Il caso dei 30 neonati armeni «Ipotesi trafficanti di organi» (Ilgazzettino 29.12.19)

ROMA Non solo adozioni illegali. Potrebbe esserci la vendita di organi dietro al traffico di neonati tra l’Armenia e l’Italia su cui sta indagando il Servizio Nazionale di Sicurezza del Paese caucasico. Stando alle autorità di Yerevan dall’inizio del 2019 almeno 30 bambini sono stati sottratti alle famiglie e poi venduti in diversi Paesi, tra cui l’Italia. Lo schema ipotizzato è semplice quanto drammatico: medici e infermieri di alcuni ospedali avrebbero fatto credere ai neo genitori, in genere molto poveri e socialmente deboli, che il loro piccolo era affetto da una grave malformazione per spingerli a darlo in adozione. A quel punto, attraverso degli escamotage burocratici, un’organizzazione con regia armena sarebbe riuscita prima a far sparire i neonati e poi ad affidarli a degli orfanotrofi per favorire l’adozione legale da parte di genitori stranieri. Tuttavia è stata la polizia di Yerevan, in una nota diffusa pochi giorni fa, a lasciare aperti inquietanti interrogativi sulle ragioni di questo orrendo commercio. «Per la mia esperienza il fatto che ci siano dietro delle strutture ospedaliere non mi fa ben sperare. I 30 bambini potrebbero davvero essere finiti nelle mani di trafficanti di organi». A parlare è Antonio Mazzarotto, fino all’inizio di novembre all’interno della Commissione Adozioni Internazionali (Cai) – organo presieduto dal ministro della Famiglia Elena Bonetti – e dirigente dell’area famiglie, minori e persone fragili della Regione Lazio. «In genere – spiega – queste situazioni drammatiche seguono due direttrici diverse». La prima, che però non corrisponde alla vicenda armena, è «quella dei bambini nati in casa». Piccoli provenienti da famiglie povere che alla nascita «non sono registrati e in certi Paesi sono soggetti a un vero e proprio mercato».
I NUMERI
La seconda, più assimilabile a quella descritta dalle autorità di Yerevan, è che degli orfanotrofi in contatto con enti esteri li acquistino da trafficanti che hanno trovato il modo di sottrarli a genitori disperati. Quella del passaggio per orfanotrofi è la situazione in cui in assoluto c’è «maggior pericolo» dice Mazzarotto, tant’è che probabilmente non è un caso se tra i 1.130 bambini adottati dall’estero in Italia nel 2018, secondo i dati ufficiali del Cai, solo l’1% lo è stato in quanto orfano. Tuttavia qualcosa non torna. «L’Armenia è parte della convenzione internazionale dell’Aja» ed «i 3 enti ufficiali del Paese» sono controllati anche da organi internazionali. Per questo «mi stupirebbe se gli orfanotrofi fossero coinvolti e, sarei altrettanto stupito se, come dice la polizia armena, le adozioni legali fossero avvenute da parte di cittadini della Repubblica Italiana».
Non solo per le tutele stringenti garantite ai bambini e i controlli fatti in Italia da organi come il Cai, ma anche per il fatto che «per i trafficanti» indirizzare i neonati verso i Paesi della Convenzione «è l’ipotesi più rischiosa». Sarebbe molto più semplice se i piccoli andassero, ad esempio, negli Stati Uniti dove «si fanno più adozioni, non c’è un ente centralizzato e non sono parte della Convenzione».
Nel rapporto del Cai gli 11 bambini armeni adottati nel 2018 da famiglie della Penisola hanno un’età media di 1,4 anni. «Il campione è piccolo – dice il dirigente della Regione Lazio – ma significativo»: in assoluto è l’età più bassa tra tutte (molto meno dei circa 12 anni dei bielorussi o dei 6 anni dei russi) ed è in controtendenza con la crescita dell’età media iniziata nel 2000. In attesa che la vicenda diventi più chiara, le autorità caucasiche hanno però arrestato due cittadini armeni che avrebbero avuto un ruolo determinate nel traffico di neonati.
Francesco Malfetano

Vai al sito