Gelsi in cucina La prima izakaya armeno-giapponese si trova a Yerevan (L’Inkiesta 17.01.24)

Donna, imprenditrice, pr ed esperta di comunicazione, Kristina Nechitaylenko è a tutti gli effetti uno dei tanti immigrati russi (in realtà è nata e cresciuta in Ucraina e successivamente trasferitasi per gli studi) che dalla capitale Mosca, piuttosto che altri centri minori, hanno avuto la possibilità di cambiare vita e trasferirsi in Armenia. «A Mosca ho ancora una collega del mio vecchio ufficio, una piccola porzione di business anche se in qualche modo “sonnolente”, e il mio cane. Prima o poi porterò anche lui qui».

Per tredici anni alla guida di una delle agenzie più di successo di Mosca per la gestione di relazioni e comunicazione dei migliori ristoranti della città: White Rabbit, Twins Garden, Olluco, Bjorn, Coffemania. Tutti nomi che gli addetti ai lavori conoscono bene e che le hanno permesso negli anni di tessere una rete variegata e ampia di collaborazioni e conoscenze in tutto il mondo. Lavorando a stretto contatto con gli uffici del turismo è entrata in connessione con decine di organizzazioni e persone chiave del settore fino ad arrivare a lanciare il progetto Guida Michelin in Russia nel 2021.

Con la guerra degli ultimi mesi e il blocco massivo del turismo europeo e statunitense, il lavoro ha iniziato a faticare così come la possibilità di sviluppare progetti, viaggiare, invitare chef e giornalisti stranieri a conoscere la scena gastronomica russa.

«Yerevan è una città a misura d’uomo, dove le persone sono estremamente patriottiche e interessate a creare valore e ricchezza per la città. La capitale sta vivendo un momento di boom economico, c’è un forte sentore di ripresa, una speranza verso nuovi investitori e verso la giovane imprenditoria tanto che il governo sta stanziando aiuti importanti per chi vuole avviare attività in proprio […] I collegamenti con la Russia sono facili e frequenti, si tratta per il momento di una situazione temporanea che non sappiamo quanto potrà durare ma che per ora ci piace, ci da stabilità e speriamo ci porti fortuna» ci spiega.

Kristina si trasferisce nell’inverno del 2022 con il suo compagno, Nikita Poderiagin, chef vincitore del premio Best Young Chef Award per la Guida Michelin russa nell’anno della sua uscita. Insieme hanno fondato KUWA, una accogliente e moderna izakaya nel cuore della capitale armena. Il termine significa mulberry ovvero gelso. Così come in Armenia si tratta di frutti raccolti e lavorati in tanti modi diversi e presenti in abbondanza, nella cultura giapponese la carta da scrittura più antica è proprio quella di gelso. Sin dal nome è forte l’interesse a creare un costante parallelismo tra le due culture, trovando un modo curioso e divertente per avvicinare l’ospite a questi due mondi.

Il pensiero non è stato solo quello di ridarsi una base operativa e un luogo di creatività, ma avere un’attività propria con cui farsi conoscere alle persone del posto, interfacciarsi allo stesso livello ed entrare in contatto con il sistema locale, riprendere le normali routine del settore per poterne capire meglio tutti gli aspetti. Se per noi il termine izakaya è ormai piuttosto frequente e sdoganato, si tratta di unicum per quel che riguarda Yerevan e l’Armenia in generale. Il locale è impostato con un bancone a vista, suddiviso in uno spazio di lavoro per un bartender e una zona di impiattamento e preparazione vivande con una griglia per affumicare e cuocere alla brace.

La cucina di Nikita Poderiagin guarda alle tecniche giapponesi, ai sapori asiatici e orientali cercando di attingere da ingredienti locali, lavorando sulla creazione di gusti nuovi ma non del tutto estranei per i cittadini del posto. «Nei nostri primi mesi in città abbiamo capito quanto la popolazione quasi evitasse i prodotti locali. Preferiscono in media attingere da referenze importate e straniere questo perché è mancata negli anni una cultura di valorizzazione e promozione del patrimonio locale a partire da quello gastronomico. Con la nostra cucina e la realtà di KUWA lavoriamo quasi al cento per cento con verdure locali, acquistiamo di stagione, usiamo le moltissime erbe spontanee, i germogli, le spezie, tuberi e funghi perché in molti casi sono prodotti per nulla o scarsamente conosciuti.

Ci piace pensare che il nostro menu possa raccontare la bio diversità del Paese in cui viviamo e il suo potenziale gastronomico» ci racconta Nikita. Grazie alla sua esperienza in chimica e microbiologia, lo chef è continuamente impegnato in laboratorio. Qui sono già nate in soli cinque mesi due birre, un sake fatto in casa, uno fermentato di riso che ricorda in parte il cognac ma con una gradazione meno intensa e una nota zuccherina più marcata, cordiali di melograno e altra frutta fresca. Queste preparazioni arricchiscono la proposta cocktail – curata da Pavel Barkov – che vale la pena testare sia nelle referenze di cocktail singoli, quanto in accompagnamento alla cucina. Tante ricette richiamano alcuni ingredienti dei piatti così da creare un ponte di dialogo e comprensione costante tra cucina e bar, tra cibo solido e liquidi.

Il menu prevede opzioni vegetariane e un’organizzazione in sezioni: sott’oli e sott’aceto / affumicati e alla griglia / speziati e stagionali / dolci e frutta. Nelle bevande si segue uno schema analogo: sour e dolci / corti e forti / lunghi e a bassa gradazione / frizzanti e vini / classici e gourmet. Gli ingredienti esaltano al massimo il territorio: albicocche, melograni, fichi, mandorle, brandy, patchouli, vaniglia, sake, aghi di pino, erbe spontanee, coriandolo, basilico locale, kimchi, caffè, vino di riso. Il servizio del drink è su ghiaccio cristallino in bicchieri Rona o affini, le ceramiche di servizio della cucina invece provengono da artigiani locali così come le pietre utilizzate a decoro e arredo della parte bar sono state scelte con cura da riserve del territorio.

Una vera e propria fucina di idee e di prodotti e un calendario intenso di eventi e collaborazioni non solo a livello bar – con guest shift in promozione di specifici prodotti o colleghi – ma anche in cucina. Due volte al mese la tipologia di menu cambia per una sola sera soltanto, sposando una regione diversa. Le chiamano Chef’s Table e il tema del menu si ispira all’India, alla Francia, all’Italia, al Messico, alla Cina proponendo un percorso degustazione drink e cubo completo e disponibile solo per una giorno. Un must have se andrete a Yerevan, dove respirare l’incredibile fermento del settore gastronomico e venire circondati da un’alta concentrazione di idee.

Tutte le foto courtesy Stefano Borghesi

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