CCEE: pace in Ucraina, Terra Santa e nel Nagorno Karabakh (Korazym 04.12.23)

Giovedì 30 novembre si è conclusa a Malta l’assemblea plenaria del Ccee che ha riunito i presidenti delle Conferenze episcopali europee: “I vescovi europei hanno guardato con preoccupazione agli scenari di guerra: quella in Ucraina che è giunta al suo secondo anno, la situazione in Nagorno Karabakh e il conflitto in Terrasanta, ribadendo il no alla guerra e rinnovando l’appello per un cessate il fuoco definitivo, perché si prosegua con la liberazione degli ostaggi e si tengano aperti i corridoi umanitari a Gaza”.

Nel comunicato conclusivo i vescovi hanno evidenziato che tra le sfide che la Chiesa si trova ad affrontare sono state indicate la difesa della vita e della dignità umana, il protagonismo dei giovani, le nuove ondate migratorie, la persecuzione nascosta dei cristiani in Europa e le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale. La sfida più grande resta quella dell’evangelizzazione, per annunciare in un’Europa sempre più tentata da secolarismo, fondamentalismo e nazionalismi populisti, la gioia del Vangelo che scaturisce dall’incontro con Cristo.

Durante la plenaria, il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo, ha affrontato il tema del ministero episcopale in una Chiesa sinodale, mentre il card. Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo dei vescovi, ha parlato del ruolo delle strutture sovranazionali nel cammino sinodale. Il card. Grzegorz Rys, arcivescovo di Łódź, ha presentato il rapporto del Gruppo di lavoro per l’aggiornamento della ‘Charta Œcoumenica’, il documento di cooperazione tra le Chiese cristiane in Europa, firmato da CCEE e CEC nel 2001.

Nella sua relazione, il card. Grech si è soffermato sul ministero episcopale nella relazione di sintesi della prima sessione del Sinodo ed ha sottolineato che questo tema ‘risulta ricco e complesso’:

“Quanto emerge dal consenso sulla figura del Vescovo, ma anche dalle questioni da affrontare e dalle proposte che sono emerse dall’Aula, si può concludere che il processo sinodale in atto costituisce un’opportunità straordinaria per un rinnovamento del ministero episcopale a tutti i livelli in cui si esprime.

Non si può comprendere la Chiesa sinodale e i tre elementi che la strutturano (la comunione, la partecipazione e la missione) senza il ministero dei Vescovi; ma non si può più pensare il ministero dei Vescovi senza riferimento alla Chiesa sinodale. I due termini si corrispondono e stabiliscono un rapporto di circolarità che torna a vantaggio sia della Chiesa che del corpo episcopale”.

Nelle Conferenze episcopale avviene quel discernimento nato dal Popolo di Dio: “E’ la consultazione stessa del Popolo di Dio a richiedere un atto di discernimento dei Pastori. Il primo discernimento dei Pastori di ogni singola Chiesa, espresso nell’invio del contributo diocesano, risulta ulteriormente confermato nel discernimento congiunto dei Vescovi che in forma assembleare si pongono in ascolto di ciò che lo Spirito ha detto alle Chiese.

Le sintesi delle Conferenze Episcopali sono state dunque un atto di vero discernimento episcopale, e per il fatto che tale atto è compiuto da tutte le Conferenze Episcopali all’interno di uno stesso processo sinodale, si può pensare il consenso che ne è emerso come un atto collegiale dei Vescovi in comunione con il Vescovo di Roma.

Non si tratta naturalmente di un atto di magistero infallibile, che tale può essere unicamente in ragione del riconoscimento del papa, ma di un discernimento ecclesiale che conferisce autorevolezza alle Conferenze Episcopali ben oltre il livello pastorale nel quale sono attualmente configurate”.

Inoltre al termine dei lavori, all’unanimità, i vescovi hanno deliberato il trasferimento della sede del CCEE da San Gallo (Svizzera) a Roma nel prossimo anno ed hanno espresso gratitudine alla Chiesa svizzera, e in particolare alla diocesi di san Gallo, per l’accoglienza e la generosità con cui hanno accompagnato il lavoro del Segretariato del CCEE in questi anni.

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