Che novità ci sono in Armenia (Il Post 26.04.18)

Il Parlamento dell’Armenia eleggerà un nuovo primo ministro il primo maggio, dopo le sorprendenti dimissioni di Serzh Sargsyan, che governava il paese da dieci anni e che è stato costretto a lasciare il potere dopo grandi proteste di massa che vanno avanti da giorni. Secondo gli osservatori e i giornalisti locali, il favorito alla successione è Nikol Pashinyan, il capo delle proteste che hanno portato alle dimissioni di Sargsyan, lunedì.

Le grandi proteste che hanno interessato la capitale dell’Armenia Yerevan e altre città del paese sono state interrotte martedì per commemorare il genocidio armeno, ma sono riprese mercoledì. I manifestanti hanno continuato a chiedere una riforma dello Stato, trasformato secondo loro in un regime autoritario da Sargsyan. L’ex primo ministro, infatti, era stato presidente per due mandati, a partire dal 2008: non potendo ricandidarsi, aveva promosso un referendum per trasformare il paese in una repubblica parlamentare (da semi-presidenziale che era), assegnando i maggiori poteri al primo ministro. Dopo aver vinto il referendum, aveva tradito le proprie promesse facendosi eleggere primo ministro dal Parlamento, ampiamente sotto il suo controllo.

Dopo le grandi proteste, Sargsyan aveva annunciato le sue dimissioni con un comunicato giudicato sorprendente e insolitamente accomodante dalla maggior parte degli osservatori: aveva infatti scritto che Pashinyan aveva ragione, e che voleva soddisfare le richieste dei manifestanti. Le proteste di piazza erano comunque continuate, guidate da Pashinyan che ha dettato le condizioni per la transizione del potere: ha detto che il suo è un movimento pacifico e che non cerca vendette contro Sargsyan, ma che pretende «la nomina di un primo ministro del popolo», la formazione di un governo provvisorio ed elezioni anticipate (le ultime si sono tenute l’anno scorso).

Secondo gli osservatori, Pashinyan si riferisce a se stesso quando parla di «primo ministro del popolo»: il suo piano è farsi nominare dal Parlamento, approvare alcune riforme al sistema elettorale e poi convocare nuove elezioni democratiche. Dopo le dimissioni di Sargsyan, il primo ministro reggente Karen Karapetya ha provato a conservare il potere, ma Pashinyan ha convocato nuove manifestazioni per chiedere la rimozione dal potere dell’intero Partito Repubblicano, cioè quello di Sargsyan, erede del Partito Comunista e che governa il paese dall’indipendenza. L’hashtag associato alle proteste è cambiato da #RejectSerzh (“Rifiuta Serzh”) a #RejectHHK, l’acronimo del Partito Repubblicano.

Mercoledì la Federazione Rivoluzionaria Armena (ARF), un partito di ispirazione socialista alleato di governo del Partito Repubblicano, ha lasciato la maggioranza e si è schierato dalla parte dei manifestanti. Lo stesso ha fatto Armenia Prosperosa, il secondo maggiore partito del paese, che aveva a lungo tenuto una posizione ambigua.

In molti sono stati sorpresi dalla facilità con la quale Sargsyan e il Partito Repubblicano, abbia ceduto alle richieste dei manifestanti. Il fatto, però, è che si è ritrovato all’improvviso senza pavimento sotto ai piedi: isolato politicamente ed evidentemente impopolare. Le principali forze politiche hanno mollato il Partito Repubblicano quando hanno capito che la situazione era irrecuperabile, e sembra che lo stesso partito di Sargsyan stia cercando il dialogo con i manifestanti per limitare i danni. Mercoledì sera, scrivono i giornali locali, Sargsyan ha incontrato i dirigenti del Partito Repubblicano, decidendo le proprie dimissioni da presidente del partito e sostenendo la necessità di dialogare con Pashinyan, forse addirittura per votarlo come nuovo primo ministro.

Parlando in piazza, Pashinyan è sembrato in effetti suggerire che ci siano dei parlamentari Repubblicani che potrebbero sostenere la sua candidatura. Se le forze di opposizione votassero compatte, avrebbero bisogno di sei parlamentari Repubblicani per avere la maggioranza. Pashinyan ha però ribadito che nel nuovo governo non ci dovranno essere Repubblicani, e se il partito di Sargsyan proporrà un proprio candidato a primo ministro i manifestanti circonderanno il Parlamento.

Pashinyan è da almeno un decennio tra i più attivi oppositori politici di Sargsyan, prima come giornalista e poi come politico. Dopo le violente proteste del 2008, quando Ter-Petrosyan perse le elezioni contro Sargsyan, Pashinyan dovette nascondersi dalla polizia. Decise poi di costituirsi, e dopo due anni di carcere fu liberato per un’amnistia politica. Attualmente è a capo di Yelk, una nuova formazione politica considerata erede del Congresso Nazionale Armeno, che alle ultime elezioni ha preso meno dell’8 per cento e ha 9 seggi in parlamento.

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