Crisi umanitaria in Artsakh. Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian. Discorsi del Primo Ministro e del Ministro degli Esteri dell’Armenia (Korazym 15.12.22)

 Oggi, 4° giorno del blocco del Corridoi di Berdzor (Lachin) nell’area dell’incrocio Shushi-Karin che isola la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia e dal resto del mondo e 3° giorno della chiusura del gasdotto dall’Armenia all’Artsakh. Dopo Francia, USA, Cipro e Paesi Bassi, anche Canada, con una dichiarazione del Ministero degli Esteri, invita l’Azerbajgian a riaprire il Corridoio e a garantire la libertà di movimento per evitare qualsiasi potenziale impatto umanitario sulla popolazione dell’Artsakh. Intanto, le forze armate azere continuano a sparare verso le posizioni di difese armene. Alle ore 01.10 di questa notte hanno aperto il fuoco con armi da fuoco di diverso calibro a Norabak e Srashen, riferisce il Ministero della Difesa armeno.

L’autostrada Goris-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor (Lachin), bloccata vicino a Sushi dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022.

La situazione nel Nagorno-Karabakh non può essere definita altro che una crisi umanitaria, ha dichiarato oggi il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, durante la seduta del governo sul blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian. Negli ultimi giorni la situazione umanitaria in Nagorno-Karabakh si è fatta estremamente acuta. L’Azerbaigian ha prima bloccato il Corridoio, poi ha chiuso il gasdotto che riforniva l’Artsakh. A seguito di queste azioni provocatorie, gli abitanti del Nagorno-Karabakh sono stati privati del diritto alla libera circolazione, migliaia di persone, compresi i bambini, sono state lasciate sulle strade nelle fredde condizioni invernali, molte famiglie sono state divise involontariamente, trovandosi su diversi lati del blocco. I cittadini con gravi problemi di salute sono privati di medicinali e servizi sanitari, la fornitura di cibo e altri beni essenziali è stata interrotta. 120.000 persone sono tenute in ostaggio durante questo assedio. Scuole e asili riscaldati a gas sono stati costretti a smettere di funzionare, a causa della quale circa 22.000 bambini sono stati privati del diritto all’istruzione. Secondo il Primo Ministro armeno, questa crisi è nata a causa del mancato rispetto da parte dell’Azerbajgian dei suoi obblighi internazionali.

Dicendo che il Nagorno Karabakh non esiste, l’Azerbajgian sta essenzialmente affermando che i rifugiati non hanno un posto dove tornare, il che costituisce una grave violazione non solo delle clausole 6 e 7 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2022, ma anche del diritto umanitario, ha affermato Pashinyan. L’Azerbaigian sta inoltre impedendo che gli sfollati interni e i rifugiati possono rientrare nel territorio del Nagorno-Karabakh e nelle aree adiacenti sotto la supervisione dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: “Finora i rappresentanti delle Nazioni Unite non hanno potuto accedere al Nagorno-Karabakh a causa degli ostacoli creati dall’Azerbajgian. Fino ad oggi i problemi degli sfollati forzati dalla regione di Hadrut del Nagorno-Karabakh non sono stati risolti”, ha detto Pashinyan. Ha citato una parte della clausola 7 della dichiarazione: “I rifugiati ritornano nel territorio del Nagorno-Karabakh”. “Questa definizione significa che il Nagorno-Karabakh esiste e il Nagorno-Karabakh ha un territorio. E dicendo che il Nagorno-Karabakh non esiste e non accettando l’esistenza di questa entità territoriale, l’Azerbajgian sta essenzialmente dicendo che i rifugiati non hanno un posto dove tornare, il che è una grave violazione non solo della dichiarazione trilaterale ma anche del diritto umanitario”.

“Raggiungere un’adeguata valutazione internazionale per le continue violazioni degli obblighi assunti dall’Azerbajgian deve essere il nostro principale lavoro collettivo. Il nostro servizio diplomatico, il dipartimento per gli affari esteri, la diplomazia parlamentare, la forza di maggioranza, l’opposizione, le ONG, i rappresentanti della diaspora, le persone e le organizzazioni con collegamenti esteri, gli utenti dei social media devono fare la loro parte di contributo per dimostrare che le continue violazioni della dichiarazione trilaterale del 2020 hanno prima di tutto l’obiettivo di sottoporre il Nagorno-Karabakh al genocidio o all’esilio”, ha affermato il Primo Ministro armeno durante la riunione di governo. Ha aggiunto che l’Azerbajgian sta realizzando continuamente la politica del “Nagorno-Karabakh senza Armeni” e ha attribuito importanza a fare il massimo possibile affinché tale politica riceva una valutazione politica adeguata.

“Ringrazio tutti i Paesi e le organizzazioni internazionali che hanno già reagito e dato una valutazione della politica dell’Azerbajgian di bloccare il Corridoio di Lachin e causare un disastro umanitario nel Nagorno-Karabakh. Devo dire per dovere di cronaca che il silenzio di diversi Paesi amici a questo proposito è quanto meno strano”, ha detto Pashinyan. Ha aggiunto di sostenere pienamente la dichiarazione del 14 dicembre adottata dal parlamento armeno che chiedeva di avviare o rilanciare meccanismi internazionali per garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh. “Il parlamento ha anche invitato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la co-Presidenza del gruppo di Minsk dell’OSCE e i Paesi membri a inviare una missione conoscitiva nel Nagorno-Karabakh per monitorare la situazione umanitaria. Sto incaricando il nostro servizio diplomatico, il Ministero degli Esteri, di trasmettere efficacemente questo messaggio del ramo legislativo ai destinatari”, ha affermato Pashinyan. Pashinyan ha aggiunto di mantenere un contatto costante con il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, per valutare gli sviluppi e discutere possibili risoluzioni.

La Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh il 6 gennaio 1992 si autoproclamò indipendente dalla Repubblica di Azerbajgian, a seguito del referendum del 10 dicembre 1991, che provocò la prima guerra del Nagorno-Karabakh, da gennaio 1992 a maggio 1994, persa dall’Azerbajgian.

Nei tre decenni trascorsi da allora, l’Azerbajgian si trasformò da uno stato coloniale fatiscente in uno stato moderno e immensamente ricco, grazie sia alle sue enormi riserve di petrolio e gas, sia grazie ai suoi stretti legami con la Turchia, e si è dotata di forze armate ben addestrate e ben equipaggiate, con lo scopo dichiarata di riprendersi il Nagorno-Karabakh con la forza (con mire pure sull’Armenia).

A seguito della seconda guerra del Nagorno-Karabakh dei 44 giorni, tra il 27 settembre e il 9 novembre 2020, buona parte del territorio dell’Artsakh è finito sotto controllo dell’Azerbajgian, sia a seguito delle conquiste manu militari nel corso della guerra, che per quanto stabilito dall’accordo trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2022, che mediato dalla Russia pose fine ai combattimenti, lasciando agli Armeni dell’Artsakh solo il controllo della loro capitale Stepanakert e di un certo numero di città e villaggi intorno. Di fatto, l’Artsakh è interamente circondata dall’Azerbajgian, con l’eccezione dello stretto collegamento garantito dal Corridoio di Berdzor/Lachin, che unisce l’Artsakh all’Armenia, sotto il controllo del contingente per il mantenimento della pace russo, schierato per prevenire ulteriori aggressioni azeri e spargimenti di sangue. Però, distratta dalla guerra sempre più catastrofica in Ucraina, la Russia sembra sempre meno in grado di far rispettare lo status quo, che ci porta alla situazione critica attuale.

Dopo i nostri recenti articoli sugli ultimi avvenimenti [*], riportiamo:

  • una nota riassuntiva sulla situazione umanitaria in Artsakh causata dal blocco stradale e dell’interruzione della fornitura di gas da parte dell’Azerbajgian;
  • l’Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian dell’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio, nella nostra traduzione italiana dall’inglese [Il documento è stato aggiornato dopo che la mattina del 3 dicembre 2022 un gruppo di Azeri in abiti civili ha bloccato l’autostrada Stepanakert-Goris, l’unica strada che collega gli Armeni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh con la Repubblica di Armenia attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin). Allora, per più di due ore, i circa 120.000 armeni dell’Artsakh sono stati isolati per la prima volta dall’Armenia vera e propria e circondati dagli Azeri. Dopo diverse ore di trattative del contingente di mantenimento della pace russo con il regime azero, la strada è stata riaperta e le comunicazioni sono state ristabilite. Poi, il blocco è stato ripetuto dalle ore 10.30 del 12 dicembre scorso. Alla luce di questi nuovi sviluppi, l’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio ha aggiornato l’Allarme Bandiera Rossa per l’Azerbajgian];
  • la dichiarazione dei partecipanti al 4° Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio di condanna delle azioni dell’Azerbajgian sul Corridoio di Lachin;
  • il discorso del Ministro degli Esteri dell’Armenia ieri sera nella riunione ministeriale “Nuovo orientamento per un multilateralismo riformato” al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
  • in un Postscriptum le prove i “leader attivisti ambientalisti” azeri che stanno bloccando l’autostrada Goris-Stepanakert hanno legami con il gruppo terroristico-nazionalista turco dei Lupi Grigi e sono finanziati dal governo azero, direttamente o da organizzazioni affiliate alle autorità dell’Azerbajgian.
Il blocco dell’autostrada Goris-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor (Lachin) vicino a Sushi dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022.

Nota sulla situazione umanitaria in Artsakh derivante dal blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian

1. Il 12 dicembre 2022, un gruppo di Azeri in abiti civili, presentandosi come attivisti ambientalisti, e successivamente unendosi con personale militare azero, hanno bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il mondo intero, che è una flagrante violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, secondo il quale:
a. il Corridoio di Lachin rimane sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa:
b. la Repubblica di Azerbajgian garantisce la circolazione sicura di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin.

2. La strada, che, secondo la Dichiarazione Trilaterale, è sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace russo e dovrebbe fungere da corridoio di collegamento tra l’Armenia e l’Artsakh. Il blocco del Corridoio di Lachin costituisce infatti un assedio dell’intero Artsakh con 120.000 abitanti. Inoltre, a causa del blocco della strada, i comuni dell’Artsakh, Lisagor, Mets Shen, Hin Shen e Eghtsahogh si sono trovate in completo isolamento dalla capitale Stepanakert e dal resto dell’Artsakh.

3. Poiché il Corridoio di Lachin è, prima di tutto, una strada di importanza umanitaria per il supporto vitale degli Armeni dell’Artsak, la sua interruzione anche per un breve periodo di tempo ha conseguenze umanitarie irreversibili e catastrofiche. Attualmente, le forniture alimentari, mediche ed energetiche, così come l’importazione giornaliera di beni essenziali, tra cui grano, farina, verdura, frutta, beni economici, ecc. nell’Artsakh sono completamente bloccate.

4. Nelle attuali condizioni di freddo invernali, circa 1.100 civili, tra cui donne, anziani e 270 bambini, sono rimasti bloccati in una parte nel Corridoio di Lachin, non potendo tornare alle loro case e dalle loro famiglie in Artsakh. Oltre al fatto di essere separati dalle loro famiglie, i ragazzi e i giovani sono anche privati del diritto all’istruzione.

5. Il blocco dell’unica strada di entrata e di uscita dall’Artsakh ha generato anche una grave crisi sanitaria per il sistema sanitario dell’Artsakh. Secondo le informazioni fornite dal Centro Medico Repubblicano di Stepanakert e dal Ministero della Sanità dell’Artsakh, a causa del continuo blocco del corridoio di Lachin, il trasferimento di pazienti in condizioni critiche per cure urgenti e ricovero nei centri medici dell’Armenia è diventato impossibile.

6. Le azioni intraprese dall’Azerbajgian nei giorni scorsi, tra cui una serie di incidenti militari nel Corridoio di Lachin, continue violazioni del regime di cessate il fuoco nella linea di contatto con l’Artsakh, dimostrano chiaramente che la chiusura del Corridoio di Lachin era pianificato in anticipo dal governo azerbajgiano con l’obiettivo di creare una crisi umanitaria nell’Artsakh.

7. L’interruzione deliberata della fornitura di gas nel territorio dell’Artsakh ne è un’altra prova. Inoltre, l’interruzione della fornitura di gas, che ripete gli eventi di marzo-febbraio 2022, comporta una serie di conseguenze umanitarie negative, quali:
a. interruzione del processo scolastico nelle scuole con riscaldamento a gas;
b. interruzione del lavoro delle agenzie statali e delle istituzioni di vitale importanza con riscaldamento a gas;
c. incapacità delle persone di riscaldare le proprie case con il gas;
d. perdita dell’accesso di molte famiglie all’acqua calda;
e. interruzione del lavoro degli ospedali con riscaldamento a gas;
f. mancanza di carburante per i veicoli, ecc.

8. Va notato, inoltre, che il libero passaggio di tutte le forniture di materiale medico e ospedaliero è previsto anche dal diritto internazionale umanitario, precisamente dalla IV Convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra. Il blocco del Corridoio di Lachin costituisce una flagrante violazione della Convenzione.

9. Il blocco dell’Artsakh non è un episodio isolato, ma deve essere visto come parte della politica sistematica dell’Azerbajgian volta alla completa espulsione del popolo dell’Artsakh dalla sua terra natale. Negli ultimi due anni, l’Azerbajgian ha:
a. attaccato deliberatamente e ripetutamente le infrastrutture dell’Artsakh con l’obiettivo di terrorizzare e intimidire la popolazione dell’Artsakh;
b. lasciato l’intera popolazione dell’Artsakh senza gas e acqua per settimane;
c. interrotto i lavori agricoli stagionali prendendo di mira gli abitanti dei villaggi;
d. costantemente sottoposto i comuni armeni nelle immediate vicinanze delle loro postazioni militari a pressioni psicologiche con uso di altoparlanti;
e. cercato di diffondere disinformazione e panico tra le persone effettuando attacchi informatici ai punti vendita dell’Artsakh.

10. La comunità internazionale deve assumere urgentemente una posizione unanime e inequivocabile, nonché azioni mirate per condannare, punire e impedire all’Azerbajgian di continuare ad agire con un senso di assoluta impunità e realizzare il suo obiettivo finale: la risoluzione del conflitto dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’uso della forza e attraverso la distruzione del popolo armeno dell’Artsakh.

Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian
dell’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio

L’Istituto Lemkin ricorda alla comunità internazionale che questo assedio dell’Artsakh non è un evento isolato ma uno di una serie di azioni criminali portate avanti dal regime autocratico di Ilham Aliyev in Azerbajgian, che continuano senza una seria opposizione da parte della comunità internazionale. La totale impunità di cui gode Aliyev unita all’intento genocida del suo regime e di molti Azeri, garantirà quasi il ripetersi e l’escalation di questo tipo di violenza.

Molti regimi di genocidio organizzano le prove per il genocidio in fasi incrementali, misurando la risposta internazionale mentre procedono.

L’Istituto Lemkin ritiene che Aliyev stia facendo proprio questo: preparando il terreno per il genocidio confermando l’apatia internazionale sulla questione dell’Artsakh e lentamente abituando gli attori internazionali alla prospettiva di un’aggressiva invasione azera dell’Artsakh, che è armeno al 99,7% e in parte del patrimonio culturale integrale dell’Armenia. A parte alcuni voti coraggiosi nei parlamenti spagnolo e francese, nonché dichiarazioni di sostegno alla Repubblica di Armenia da parte dei legislatori statunitensi, Aliyev non ha subito ripercussioni pubbliche per le guerre aggressive e le atrocità compiute dai suoi militari o per la retorica odiosa del suo regime.

Inoltre, il totale isolamento della popolazione armena dell’Artsakh è una chiara violazione dell’accordo tripartito del 9 novembre 2020, che ha posto fine alla guerra dei 44 giorni. L’azione di oggi è una delle numerose violazioni dell’accordo che il regime azero ha commesso fino ad oggi, tra cui anche la guerra di aggressione del 13-14 settembre 2022 contro la Repubblica d’Armenia che ha ucciso oltre 200 armeni, tra cui civili, e ha portato all’occupazione di parte del territorio sovrano della Repubblica di Armenia. Inoltre, isolare gli Armeni dell’Artsakh è una violazione del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e, possibilmente, del diritto penale internazionale. L’intento genocida di Baku non è mai stato così chiaro e le azioni compiute fino ad ora preannunciano fortemente questo esito.

Poiché la comunità internazionale continua a scegliere di ignorare le rivendicazioni degli Armeni per la sopravvivenza e l’autodeterminazione nell’Artsakh, e poiché i media in generale non riescono a ritrarre un’immagine adeguata del conflitto (ammesso che lo coprano del tutto), Aliyev è convinto della sua invincibilità. La combinazione di questi fattori, insieme alla geopolitica della regione e all’impegno della comunità europea negli affari legati al gas con il regime autocratico dell’Azerbajgian dall’inizio della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, crea l’ambiente perfetto per il regime di Baku per perseguire i suoi obiettivi di genocidio e le sue ambizioni territoriali.

L’Istituto Lemkin ha emesso diversi avvisi e dichiarazioni di bandiera rossa riguardanti le minacce di genocidio nei confronti di – e le azioni criminali azere contro – gli armeni sia nell’Artsakh che nell’Armenia vera e propria.

L’Istituto Lemkin ribadisce che crede fermamente che la comunità internazionale possa prevenire il genocidio in questo caso, esercitando una pressione diplomatica coordinata sia sul regime di Aliyev in Azerbajgian che sul suo alleato, il regime di Erdoğan in Turchia. Il mondo occidentale deve chiarire che non sostiene il genocidio, per non finire per assistere all’ennesima catastrofe per il popolo armeno. Le nazioni occidentali sono a grave rischio di facilitare il genocidio in questo caso e non dovrebbero ritenersi al di fuori della portata del diritto penale internazionale.

Dichiarazione dei partecipanti al 4° Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio

Studiosi di genocidio e scienziati partecipanti al 4° Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio che si è svolto il 12 e 13 dicembre 2022 a Yerevan, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui condannano le azioni dell’Azerbajgian sul Corridoio di Lachin:

«Noi sottoscritti, studiosi e docenti internazionali di studi sul genocidio, condanniamo le azioni del governo dell’Azerbajgian per creare una crisi umanitaria per il Nagorno-Karabakh chiudendo l’autostrada Goris-Stepanakert il 12 dicembre 2022 e interrompendo la fornitura di gas alla popolazione armena di Artsakh. Come studiosi che studiano il processo di genocidio, riteniamo che le azioni del governo dell’Azerbajgian rappresentino una minaccia di genocidio per gli Armeni nella regione. Chiediamo alle organizzazioni internazionali e ai governi di garantire il libero ingresso di persone e merci nel Nagorno-Karabakh. Queste preoccupazioni sono sollevate nel contesto della nostra partecipazione al Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio, durante il quale siamo venuti a conoscenza di questi atti di aggressione contro la popolazione civile del Nagorno-Karabakh.
Armen Marsoobian, Professor of Philosophy, Southern Connecticut State University
Elisa von Joeden-Forgey, Endowed Chair, Department of Holocaust and Genocide Studies, Keene State College
Melanie O’Brien, Associate Professor of International Law, University of Western Australia
Ronan Lee, Doctoral Prize Fellow, Loughborough University London
Elisenda Calvet Martinez, Assistant Professor of International Law, Universitat de Barcelona (UB), Spain
Salah Al Jabery, Professor of philosophy in Department of Philpsophy, College of Arts at University of Baghdad; Chairholder of UNESCO Chaire for Genocide Prevention Studies in The Islamic World at University of Baghdad, Iraq
Rhiannon Neilsen, Postdoctoral Fellow, Center for International Security and Cooperation, Stanford University
Michal Vasecka, Professor of Sociology, Bratislava International School of Liberal Arts, Slovakia
Dr. Vasileios Meichanetsidis, JCD, Greek Genocide scholar
Simon Krbec, genocide educator, Theresienstadt Centre for Genocide Studies
Suman Keshari, Poet and writer, New Delhi, India».

Il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan,

Discorso del Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, nella riunione ministeriale “Nuovo orientamento per un multilateralismo riformato” al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

«(…) In un mondo in cui purtroppo i conflitti continuano a persistere, il divieto dell’uso della forza e il rigoroso rispetto della soluzione pacifica dei conflitti sono indispensabili per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Le Nazioni Unite devono rimanere resilienti alle pratiche dannose di imporre soluzioni unilaterali e dare priorità alla violenza rispetto alla soluzione pacifica. I tentativi di normalizzare l’uso della forza nelle relazioni interstatali, di scatenare guerre e commettere atrocità sono incompatibili con i valori fondamentali e gli obiettivi delle Nazioni Unite e devono essere inequivocabilmente condannati e respinti in ogni momento. Rafforzare le capacità delle Nazioni Unite e quelle del Consiglio di Sicurezza per prevenire e rispondere a tali sfide inquietanti è fondamentale per raggiungere l’obiettivo di sostenere la pace e la sicurezza internazionali. (…)

L’Armenia ha assistito in prima persona agli effetti del declino del multilateralismo. La comunità internazionale si è dimostrata incapace di impedire l’uso ingiustificato della forza dell’Azerbajgian contro il popolo del Nagorno-Karabakh, che ha provocato migliaia di morti, feriti e una nuova ondata di sfollati. Resta da affrontare la questione dei diritti e della sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh. Il popolo del Nagorno-Karabakh dovrebbe poter vivere con dignità e pace nella propria patria.

Il declino del multilateralismo si è manifestato anche nell’incapacità della Co-Presidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE, con mandato del Consiglio di Sicurezza, di adempiere ai propri doveri. Una delle parti in conflitto sostanzialmente blocca le attività di questo formato, inoltre, dichiara unilateralmente che il conflitto del Nagorno-Karabakh è stato risolto con l’uso della forza, ostacolando così la potenziale soluzione del conflitto attraverso la mediazione internazionale.

Di fronte all’interesse limitato della comunità internazionale, le sfide alla sicurezza nella nostra regione non hanno fatto che aumentare. I territori sovrani armeni sono stati continuamente sotto attacco. L’ultimo grave incidente si è verificato nel settembre di quest’anno e abbiamo richiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza per valutare la situazione in modo completo e rimanere concentrati sulla questione.

La situazione della sicurezza, mi dispiace dirlo, non ha registrato alcun miglioramento significativo. Nonostante gli appelli della comunità internazionale, l’Azerbajgian continua a mantenere sotto occupazione dei territori sovrani dell’Armenia. Continuiamo ad affrontare la crescente retorica militare dell’Azerbajgian che minaccia apertamente la nostra sovranità e integrità territoriale.

A due anni dalla cessazione delle ostilità militari nel Nagorno-Karabakh, resta irrisolta la questione del ritorno e del rimpatrio dei prigionieri di guerra armeni. La parte azera continua le sue manipolazioni per controbilanciare artificialmente le questioni umanitarie e per trasformare il ritorno dei prigionieri di guerra armeni in una merce di scambio, il che è totalmente inaccettabile e non dovrebbe essere tollerato dalla comunità internazionale. (…)

Ironia della sorte, non solo alle organizzazioni umanitarie internazionali, ma anche alle persone che vivono nel Nagorno-Karabakh viene negato l’accesso. È già il terzo giorno che l’Azerbajgian, violando gravemente i suoi obblighi internazionali, ha bloccato il movimento attraverso il Corridoio di Lachin – l’unica ancora di salvezza del Nagorno-Karabakh, che ora è sostanzialmente tagliato fuori dall’Armenia e dal mondo esterno. Mentre parliamo, la popolazione del Nagorno-Karabakh è stata privata del diritto alla libera circolazione: le madri sono separate dai loro figli, i malati terminali non possono ricevere forniture mediche e assistenza. Ancora peggio, in condizioni invernali gelide, la fornitura di gas al Nagorno-Karabakh è stata interrotta dall’Azerbajgian. Il Nagorno-Karabakh, cari colleghi, sta affrontando la minaccia imminente di una crisi alimentare, energetica e umanitaria generale che, se non affrontata con urgenza, condurrà ad una catastrofe.

In tali condizioni, la leadership dell’Azerbajgian afferma di essere pronta a fornire diritti e garanzie di sicurezza per gli Armeni e che non è richiesto alcun meccanismo o presenza internazionale. Quello che abbiamo a portata di mano è esemplificativo di come immaginano queste garanzie.

Insieme al rifiuto dell’Azerbajgian di intavolare un dialogo con Stepanakert sui loro diritti e sicurezza, questa posizione testimonia il fatto che Baku continua a perseguire una politica di genocidio nei confronti degli Armeni del Nagorno-Karabakh.

All’inizio del mio intervento ho sottolineato l’importanza del rispetto degli impegni. Sia nel caso del processo di normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, che della questione del Nagorno-Karabakh l’Azerbajan rifiuta di onorare i propri impegni, che sono stati assunti anche in forma multilaterale. Le azioni, la retorica guerrafondaia e l’approccio massimalista della leadership dell’Azerbajgian mettono a serio rischio la possibilità di raggiungere la pace e la stabilità nel Caucaso meridionale. (…)».

Postscriptum

I “leader attivisti ambientalisti” azeri che stanno bloccando l’autostrada Goris-Stepanakert sono finanziati direttamente dal governo azero o da organizzazioni affiliate alle autorità dell’Azerbajgian. A questa conclusione è giunto il gruppo di lavoro istituito presso la Tatoyan Foundation for Law and Justice, dopo aver sottoposto ad un’analisi professionale i dati fattuali riguardanti i leader eco-attivisti azeri che hanno bloccato l’unica strada che collega Artsakh e Armenia. In base a ciò, le organizzazioni che rappresentano “leader attivisti ambientali” sono finanziate dal governo dell’Azerbajgian, in alcuni casi, dal Fondo Heydar Aliyev guidato dal Primo Vicepresidente e first lady dell’Azerbajgian, Mehriban Aliyeva. Inoltre, le analisi mostrano che i “leader attivisti ambientalisti” azeri che hanno bloccato il Corridoio di Berdzor (Lachin) hanno diffuso informazioni e foto sulla famiglia Aliyev sulle loro pagine social, diffondendo post e propaganda di odio anti-armeni. Ma il problema principale è che fomentano la politica del governo azero, ha affermato la Fondazione Tatoyan in un rapporto.

Solo un esempio: Telman Qasimov, che è uno dei leader della “protesta ambientalista”, parla in armeno sul luogo del blocco della strada, esorta gli Armeni a convivere, ma sulla sua pagina Facebook pubblica con orgoglio foto di soldati azeri che calpestano le bandiere dell’Armenia e dell’Artsakh e si rallegra per la perdita di vite umane dalla parte armena. I fatti dimostrano che si tratta di un militare che odia gli Armeni, secondo fonti attendibili, un ufficiale del reparto speciale di intelligence militare, che promuove attivamente anche le dichiarazioni bellicose del Presidente dell’Azerbajgian. Mostra apertamente il suo legame con il gruppo terroristico-nazionalista turco dei Lupi Grigi nelle sue foto sui social network, pubblica con orgoglio una foto con Ramil Safarov, l’assassino dell’ufficiale armeno Gurgen Margaryan che ha ucciso con un’ascia mentre dormiva. Durante il processo in Ungheria, Safarov ha ammesso in tribunale di aver ucciso Margaryan per l’odio verso l’Armenia e gli Armeni. È stato condannato all’ergastolo dal tribunale ungherese. Nel caso degli altri “leader” dell’azione, la Fondazione Tatoyan ha registrato un’immagine simile, le cui informazioni reali sono nelle foto. Pertanto, è assolutamente vero affermare che bloccare l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e isolare l’Artsakh non ha alcuno scopo ambientale. Fa parte della politica criminale dell’Azerbajgian di bloccare gli Armeni dell’Artsakh, isolandoli dal mondo esterno, un altro tentativo di sopprimere il diritto assoluto e legittimo all’autodeterminazione degli Armeni dell’Artsakh in assoluta violazione delle regole internazionali.

[*] Articoli precedenti

– L’Azerbajgian alza il livello dello scontro per portare a termine la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh armeno – 12 dicembre 2022
– Provocatori azeri, inneggiando ai lupi grigi mentre bloccano l’unica strada tra Artsakh e Armenia, tengono in ostaggio 120.000 Armeni – 13 dicembre 2022
– Dopo la chiusura del Corridoio di Lachin, l’Azerbajgian ha tagliato anche la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh- 13 dicembre 2022
– L’Azerbajgian da più di due giorni tiene l’Artsakh sotto blocco. Il Presidente dell’Arsakh decreta la legge marziale per far fronte all’emergenza umanitaria – 14 dicembre 2022

Foto di copertina: l’autostrada Goris-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor (Lachin), con nell’inserto il blocco vicino a Sushi, effettuato dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022 da attivisti azeri con legami dei Lupi Grigi, appartenenti ai servizi speciali di intelligence militare azeri e finanziati dal governo azeri.

 

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