Caucaso in fiamme: la Turchia cerca la rivincita dopo l’umiliazione in Siria (Spondasud news 04.04.16)

L’Armenia riconoscerà l’indipendenza del Nagorno-Karabakh se le ostilità nella regione si intensificheranno: lo ha dichiarato il presidente armeno Serzh Sargsian, aggiungendo che la Turchia “dovrebbe in generale essere tenuta lontana dalla crisi”. Dalla ripresa delle ostilità venerdì 1 aprile, sono rimasti uccisi almeno 33 soldati e tre civili. Più di 200 soldati e civili sono stati feriti. Si tratta dell’escalation più violenta da quando, nel 1994, l’armistizio firmato tra Erevan e Baku aveva ufficialmente chiuso le ostilità senza un accordo sullo status dell’enclave.

Si riaccende dunque drammaticamente la tensione nella contestata regione del Nagorno Karabakh, un delicato quadrante geopolitico dove gravitano Russia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Turchia e Iran.

Baku aveva annunciato il 3 aprile che avrebbe cessato le ostilità in modo unilaterale, visto che già aveva conquistato diverse posizioni strategiche all’interno dell’enclave. Le autorità  del Nagorno Karabach si sono dette “pronte a discutere una proposta di tregua”, ma solo a patto di riavere indietro i territori perduti. Il cessate il fuoco azero però è durato meno di 24 ore. Le forze azere hanno infatti intensificato i bombardamenti sulle posizioni dell’esercito del Karabakh, usando mortai da 152 mm, lanciarazzi e carri”. Il ministero della difesa di Erevan sostiene che l’esercito armeno è comunque “ampiamente avanzato in certe zone del fronte e ha preso nuove posizioni”.

La comunità internazionale, Russia per prima, ha chiesto di deporre le armi, ma le dichiarazioni delle forze sul territorio hanno tutt’altro tono. “Se le provocazioni armene proseguiranno lanceremo un’operazione ampia lungo tutta la linea del fronte e useremo tutte le nostre armi”, ha affermato il portavoce del ministero della difesa dell’Azerbaigian, Vagif Dargahly.

Negli anni ’20 il territorio era stato assegnato da Stalin all’Azerbaigian poi, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la questione del Nagorno Karabakh riemerse drammaticamente a causa dell’azerificazione forzata della regione operata da Baku. La locale popolazione armena, con il supporto dell’Armenia stessa, si mobilitò per riunire la regione alla madrepatria. Nel settembre 1991 il soviet locale dichiarò la nascita della nuova Repubblica del Nagorno Karabakh, autoproclamatasi indipendente dall’Azerbaigian dopo che questo aveva deciso di uscire dall’Unione Sovietica. Nel gennaio del 1992 la reazione militare azera accese un feroce conflitto che provocò 30mila vittime e si concluse con un accordo di cessate il fuoco nel 1993.

LA POSIZIONE DELL’ITALIA – Il Ministero degli Esteri esprime profonda preoccupazione per i continui scontri lungo la Linea di Contatto nell’area interessata dal conflitto del Nagorno Karabakh e per le vittime causate dai combattimenti”. E’ quanto si legge in una nota della Farnesina che “richiama tutte le parti all’immediato rispetto del cessate il fuoco e ad astenersi da ulteriori atti di ostilità”. “L’attuale situazione conferma – conclude la nota – che non può esservi una soluzione militare al conflitto. Il Ministero degli Esteri fa appello alle parti affinché siano ripresi gli sforzi negoziali per una soluzione pacifica del conflitto, sotto gli auspici del Gruppo di Minsk e dei tre Co-Presidenti”.

L’APPELLO DEGLI ARMENI D’ITALIA – L’Unione degli Armeni d’Italia esprime grave preoccupazione per il più massiccio attacco militare dell’Azerbaigian lungo tutta la linea di contatto con la Repubblica Autonoma del Nagorno Karabakh (Artsakh). Nelle ultime 48 ore, l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva combinata terra-aria senza precedenti, violando apertamente il cessate il fuoco firmato nel 1994. L’attacco da parte del regime autoritario di Baku è in assoluto il più violento dal 1994 contro infrastrutture e insediamenti civili e militari, ed è da considerarsi un vero e proprio atto di guerra.

Secondo fonti ufficiali gli attacchi hanno causato la morte di un bambino armeno di 12 anni e il ferimento grave di altri due bambini durante il bombardamento della loro scuola. Inoltre, sono stati uccisi 18 soldati dell’Esercito di Autodifesa del Nagorno Karabakh, mentre il numero dei feriti è di 35 persone. L’aggressione militare dell’Azerbaijan è stata sferrata quasi in concomitanza con la chiusura dei lavori del vertice, che si è recentemente tenuto a Washington contro la proliferazione delle armi nucleari, a cui hanno partecipato oltre cinquanta capi di stato (inclusi i presidenti dell’Armenia, dell’Azerbaigian e della Turchia).

La comunità armena d’Italia è inoltre inorridita dalle immagini di tre anziani armeni torturati e uccisi dalle forze speciali azere a Talish, nel nord-est del Nagorno Karabakh. Continui appelli lanciati dalla comunità internazionale nel risolvere il contenzioso attraverso negoziati di pace (non ultimi i recentissimi richiami fatti dai co-presidenti mediatori del Gruppo di Minsk dell’OSCE, dalla presidenza di turno tedesca dell’OSCE, dal Vice-Presidente e dal Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, dal Presidente della Federazione Russa) sono stati palesemente ignorati dalla parte azera. L’Unione degli Armeni d’Italia qualifica rivoltante la dichiarazione da parte delle autorità azere di una tregua unilaterale alle ore 14.00 di domenica 3 aprile, seguita a distanza di minuti da un massiccio bombardamento azero con missili Grad contro obiettivi civili armeni nella città di Mardakert.

Come cittadini italiani ed europei di origine armena, membri di una comunità storica presente in Italia e con l’Italia da circa duemila anni, lanciamo un accorato appello alle nostre autorità italiane e ai membri italiani del Parlamento Europeo affinché prendano una netta posizione di condanna contro ogni tipo di violazione del cessate il fuoco lungo la linea di contatto tra l’Azerbaijan e il Nagorno Karabakh e affinché si adoperino in ogni modo per la soluzione del conflitto attraverso negoziati di pace. Chiediamo a gran voce al Governo italiano di condannare senza ambiguità l’aggressione azera e di adoperarsi concretamente il prossimo 5 aprile alla riunione del Gruppo di Minsk dell’OSCE per ristabilire la pace in Nagorno Karabakh e rilanciare i negoziati per una soluzione duratura del conflitto, basata sul di basata sul diritto universale all’autodeterminazione dei popoli sancito dalla Carta dell’ONU e dall’Atto Finale di Helsinki.

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