Dalle chiese armene al silenzio dei teatri. Le foto di Claudio Gobbi a Venezia (Atribune 10.02.22)

I DUE PROGETTI FOTOGRAFICI REALIZZATI DA CLAUDIO GOBBI E ALLESTITI FRA LE SALE DI CA’ PESARO, A VENEZIA, AFFRONTANO IL TEMA DELL’IDENTITÀ CULTURALE METTENDO IN DIALOGO MODELLI ARCHITETTONICI GEOGRAFICAMENTE E CRONOLOGICAMENTE DISTANTI. MA EMOTIVAMENTE COMPLEMENTARI

Corrono in parallelo le narrazioni alla base delle due serie fotografiche ideate da Claudio Gobbi (Ancona, 1971) e presentate in altrettante sale della Galleria Internazionale d’Arte Moderna – Ca’ Pesaro a Venezia. Da una parte c’è la disseminazione – concettuale e visiva – di Arménie ville: 64 immagini, alcune delle quali realizzate da Gobbi, altre custodite da archivi di vari Paesi e altre ancora scovate in Rete o commissionate ad autori diversi, che testimoniano l’immutabilità dell’archetipo della chiesa armena, la cui architettura è sopravvissuta a 1500 anni di storia radicandosi in aree geografiche lontane dal territorio caucasico. Dall’altra parte, invece, c’è la disseminazione dell’identità collettiva associata al teatro come luogo di condivisione e memoria culturale: gli scatti, realizzati in oltre venticinque Paesi, restituiscono frammenti silenziosi di platee e foyer, quinte e palcoscenici novecenteschi rigorosamente vuoti.

Claudio Gobbi, Sofia, Bulgaria, 2007
Claudio Gobbi, Sofia, Bulgaria, 2007

LE FOTOGRAFIE DI CLAUDIO GOBBI A VENEZIA

A unire i due registri narrativi è la definizione via via più netta di una geografia che, superando i limiti di longitudini e latitudini, trova il suo punto di ancoraggio e la sua bussola nell’idea di persistenza. L’Atlas of Persistence che dà il titolo alla mostra è composto dagli aspetti permanenti che contraddistinguono un archetipo e che si riverberano nelle vicende di quanti hanno a che fare quotidianamente con forme, luoghi, spazi capaci di resistere al tempo. Le chiese armene e i teatri rientrano quindi nel medesimo orizzonte dell’identità culturale comunitaria, innestandosi in una riflessione ancora più ampia e decisamente attuale sul confine. La mostra, curata da Francesca Fabiani, è l’esito del dialogo tra la Direzione regionale Musei Veneto e l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) del Ministero della Cultura, che di recente ha scelto di includere anche il contemporaneo nella sua consolidata attività di promozione del linguaggio fotografico, espandendosi oltre la propria sede di Roma con l’iniziativa ICCD OFF SITE. An Atlas of Persistence è il primo capitolo di una serie di eventi che troveranno dimora in varie sedi espositive veneziane, dando seguito a una collaborazione virtuosa.

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