Giubileo dei giovani: la parola ai giovani dei paesi in guerra (Rondine), “la pace è un cammino difficile . Si costruisce passo dopo passo” (AgenSir 30.07.25)

“La pace è un cammino difficile fatto di incontri sinceri. Si costruisce passo dopo passo. Ci si lavora quando riesci a metterti in ascolto dell’altro senza paura, senza preconcetti, senza giudicare”. È la voce timida di  Ofelya, 25 anni, armena, a parlare. È stata invitata insieme a Bernadette, 25 anni, del Mali a dare la loro testimonianza questa mattina ai 1.000 giovani italiani nella prima catechesi del Giubileo. Entrambe stanno vivendo un periodo di esperienza a Rondine Cittadella della Pace.

Siamo nella parrocchia romana di Ognissanti sulla via Appia Nuova e qui oggi si è parlato della parola “abbraccio” e soprattutto di pace. Ofelya ha ancora negli occhi e nel cuore la grande guerra scoppiata nel settembre del  2020 tra l’Armenia e l’Azerbaigian. Lei si trovava lì, lungo la linea di confine. “Ho perso amici e parenti”, ha raccontato. “Persone con cui sognavamo un futuro ma la guerra ci ha portato via tutto anche i sogni e i piani futuri. Tante domande – prosegue Ofelya – rimangono ancora oggi senza risposta. Fino a quando? Fino a quando ci saranno persone obbligate a vivere sotto il peso di una guerra? Quante promesse di vite saranno ancora spezzate? Quanti sogni interrotti? E arrivato il momento del cambiamento. È arrivato il tempo di mettere in pratica quello che mi aveva detto una mia insegnante a scuola, ‘sono i piccoli passi a cambiare le grandi cose’”.

(Foto sir)

Ha poi preso la parola Bernadette, 24 anni, del Mali. Altro continente, stessa esperienza. “Sono nata nella capitale del Mali ma sono cresciuta nella paura”, esordisce la ragazza. Aveva 11 anni e stava andando a scuola quando improvvisamente viene fermata dagli spari. “Sento il cuore battere fortissimo ed esplodere di paura”, racconta. “Fu quello il momento in cui qualcosa si è spezzato per sempre. La mia infanzia era finita. Le risate si sono trasformate in grida di dolore. La luce in buio. Ma la cosa peggiore non è il rumore delle armi. È il silenzio. Il silenzio di un padre che non torna a casa e di una madre che fa di tutto per trattenere le lacrime e il pianto davanti ai figli”. Nonostante il dolore, la mancanza della famiglia, la preoccupazione per il fratello minore, Bernadette riesce ancora a dire: “Credo in un mondo in cui i giovani non saranno obbligati a imbracciare le armi. Credo ancora possibile un mondo di pace. Vorrei allora rivolgermi a voi: portate via da questo incontro un messaggio di speranza e non fate mai mancare attorno a voi un abbraccio di pace a chi ve lo chiede e a chi ne ha più bisogno”.

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