Il dilemma del femminismo nella “Nuova Armenia” (Osservatorio Balcani e Caucaso 13.12.18)

Mentre sempre più donne scelgono di entrare in politica nella “Nuova Armenia” rivoluzionaria, il movimento femminista è di fronte a un dilemma: trasformare il sistema patriarcale dall’interno o dall’esterno?

13/12/2018 –  Knar Khudoyan

(Pubblicato originariamente da OC Media il 29 novembre 2018)

“Sono stati i metodi della Rivoluzione di velluto, cioè la de-centralizzazione, l’orizzontalità, che hanno permesso alle donne di partecipare. Nessuno ha dovuto spingere le donne a fare politica: è successo naturalmente. Perché la strada, se non era anarchica, non era nemmeno gerarchica”. Così l’attivista femminista Maria Karapetyan, fra gli organizzatori del movimento “Reject Serzh”, che ha rovesciato decenni di dominio del Partito Repubblicano nel paese, riassume il ruolo delle donne nella rivoluzione.

Mentre molte donne e ragazze hanno ancora la pelle d’oca quando sentono il famoso discorso “Viva le sorelle”, pronunciato da Karapetyan in piazza della Repubblica a Yerevan il 18 aprile scorso, l’attivista ha preso la decisione – che definisce dura – di unirsi al Partito del “Contratto civile” e candidarsi per il parlamento.

Karapetyan non è l’unica donna che pensa che la Rivoluzione di velluto debba continuare nelle istituzioni statali e nei governi locali. Le prime elezioni post-rivoluzionarie nel paese, le elezioni per il sindaco e il consiglio comunale del 23 settembre a Yerevan, hanno visto la partecipazione di alcune attiviste che hanno aderito all’alleanza “Il mio passo”, sostenuta dal primo ministro Nikol Pashinyan.

Con uno schiacciante 81%, “Il mio passo” ha ottenuto 57 dei 65 seggi in ballo, fra cui 15 donne

Il 10 ottobre, Diana Gasparyan ha vinto le elezioni a Vagharshapat (Ejmiatsin), una città appena ad ovest di Yerevan, diventando la prima donna sindaco dell’Armenia. Le elezioni parlamentari previste per dicembre [tenutesi lo scorso 9 dicembre, ndr] vedranno ancora più donne candidate.

Ciò porterà ad una maggiore presenza femminile negli organi decisionali del paese, ma alcuni si chiedono se ciò porterà automaticamente ad una maggiore protezione dei diritti delle donne.

Una fascia del femminismo armeno considera infatti in contraddizione con l’obiettivo della liberazione delle donne lavorare con lo stato, protettore della proprietà privata e della famiglia (la proprietà appartiene agli uomini e la famiglia è il principale luogo di sfruttamento delle donne).

Sostengono invece che la lotta per le donne come “classe” deve passare attraverso l’empowerment delle comunità femminili, creando modelli cooperativi per le relazioni sociali, e non attraverso individuali storie di successo di ragazze che sono riuscite a rompere il soffitto di vetro.

Il patriarcato gentile

Il nuovo primo ministro Nikol Pashinyan ha espresso le sue opinioni sull’uguaglianza di genere. Sottolineando il ruolo delle donne nel suo discorso dell’8 maggio, il giorno del suo insediamento, Pashinyan ha affermato che “la partecipazione massiccia delle donne è un fattore che ci ha permesso di chiamare ciò che è accaduto una rivoluzione di ‘Amore e solidarietà'”.

Tuttavia, ha poi aggiunto qualcosa che ha fatto trasalire le femministe in tutto il paese. “La rivoluzione ha dimostrato che la partecipazione attiva delle donne [in politica] è compatibile con la nostra identità nazionale, la nostra percezione nazionale della famiglia”.

La maggior parte delle femministe è conscia che il nuovo governo non è molto informato sui movimenti delle donne. Molte sono state comprensive, almeno per ora, nella convinzione che sia prioritario combattere il rischio di controrivoluzione.

“In epoca pre-rivoluzionaria, abbiamo dovuto infrangere la legge per partecipare, ad esempio, ad una discussione sulla legge sulla violenza domestica al ministero della Giustizia”, ​​ricorda Lara Aharonyan, co-fondatrice del Women’s Resource Center di Erevan. “Sì, i membri del nuovo governo sono prodotti della stessa società patriarcale. Sono anche persone dalla mentalità patriarcale. La differenza è che sono pronti ad ascoltare, a educare se stessi, a collaborare con la società civile, a differenza dei loro predecessori”.

Aharonyan pensa che, per ottenere la partecipazione delle donne, lo stato deve prima fare alcuni passi avanti. Uno di questi, afferma, sarebbe aumentare le quote per alleviare lo squilibrio di genere in parlamento. Nel parlamento sciolto il primo novembre solo il 18% dei deputati erano donne.

“Le donne devono essere presenti per parlare dei propri bisogni. E se più della metà della popolazione è composta da donne, per giustizia e per una pari rappresentanza, le donne dovrebbero costituire il 50% del parlamento”, sostiene Aharonyan.

Dall’attivismo alla politica di partito

Membro di lunga data del partito della Federazione Rivoluzionaria Armena, Sevan Petrosyan concorda sul fatto che il sistema dei partiti è un compromesso per le femministe convinte.

“Come raccontava Simone de Beauvoir in quanto donna nel Partito comunista francese, doveva combattere su due fronti; all’interno del partito e al di fuori di esso. Questa è l’unica soluzione. Non mi illudevo che questa rivoluzione avrebbe portato le donne in politica a tutta forza. Non era la priorità. A differenza di molte altre femministe, non sono rimasta delusa dal fatto che Pashinyan abbia nominato solo due ministri donne, perché non nutrivo grandi aspettative”.

“Il mio problema era che questo non era un movimento dei poveri. Era un movimento per liberarsi del Partito Repubblicano, della corruzione, della mancanza di trasparenza, e basta. Sì, lo stato si è fatto più vicino a me, posso scrivere una breve domanda al mio amico, che ora è vice ministro. Ma non si può dire lo stesso per un abitante di un villaggio della provincia”, dice Sevan Petrosyan.

Molto prima della Rivoluzione di velluto, un’alleata chiave di Pashinyan, Lena Nazaryan, fu una delle prime donne a lasciare l’attivismo per la politica di partito. Attivista ambientalista e giornalista critica per molti anni, Nazaryan è fra i fondatori del Partito del “Contratto civile” di Pashinyan nel 2015.

Nazaryan è ora alla guida della fazione Way Out in parlamento. Modello per molte giovani donne, è spesso tormentata da adolescenti in cerca di selfie.

“Non mi piace quando le donne vengono presentate come deboli, come se dovessero essere spinte ad essere attive. No, le donne dovrebbero essere presenti perché sono necessarie. E quando lo sono, dovrebbero provarlo nel loro lavoro”, dice Nazaryan.

“Personalmente preferisco collaborare con le donne, se ne ho la possibilità, perché giocano meglio in squadra, sono interessate al risultato, non a gareggiare”.

Trasformare le relazioni sociali, non le singole donne

Le attiviste che si rifiutano di scendere a compromessi con lo stato lo fanno senza condannare le donne che lo fanno.

“Non dico che le donne non dovrebbero impegnarsi in politica, ma la loro partecipazione non dovrebbe essere fine a se stessa”, dice Anna Shahnazaryan.

“Se una donna entra in parlamento, dovrebbe mettere in discussione il modo in cui le decisioni vengono prese lì. Se una donna entra in un’istituzione per smantellarla dall’interno, per renderla più democratica e centrata sulla persona, è una cosa che incoraggio”.

“Personalmente non mi interessa se il sindaco di Ejmiatsin è una donna se non rappresenta il suo genere […] Il ministro del Lavoro e degli Affari Sociali è una donna, Mane Tandilyan, ma per me è un problema che lei non parli del lavoro domestico non retribuito delle donne”.

Shahnazaryan e la sua collega Arpine Galfayan sono coinvolte nell’attivismo su molti fronti, tra cui la creazione di movimenti di resistenza collettiva nelle comunità per combattere progetti minerari come quello di Teghut, Amulsar.

Galfayan mette in guardia dalla “trappola” di essere usate come pedine in politica.

“Le donne vengono utilizzate per riempire le quote, per dare la falsa speranza che stia andando meglio”, dice.

“Credo che le istituzioni della democrazia rappresentativa abbiano la logica di mantenere il pieno controllo e non condividere il potere con gli altri”, sostiene Galfayan.

Dice che, a livello globale, il sistema “promuove gli interessi delle élite aziendali più ricche e più inumane. In definitiva è gerarchico; gli uomini (specialmente gli uomini eterosessuali benestanti) hanno da sempre posizioni privilegiate in queste gerarchie, e quindi le donne faticano a diventare parte del ‘club’. Infine, anche quelle poche donne che raggiungono il vertice devono comunque fare gli interessi di questo sistema gerarchico e ingiusto”.

“Preferisco lavorare per smantellare questo sistema piuttosto che renderlo più accattivante. Preferisco sostenere e rafforzare sistemi che ritengo equi e liberatori”, dice Galfayan.

Shahnazaryan sostiene che il punto sia se una donna è consapevole della subordinazione che affronta a causa del suo genere.

“Una donna non deve essere in parlamento per fare politica. Se una casalinga protegge la sua vicina, ostacolando e prevenendo la violenza domestica, sta facendo un’azione politica”.

Smantellare il patriarcato a tutti i livelli

Tuttavia, la maggior parte delle femministe in Armenia concorda sul fatto che non vi è una dicotomia fra “riformismo e femminismo radicale” e che il cambiamento è sempre arrivato da una combinazione delle due forze. Ad esempio, nel movimento delle suffragette nell’Inghilterra del primo Ottocento secolo, i movimenti militanti delle donne hanno lavorato in parallelo con i gruppi femministi conservatori.

Poche donne politicamente attive in Armenia negherebbero che la rivoluzione debba continuare, e che il famoso slogan femminista “il personale è politico” sia ancora valido. Alcune si concentrano sul “personale” della frase; lavorare sodo su di sé per vincere in una battaglia impari con uomini privilegiati, mentre altre lottano per trasformare le relazioni sociali esistenti.

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Elezioni parlamentari

Il premier uscente armeno Nikol Pashinyan, ha ottenuto una schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari tenutesi domenica 9 dicembre in Armenia.

L’alleanza da lui guidata, ‘Il mio passo’, che include il suo partito ‘Contratto civile’, ha ottenuto il 70,4% dei voti.

Addirittura fuori dal parlamento l’ex partito di governo, il Partito repubblicano dell’Armenia, che non è riuscito a superare il 5%, quota di sbarramento, fermandosi al 4,7% dei voti. Uniche forze all’opposizione parlamentare saranno ‘Armenia prospera’ e ‘Rinascimento armeno’, che hanno raccolto rispettivamente l’8,27% e il 6,37% delle preferenze.

A seguito del voto Nikol Pashinyan ha scritto sulla propria pagina Facebook: “Cittadini forti, forti, forti. Vi amo e sono fiero di voi e mi inchino a tutti voi!”.

Dal canto suo, Eduard Sharmazanov, portavoce del Partito Repubblicano, all’uscita dei risultati preliminari che dichiarato che il 9 dicembre è un “Giorno di resurrezione per il partito che non è affatto ‘finito’ come dicono alcuni ma che ha 60.000 sostenitori fedeli”.