Erevan ricorda le vittime del Nagorno Karabakh (Asianews 29.09.21)

Un anno fa scoppiava un nuovo conflitto tra Erevan e Baku per il controllo dell’enclave armena in territorio azero. Alla fine del conflitto si sono contati 3.777 morti armeni e 2.895 azeri. L’opposizione in Armenia accusa il premier Pašinyan di essere troppo debole nei confronti dell’Azerbaigian.

Mosca (AsiaNews) – In Armenia si sono tenute le cerimonie commemorative per le vittime della “guerra dei 44 giorni” in Nagorno Karabakh, di cui ricorre il primo anniversario. Alle 11.00 del 27 settembre in tutto il Paese è stato osservato un minuto di silenzio. Il primo ministro Nikol Pašinyan ha visitato il poligono militare Erablur nella capitale Erevan, inginocchiandosi da solo sulle tombe dei soldati caduti, senza il contorno degli altri ministri. Sulla collina di Erablur sono sepolte 889 vittime della guerra con l’Azerbaigian.

Secondo dati ufficiali, pubblicati a fine agosto, durante il conflitto nel Karabakh sono stati uccisi in tutto 3.777 armeni, di cui 3mila militari; oltre 200 persone sono scomparse senza lasciare traccia. Dal canto suo Baku ha dichiarato 2.895 vittime. Le autorità armene hanno esteso il lutto nazionale anche ai territori del Nagorno Karabakh ora in mano azera.

Le forze di opposizione, sconfitte di recente alle elezioni che hanno riconfermato Pašinyan, hanno tenuto un proprio corteo commemorativo la sera del 26 settembre. Hanno sfilato con le lampade accese in ricordo delle vittime (v. foto 2), imputando al premier la responsabilità della loro morte. Dalla piazza Garegin Idže di Erevan, il corteo ha raggiunto la collina di Erablur, sotto la guida del leader del blocco di opposizione Ayastan, l’ex presidente Robert Kočaryan. Nessun comizio è stato tenuto durante la manifestazione.

Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian non ha ancora trovato una soluzione definitiva; gli armeni non riconoscono l’attribuzione del Nagorno Karabakh agli avversari azeri. In occasione dell’anniversario, il presidente azero Ilham Aliev ha rilasciato un’intervista alla rivista militare russa Natsionalnaja Oborona (“Difesa nazionale”) in cui lancia un monito agli armeni: “Sollevare di nuovo la questione dello status del Nagorno Karabakh è per loro nocivo e pericoloso, nelle condizioni non incoraggianti in cui si trova al momento il loro Paese”.

Il segretario del Consiglio di sicurezza armeno, Armen Grigoryan, ha risposto che “noi riteniamo che la questione vada discussa nell’ambito del gruppo di Minsk dell’Osce, e non comprendiamo le minacciose dichiarazioni di Aliev”. Il leader dell’Azerbaigian è intervenuto anche all’Onu, insistendo che “Erevan deve scegliere tra la collaborazione a livello regionale e le pretese territoriali nei confronti dei vicini”, ripetendo che il conflitto del Karabakh appartiene ormai al passato.

Baku dichiara di essere disponibile a normalizzare i rapporti con gli armeni solo “sulla base del rigoroso rispetto dei principi del diritto internazionale, soprattutto della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere riconosciute a livello internazionale”, secondo una nota del ministero degli Esteri azero.

Le opposizioni interne all’Armenia ribadiscono la loro frustrazione di fronte alla politica “arrendevole” di Pašinyan. Il portavoce di Ayastan, Iškhan Sagatelyan, sostiene che “Azerbaigian e Turchia cercano di mettere definitivamente l’Armenia in ginocchio, e il governo insiste nel suo atteggiamento perdente. Stiamo consegnando il nostro Paese al nemico pezzo per pezzo”.

Secondo gli oppositori le continue concessioni non portano a maggiore stabilità e pacificazione, mentre “la pace non si supplica, ma si impone”, e si rende necessaria una riorganizzazione dell’esercito, che potrebbe ancora farsi valere contro il nemico turco-azero.

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