Genocidio armeno: Karekin II, “omaggio ai santi martiri, che hanno dato la vita per amore della fede e della Patria” (SIR 24.04.20)

“Omaggio ai santi martiri del genocidio armeno, che hanno dato la vita per amore della fede e della Patria”. È quanto esprime in un messaggio “all’amato popolo armeno in Patria e in diaspora” Sua Santità Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, in occasione della commemorazione del Genocidio armeno. Oggi, venerdì 24 aprile, ricorre il 105° anniversario: si fa infatti risalire al 1915 l’inizio del massacro, con le deportazioni e le eliminazioni di armeni perpetrate dall’Impero ottomano che causarono la morte di circa 1,5 milioni persone. “Durante il genocidio – scrive il Patriarca supremo -, il nostro popolo è diventato testimone del massacro di un milione e mezzo di figli armeni, la distruzione dei nostri valori nazionali e spirituali, dei nostri santuari, monasteri e chiese, dei nostri villaggi e città. Molti hanno perso la loro patria storica” e sono stati obbligati a fuggire in esilio, all’estero. I massacri cominciarono nella notte tra il 23 e il 24 aprile, quando furono eseguiti i primi arresti, tra l’élite armena. In un mese più di mille intellettuali, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e parlamentari furono deportati verso l’interno dell’Anatolia. Il progetto di “eliminazione” si allargò poi a tutta la popolazione, giungendo alla fine a colpire donne e bambini. “I nostri martiri” hanno “sofferto terribilmente”, ricorda oggi il Catholicos Karekin II, ma sono rimasti “fermi nella loro fede”, “irremovibili nello spirito”, coraggiosi di fronte alla morte, meritando “la corona dei santi”. “Cari fedeli – ha quindi aggiunto il Patriarca – quest’anno, a causa della pandemia, non abbiamo l’opportunità di visitare il Complesso commemorativo di Tsitsernakaberd, di riunirci nelle nostre chiese e ai memoriali per commemorare” i “nostri santi martiri”. Da qui l’invito “in questa situazione”, ad onorare la memoria del popolo armeno, “nelle nostre case” e in “solidarietà spirituale”. “Preghiamo affinché oggi la nostra Patria possa vivere in sicurezza, libera e indipendente” e perché si possa giungere presto – ha detto Karekin II – “ad un riconoscimento e ad una condanna universale del genocidio armeno”. Sono 30 i Paesi che hanno riconosciuto il genocidio armeno sebbene il governo turco continui a negarlo. Nel suo discorso alla Nazione il premier Pashinyan ha espresso la sua gratitudine e quella del popolo “a tutti quegli Stati, organizzazioni internazionali, leader religiosi e laici che hanno espresso solidarietà al popolo armeno e riconosciuto e condannato il genocidio”.

Nel 2016, Papa Francesco si recò a Tzitzernakaberd, la “collina delle rondini” che ospita il Memoriale dedicato al ricordo dei massacri della popolazione armena sotto l’impero ottomano del 1915 e sull’albo d’oro scrisse: “Prego, col dolore nel cuore perché mai più vi siano tragedie come questa, perché l’umanità non dimentichi e sappia vincere con il bene il male; Dio conceda all’amato popolo armeno e al mondo intero pace e consolazione. Dio custodisca la memoria del popolo armeno. La memoria non va annacquata né dimenticata; la memoria è fonte di pace e di futuro”.

Un anno prima, nel 2015, in occasione del centenario, nel corso di una solenne celebrazione nella basilica di San Pietro a Roma, il Papa usò il termine “genocidio” per riferirsi al massacro degli armeni, citando la dichiarazione comune fatta da Papa Giovanni Paolo II e Karekin II, il 27 settembre 2001: “La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo, ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana”.

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