FOCUS CAUCASO Armenia – Azerbaijan, la posizione della Santa Sede (Acistampa 25.07.20)

FOCUS CAUCASO Armenia – Azerbaijan, la posizione della Santa Sede

All’Angelus dello scorso 19 luglio, Papa Francesco ha detto di seguire con preoccupazione “il riacuirsi delle tensioni armate nelle regioni del Caucaso, tra Armenia e Azerbaijan”, e ha chiesto l’impegno della comunità internazionale perché “si possa giungere ad una soluzione pacifica duratura”.

L’appello nasceva da una escalation al confine tra Azerbaijan e Armenia. Gli azeri hanno prima cercato di prendere una posizione in territorio armeno il 12 luglio, cui poi sono seguite varie schermaglie che hanno sfociato in veri e propri attacchi di artiglieria il 16 luglio. Secondo altre ricostruzioni sono gli armeni ad avere invece cercato di prendere posizioni vantaggiose. L’escalation ha comunque causato 16 vittime.

In una dichiarazione fatta pervenire ad ACI Stampa, l’Ambasciata dell’Azerbaijan presso la Santa Sede accusa l’Armenia di un uso strumentale degli attacchi per prendere “posizioni vantaggiose”, e sostiene che il tutto si inserisce in un quadro di provocazioni alla sovranità dell’Azerbaijan, nonché in un preciso disegno che serve anche a coprire una cattiva gestione, da parte del governo, dell’emergenza COVID.

L’ambasciata di Azerbaijan presso la Santa Sede lega anche la questione ad un problema di approvvigionamento energetico. Sottolinea, nella dichiarazione, che ci sono tre oleodotti che partono da Baku (verso Soupsa; verso Tbilisi-Ceyhan; verso Tbilisi Erzurum) e questo “ha permesso a Baku di rafforzare considerevolmente la sicurezza energetica dei suoi partner nella regione, la Georgia e la Turchia”.

L’ambasciata nota anche che “attualmente, con il sostegno finanziario attivo dell’Azerbaijan (che ha portato 10 miliardi su 30 miliardi complessivi di progetto) si sta realizzando il Corridoio Gazier Sud, un progetto di importanza paneuropea, un gasdotto alternativo, costituito di tre tronconi”. In più “l’Azerbaijan sta per aprire alla fine di quest’anno il percorso di un gasdotto alternativo e così di sviluppare la distribuzione di gas da fonti diversi verso l’Europa, in modo da diversificare e i mezzi di trasporto del gas”.

Insomma, tutti questo sta a dimostrare – sottolinea l’ambasciata – che “non abbiamo alcun interesse nel conflitto, mentre, per mezzo di queste provocazioni, l’Armenia tenta di screditare l’Azerbaijan intanto come fornitore affidabile di gas”. Inoltre, l’Azerbaijan nota che “l’Armenia non è interessata alla risoluzione di un conflitto con l’Azerbaijan” sulla questione del Nagorno Karabach.

La Santa Sede segue con attenzione l’evolversi della vicenda. Proprio a causa delle tensioni tra Armenia e Azerbaijan, era stato deciso di non collegare la nunziatura di Tbilisi a Baku. Generalmente, il nunzio apostolico in Georgia era anche nunzio in Armenia e Azerbaijan. Nel 2018, però, Papa Francesco ha deciso di nominare nunzio in Azerbaijan l’arcivescovo Paul Fitzpatrick Russell, nunzio in Turchia e Turkmenistan.

Le tensioni riguardano la regione del Nagorno Karabach, una regione montuosa di circa 10 mila chilometri quadrati inserita nel Caucaso meridionale.

Della questione ha parlato anche Armen Sarkissian, presidente armeno, in un incontro con il Catholicos Karekin II; Catholicos di tutti gli armeni, in una visita che ha fatto nel week end del 18 – 19 luglio alla Sede di Etchmiadzin, il “Vaticano” della Chiesa Apostolica Armena.

Durante l’incontro, Sarkissian e Karekin hanno proprio discusse delle operazioni miltari in carso, e hanno sottolineato che è stato importante e simbolico che il clero della Chiesa Apostolica in Armenia e in Diaspora “abbiano supportato e continuino a supportare l’Armenia, e a rafforzare e incoraggiare i soldati con le loro preghiere”.

Tra i temi dell’incontro, anche le relazioni con la diaspora.

In questa settimana, Vatican News in lingua armena ha pubblicato due appelli governativi armeni, da parte del presidente armeno Armen Sargsyan e del ministero degli Affari esteri. Nel suo appello, il presidente ha invitato tutte le persone nella diaspora ad aiutare finanziariamente le comunità di frontiera armene, che sostiene essere soggetti di attacchi.

“Nonostante il fatto che siamo stati oggetto di operazioni offensive per decenni – ha scritto il presidente – i residenti delle comunità di confine dell’Armenia sono rimasti fermi sulla loro terra e sono diventati le nostre ferme guardie di frontiera”. Il presidente ha aggiunto che “le comunità frontaliere rivestono un’importanza strategica per la sicurezza dell’Armenia e dell’Artsakh, pertanto il sostegno alla sicurezza, economico e sociale di tali comunità è una priorità nazionale”.

Il ministero degli Affari Esteri armeno ha invece notato che “di recente, sono stati registrati casi e tentativi di violenza contro cittadini dell’Amenia e membri della comunità armena in diversi paesi del mondo. Vi sono stati anche casi di ostruzione del normale lavoro del servizio diplomatico all’estero e delle comunità armene, nonché la distruzione deliberata delle loro proprietà personali e ufficiali, che in un caso separato hanno anche minacciato la sicurezza del personale diplomatico”.

Il ministero ha accusato le “istituzioni statali azere” di condurre le operazioni, e ha “condannato fermamente la pratica di incitamento agli scontri etnici in diversi paesi, che è un’altra manifestazione dell’irresponsabilità di Baku e si adatta perfettamente alla retorica e alla politica di incitamento all’ostilità tra i due popoli senza restrizioni geografiche”.

La Santa Sede chiede un impegno della comunità internazionale per risolvere definitivamente il problema che, come si può intuire dalle opposte dichiarazioni, va al di là delle mere questioni territoriali.

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