Caucaso, Repubblica dell’Artsakh allo stremo, l’Azerbajian potrebbe lanciare l’ultima offensiva (La Stampa 22.12.22)

L’appello alla comunità internazionale: «Senza gas, cibo e medicine: siamo isolati, il mondo intervenga»

Testo e foto di Roberto Travan

Si aggrava la situazione dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh, nel Caucaso meridionale. L’intera popolazione – 120.000 abitanti di cui un terzo sono bambini – dal 12 dicembre non può più uscire dal Paese perché l’Azerbajian ha chiuso l’unica via di accesso. Il collegamento con l’Armenia da oltre dieci giorni è infatti bloccato da sedicenti ambientalisti azeri che hanno occupato il corridoio di Lachin. Tra essi, come hanno documentato fonti indipendenti, appartenenti alle forze speciali azere e membri dei Lupi Grigi, formazione terroristica radicata in Turchia, Paese che due anni fa aveva sostenuto militarmente l’offensiva azera contro l’Artsakh; anche noti personaggi riconducibili a fondazioni finanziate dalla famiglia del presidente Aliyev.

Il contingente russo – che dovrebbe vigilare l’intera linea di contatto tra Artsakh e Azerbajian in base agli accordi di cessate il fuoco firmati il 9 novembre 2020 – finora non è riuscito a liberare l’unica strada attraverso la quale giungevano quotidianamente rifornimenti di cibo, medicine e carburante. La situazione è gravissima perché gli azeri negli scorsi giorni hanno anche sospeso le forniture del gas dopo aver da tempo ridotto significativamente quelle dell’acqua potabile. Il Paese è insomma isolato, allo stremo, e difficilmente riuscirà a superare indenne l’inverno se nei prossimi giorni non saranno ripristinati i collegamenti.

Dopo gli appelli alla comunità internazionale da parte dei ministri degli Esteri di Armenia e Artsakh e quello dei rispettivi Difensori dei diritti umani, ora a lanciare l’allarme è Ruben Vardanyan, ministro della piccola Repubblica: “Siamo sull’orlo di una catastrofe umanitaria, abbiamo bisogno del vostro aiuto: l’Azerbajian vuole che gli armeni cedano alle sue richieste e sta cercando ogni scusa per violare ulteriormente i diritti del mio popolo”.
Vardanyan non ha dubbi: “Il comportamento di Baku prova che non è interessato ad offrire alcuna sicurezza e protezione alla nostra popolazione”.

I blocchi in corso, secondo molti osservatori, potrebbero essere l’ultimo passo per la totale occupazione dell’Artsakh, iniziata nel 2020 con la sanguinosa Guerra dei 44 giorni che aveva causato oltre 7000 morti e più di 100.000 sfollati. Ora, chiudendo l’unica via di accesso alla capitale Stepanakert, l’enclave armena verrebbe definitivamente costretta alla capitolazione e i suoi abitanti costretti alla fuga. Il ministro degli Affari Esteri dell’Artsakh, Davit Babayan, ha nuovamente ammonito “che l’assenza di una reazione adeguata da parte della comunità internazionale potrebbe essere la causa di nuovi tragici sviluppi”. Purtroppo gli appelli al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e al Gruppo di Minsk dell’Osce fino a questo momento non hanno sortito reazioni. Nel frattempo l’Azerbajian continua impunemente a soffocare e a minacciare l’Artsakh: le scorte di cibo sono agli sgoccioli, decine di malati gravi non possono essere curati perché le medicine scarseggiano ed è impossibile trasferirli negli ospedali armeni, chiuse tutte le scuole, a secco le scorte di carburante. Il resto lo farà il rigido inverno del Caucaso.

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