Centotreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Riconoscere il diritto all’auto-determinazione e all’indipendenza dell’Artsakh. Sanzionare Aliyev e Azerbajgian (Korazym 24.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi segna il 103° giorni da quando l’Azerbaigian ha iniziato il blocco dell’Artsakh. Ogni mattina penso: non so più cosa dire sul blocco del Corridoio di Lachin. Poi, mi ricordo che è necessario prendere posizione. La neutralità aiuta l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio incoraggia il carnefice, mai la vittima. È necessario interferire. Quando le vite umane sono in pericolo, quando la dignità umana è in pericolo, i confini e le sensibilità nazionali diventano irrilevanti. La comunità intenzionale deve riconoscere la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e contemporaneamente sanzionare l’autocrate Aliyev e il regime autocratico del’Azerbaigian, in modo da porre fine alle politiche di genocidio contro la popolazione armena dell’Artsakh e dell’Armenia.

Il Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh informa che le forze armate dell’Azerbajgian il 23 e 24 marzo hanno nuovamente aperto il fuoco su un gruppo di contadini che svolgevano lavori di potatura nei vigneti della comunità di Machkalashen della regione di Martuni dell’Artsakh. Nel comunicato diffuso oggi, il Ministero degli Interni nega anche le accuse azere di aver utilizzato la strada Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor per il trasporto di rifornimenti militari: «Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua a diffondere disinformazione secondo cui la parte armena starebbe utilizzando la strada Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor per trasportare rifornimenti militari. Portando avanti questa [narrazione], la parte azera sta fuorviando la comunità internazionale, preparando il terreno per un’altra provocazione contro la popolazione civile dell’Artsakh. Il Ministero degli Interni ritiene necessario sottolineare ancora una volta che il movimento dei civili e il trasporto di beni umanitari vengono effettuati lungo la strada forestale e di montagna che aggira Shushi, accompagnato dalle forze di pace russe. Tenendo conto della posizione geografica di quella strada, il traffico è organizzato da veicoli grandi e [ad alto ingombro], che la parte azera travisa come trasporto militare».

Oggi ricorre il primo anno dall’occupazione di Parukh e Karaglukh nella regione di Askeran della Repubblica di Artsakh da parte delle forze armate dell’Azerbajgian in grave violazione della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. L’impunità dell’Azerbajgian per questo crimine ha portato a un nuovo flagrante crimine contro l’umanità: il blocco dell’#Artsakh con disastrose conseguenze umanitarie. Il 3 aprile 2022 abbiamo scritto: L’Azerbajgian distrugge a Parukh e Karaglukh altro patrimonio culturale armeno dell’Artsakh. Le falsificazioni azeri con degli scheletri armeni.

Ricordiamo anche che il 3 agosto 2022, le forze armate dell’Azerbajgian, in violazione della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020 sulla cessazione delle ostilità nella zona del conflitto del Nagorno-Karabakh, hanno lanciato un’aggressione provocando vittime e feriti. Nonostante i passi intrapresi dalla parte armena per raggiungere la stabilità e la pace nella regione, l’Azerbajgian da sempre continua la sua politica pre-programmata di terrorizzare la popolazione dell’Artsakh, sottoponendola alla pulizia etnica e all’occupazione strisciante del’Artsakh. Inoltre, ricordiamo gli attacchi delle forze armate azere ai villaggi di Khtsaberd e Hin Tagher dell’11 dicembre 2020. Sono inaccettabili le dichiarazioni e le azioni dell’Azerbajgian per modificare unilateralmente con la forza il regime giuridico nel Corridoio di Lachin definito dalla disposizione 6 della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020.

«Ora l’Armenia sta costruendo illegalmente un percorso alternativo alla strada di Lachin sul territorio sovrano dell’Azerbajgian per rifornire le sue 10.000 truppe illegali in Karabakh. È un’escalation mirata. L’Armenia non è interessata alla pace» (Nasimi Aghayev, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania). Ormai, nella sua follia armenofoba, il diplomatico di Aliyev si è annegato nel caviale del Caspio. La “costruzione illegale” di questa strada è letteralmente stipulata al numero 6 nella dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. C’è di più: l’Azerbajgian inizialmente si era impegnato a costruire quella strada. Tuttavia, si è rifiutato di farlo dopo aver terminato la costruzione della strada che aggira Berdzor (Lachin) , città che le forze armate azere hanno occupato. Inoltre, “la strada di Lachin” si chiama Corridoio di Lachin, che collega l’Artsakh con l’Armenia, internazionalmente riconosciuto, dove l’Azerbajgian non ha diritti sovrani da esercitare, ma da garantire il movimento senza ostacoli. Cosa che non fa, anzi, illegalmente impedisce.

Dichiarazione della Commissione per gli affari giuridici e i diritti dell’uomo dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, 22 marzo 2023

La Commissione per gli affari giuridici e i diritti dell’uomo dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è fortemente preoccupata per la crisi umanitaria in corso a causa della continua ostruzione del Corridoio di Lachin e a pieno titolo sostiene la dichiarazione pubblica resa dai correlatori dell’Assemblea parlamentare per il monitoraggio di Armenia del 24 febbraio 2023, chiedendo “un’azione immediata” e “l’immediata cessazione della illecita e illegittima ostruzione del Corridoio i Lachin”.
Il Comitato invita inoltre le autorità azere ad attuare senza indugio le misure ad essa indirizzata dalla Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023 e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo del 21 dicembre 2022 le cui decisioni hanno preso atto dell’obbligo per l’Azerbajgian ai sensi della Dichiarazione Trilaterale, firmata il 9 novembre 2020, per “garantire la sicurezza di persone, veicoli e merci che si muovono lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni” (Articolo 6 della Dichiarazione Trilaterale).
Il Comitato fa inoltre riferimento ad altre dichiarazioni internazionali rivolte alle autorità di Azerbajgian sullo stesso problema, incluso
– la dichiarazione congiunta dei quattro correlatori dell’Assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa per il monitoraggio dell’Azerbajgian e dell’Armenia del 16 dicembre 2022, in cui si afferma che “la libertà e la sicurezza di circolazione delle persone e delle merci devono essere urgentemente ripristinate lungo il corridoio. Chiediamo a tutte le parti della Dichiarazione trilaterale del 9-10 novembre 2020 di adottare immediatamente le misure necessarie”, e
– la risoluzione del Parlamento Europeo del 19 gennaio 2023 sulle conseguenze umanitarie del blocco nel Nagorno-Karabakh.

L’Armenia sta lavorando per sollevare la questione del mancato rispetto da parte dell’Azerbajgian dell’ordinanza del 22 febbraio 2023 del Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite sullo sblocco del Corridoio di Lachin al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha detto il Rappresentante dell’Armenia per le questioni legali internazionali, Yeghishe Kirakosyan.

“Sfortunatamente, ci troviamo di fronte alla realtà che l’Azerbajgian sta semplicemente ignorando la sentenza, non solo ignorando, ma anche cercando di distorcere il contenuto della sentenza a tutti i livelli ufficiali. Lo si è visto di recente nella lettera del Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian rivolta all’ONU, al quale ha risposto la lettera del nostro Ministero degli Esteri”, ha detto Kirakosyan. Ha aggiunto che l’articolo 94 della Carta delle Nazioni Unite prevede una certa descrizione ristretta relativa alle sentenze. Ma i tentativi in passato di portare sentenze su misure provvisorie davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono falliti. Nel caso relativo a un membro permanente, che ha esercitato il diritto di veto, la questione non è arrivata ai dibattiti finali. “Ma nel nostro caso penso che dovremmo lavorare in quella direzione. So che i nostri colleghi della Farnesina stanno lavorando in quella direzione”, ha detto Kirakosyan.

“È molto importante che la questione entri nell’agenda del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E dobbiamo utilizzare al massimo tutti i canali diplomatici per garantire una discussione favorevole sulla questione. Portare la questione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha due prospettive”, ha aggiunto Kirakosyan.

Il primo è il punto di vista formale, c’è l’articolo 94 della carta che conferisce tale autorità al Consiglio di Sicurezza. La seconda logica è il capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite – il suo mandato per garantire la pace e la sicurezza internazionale.

“L’idea è che il mancato rispetto di questa sentenza crei rischi per la pace e la sicurezza internazionale. Quindi abbiamo la possibilità di sollevare la questione al Consiglio di Sicurezza almeno secondo due logiche. È ovvio che il mancato rispetto della decisione della corte, cioè la prosecuzione del blocco, crea rischi molto seri per la sicurezza internazionale”, ha detto Kirakosyan.

La Russia ha paura dell’Azerbajgian? Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Russia, che spesso critica l’Armenia durante i suoi briefing per aver portato gli osservatori dell’Unione Europea nella zona di influenza della Russia – il Caucaso, ieri non ha criticato l’Azerbajgian, i cui militari hanno sparato ai militari della Russia in Armenia. Zakharova ha affermato che la questione della sparatoria contro le forze di mantenimento della pace russe è di competenza del Ministero della Difesa della Russia e che è in corso un’indagine. “Se non c’è alcuna reazione ad alta voce, non significa che non esiste”, ha detto Zakharova. Il problema è che il Ministero degli Esteri russo preferisce non parlare pubblicamente del fatto che l’Azerbajgian ha sparato a forze di mantenimento della pace russe, ma ad ogni briefing Zakharova minaccia contro Armenia, così come contro Ucraina, Moldavia, in una lotta contro demoni invisibili. Questo fatto dimostra quale Stato è l’alleato della Russia nel Caucaso: l’Armenia contro il quale è aggressivo, o l’Azerbajgian con cui ha interessi comuni e sacrifica anche i propri soldati? La reputazione della diplomazia russa non è mai stata così screditata. Ha paura di perdere i soldi del petrolio e del gas che ottiene attraverso l’Azerbajgian. La Russia pianificava da anni l’invasione dell’Ucraina e si preparava all’inevitabile imposizione di sanzioni. Aveva bisogno dell’aiuto dell’Azerbajgian per evitarli. Questo spiega cosa è successo nel 2020, negli anni precedenti e da allora.

La compagnia di trasporti britannica Transglobal Express Ltd non ha consegnato un pacco spedito da Londra a Tbilisi, poiché il trasporto è avvenuto attraverso l’Azerbajgian: “Temiamo che questo verrà restituito a vostre spese poiché il destinatario non è in grado di ricevere merci a destinazione a causa del blocco del destinatario a Baku GYD. (…) Finora hanno indicato ulteriormente che il motivo è dovuto al nome o all’indirizzo armeni e che Azerbaigian e Armenia sono in guerra”.

Da notare la compagnia aerea, la Silk Way West Airlines degli Aliyev, con cui è avvenuto il trasporto. Della Silk Way abbiamo parlato in riferimento all’indagine di Haaretz che rivela dozzine di voli cargo da Baku alla pista di atterraggio israeliana utilizzati per l’esportazione di esplosivi: Israele vende armi per miliardi all’Azerbajgian e, secondo le fonti, riceve petrolio e accesso all’Iran. Silk Way è una delle più grandi compagnie aeree cargo in Asia e, secondo i documenti ufficiali, funge da subappaltatore per vari ministeri della difesa in tutto il mondo. La compagnia opera tre voli settimanali tra Baku e l’aeroporto internazionale Ben-Gurion con Boeing 747 cargo, e l’anno scorso è stata la terza più grande compagnia aerea cargo straniera in termini di volume a Ben-Gurion. Ma dal 2016 gli aerei IL-76 della compagnia sono atterrati almeno 92 volte all’aeroporto di Ovda, destinazione insolita per gli aerei cargo civili. Silk Way è una delle pochissime compagnie aeree che atterra a Ovda; nel corso degli anni solo una manciata di compagnie aeree dell’Europa orientale che hanno trasportato esplosivi sono atterrate e decollate da lì. Silk Way è stata persino al centro di un rapporto investigativo sui media cechi nel 2018, in cui si affermava che le armi vietate per la vendita in Azerbajgian erano state trasportate lì nonostante l’embargo sulle armi – in un accordo circolare attraverso Israele. La legge israeliana sull’aviazione vieta il trasporto di routine di esplosivi dall’aeroporto Ben-Gurion, perché si trova nel cuore di un’area densamente popolata, hanno affermato fonti dell’industria aeronautica. L’unico aeroporto da cui è consentito importare ed esportare esplosivi è la base dell’aeronautica israeliana di Ovda [QUI].

«Grazie Ambasciatore Anna Aghadjanian [Ambasciatore dell’Armenia in Belgio e Capo della Missione dell’Armenia presso l’Unione Europea] per aver ospitato la celebrazione del secondo anniversario dell’European Union-Armenia Comprehensive and Enhanced Partnership Agreement (CEPA). L’Unione Europea si impegna a collaborare con l’Armenia e a costruire un Caucaso meridionale pacifico e prospero. Sosteniamo l’Armenia e l’Azerbajgian nel raggiungimento di una pace duratura, completa ed equa» (Toivo Klaar, Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia – Twitter, 23 marzo 2023).

Quando Toivo Klaar riemerge sporadicamente dall’ibernazione, si fa “vivo” su Twitter, è sempre più evidente che è fuori assetto e disconnesso dalla realtà. Mai condannato l’Azerbajgian per nessuno degli innumerevoli crimini contro l’umanità che commette non solo da 103 giorni, ma da 103 anni. Un uomo sbagliato al momento sbagliato nel posto che occupa. Delirante.

Come minimo, l’Azerbajgian prima sblocca il Corridoio di Lachin e restituisca tutti i prigionieri di guerra. Poi. costringi anche l’Azerbajgian a rispettare i punti della famigerata Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Solo allora invita entrambe le parti a “normalizzare” le relazioni.

«Non appena l’Armenia riconoscerà il Karabakh come parte dell’Azerbajgian, rinuncerà alle sue rivendicazioni territoriali e comincerà a rispettare il diritto internazionale, ci sarà la pace nella regione» (Nasimi Aghayev, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania). Questo diplomatico armenofoba è così ossessionato dall’idea della pulizia etnica dell’Artsakh, che blocca anche gli Armeni su Twitter. Per il resto i suoi post su Twitter lo definiscono.

Una rara voce della ragione dall’Azerbajgian. Sfortunatamente, molto raro in mezzo a retorica militaristica aggressiva e ricatto: «Lo Stato dell’Azerbajgian dovrebbe interrompere i preparativi per la guerra e discutere il modello di pace e convivenza. NO alla guerra!» (Ahmad_Mammadli, Presidente del Movimento Democrazia 1918 antimilitarista – Twitter, 22 marzo 2023).

L’Azerbajgian ha bisogno di un’alternativa al militarismo nazionalista
di Bahruz Samadov
Oc-media.org, 24 marzo 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Mentre l’Azerbajgian diventa sempre più aggressivo nei confronti dell’Armenia e del Nagorno-Karabakh, la società civile deve intensificare e proporre un’alternativa progressista al dominio di Baku, che metta in discussione il nazionalismo militarista al suo interno.

Il regime al potere dell’Azerbajgian è stato descritto in vari modi, spesso fortemente contraddittori. La sua svolta verso l’autoritarismo negli anni 2010 è stata accompagnata da un feroce nazionalismo e da un crescente odio nei confronti degli Armeni, che alcuni potrebbero sostenere sia stata una mossa populista per ottenere legittimità.

Di conseguenza, e dopo la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, il regime sembra essere determinato a raggiungere i suoi obiettivi attraverso la violenza militare e l’esclusione degli Armeni e degli attivisti politici all’interno dell’Azerbajgian.

Insieme alla violenza militare, l’Azerbajgian ha adottato una nuova campagna irredentista per avanzare rivendicazioni sui territori armeni che “storicamente appartenevano all’Azerbajgian”.

Scontri, combattimenti e accuse reciproche di violazioni del cessate il fuoco sono diventate una routine tra Armenia e Azerbajgian, la più importante delle quali è stata la guerra di due giorni del settembre 2022, che è costata centinaia di vite.

Gli scontri di settembre hanno portato a una diffusa condanna internazionale, costringendo l’Azerbajgian a optare invece per l’armamento di corpi di “eco-attivisti” sul Corridoio di Lachin, bloccandolo di fatto dal dicembre 2022. Questi attivisti affermano di protestare contro l’estrazione illegale nella regione, nonostante Baku sia ovviamente quello che tira i fili dietro la protesta.

Il Corridoio di Lachin è l’unica strada che porta dentro e fuori il Nagorno-Karabakh per la sua popolazione armena.

Questa strategia è simile a quella impiegata da Minsk nella crisi dei migranti Bielorussia-Unione Europea del 2021, in cui la Bielorussia ha utilizzato i corpi dei migranti sui suoi confini condivisi con i Paesi europei per portare avanti la sua agenda. In entrambi i casi, questi spettacoli autoritari performativi sono schierati per la necessità politica di evitare e negare legalmente l’ingerenza dello Stato.

In Azerbajgian, dove ogni manifestazione pubblica è vietata, e l’eco-attivismo quasi non esiste, lo spettacolo delle “preoccupazioni ecologiche” spinge verso la logica statalista autoritaria del controllo territoriale invece di una più ampia democratizzazione e di una diplomazia di secondo piano.

Molti in Azerbajgian hanno criticato queste “proteste ecologiche”, non per le loro conseguenze potenzialmente disastrose sulla popolazione armena del Nagorno-Karabakh, ma per il loro effetto dannoso sullo Stato azero. Coloro che si sono espressi contro le “proteste ecologiche” hanno espresso preoccupazione per il danno che potrebbero arrecare alla reputazione internazionale dell’Azerbajgian. Temevano anche che la protesta potesse aumentare la legittimità della missione di mantenimento della pace russa, che sovrintende al corridoio secondo l’accordo di cessate il fuoco del 2020. Tuttavia, coloro che si sono espressi contro il blocco credevano che il Corridoio di Lachin dovesse invece essere gestito dall’Azerbajgian.

Pochi di coloro che difendono la democrazia e i diritti umani in Azerbaigian hanno tentato di sfidare e cambiare l’approccio disumanizzante e quasi fascista dominante in Azerbajgian nei confronti degli Armeni. Natig Jafarli del Partito Alternativo Repubblicano (ReAl) è andato anche oltre, negando la chiusura del corridoio e giustificando la recente escalation in Nagorno-Karabakh. L’approccio di integrità territoriale al blocco fa loro “dimenticare” lo stato dei diritti umani in Azerbajgian.

Alcuni attivisti sostenuti dall’Occidente, come Erkin Gadirli e Khadija Ismayil, sembrano sorvolare sull’agenda dei diritti umani del conflitto del Nagorno-Karabakh. Ad esempio, Ismayil sostiene che gli Armeni della regione avrebbero dovuto accettare la sovranità dell’Azerbaigian nel 1992, quando era un Paese democratico, ignorando il fatto che l’Azerbajgian di Elchibay era responsabile dello sfollamento di molti Armeni da Martakert (Aghdara) lo stesso anno.

L’attuale regime adotta i peggiori elementi dei passati governi azeri; esige sottomissione e punisce il rifiuto di sottomettersi, come si può vedere nel blocco del Corridoio di Lachin.

In questo contesto, la dichiarazione del Collettivo di Pace Femminista descrive gli eventi come violenza di stato neocoloniale. Il governo dell’Azerbajgian ha perseguito la rigida politica di rendere la costante insicurezza ontologica nel Nagorno-Karabakh dalla fine della guerra. Ma lo stato di insicurezza è condiviso anche dai nemici interni del regime.

La seconda questione che richiama l’attenzione sull’esclusione autoritaria in Azerbajgian è l’incarcerazione di Bakhityar Hajiyev. Questo attivista politico di lunga data è in custodia cautelare da dicembre. Hajiyev ha fatto uno sciopero della fame per 50 giorni per protestare contro la sua detenzione.

Come la maggior parte dello spettro politico azero, ha celebrato con tutto il cuore la vittoria dell’Azerbajgian nella guerra del 2020. È stato un netto cambiamento di opinione da quando è stato imprigionato all’inizio degli anni 2010 per aver eluso la coscrizione. Tuttavia, nella guerra del 2020, ha partecipato attivamente alla celebrazione della guerra come patriota.

Dopo la guerra, Hajiyev ha criticato i risultati del cessate il fuoco; ha sostenuto che si trattava di una “vittoria parziale” e che la Russia potrebbe spazzare via il Nagorno-Karabakh come ha fatto con l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale in Georgia. L’attivista ha criticato il Presidente Ilham Aliyev per non essere stato abbastanza duro nei confronti della Russia per l’uso di toponimi armeni nelle sue comunicazioni sul Nagorno-Karabakh.

Invece di condannare la violenza militare, Hajiyev si è trasformato in un diverso tipo di nazionalista; un sincero nazionalista filo-occidentale che rifiuta l’unica pretesa di Aliyev sulla nazione azera – sottoscrive anche l’approccio disumanizzante del nazionalismo azero.

Nell’ambiente nazionalista dell’Azerbajgian, sono questi tipi di figure nazionaliste a essere oggetto di punizioni sistemiche. A differenza di una manciata di attivisti antimilitaristi, tali figure cercano di contestare gli aspetti legati al regime del nazionalismo dominante senza sfidare la sua logica di esclusione.

Per questo e per molti altri motivi, di fronte al suo lungo sciopero della fame, Baku ha deciso di screditare Hajiyev facendo trapelare i suoi messaggi intimi, foto e video sui canali Telegram.

Il regime ha spesso usato il ricatto sessuale per demoralizzare i suoi oppositori, e Hajiyev non è stato il primo ad essere preso di mira in questo modo.

Ironia della sorte, Hajiyev è attivamente difeso da coloro che si oppongono al militarismo e non condividono i suoi valori nazionalisti.

Due partecipanti a una piccola protesta davanti all’edificio della Corte d’appello di Baku, Samir Sultan e Afiyaddin Mammadov del Movimento Democrazia 1918 antimilitarista, sono stati detenuti per 30 giorni per aver chiesto il rilascio di Hajiyev.

Supponiamo di voler affrontare la violenza nazionalista e le fantasie di distruzione. In tal caso, dovremmo accettare il passato e afferrare la logica del progetto di autoritarismo escludente dell’Azerbajgian, che giustifica la sua presenza attraverso l’armamento unilaterale e l’interpretazione della sua storia. Anche dopo anni di sofferenze, la principale opposizione e la società civile dell’Azerbajgian continuano a non capirlo. Non propongono un’alternativa progressista alla pace autoritaria, basata sulla visione democratica dell’unione, sulla critica della narrazione della “nazione vittoriosa” e sulla violenza di Stato e, cosa più importante, sull’instaurazione di una comunicazione diretta e trasparente con la società civile e spettro politico armeno.

Senza alternative, la società azerbaigiana è destinata a un’altra spirale di violenza nel Caucaso meridionale.

Il Ministro degli Esteri armeno rivela le proposte di trattato di pace fatte all’Azerbajgian e parla del blocco del Corridoio di Lachin

Il Ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan, in un’intervista con l’agenzia di stampa egiziana Al Qahera, ha rivelato le proposte di trattato di pace fatte da Yerevan a Baku, nello scambio di proposte dal dicembre 2022, nel tentativo di far avanzare il processo e trovare soluzioni eque alle questioni fondamentali. I suggerimenti dell’Armenia includono il chiarimento dei parametri per la delimitazione del confine di Stato, l’allontanamento delle forze armate dal confine di Stato e la creazione di una zona smilitarizzata lungo la linea di confine come misura di rafforzamento della fiducia e meccanismo di sicurezza, stabilendo un meccanismo di garanzie, che assicurerà l’attuazione degli obblighi e un meccanismo internazionale per affrontare le questioni dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh. Ci sono piste separate di negoziato, ha spiegato il Ministro degli Esteri armeno. Il primo è l’apertura di tutte le comunicazioni di trasporto nella regione, il secondo, la delimitazione e la sicurezza delle frontiere e il terzo, il trattato sull’instaurazione di relazioni pacifiche tra Armenia e Azerbajgian. L’Armenia è pronta ad aprire tutte le comunicazioni nel momento in cui l’Azerbajgian accetterà che le strade debbano operare sotto la sovranità e la giurisdizione degli Stati che stanno attraversando.

Il Ministro degli Esteri armeno ha osservato: «Sfortunatamente, in risposta ai nostri sforzi ci troviamo di fronte non solo all’approccio sprezzante e massimalista dell’Azerbajgian durante i negoziati, ma anche ad azioni aggressive sul campo nonostante i negoziati in corso. Più di recente, in seguito alle violazioni del cessate il fuoco del 2 e 3 marzo, tre militari della polizia del Nagorno-Karabakh sono stati uccisi nel Corridoio di Lachin il 5 marzo a seguito di un’imboscata pianificata dall’Azerbajgian. Queste azioni dimostrano ancora una volta la mancanza di sincerità nell’approccio di Baku al processo di normalizzazione così come il continuo ricorso all’uso della forza. Parallelamente a queste azioni, l’Azerbajgian si ritira regolarmente dagli accordi, continua il suo discorso di odio e la sua retorica xenofoba, nonché rifiuta di risolvere questioni umanitarie come il rilascio di 33 prigionieri di guerra armeni confermati che sono ancora tenuti in ostaggio in Azerbajgian. Il destino di molti altri Armeni è ancora sconosciuto e abbiamo sottoposto alle nostre organizzazioni partner casi di sparizioni forzate. Il patrimonio religioso e culturale armeno, caduto sotto il controllo azero nel 2020, sta affrontando un’imminente minaccia di cancellazione totale. Tutto ciò sta sfidando gli sforzi per stabilire pace e stabilità durature nell’intera regione».

Di seguito alcuni parti dell’intervista.

Qual è l’impatto della guerra russo-ucraina sull’Armenia?
La situazione in Ucraina mostra chiaramente il deterioramento dell’architettura di sicurezza in Europa. E credo che sia diventato chiaro per la prima volta nel 2020, quando molti sono rimasti indifferenti al fatto che l’Azerbajgian ha scatenato una guerra su larga scala contro il popolo del Nagorno-Karabakh cercando di risolvere il conflitto con l’uso della forza. L’assenza di una condanna equivoca da parte della comunità internazionale dell’uso della forza ci ha portato alla situazione che il mondo intero sta affrontando ora. Inoltre, dal febbraio 2022, poiché tutta l’attenzione era concentrata sugli sviluppi intorno all’Ucraina, l’Azerbaigian ha usato frequentemente la forza. L’esempio più lampante di ciò è stato nel settembre dello scorso anno, quando le forze armate azere hanno condotto un’aggressione non provocata contro la Repubblica di Armenia, violando l’integrità territoriale e occupando circa 150 km quadrati del territorio sovrano del mio paese. Credo che alcune regole, in particolare l’astensione dall’uso della forza o dalla minaccia dell’uso della forza, il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale debbano essere seguite da tutti.

Qual è secondo lei la soluzione al blocco del Corridoio di Lachin?
Innanzitutto, il blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian è una palese violazione della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020 che prevede che l’Azerbaigian “garantisca la circolazione sicura di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin”.
Si potrebbe pensare che una decisione giuridicamente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia, adottata il 22 febbraio, avrebbe potuto risolvere la situazione, poiché la Corte ha ordinato all’Azerbajgian di prendere tutte le misure necessarie per garantire il movimento senza ostacoli lungo il Corridoio di Lachin. È deplorevole che finora la decisione non sia stata attuata.
Inoltre, vorrei sottolineare che il Corridoio di Lachin non è solo una strada, ma una zona di sicurezza di 5 km. Pertanto, l’attacco di sabotaggio del 5 marzo nel Corridoio di Lachin, di cui ho parlato prima, ha violato non solo l’accordo di cessate il fuoco, ma anche la linea di contatto e la zona di sicurezza del corridoio.
Nelle circostanze attuali, vorrei sottolineare l’imperativo di un forte impegno internazionale e pressioni sull’Azerbajgian per attuare la decisione della Corte Internazionale di Giustizia e revocare il blocco. L’Armenia ha chiesto l’invio urgente di una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh e nel Corridoio di Lachin per valutare la situazione sul campo. Inoltre, non è un segreto che la proposta di tale missione sia stata ripetutamente respinta dalla parte azera, mostrando chiaramente l’assenza di volontà della leadership azera di essere trasparente e responsabile nei confronti della comunità internazionale.

C’è un dialogo o un’azione internazionale recente riguardo alla questione del Nagorno-Karabakh?
Parallelamente al blocco del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia, per più di tre mesi e creando una crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian continua a terrorizzare gli armeni del Nagorno-Karabakh creando condizioni insopportabili per vivere nella loro patria con l’obiettivo finale della pulizia etnica. Insieme alla crisi umanitaria, l’Azerbajgian ha provocato anche una crisi energetica nel Nagorno-Karabakh. Nelle fredde condizioni invernali, le autorità dell’Azerbajgian hanno ripetutamente interrotto e continuano a interrompere la fornitura di gas ed elettricità.
Le azioni dell’Azerbajgian così come la retorica aggressiva e massimalista hanno dimostrato l’assoluta necessità di un impegno internazionale per affrontare le questioni dei diritti e della sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh nonché per prevenire i palesi tentativi dell’Azerbajgian volti alla pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh. La posizione della comunità internazionale, inclusi i nostri partner e amici nel mondo arabo, dovrebbe essere chiara contro qualsiasi narrazione e azione che perpetra un altro genocidio, il sistema internazionale non può permettersi di sostenere un altro simile fallimento.
Per concludere, nonostante tutti i rischi e la fragilità della situazione intorno al mio Paese, l’Armenia rimane determinata a dare il proprio contributo alla creazione di una regione stabile dove le nostre generazioni non si limiteranno a sognare di vivere in pace.

Il Presidente dell’Armenia: “Noi vittime collaterali del conflitto in Ucraina. Nel Nagorno-Karabakh l’Azerbaigian vuole la pulizia etnica”
di Luca Steinmann
Repubblica.it, 23 marzo 2023

Parla il Presidente Vahagn Khachaturyan: “I peacekeepers russi dovrebbero proteggerci, ma Baku approfitta delle difficoltà russe”. E rompe il tabù dei rapporti con la Turchia, che pure non ha ancora riconosciuto il genocidio armeno: “Dobbiamo costruire un equilibrio di pace nella regione, per i nostri figli”. Sulla Cina: “Sull’Ucraina può mediare, il suo è un documento da cui partire”.

L’Azerbajgian controlla gran parte del Nagorno-Karabakh e alcuni territori dell’Armenia, che ha conquistato militarmente negli ultimi due anni e mezzo. Oggi il governo azero sta alzando i toni, rivendicando addirittura parte dell’Armenia, tra cui la capitale Erevan, come propria. Quanto siamo vicino ad una guerra di aggressione contro di voi? “La guerra può scoppiare in ogni momento e i toni che l’Azerbaijan sta utilizzando sono molto preoccupanti”.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]