Iran e Azerbaijan: la crisi dei camion (Osservatorio Balcani e Caucaso 20.10.21)

Dopo due settimane di tensioni crescenti tra Iran e Azerbaijan ora pare finalmente che si sia ridato voce alla diplomazia. Al centro della crisi le rotte commerciali che passano attraverso il Nagorno Karabakh

20/10/2021 –  Marilisa Lorusso

Seppur in misura minore dell’Armenia e dell’Azerbaijan, ma anche l’Iran ha risentito del blocco dei traffici seguito alla prima guerra del Nagorno Karabakh  . Nel periodo sovietico e fin da prima della Seconda guerra mondiale, Armenia e Azerbaijan erano collegati da una ferrovia che proseguiva fino al Nakhchivan e che correva lungo il confine iraniano. L’Iran si era collegato con un proprio ramo a questa rete e da questo transito dipendevano nel 1990 il 10% delle importazioni nazionali iraniane. Con la distruzione di questa connessione – arrivata col primo conflitto del Nagorno Karabakh – l’Iran ha perso l’unica strada ferrata di collegamento commerciale con il Caucaso. Le ferrovie rimaste, l’Armenia-Georgia e la Azerbaijan-Russia, sono troppo distanti e non integrate nel sistema ferroviario iraniano.

Sono tre decenni che l’Iran dimostra interesse per ricreare una o più vie di trasporto per le proprie esportazione e importazioni. Nel 2005 Russia-Azerbaijan-Iran hanno concordato la costruzione della linea Astara-Rasht-Qazvin, di cui l’ultimo tronco è effettivamente operativo dal 2018, mentre la sezione azero-iraniana è in ritardo anche per via delle sanzioni internazionali contro l’Iran. Nel 2008 un accordo armeno-iraniano ha sancito la nascita del progetto Yerevan-Tabriz, che però deve ancora trovare i fondi per essere realizzato.

Dopo le dichiarazioni congiunte azero-armene del 10 novembre 2020 e dell’11 gennaio 2021 che hanno messo fine ai combattimenti della seconda guerra del Nagorno Karabakh e previsto la riapertura di tutte le vie regionali di commercio e di interscambio, l’Iran si augura il ripristino della tratta ferroviaria Azerbaijan-Armenia-Nakhchivan che, combinata con il progetto già in corso e con quello sottoscritto tra Iran ed Armenia, integrerebbe il paese in un sistema di trasporti su rotaia nel Caucaso e lo inserirebbe nella Nuova Via della Seta.

L’Iran non fa parte dei gruppi tecnici nati dopo la fine del secondo conflitto nel Karabakh che si occupano degli studi di fattibilità e della possibile attuazione dei progetti (gruppi tripartiti russo-armeno-azeri), ma chiaramente è una delle parti più interessate. Per questo ha ben accolto la proposta russa di creare un tavolo 3+3, cioè i 3 paesi caucasici di Georgia, Armenia, Azerbaijan e i tre confinanti, Turchia, Russia, Iran per la gestione del rilancio commerciale e infrastrutturale dell’area. Mentre questa proposta si scontra con le spigolosità reciproche dei paesi che ne dovrebbero fare parte (particolarmente difficile la relazione russo-georgiana), l’Iran cerca di ottimizzare quello che ha attualmente a propria disposizione: il trasporto su strada, con le vie che già esistono e la diplomazia.

La crisi di Kapan-Goris

Per perorare la causa degli interessi iraniani nel Caucaso il ministero degli Esteri iraniano e poi quello delle Infrastrutture hanno visitato due volte nel 2021 l’area, recandosi sia in Armenia che in Azerbaijan, a gennaio e a giugno. A settembre, dopo una serie di allusioni a “mezzi stranieri” che si recano in Karabakh senza l’autorizzazione di Baku, è scoppiata la crisi dell’autostrada Kapan-Goris: l’Azerbaijan ha cominciato a bloccare i camion iraniani che attraverso quella autostrada riforniscono sia l’Armenia che il Nagorno Karabakh.

Il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev aveva espresso rimostranze anche sull’attività dei peacekeeper russi che non fermavano questi mezzi in ingresso in Karabakh. Secondo Baku infatti il Nagorno Karabakh non esiste più come regione a parte, il suo statuto autonomo è stato abolito, e l’unico motivo per cui l’Azerbaijan non entra nel territorio abitato dagli armeni è che ha concordato un periodo transitorio di presenza militare russa, durante il quale gli abitanti della regione, secondo Baku, dovrebbero accettare il ritorno alla piena cittadinanza azerbaijana. Pertanto il Karabakh è per Baku Azerbaijan: transito, importazioni ed esportazioni devono essere quindi essere autorizzati da Baku.

L’escalation

“È irrispettoso verso di noi, verso l’integrità territoriale dell’Azerbaijan, […] All’inizio di ogni mese registravamo i dati su quanti camion partivano, quanti entravano, cosa portavano, cosa portavano fuori. Abbiamo tutte le informazioni, comprese le targhe. […] E allora che hanno fatto? Hanno cercato di installare targhe armene sui camion iraniani. Hanno fatto ricorso a una tale truffa. Hanno cercato di ingannarci. Hanno fatto un lavoro così incompetente che c’erano iscrizioni in persiano sulle cisterne ma numeri armeni sotto. […] abbiamo emesso una nota diplomatica ufficiale, l’ambasciatore iraniano in Azerbaijan è stato convocato al ministero degli Esteri. Gli sono state presentate lamentele e gli abbiamo chiesto di porre fine a questo. Questo è successo a metà agosto.” Così Ilham Aliyev  a fine settembre sul crescente nervosismo di Baku per i commerci Karabakh-Iran. Lo scontro verbale è avvenuto sullo sfondo di esercitazioni militari iraniane presso i confini azerbaijani, anche queste criticate da Baku, cosa che ha a sua volta irritato Teheran. Alle parole di Aliyev il ministro degli Esteri iraniano ha anche risposto  che Teheran non tollera la presenza del regime israeliano lungo i propri confini.

La questione della supposta presenza israeliana nelle zone riconquistate ha contribuito a una escalation verbale. L’Azerbaijan ha rapporti intensi con Israele, è acquirente delle sue armi  , i droni israeliani sono stati usati nell’ultimo conflitto e stando a fonti israeliane Baku sta ponderando l’acquisto  del sistema missilistico ipersonico israeliano Arrow 3 che rafforzerebbe notevolmente le capacità difensive del paese. Secondo l’Ambasciatore israeliano a Mosca la loro presenza militare in Karabakh: “È una gran stupidaggine, perché stiamo parlando della regione del Nagorno Karabakh che è presidiata da militari russi e turchi. A questo punto, fantasia per fantasia, dicano che ci sono i marziani”.

Il 30 settembre l’Iran ha lanciato nuove esercitazioni  delle forze di terra lungo il confine con l’Azerbaijan. Dopo cinque giorni Teheran ha chiuso lo spazio aereo  ai mezzi militari azerbaijani e dopo due giorni Turchia e Iran hanno reciprocamente chiuso i confini  ai rispettivi camion. È intervenuta nella crisi anche la Russia, dopo un bilaterale a Mosca fra il ministro degli Esteri iraniano e russo, che ha esortato ad attivare il formato 3+3 e ad escludere paesi terzi dalla regione come prevede la Convenzione sul Caspio, tra l’altro non ratificata proprio dall’Iran e quindi non ancora in vigore.

Dopo due settimane di crescenti tensioni, il 13 ottobre una telefonata fra i ministri degli Esteri azerbaijano Jeyhun Bayramov e iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha riportato in primo piano la diplomazia, con le parti che si sono impegnate a risolvere la crisi  attraverso canali negoziali. Sicuramente una dichiarazione più promettente del tweet  dell’Ayattolah Ali Khamenei a inizio mese: “Chi scava una buca ai propri fratelli, ci cadrà dentro per primo”.

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