I cristiani armeni sfollati sono almeno 120.000: il mondo se ne è completamente dimenticato (Renovatio21 17.11.23)

Più di 120.000 cristiani armeni sono ora sfollati dalla loro terra, in un conflitto largamente ignorato dai media mainstream nel contesto dei conflitti in corso in Europa e Terra Santa. A causa di ucraini e israeliani e palestinesi, il mondo si è dimenticato degli armeni, il cui destino è stato segnato da violenze indicibili, le quali potrebbero essere, purtroppo, solo l’inizio di un’escalation di invasioni e massacri.

Le ostilità in un conflitto decennale tra il governo musulmano dell’Azerbaigian e un piccolo gruppo di cristiani armeni sono scoppiate di nuovo il mese scorso, uccidendo centinaia di persone e costringendo quasi tutti i circa 120.000 residenti cristiani della regione conosciuta del Nagorno-Karabakh a fuggire in Armenia.

«Nessuno vuole lasciare la propria patria, ma dobbiamo farlo per salvare la vita dei nostri figli, per proteggerli dalla guerra, dalla fame e da altre atrocità degli azeri», ha detto Ludmila Melquomian, una dei rifugiati cristiani, alla Catholic News Agency.

Il Nagorno-Karabakh, una piccola enclave cristiana, è stata considerata parte dell’Azerbaigian dalla comunità internazionale dopo che il dittatore comunista Josef Stalin consegnò la regione agli azeri affiliati ai sovietici negli anni Venti. Tuttavia i cristiani armeni che vi abitano da generazioni la rivendicano come repubblica sovrana e la chiamano con il suo antico nome: Artsakh.

Le tensioni durano da decenni. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, nel contesto della dissoluzione dell’Unione Sovietica, gli armeni hanno conquistato il controllo della regione, alla quale rivendicano legami generazionali risalenti a molti secoli fa in un sanguinoso conflitto che ha provocato 30.000 morti e un milione di sfollati, per lo più azeri.

Nel 2020, l’Azerbaigian ha bombardato l’Artsakh per un periodo di sei settimane, danneggiando le infrastrutture civili, tra cui circa 71 scuole e 14 asili. I funzionari dell’Artsakh hanno denunciato gli attacchi come violazioni del diritto internazionale e hanno accusato l’Azerbaigian di attacchi «deliberati e indiscriminati» contro «oggetti civili».

Nel mezzo della distruzione, secondo quanto riferito, sarebbero apparsi video di soldati che decapitano e uccidono in altri modi atroci civili, soldati e prigionieri di guerra armeni. Non abbiamo visto questi video, ma abbiamo sentito i racconti dei profughi, che hanno dato testimonianza di questi orrori davanti alla telecamera del reporter americano Patrick Lancaster.

Il bombardamento dei cristiani dell’Artsakh ha suscitato scarso interesse internazionale nel 2020, e lo scoppio di una rinnovata violenza contro la popolazione della regione a settembre ha attirato allo stesso modo una quantità trascurabile di attenzione da parte dei leader globali.

Durante l’offensiva del 19 settembre, le forze di difesa dell’Artsakh hanno tentato di difendere la propria popolazione, ma la CNA ha riferito che l’esercito della regione era «ampiamente senza armi» e completamente privo di «supporto esterno», costringendoli ad «arrendersi solo un giorno dopo l’inizio dell’offensiva».

Si prevede che l’assalto lanciato dalle aggressive forze azere si espanderà oltre la regione dell’Artsakh.

Robert Nicholson, che guida un gruppo di difesa cristiana noto come Philos Project, ha detto alla CNA che «un’invasione da parte dell’Azerbaigian nell’Armenia meridionale è molto possibile» dopo la sconfitta decisiva delle forze di difesa impreparate dell’Artsakh.

Nonostante i movimenti apparenti verso un accordo di pace tra il presidente azero Ilham Aliev e il primo ministro armeno Nikol Pashinian, Nicholson ha sostenuto che Aliev e il presidente turco Recep Erdogan hanno chiarito che «vorrebbero impadronirsi dell’Armenia meridionale» per «riaffermare la posizione internazionale di supremazia turco-islamica».

Come riportato da Renovatio 21, il clan Erdogan avrebbe con Baku affari milionari in Nagorno-Karabakh.

L’aggressività diplomatica di Aliev è tale da aver dichiarato, a fronte degli aiuti militari di Parigi a Yerevan, che la Francia è da considerarsi responsabile di ogni nuovo conflitto con l’Armenia.

Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha avvertito il mese scorso che un’invasione dell’Armenia da parte dell’Azerbaigian potrebbe essere imminente e ha affermato che l’amministrazione sta determinando il modo migliore per ritenere l’Azerbaigian responsabile della sua azione militare.

In ogni caso, la drammatica situazione continua ad attirare poca attenzione sulla scena internazionale rispetto agli altri grandi conflitti militari scoppiati nei soli tre anni successivi all’insediamento del presidente americano Joe Biden: Ucraina, Palestina…

Come riportato da Renovatio 21, Stepanakert, capoluogo armeno del Nargorno-Karabach (Artsakh per gli armeni) è ora una città fantasma.

Gli azeri hanno condotto operazioni per arrestare la classe dirigente del territorio ameno, come l’ex lato funzionario, e miliardario con passaporto russo, Ruben Vardanyan.

Una settimana fa è stato reso noto che l’Armenia ha cominciato ufficialmente la cooperazione militare con gli USA.

Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa il governo Pashinyan – altamente contestato dalla popolazione –  aveva chiesto l’intervento USA e parlato di responsabilità russe, aggiungendo di temere un colpo di Stato.

Fino a pochi anni fa la Russia non lesinava dichiarazioni pro-Yerevan, con vertici militari che dicevano che l’esercito russo era «pronto a difendere l’Armenia». L’asse con Mosca si deve essere definitivamente inclinato quando, pochi mesi fa, l’esercito armeno ha preso parte ad una esercitazione con le forze USA chiamata Eagle Partner 2023.

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