stato il principio della “secessione riparatrice”, basato indissolubilmente sul diritto dei popoli all’autodeterminazione.
2.2. Anche l’Azerbajgian al più alto livello ha rifiutato la continuità dei confini sovietici, quando il Consiglio Supremo di quel Paese nel 1991 ha adottato la dichiarazione “Sul ripristino dell’indipendenza statale dell’Azerbajgian” e l’atto costituzionale “Sul ripristino dell’indipendenza statale dell’Azerbajgian”. Con quei documenti, l’Azerbajgian rinunciò alla successione dell’Azerbajgian sovietico e si dichiarò successore della Repubblica Democratica dell’Azerbajgian del 1918-1920. Questo fatto è importante sottolineare non solo perché l’Azerbajgian ha inizialmente rifiutato l’applicazione del principio dell’uti possidetis juris, ma anche, nel periodo pre-sovietico, il Nagorno-Karabakh era internazionalmente considerato dalla Società delle Nazioni come un territorio conteso e aveva un territorio molto più vasto rispetto all’ex Oblast (regione) autonoma di Nagorno-Karabakh, così come aveva un confine comune con l’Armenia.
2.3. Anche se l’Armenia e l’Azerbajgian concordano reciprocamente di utilizzare i confini amministrativi interni dell’URSS ai fini di delimitazione e demarcazione, vale la pena sottolineare che ciò non significa ancora l’esclusione del diritto all’autodeterminazione esterna del popolo dell’Artsakh, almeno nell’ex Oblast autonomo del Nagorno-Karabakh. Era un’enclave negli ultimi decenni dell’Unione Sovietica e non aveva alcuna associazione diretta con i confini delle due ex repubbliche sovietiche. Pertanto, in casi estremi, questa è anche un’opportunità per la Repubblica di Armenia di coniugare in qualche modo la continuità dei confini sovietici con il riconoscimento e la tutela del diritto dell’Artsakh all’autodeterminazione esterna. Tuttavia, la condizione necessaria per questa soluzione è che l’Armenia non cerchi in alcun modo di riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbaigian e non chiuda l’opportunità e l’obbligo di sostenere la lotta dell’Artsakh per l’autodeterminazione.

3. Le azioni e le dichiarazioni della Repubblica di Armenia volte a riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian sono inaccettabili e illegali, sulla base sia dei ben noti documenti legali internazionali sia della legislazione interna della Repubblica d’Armenia. In particolare:
3.1. La Dichiarazione di Indipendenza della Repubblica di Armenia riconosce chiaramente l’Artsakh come parte della Repubblica di Armenia, sulla base della decisione congiunta del Consiglio Supremo della SSR armena e del Consiglio Nazionale del Nagorno Karabakh del 1° dicembre 1989, “Sulla riunificazione della SSR armena e del Nagorno-Karabakh”. Sebbene in seguito sia stata scelta la via dell’indipendenza dell’Artsakh, deviando dalla disposizione data dalla Dichiarazione di indipendenza armena, ma anche a tale condizione, la possibilità legale dell’Armenia di riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbaigian è escluso in modo inequivocabile. Pertanto, essendo la pietra angolare della Costituzione dell’Armenia, la Dichiarazione di Indipendenza è una solida base giuridica per riconoscere qualsiasi trattato internazionale firmato dall’Armenia come incostituzionale e nullo dall’inizio, che potrebbe riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian.
3.2. La Dichiarazione di Almaty del 21 dicembre 1991, che fa riferimento anche al diritto all’autodeterminazione, è una dichiarazione derivata dall’Accordo dell’8 dicembre che ha portato alla creazione della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Questo accordo è stato ratificato dal Consiglio Supremo dell’Armenia il 18 febbraio 1992, con chiare riserve nei confronti della Repubblica del Nagorno-Karabakh:

  • L’articolo 5 è stato integrato con la frase “diritto alla libera autodeterminazione delle nazioni”, ratificando nella seguente versione: “Le parti riconoscono e rispettano il diritto delle nazioni alla libera autodeterminazione, alla reciproca integrità territoriale e all’inviolabilità delle frontiere”.
  • Il punto 10 recita: “Dopo le parole ‘aperte a tutti gli Stati membri dell’URSS’ nell’articolo 13, secondo comma dell’Accordo, aggiungere ‘anche per le ex entità autonome dell’URSS’, che prima dell’adozione della dichiarazione di il Consiglio Supremo dell’URSS sulla cessazione dell’esistenza dell’URSS hanno tenuto un referendum popolare ‘sulla dichiarazione di indipendenza’ e, sulla base di esso, il più alto organo esecutivo dell’entità autonoma si è rivolto alla Comunità degli Stati Indipendenti con una richiesta di adesione l’organizzazione”.

3.3. L’8 luglio 1992, il Consiglio Supremo di Armenia ha adottato una decisione, il cui 2° punto stabilisce: “È inaccettabile che la Repubblica di Armenia consideri qualsiasi documento internazionale o interno con il quale la Repubblica del Nagorno-Karabakh possa essere menzionata come parte dell’Azerbajgian”.
3.4. In altre parole, la Repubblica di Armenia con il suo atto costitutivo, la Dichiarazione di Indipendenza, ha escluso chiaramente e irrevocabilmente ogni possibilità di riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian, e con le decisioni del Consiglio Supremo, che hanno forza di legge, ha stabilito il diritto alla libera autodeterminazione delle nazioni e ha creato una base legale per la possibilità di adesione dell’Artsakh alla CSI, oltre a considerare direttamente inaccettabile qualsiasi documento che indichi lo status dell’Artsakh come parte dell’Azerbajgian. Quindi, l’Armenia può riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, ma mai con l’inclusione dell’Artsakh o del territorio di 86.600 km2. In questo senso, la dichiarazione odierna di Nikol Pashinyan riguardo alla disponibilità a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian insieme all’Artsakh è altamente inaccettabile e preoccupante.

4. Per quanto riguarda le giustificazioni non legali, tenendo conto dell’eccezionale importanza dell’Artsakh nella sicurezza, nelle relazioni internazionali, nell’identità e in altri campi dello stato armeno e della nazione armena, è persino superfluo che molti spieghino perché qualsiasi documento e la dichiarazione dell’Armenia che riconosce l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian è inammissibile e inaccettabile. Tratterò i dettagli di questa direzione in altre pubblicazioni. PS E quando mi riferisco alle timide e infondate esortazioni ed espressioni di Michel sui diritti e la sicurezza del popolo dell’Artsakh, a causa del suo uso delle tesi azere, devo chiamarlo “l’ex rappresentante eletto della popolazione degli ex Paesi Bassi meridionali”.
E per la Repubblica di Armenia, le questioni dei diritti e della sicurezza del popolo dell’Artsakh non possono eludere il diritto all’autodeterminazione, che in questo caso è il fulcro del resto dei diritti e persino dell’architettura di sicurezza dell’Artsakh e dell’Armenia.

Il personale militare del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh, insieme all’ONG multinazionale “Siamo uniti”, ha svolto un’azione umanitaria programmata per coincidere con il 78 ° anniversario della vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Nell’ambito della campagna, più di 90 tonnellate di frutta e verdura sono state consegnate a tutti gli alunni delle scuole materne del Nagorno-Karabakh e agli studenti delle scuole Askeran, Martakert, Martuni e Stepanakert. È stato anche dato aiuto ad un orfanotrofio e a ragazze incinte.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Antonia Arslan presenta il nuovo libro in VEZ (Comune Venezia 03.02.23)

Nuovo appuntamento per Indovina chi viene in VEZ?: la nuova ospite del salone letterario della Biblioteca Civica VEZ questa volta sarà Antonia Arslan, famosa scrittrice e saggista italiana di origine armena, che martedì 7 febbraio alle ore 18.00 presenterà il suo nuovo libro Il destino di Aghavnì.

Nel maggio del 1915, subito prima dell’inizio del genocidio degli armeni, in una Piccola Città del centro dell’Anatolia, una ragazza di 23 anni che si chiama Aghavnì, esce di casa con i suoi cari, il giovane marito e i due figli, un bambino di sei anni e una bambina di due. Nessuno li vedrà mai più. Scompaiono, semplicemente, senza lasciar traccia. Sono stati uccisi? O rapiti? Ma da chi? Nonostante le intense ricerche delle due famiglie, nessuno sembra saperne qualcosa. Poi, anche il loro ricordo sbiadisce fino a scomparire, nell’imperversare dei terribili eventi che iniziano proprio in quei giorni, alla fine di maggio 1915. Da una fotografia di questa sorellina di suo nonno, ritrovata a casa di un cugino in America, Antonia Arslan trae un racconto avventuroso di dolore e di riscatto, di morte e di rinascita, che culmina in uno strano Natale, in un misterioso presepio che diventa un riscatto dei cuori.

L’autrice, vincitrice del Premio Stresa e del Premio Campiello con La masseria delle allodole, diventato film grazie ai fratelli Taviani, e insignita nel 2022 del Premio Comisso alla carriera per scrittori veneti, verrà intervistata da Alessandro Voltolina.

Ingresso libero fino ad esaurimento posti.

INFO www.culturavenezia.it/biblioteche

PADOVA – Dal 30 apprile al 29 maggio 2022 – Mostra  Mistero armeno. Daniel Varujan in poesie e immagini”  opere di SILVIA PAGGIARIN

Mostra 

Mistero armeno. Daniel Varujan in poesie e immagini” 

opere di SILVIA PAGGIARIN

30 aprile -29 maggio 2022 

Sala della Gran Guardia -Piazza dei Signori

Padova 

Orari di apertura

9.30 -12.20 e 16.00-19.00

chiuso il lunedì

 

 

 

 

 

Guerra tra Armenia e Azerbaigian: ecco cosa sta succedendo (Ilprimatonazionale 19.11.21)

Erevan, 18 nov – Mentre un numero imprecisato di armeni sta fuggendo dell’Afghanistan – a bordo degli aerei militari cargo russi che stanno portando in salvo oltre 300 persone dall’odio religioso dei Talebani – lungo il fronte orientale del confine armeno la situazione bellica non sembra tranquillizzarsi. La tensione nel Caucaso, infatti, persiste lungo la linea di contatto tra le forze armene e azerbaigiane dal Gegharkunik al Nagorno Karabakh, fino ad arrivare ai confini con l’Iran, nonostante le misure internazionali precedentemente accordate. L’accordo trilaterale raggiunto da Armenia, Azerbaigian e Russia, il 9 novembre 2020 – al termine della Guerra dei 40 giorni – aveva permesso di fermare lo spargimento di sangue nei territori dell’Artsakh. Tuttavia, rimane ancora molto alta la tensione lungo tutto il confine.

Gli ultimi scontri tra Armenia e Azerbaigian

Lo scorso 16 novembre infatti, l’esercito dell’Azerbaigian, contravvenendo agli accordi ha lanciato un durissimo attacco all’Armenia dal confine orientale. Gli alleati della Turchia hanno schierato sul campo mezzi corazzati, artiglieria pesante e armi di ogni calibro. Decine di soldati sono rimasti uccisi in entrambe le fazioni e alcuni soldati armeni sono stati catturati e malmenati – come dimostrano alcuni video girati dagli stessi soldati azeri – contravvenendo alle leggi internazionali sui diritti umani.

Il primo ministro russo Mikhail Mishustin è atterrato nelle scorse ore nella capitale armena per discutere la questione del Nagorno Karabakh alla riunione del Consiglio intergovernativo eurasiatico. Sempre in queste ore il ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, ha sottolineato che l’Azerbaigian ha lanciato un’altra aggressione contro il territorio sovrano dell’Armenia. “Dalla firma della dichiarazione trilaterale, il 9 novembre scorso – ha dichiarato Myrzoyan – la leadership politico-militare dell’Azerbaigian ha minato la sicurezza e la stabilità nelle regioni di confine e gli sforzi dell’Armenia volti a ridurre l’escalation della situazione attraverso azioni provocatorie”.

La posizione dell’Iran

A entrare nella discussione internazionale arriva anche il vicino Iran, confinante a sud con i tre stati in lotta. Il ministro degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh, si dice preoccupato per le nuove azioni militari al confine tra Armenia e Azerbaigian e ha invitato i due paesi a mostrare moderazione. Il politico sciita ha sottolineato quindi la necessità che i due Paesi rispettino i confini riconosciuti a livello internazionale e li ha esortati a risolvere i problemi attraverso il dialogo con mezzi pacifici, ricordando, ancora una volta, che l’Iran è pronto ad aiutare entrambe le parti a risolvere le controversie e a stabilire la sicurezza nella regione.

Attesa per il consiglio intergovernativo eurasiatico

Sempre in questi giorni si è svolta a Erevan la seduta ristretta del Consiglio intergovernativo eurasiatico, alla quale hanno partecipato il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan e quelli di Russia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan, oltre al presidente del consiglio di amministrazione della Commissione economica eurasiatica Mikhail Myasnikovich. In primo luogo, il premier armeno ha incontrato i partner degli Stati membri dell’Uee dichiarando nel suo discorso di benvenuto: “Sono lieto di dare il benvenuto al Presidente del Gabinetto dei ministri della Repubblica del Kirghizistan, il rispettoso Akylbek Usenbekovich Japarov, e gli auguro un lavoro fruttuoso nel suo incarico di responsabilità. L’incontro di oggi è per noi un evento molto significativo. Siamo lieti di avere l’opportunità di ricevere ospiti illustri a Yerevan, di tenere una riunione del Consiglio intergovernativo e di contribuire così al rafforzamento della nostra Unione”.

Oggi, 19 novembre, si terrà la seduta ampliata del Consiglio intergovernativo eurasiatico. Augurandoci si possa arrivare anche a una rapida e corretta soluzione della guerra tra Armenia e Azerbaigian nel riconfermare, come sottolineato da Russia e Iran, i confini politici dell’Armenia già sanciti dalla diplomazia internazionale.

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Armenia-Azerbaigian: ministero Difesa Erevan comunica morte di un soldato lungo zona di confine (Agenzia Nova 25.05.21)

Erevan, 25 mag 15:52 – (Agenzia Nova) – Il ministero della Difesa dell’Armenia ha comunicato oggi la morte di un soldato, colpito da un bombardamento effettuato dalle forze armate dell’Azerbaigian. “Intorno alle 14.20 del 25 maggio, è stato registrato un incidente con l’uso di armi da fuoco nella zona di confine vicino al villaggio di Verin Shorzha della regione di Gegharkunik. Il nemico ha sparato in direzione delle posizioni armene”, ha detto comunicato il dicastero di Erevan, che ha confermato la morte di un soldato. (Rum)

Turchia, Erdogan segue lo schema del passato. E la colpa è anche di chi lo lascia fare (Ilfattoquotidiano 14.10.19)

La “profondità strategica” di Recep Tayyip Erdogan segue (impunita) lo schema del passato: è pulizia etnica. Oggi la spada del Sultano è puntata contro i curdi, gli unici ad aver combattuto davvero lo Stato Islamico, dopo la retromarcia di Donald Trump che ha lasciato campo libero alle milizie turche. Ma ieri le armi ottomane si sono strette attorno al collo di armeni, ciprioti e greci del Ponto, sempre seguendo la stessa linea: quella del genocidio, quella della repressione violenta e barbara, quella di una vera e propria pulizia etnica.

Come contro i greci del Ponto dopo i massacri di Smirne, contro gli armeni abbandonati anche dal resto del mondo e contro i ciprioti dopo che l’isola fu invasa da 50mila militari turchi, a seguito del tentato golpe di Atene. Quei militari sono ancora nella Katekomena, la parte settentrionale di Cipro. E non se ne vanno.

Dopo la Prima Guerra Mondiale e fino al 1923, almeno 500mila greci (ma c’è chi li stima in più di 5 milioni) vennero trucidati tra omicidi, impiccagioni, fino a stenti e malattie. Una delle mani più efferate fu quella di Ismail Enver, anche consulente per l’esercito tedesco: testimoniò che il ministro turco della Difesa riferì nel 1915 che voleva “risolvere il problema greco allo stesso modo in cui pensava di aver risolto il problema armeno”.

Molti Paesi hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio, prima tra tutte la Grecia nel 1994, seguita da Austria, Canada, Australia, Armenia e anche da alcuni stati Usa, come Carolina del sud, New Jersey, Florida, Massachusetts, Pennsylvania e le città di New York e Cleveland, ma poi le risoluzioni non sono state recepite a livello federale. Ma in Turchia chi usa quel termine rischia la pelle: anzi, il ministero degli Esteri turco ha chiesto al Parlamento greco che ha istituito la giornata del ricordo di scusarsi con il popolo turco per i massacri perpetrati in Anatolia.

Genocidio fu anche a Cipro, dove nel 1974 la Turchia ha bombardato l’isola occupandone la metà settentrionale, nel silenzio delle istituzioni. Quando nel 2004 i ciprioti furono chiamati a decidere sul piano Annan di possibile riunificazione con un referendum, votarono no perché dietro quel piano c’erano sospetti e ombre. I sussurri di quei giorni citavano anche un’isola che si dice fosse stata donata presumibilmente al figlio di Kofi Annan, numero uno dell’Onu che fu regista di quel tentativo, su cui però nulla più si è saputo. Ma il piano fu bocciato da Nicosia perché solo a favore dei turchi, con un trasferimento di ricchezza e risorse dal lato greco a quello turco.

Fatti, ricostruzioni oggettive, con nomi e volti di chi è stato massacrato. Ma nonostante ciò c’è chi ancora nega il sangue versato. Un po’come accadeva negli anni 50, quando si negava l’Olocausto. Ci sono voluti anni, testimonianze, tonnellate di libri e film per raccontare al mondo la barbarie nazista. Ma se ieri la tecnologia non poteva essere di aiuto a chi faceva carte false per nascondere quei crimini, oggi che tutto è visibile e protofanico. Spiace che una buona fetta del mondo giri la testa dall’altro lato. Nato e Casa Bianca in testa.

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Marcello Flores racconta il genocidio degli armeni (Lapiazzaweb.it 31.01.19)

MAROSTICA. Marcello Flores sarà al Castello Inferiore di Marostica sabato 2 febbraio alle 17.30 per affrontare il tema de “Il Genocidio degli Armeni, tra storia e racconto”. L’incontro, a cura di Maurizio Panici, sarà accompagnato dalle letture degli attori dell’Associazione Teatris.

Marcello Flores, professore dell’Università degli Studi di Siena e direttore del Master europeo in “Human Rights and Genocide Studies”, è autore del libro “Il genocidio degli Armeni”(Il Mulino), il primo studio sistematico di uno storico italiano che va ad arricchire con nuove acquisizioni documentarie e storiografiche un tema oggi dibattuto. Il libro prende le mosse dal declinare dell’impero ottomano nell’Ottocento, per mostrare come già sul finire del secolo il governo metta in opera un piano demografico-sociale che, a fronte del problema di ricollocare i cittadini turchi espulsi dalle regioni europee dell’impero diventate indipendenti, prevede la completa turchizzazione dell’Anatolia, attuata a spese degli armeni. Questi ultimi subiranno crescenti persecuzioni fino alla decisione, presa nel corso della Grande Guerra, di deportarli e sterminarli. Fra aprile 1915 e settembre 1916 centinaia di migliaia di armeni vennero uccisi. Oltre a ricostruire analiticamente il processo, Flores presenta anche la lunga battaglia della memoria che tuttora si combatte su un genocidio che la Turchia continua a negare.

L’incontro è organizzato dall’Assessorato alla Cultura della Città di Marostica, dal Comitato Biblioteca, dalla Biblioteca Civica e dalle Associazioni Teatris, Argot, Piccionaia.  In biblioteca è disponibile una bibliografia ragionata sul tema degli Armeni. Ingresso libero.

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Germania-Armenia: inizia oggi la visita del premier Pashinyan, domani incontro con Merkel (Agenzianova 30.01.19)

Erevan, 30 gen 09:09 – (Agenzia Nova) – Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e la sua consorte Anna Hakobyan partono oggi per una visita ufficiale in Germania su invito del cancelliere tedesco Angela Merkel. Lo ha riferito l’ufficio stampa del capo del governo di Erevan. A Berlino, il primo ministro armeno avrà degli incontri con il presidente della Germania Frank-Walter Steinmeier, il cancelliere Merkel e il presidente del Bundestag Wolfgang Schauble. Pashinyan visiterà anche la sede della Fondazione Konrad Adenauer dove terrà un discorso. È previsto anche un incontro con i vertici delle principali aziende tedesche. Il primo ministro incontrerà la comunità armena residente a Colonia dove sarà anche ricevuto dal sindaco della città. Pashinyan visiterà, infine, l’Università tecnica di Colonia e incontrerà gli studenti e il personale accademico. (Res)

Adora il blues e ha origini armene, ecco chi è Paolo Kessisoglu (Popcorntv 20.12.18)

Paolo Kessisoglu è un attore e conduttore televisivo italiano che fa coppia da anni con Luca Bizzarri. Il comico ha origini armene da parte paterna, di cui va fiero e tramanda la memoria del massacro del popolo armeno. Scopriamo insieme qualche curiosità sull’artista che fa sorridere – insieme al suo compagno di avventure – da diversi anni il pubblico italiano.  Chi è Paolo Kessisoglu? Paolo Kessisoglu è nato a Genova nel 1969. La sua carriera inizia in ambito musicale, visto che sin da ragazzino suona la chitarra in diversi gruppi jazz. Conosce Luca Bizzarri nel 1991, formando quello che si è rivelato essere un duo davvero forte dal punto di vista televisivo, facendo il proprio debutto in Ciro, il figlio di Target nel 1997.  I due, in un primo momento, facevano parte del gruppo cabarettistico de I Cavalli Marci, dai quai si allontanano per realizzare semplicemente l’accoppiata vincente di Luca e Paolo. Il duo di Luca e Paolo, poi, è passato alla conduzione de programma Le Iene, ma anche in Camera Cafè dove hanno messo in atto divertenti sketch comici.  Abbiamo visto Paolo anche al cinema in questi ultimi anni: possiamo citare, tra gli ultimi titoli, Immaturi, Immaturi – Il viaggio, Colpi di fortuna e Un fidanzato per mia moglie.  Paolo Kessisoglu, la moglie e la vita privata Paolo Kessisoglu è sposato con con la giornalista Sabina Donadel dal 2003. Insieme,  due hanno avuto una figlia, Lunitta Kessisoglu.  Una cosa che accomuna tutta la famiglia e che padre, madre e figlia sono tutti vegetariani.  Paolo Kessisoglu, qualche curiosità sul conduttore TV Paolo ha avuto l’onore di salire sullo stesso palco insieme ai Deep Purple durante un loro concerto, suonando a chitarra la canzone Smoke on the Water. È un grande tifoso del Genoa, proprio come il suo papà. Ha avuto un incidente grave durante le riprese di Immaturi, quando la troupe si è spostata in Grecia, precisamente a Paros. In quel frangente – come raccontato a Vanity Fair, l’attore ha perso la fede nuziale, poi ritrovata poco dopo sull’asfalto.,  Suona la chitarra e adora il blues. Tra i suoi artisti preferiti, ci sono Fast Domino e Chuck Barry. Ritroviamo Paolo anche nella giuria di Sanremo Giovani 2018, che valuterà le nuove proposte.
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Aznavour e la sua Armenia. Storia breve di un amore doloroso e mai tradito (Agi.it 02.10.18)

La casa di Charles Aznavour a Erevan ha la vista sul Monte Ararat, quello che segnò la fine del Diluvio Universale sostenendo il peso dell’Arca di Noè. Luogo caro agli ebrei, segnati nella storia del secolo scorso dal più grande genocidio della storia, così come lo erano stati gli armeni qualche anno prima della Soluzione Finale. Uno sterminio voluto da un gruppo di ufficiali nazionalisti turchi, che fecero fare il lavoro sporco ai curdi per non avere troppi imbarazzi: tipico di ogni impero multietnico come lo era quello ottomano. Secondo alcune stime i morti furono un milione e mezzo, ma è impossibile dare cifre certe.

Due identità in una sola anima

La storia personale di Aznavour iniziava proprio con quella orribile strage, e la fuga dei superstiti in ogni angolo d’Europa e del mondo. Proprio come gli ebrei. Lui non era ancora nato, ma sua madre gli trasmise in quel di Parigi dove si era rifugiata con il padre, armeno anche lui, due cose. La prima il senso dell’identità, per cui si possono avere due patrie ed essere fedeli a entrambi; la seconda il senso di una presenza cupa di violenza e dolore che pervade le esistenze.

Forse è per questo che lui, Aznavour, una piega amara nell’espressione l’ha sempre mantenuta, anche se per sua stessa ammissione la parte piacevole della vita non gli era per nulla estranea. Francese e armeno, tutta la vita senza concessioni alle facili argomentazioni dei sovranisti per cui sei una cosa o dei un’altra: l’animo umano è troppo stretto per comprendere due continenti.

Quando è bene sapere

Ora, non è che Aznavour abbia fatto una bandiera della sua doppia identità culturale. Parlava francese (e altre quattro lingue) ed in francese cantava. Ma soprattutto dopo il 1989, quando il crollo dell’Urss fece scoprire agli occidentali l’altra metà del mondo scongelando antiche culture e vecchie rivalità, sentì la voce dell’altra metà dell’Io che lo chiamava suadente come se stesse cantando “Devi sapere”: “La dignità devi salvare / malgrado il male che senti … ”. Sarà stata anche una canzone d’amore del 1962, ma sembrano le sensazioni di qualcuno a cui la Storia torna addosso, tutta in una volta con il suo peso schiacciante.

Le vicende dell’Armenia da quel momento diventano quasi un’ossessione, come se lui, scampato al massacro, cercasse di farsi perdonare da chi non era riuscito a mettersi in salvo.

La riscoperta dell’antica masseria

In realtà l’impegno risale a poco tempo prima: era il 1988 – piena era gorbacioviana, quando nessuno nemmeno immaginava cosa sarebbe successo di lì a pochi mesi – e la Repubblica Sovietica d’Armenia venne sconvolta da un terremoto. Venticinquemila morti, forse il doppio, intere città distrutte e Gorbaciov in persona che si deve umiliare a chiedere aiuto all’America di Ronald Reagan. Lui canta (in francese) “Pour toi Armenie”, e la fa interpretare a 90 suoi colleghi di ogni cultura e lingua. I proventi serviranno alla ricostruzione. Lui ha ritrovato la sua prima casa. Parafrasando un libro che ha fatto conoscere anche all’Italia il massacro degli armeni, la sua prima masseria.

Un ponte aereo privato

Il salto di qualità, comunque, viene spiccato quando l’Urss già non esiste più: l’Armenia è indipendente da appena un anno e si scatena la guerra con il vicino Azerbaigian, a causa di un’enclave in territorio azero chiamata Nagorno Karabakh. Di nuovo, come settant’anni prima, l’incubo della pulizia etnica. Lui, senza dire niente a nessuno, paga il biglietto per fuggire in Occidente a migliaia di persone. Un ponte aereo privato.

A Erevan non se lo dimenticano: lo nominò rappresentante permanente presso l’Unesco, poi ambasciatore in Svizzera (lui vi vie per alcuni anni; si dice anche a causa di problemi con il fisco francese, ma l’uomo è essere molto complicato, alle volte), poi “eroe nazionale”. Gli intitolano una piazza: è l’immagine dell’Armenia nel mondo e al tempo stesso quella di una identità nazionale che non ha bisogno del nazionalismo per affermarsi. Anche se la lingua prediletta resta sempre quella, il francese.

Undici fuggiaschi in tre stanze

Una lingua, per l’appunto, imparata da piccolo, armeno errante, sulle strade di Parigi vivendo la condizione psicologica (ancora una volta la Masseria delle Allodole di Antonia Arslan) di chi cerca “il caldo nido di una volta: non estranea, non ospite, ma passeggera in attesa di un treno di cui non conosco l’orario”.

Forse è anche per questo che, quando nella Parigi occupata dai nazisti inizia la caccia all’ebreo, nelle tre stanze della casa degli Aznavourian (il vero nome della famiglia Aznavour) vivevano madre, padre, due figli e 11 uomini e donne in fuga dall’Olocausto. Due popoli, un unico dolore. Anche se lui, verso la fine della vita, annoterà con mestizia: “Mi duole molto che Israele non abbia riconosciuto il genocidio degli Armeni: fu quello il modello a cui i nazisti si rifecero per la Soluzione Finale degli Ebrei”.

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