“Fare affari non vuol dire svendere i nostri princìpi democratici” Appello alle imprese italiane (Politicamentecorretto 16.07.21)

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha inviato ad alcune importanti aziende italiane, che sono coinvolte in progetti industriali in Azerbaigian o potrebbero esserlo a breve, una nota con la quale rimarca la necessità di separare gli aspetti economici da quelli politici.

Come cittadini italiani di origine armena, siamo contenti che le imprese italiane facciano affari in giro per il mondo e aumentino il PIL del nostro Paese.

Sappiamo che l’interesse economico prevale spesso su questioni di principio e infatti scambi commerciali avvengono con molti Paesi anche a basso profilo democratico” si legge nella missiva.

La nota invita tuttavia le imprese italiane a lasciare distinti affari e politica evitando così di fare da cassa di risonanza alla propaganda del regime azero che spesso utilizza le partnership commerciali per presentarsi agli occhi dell’opinione pubblica internazionale come soggetto “affidabile”.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” sottolinea come il livello di democrazia in Italia sia tra i più alti al mondo e sia quindi necessario che determinati princìpi e valori non vengano svenduti in cambio di qualche commessa avendo cura le imprese italiane di mantenere sempre un profilo superiore rispetto al regime di Aliyev.

Alla nota è allegato un breve documento (vedi allegato) che sintetizza l’attuale situazione nel Caucaso meridionale.

CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA

               www.comunitaarmena.it

NOTA sintetica sull’attuale situazione nel Caucaso meridionale

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Il 27 settembre 2020 l’Azerbaigian, con l’aperto sostegno politico e militare della Turchia e con l’ausilio di terroristi jihadisti provenienti dal Medio Oriente, ha scatenato una guerra su larga scala contro la pacifica popolazione del Nagorno Karabakh (Artsakh), che è costata 5.000 vittime da parte armena, sia civili sia militari, migliaia di invalidi permanenti e 50.000 sfollati le cui case sono ora sotto il controllo dell’Azerbaigian. In seguito alla guerra, anche i territori intorno al Nagorno Karabakh, che servivano come cuscinetto di sicurezza, sono passati sotto il controllo dell’Azerbaigian.

Si parla dei territori, che:

  • sono stati presi dagli azeri con l’aiuto di migliaia di terroristi, che bruciavano le foreste con fosforo bianco, mutilavano, tagliavano le teste, giravano i video e li mostravano sulla rete;
  • sono oggetto di attività di distruzione e dissacrazione dell’eredità culturale e religiosa cristiana armena col fine di eliminare ogni traccia della prima nazione cristiana da quelle terre[i];
  • sono stati oggetto di intense attività di minamento da entrambi le parte. Per oltre trenta anni, il rifiuto dell’Azerbaigian di cooperare nello sminamento si è tradotto in 747 incidenti derivanti dall’esplosione di mine in quei territori durante questi anni;
  • da cui militari e civili armeni sono stati presi in ostaggio, sono ancora trattenuti e torturati nelle prigioni dell’Azerbaijan le cui autorità hanno messo in piedi procedimenti penali fasulli contro di loro, usandoli come merce di scambio[ii].

Terminata la guerra, purtroppo la situazione non è migliorata.

Il 16 giugno, è divenuto virale sui social media un video che riprendeva una discussione tra il presidente turco e quello azero. I sottotitoli tradotti riportano il presidente dell’Azerbaigian Aliyev che conferma di trattenere ancora prigionieri armeni, mentre la moglie di Erdogan gli consiglia di non rilasciarli e di riconsegnarli solo in cambio delle mappe dei campi minati.[iii]

L’Azerbaigian e la Turchia agiscono di mutuo accordo, come “due stati, ma una nazione” (come dichiarano sempre). La loro unione finora ha avuto solo scopi deplorevoli e ha prodotto “progetti” disumani.

A tutto ciò si aggiungano le dichiarazioni di Aliyev sulla possibilità di fare ricorso nuovamente all’uso della forza nel caso le sue richieste non dovessero essere soddisfatte. Ogni ulteriore passo fatto dall’Azerbaijan getta solo altra benzina sul  fuoco in una situazione già esplosiva, tenendo in considerazione il fatto che unità militari dell’Azerbaigian si sono infiltarte nel territorio sovrano dell’Armenia dal 12 maggio u.s., continuando le loro azioni provocatorie su più fronti.

Aldilà di questo, grazie al regno indiscusso della famiglia Aliyev che continua dagli anni ’60, l’Azerbaigian oggi si attesta nelle posizioni finali dei ranking internazionali per i livelli di tutela delle libertà fondamentali e di democrazia, essendo solo poco sopra la Corea del Nord. Non dimentichiamo che per anni l’Azerbaigian ha speso miliardi di dollari non solo per armarsi, ma anche per “comprare” una buona reputazione nel mondo occidentale.

Basterebbe menzionare il danno alla reputazione del parlamentare italiano Luca Volonté[iv], dei suoi colleghi tedeschi Karin Strenz, Eduard Lintner, Danske Bank e di altri coinvolti nelle investigazioni e nel riciclaggio azero.

Più recentemente, la reputazione di due aziende italiane è stata posta in gioco dopo che l’Azerbaigian ha annunciato che queste erano coinvolte nel vergognoso “parco dei trofei” a Baku, che è altro non è che un’aberrazione di stampo fascista. Il coinvolgimento delle aziende italiane si è scoperto essere in realtà nient’altro che un altro bluff e una manipolazione azera[v].

Sarebbe stato davvero imbarazzante se, come riportato dall’agenzia azera “Trend”, due aziende italiane, la G Group e la 120lab avessero partecipato alla progettazione e/o alla realizzazione del parco dell’orrore, voluto dal dittatore Aliyev per celebrare la vittoria nella guerra contro l’Artsakh. E le risposte di queste due aziende alle nostre domande hanno in effetti negato ufficialmente in maniera decisa qualsiasi loro coinvolgimento sia nell’ideazione, sia nella realizzazione di questo vergognoso progetto.  Come sempre, una manipolazione degli azeri, che però ha intaccato la reputazione delle aziende.

Se gli interessi economici dell’Italia sono compresi e rispettati, alla luce delle realtà sopra rappresentate, l’eccitamento delle aziende italiane rispetto alla prospettiva di fare business con l’Azerbaigian viene percepito come un riconoscimento del regime criminale di Aliyev.

Che userà la cooperazione con esse per ripulire la sua reputazione alle spese della vostra.

L’altro lato della medaglia del profitto.

 

[i] https://www.youtube.com/watch?v=MJc8LFxVtUE

[ii] https://www.amnesty.org/en/latest/news/2020/12/armenia-azerbaijan-decapitation-and-war-crimes-in-gruesome-videos-must-be-urgently-investigated/

[iii]  https://www.facebook.com/Armenianombudsman/videos/140398018071794

[iv] – https://www.ilmessaggero.it/italia/luca_volonte_corruzione_condannato_azerbaijan-5699280.html

https://www.transparency.org/en/press/transparency-germany-welcomes-investigation-into-karin-strenz-and-eduard-li

https://www.vice.com/en/article/m7ejgq/azerbaijan-affair-germany-bundestag-interns?utm_source=VICEWorldNews_twitter&utm_medium=social&fbclid=IwAR0FmGrTLYenvVrHKaHIyiv0I56wrCHn9vfrtoyvSveQcl6w51Ppd32Fc8c

[v] https://jam-news.net/war-trophies-park-in-baku-sparks-controversy-domestically-and-abroad/

 

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