La Camera dei Deputati Italiana impegna il Governo a riconoscere il Genocidio Armeno.

Il governo italiano è impegnato “a riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale”. Lo prevede la mozione unitaria approvata dalla Camera con 382 voti a favore, nessun contrario e 43 astenuti (i deputati di Forza Italia). Dopo il voto tutti i deputati si sono alzati in piedi ad applaudire.


Questo il testo della mozione approvata

TESTI ALLEGATI ALL’ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 160 di Mercoledì 10 aprile 2019

La Camera,

premesso che:

la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, ratificata dall’Italia con la legge 11 marzo 1952, n. 153, riconosce che il genocidio ha inflitto gravi perdite all’umanità in tutte le epoche storiche;

la Sottocommissione per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 1973 riconobbe che lo sterminio di oltre un milione e mezzo di armeni nell’Impero ottomano avvenuto negli anni 1915-1917 era da considerarsi il primo genocidio del XX secolo, ai sensi della predetta Convenzione;

più di venti Paesi del mondo hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno;

il Parlamento europeo, con la «Risoluzione su una soluzione politica del problema armeno», adottata il 18 giugno 1987, riconobbe che i tragici eventi del 1915-1917 occorsi agli armeni nel territorio ottomano costituivano genocidio e ritenne, altresì, che il rifiuto da parte del Governo turco di riconoscere il genocidio commesso dai «Giovani turchi» rappresentava un ostacolo all’adesione della Turchia alla Comunità europea;

con la risoluzione del 12 marzo 2015, inerente alla «Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013», in vista del 100° anniversario di detto genocidio, il Parlamento europeo chiese a tutti gli Stati membri di provvedere al suo riconoscimento (paragrafo 77);

con la risoluzione del 15 aprile 2015 sul centenario del genocidio armeno, il Parlamento europeo, considerando l’importanza di mantenere vivo il ricordo del passato e ritenendo fondamentali verità e memoria per la riconciliazione tra i popoli, invitava nuovamente la Turchia a riconoscere il genocidio armeno, «aprendo così la strada a un’autentica riconciliazione tra il popolo turco e il popolo armeno». Il Parlamento europeo invitava, altresì, Armenia e Turchia «a concentrarsi su un’agenda che metta in primo piano la cooperazione tra i popoli» ed «a procedere alla normalizzazione delle loro relazioni, ratificando e attuando senza condizioni preliminari i protocolli sull’istituzione di relazioni diplomatiche, aprendo la frontiera e migliorando attivamente le proprie relazioni, con particolare riferimento alla cooperazione transfrontaliera e all’integrazione economica»;

tra i Paesi membri dell’Unione europea hanno dato seguito alla richiesta del Parlamento europeo: Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Svezia e lo stesso ha fatto la Svizzera;

la Camera dei deputati, con la risoluzione n. 6-00148, approvata il 17 novembre 2000, pur richiamando la sopra menzionata risoluzione del Parlamento europeo sul riconoscimento del genocidio armeno, si limitava ad impegnare il Governo ad adoperarsi per il completo superamento di ogni contrapposizione tra popoli e minoranze diverse nell’area;

Sua Santità Papa Francesco, il 12 aprile 2015, in occasione di una solenne celebrazione in San Pietro, ricordava il massacro degli armeni perpetrato dall’Impero ottomano ritenuto «il primo genocidio del XX secolo». Il Pontefice richiamava quanto già espresso nel 2001 da Papa Giovanni Paolo II, che, in una dichiarazione congiunta con il Patriarca Karekin II, aveva utilizzato il termine «genocidio» per definire il massacro della popolazione armena avvenuto da parte dell’Impero ottomano a partire dal 1915;

il riconoscimento e la memoria delle persecuzioni e degli orrori occorsi nel XX secolo deve costituire un monito perenne, affinché il Parlamento sia per sempre baluardo della libertà umana e della dignità della persona secondo i principi e le disposizioni della Costituzione della Repubblica,

impegna il Governo

1) a riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale.
(1-00139) «Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci, Centemero, Carelli, Capitanio, Piccoli Nardelli, Molinari, D’Uva, Zóffili, Cecchetti, Coin, Bordonali, Ziello, Eva Lorenzoni, Bisa, Paolini, Colla, Gadda, Andrea Romano, Mollicone, Fiano, Gariglio, Moretto, Mor, Lepri, Lupi, Frassinetti, Carnevali, Fregolent, Occhionero».

(11 marzo 2019)


RESOCONTO STENOGRAFICO

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Seguito della discussione delle mozioni Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci ed altri n. 1-00139 e Valentini ed altri n. 1-00172 concernenti il riconoscimento del genocidio del popolo armeno (ore 17,39).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci ed altri n. 1-00139 e Valentini ed altri n. 1-00172 concernenti il riconoscimento del genocidio del popolo armeno (Vedi l’allegato A).

Ricordo che la discussione sulle linee generali ha avuto luogo nella seduta di lunedì 8 aprile 2019, nel corso della quale è intervenuto il rappresentante del Governo.

Avverto che la mozione Valentini ed altri n. 1-00172, presentata dopo la conclusione della discussione sulle linee generali e già iscritta all’ordine del giorno, è stata in data odierna ritirata dai presentatori.

Avverto inoltre che è stata testé presentata la mozione Delmastro delle Vedove ed altri n. 1-00173(Vedi l’allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

Invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni presentate.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Viceministra agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Presidente, il Governo chiede per favore dieci minuti di sospensione.

PRESIDENTE. D’accordo. A questo punto riprendiamo alle ore 18. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 17,40, è ripresa alle 18,05.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la Viceministra agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Ne ha facoltà.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Viceministra agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Se possibile, Presidente, vorrei chiedere altri quindici minuti di sospensione.

PRESIDENTE. D’Accordo. A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 18,20. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 18,06 è ripresa alle 18,20.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni presentate. Prego, Viceministro.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Viceministra agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Il Governo si rimette alla volontà dell’Aula.

PRESIDENTE. Viceministro, su entrambe le mozioni, corretto?

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Viceministra agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Su entrambe.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gabriele Toccafondi. Ne ha facoltà. Colleghi, vi chiedo silenzio, perché stiamo partendo con le dichiarazioni di voto, per cortesia.

GABRIELE TOCCAFONDI (MISTO-CP-A-PS-A). Grazie, Presidente. Diciamo che ancora resta un po’ una suspence rispetto al testo definitivo, ma per noi fa atto quello che è stato depositato ed è scritto, e quindi, fino a prova contraria, e spero di non essere smentito, voglio ringraziare i presentatori della mozione per le parole riportate nella mozione stessa e anche per la tenacia, almeno, ribadisco, fino a prova contraria. Il grande male, è così che il popolo armeno ricorda e riconosce il genocidio; un genocidio che è costato circa un milione e mezzo di decessi, tra cui donne, bambini, malati e anziani. Tra il 1915 e il 1917 due terzi del popolo armeno furono uccisi o costretti alla fuga, cancellando completamente la presenza del popolo armeno in Anatolia orientale, luogo dove vivevano da 2 mila anni. Era l’alba di sabato 24 aprile 1915, così come ricordano le mozioni presentate, che il progetto di sterminio – perché queste sono le parole giuste da utilizzare – fu ufficialmente avviato. Si iniziò con l’arresto arbitrario di oltre un migliaio di intellettuali e notabili armeni; a seguire, centinaia di migliaia di persone, quando non furono sterminate in eccidi veri e propri, andarono incontro a morte sicura a causa di sevizie, torture, malattie e stenti durante terribili marce forzate, e, a fine luglio, sempre del 1915, in soli tre mesi, tutti gli armeni dell’Anatolia orientale erano così stati uccisi o messi in fuga.

Cominciò allora il massacro e la deportazione degli Armeni delle regioni occidentali e della Cilicia. Per questa ricostruzione storica, per questi dati, per questi numeri, per questa realtà evidente e storica, è giusto parlare per questi episodi di genocidio. Pochi, ma straordinari atti di denuncia hanno cercato, anche in quei mesi, in quegli anni, 1915, di far conoscere tali efferatezze. E mi piace oggi ricordare in tal senso l’allora console italiano Giacomo Gorrini, che anche su Il Messaggero di Roma denunciò i massacri. Tutti sapevano cosa stava accadendo, ma le potenze europee, occidentali e mondiali preferirono impegnarsi esclusivamente nella Grande Guerra e in ciniche strategie geopolitiche.

Si è dovuto attendere il 1985 perché l’ONU riconoscesse come genocidio lo sterminio degli Armeni, e il 1987 il Parlamento europeo, ma ancora si parlava di problema armeno. Nelle premesse delle mozioni presentate al riguardo possiamo chiaramente leggere la cronistoria di quanto accaduto e di quanto gli Stati non abbiano riconosciuto come primo genocidio del XX secolo quello del popolo armeno, come, invece, ha fatto Papa Francesco il 12 aprile del 2015. Tante nazioni europee, nel mentre, hanno votato atti di riconoscimento del genocidio; l’Italia ha il dovere morale e il dovere storico di riconoscere quanto accaduto più di cento anni fa. Non discostiamoci di un centimetro dalla mozione Formentini, la nostra Costituzione ce lo impone, la nostra morale ce lo impone, la nostra storia ce lo impone (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica, di deputati del gruppo Partito Democratico e della deputata Frassinetti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Grazie, signor Presidente. È un passaggio importante quello che stiamo facendo, un passaggio delicato, e non bisogna nascondercelo. Tante volte il Parlamento, in questi vent’anni, ha cercato di affrontare con serietà e con responsabilità il tema che stiamo trattando, e non a caso lo ha affrontato il Parlamento. È evidente – lo dico come premessa, per poi entrare nel merito – che, dal mio punto di vista, c’è da ringraziare i presentatori della mozione, il collega Formentini e i colleghi del MoVimento 5 Stelle che hanno presentato questa mozione; è evidente che il giudizio che noi vogliamo dare non è un giudizio che riguarda le nazioni di oggi, non è un giudizio, così come, quando si riconosce la tragedia dell’Olocausto, non si giudica la Germania di oggi, ma si ricorda la storia. E questo potrebbe spazzare via qualsiasi equivoco, e lo ricordo anche alla Turchia. Quello che non è accettabile – lo dico in premessa – è che oggi il Parlamento si debba trovare sotto il ricatto di una nazione esterna, che è la Turchia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l’Italia-USEIPartito Democratico e Fratelli d’Italia), che convoca il nostro ambasciatore. Non stiamo parlando dell’azione del Governo, il Governo è ovviamente autonomo, il Governo ha tutte le responsabilità, in tema di politica estera il Governo è responsabile nei rapporti con le altre nazioni. Il Parlamento, nel suo compito e nel suo Regolamento, ha il compito di fare mozioni, cioè di dare indirizzi, di indirizzare l’azione del Governo, tant’è che si parla di impegni al Governo, non obblighi al Governo. Ma oggi non è più accettabile, nel momento in cui ci siamo trovati, che il Parlamento sia sotto l’eventuale ricatto di una pressione del Governo turco, che convoca l’ambasciatore italiano per dire che il Parlamento non deve affrontare questo. Il Parlamento italiano è autonomo come lo è il Parlamento turco, le democrazie parlamentari sono fondamentali per questo.

Detto questo, e mi spiace avere sprecato due minuti da questo punto di vista, per me, voglio qui ricordare due interventi: da una parte, ovviamente, quello di un santo, Giovanni Paolo II, che nel 2001 ebbe il coraggio di andare in Armenia e di ricordare che lo sterminio di un milione e mezzo di cristiani armeni, che viene definito il primo genocidio del XX secolo, è una tragedia ancora viva nel ricordo della generazione attuale. Nel 2015 Papa Francesco altrettanto ebbe il coraggio di ricordare: la nostra umanità ha vissuto, nel secolo scorso, tre grandi tragedie inaudite. La prima ha colpito il popolo armeno, prima nazione cristiana.

Ricordo – lo abbiamo potuto sperimentare, quei parlamentari che si sono recati in visita in questi giorni in Armenia – che l’Armenia fu la prima nazione nel 301 dopo Cristo, dieci anni prima dell’editto di Costantino, che pose fine alla persecuzione dei cristiani nell’impero romano, a riconoscere la religione cristiana. Ebbene, il tema che è in discussione, il tema che dobbiamo fare come atto del Parlamento italiano, è questo: riconoscere ciò che è accaduto nella storia, ciò che è stato il secolo XX. Hegel parlò e ha sempre parlato della storia come il banco del macellaio. Un grande storico e filosofo tedesco, Nolte, diceva: attenzione, il XX secolo è stato il secolo dove ebbe inizio il secolo della violenza. E che tipo di violenza ha caratterizzato il XX secolo? La violenza giustificata dall’ideologia, la violenza in cui quella violenza dell’uomo aveva un’applicazione teorica e pratica, la diversità che era da eliminare. Accadde in Armenia all’inizio del Novecento, 1915-1917.

PRESIDENTE. Concluda, deputato.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Le chiedo ancora un minuto. Accadde, drammaticamente, in Germania con Hitler, che, ovviamente, teorizzò l’eliminazione sulla razza. Accadde con Stalin, dove si teorizzò l’applicazione culturale della differenza sociale, per cui bisognava eliminare una classe sociale.

Accadde decenni dopo, con Pol Pot in Cambogia, dove il nemico era l’intellettuale e milioni di intellettuali furono eliminati e fatti fuori.

Questo è il valore che stiamo compiendo oggi, non il processo ad una nazione, la Germania, la Turchia, le tante nazioni che sono state vittime di questa ideologia, del dramma, della tragedia dell’uso delle ideologie contro l’uomo, ma il coraggio e, concludo, signor Presidente, insieme, di ribadire con forza, riconoscendo un fatto storico, in questo caso, il genocidio accaduto in Armenia, il coraggio di riconoscere che mai più violenza di un uomo contro un uomo sia giustificata dall’ideologia di eliminare la diversità.

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere!

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Havel, ricordando un altro luogo, un altro dramma vissuto in Europa, diceva: perché bisogna ricordare la storia? Ogni sofferenza umana riguarda ciascuno; la sofferenza umana è lo sfondo tragico della libertà ottenuta. Non perdiamo tutto ciò, facciamo un atto insieme del Parlamento, senza divisioni, senza processi alle nazioni di oggi, ma per dire con forza che la storia dell’Italia e della democrazia e di questo Parlamento non accetta ricatti da nessuno ma ha l’orgoglio di dire “no” alla violenza contro l’uomo, “no” all’ideologia e “si” al riconoscimento del genocidio accaduto in Armenia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l’Italia-USEIPartito Democratico e Fratelli d’Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fusacchia. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-+E-CD). Presidente, nel 1939, quando Hitler raduna lo stato maggiore una settimana prima dell’invasione della Polonia, svolge un fantastico discorso, spiegando come si sarebbe dovuto comportare con questa invasione, senza risparmiare i civili e tutto il resto e – ed è un fatto storico – conclude questo discorso, dicendo, nel 1939: tanto chi si ricorda più dell’annientamento degli Armeni?

Quello che voglio dire è che la negazione del genocidio, in realtà, è l’ultimo atto del genocidio. C’è uno storico molto famoso che ha fatto una brillante sintesi del Novecento, si chiama Hobsbawm, che ha scritto un libro, che si intitola: “Il secolo breve”; ecco, noi stiamo nel 2019 e ancora fatichiamo a riconoscere il genocidio degli Armeni.

Vi sono stati tanti passi avanti, in tanti Parlamenti, in particolare ricordo due casi emblematici, quello del Parlamento francese e quello del Parlamento tedesco. La differenza è sottile, ma credo sia anche importante e la voglio ricordare qui oggi: il Parlamento francese ha presentato una risoluzione, un atto con il quale si è affermato il riconoscimento, da parte del Parlamento francese, del genocidio degli armeni; i tedeschi, al Bundestag, hanno fatto un atto molto simile a quello che stiamo facendo noi, con una mozione che impegnava il Governo a riconoscerlo.

Ecco, sarebbe bello se il messaggio che uscisse qui oggi non fosse solo di un chiaro impegno e di un impegno inequivocabile nei confronti del Governo, ma partisse da quest’Aula e da questo Parlamento il messaggio, fuori da quest’Aula, che questo Parlamento non ha dubbi su che cosa è successo all’inizio del Novecento e che tutto quello che è successo non deve ricapitare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa-Centro Democratico e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Laura Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (LEU). Grazie signora Presidente. Ci si può chiedere, signora Presidente, colleghe e colleghi, perché riteniamo giusto, ad oltre un secolo di distanza da quegli eventi, che la Camera dei Deputati riconosca che, allora, nel territorio dell’Impero Ottomano, venne commesso un vero e proprio genocidio ai danni del popolo armeno. Potremmo rispondere perché, in questo senso, si è pronunciato più volte il Parlamento europeo e si sono espresse le Assemblee legislative di molti paesi, interni ed esterni all’Unione Europea e questo indubbiamente ha una sua importanza; potremmo rispondere anche che quegli eventi sono descritti, sono testimoniati in molte opere di carattere storico e letterario: penso ad un libro, ad un romanzo, che molti di voi avranno letto: La masseria delle allodole, dal quale venne poi tratto uno splendido film dei fratelli Taviani, drammatico film.

Ecco, ma c’è una ragione di merito e attuale che ci dice che la Camera approvando questa mozione compirà un atto politico importante. Questa ragione sta nel fatto che non la rimozione, non la rimozione, ma soltanto con la piena accettazione della verità storica è possibile superare antiche fratture e anche procedere verso una reale riconciliazione. E allora: verità e riconciliazione, così si chiamava la commissione speciale che Nelson Mandela istituì dopo la fine dell’apartheid, una commissione chiamata a esaminare i tanti episodi di violenza che avevano insanguinato quel Paese; e se oggi, colleghi e colleghe, il Sudafrica, che celebra i 25 anni di democrazia nonostante i tanti problemi che lo travagliano, è un Paese forte e influente, è anche perché scelse di non stendere un velo ipocrita sul suo passato, ma di guardare in faccia anche i momenti più drammatici della sua storia. E la stessa cosa può e deve dirsi a proposito dell’Unione Europea. Non sarebbe stato possibile procedere verso una sempre più stretta integrazione politica tra i paesi e i popoli europei senza un pieno riconoscimento delle cause e delle responsabilità che portarono a due devastanti guerre mondiali e anche all’orrore della Shoah. I negazionisti, signora Presidente, sono un problema per il mondo di oggi non per quello di ieri, perché sono una minaccia per il futuro dell’Europa e dell’intera umanità. L’Unione Europea nacque proprio come risposta a quelle tragedie, a quegli orrori e per questo è stato ed è il più grande progetto di pace della storia. Non deve stupire quindi che il Parlamento europeo e poi parlamenti di molti Paesi dell’Unione abbiano avuto la sensibilità di discutere del genocidio degli armeni e di riconoscerlo ufficialmente come tale senza infingimenti, rendendo omaggio in questo modo alle tante persone di origine armena discendenti della diaspora seguita allo sterminio di un secolo fa che oggi vivono in Europa e molti anche nel nostro Paese, in Italia. Centinaia di migliaia di persone uccise solo perché armene, milioni sterminati qualche anno dopo solo perché ebrei e in epoca recente 20 anni fa, anzi 25 anni fa in Ruanda, oltre 800 mila trucidati, uccisi solo perché Tutsi e Hutu moderati. Questo vuol dire genocidio, nient’altro che questo: è la conseguenza estrema dell’odio etnico, del nazionalismo esasperato, della volontà di sopraffazione, di annientamento. Annientare qualcuno perché è diverso da te, perché è diverso da me e perché è stato scelto come capro espiatorio dai fabbricanti di terrore. E allora riconoscere il genocidio degli armeni non è un atto ostile verso il popolo turco, lo voglio dire con chiarezza in quest’Aula: non è un atto ostile verso il popolo turco, un popolo amico degli italiani, che sta dimostrando nelle ultime settimane anche volontà di cambiamento di attaccamento ai valori di libertà e di democrazia, è al contrario, signora Presidente, questo riconoscimento, è un messaggio di amicizia e di pace in un momento in cui purtroppo la voce delle armi si diffonde con troppa facilità in tanti, troppi Paesi ed è per questa ragione che il gruppo di Liberi e Uguali voterà a favore di questa mozione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Delmastro delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Presidente, lo hanno già sottolineato i colleghi e lo sottolineo anch’io a nome di Fratelli d’Italia: è un risultato storico quello odierno per il popolo armeno. Oggi il Parlamento italiano certifica che vi fu il genocidio del popolo armeno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia). Da ghénos caedo, lo sterminio di una razza, il tentativo di cancellare il patrimonio culturale ed etnico di un’intera popolazione.

E nelle dichiarazioni iniziali, nella discussione generale, si facevano aulici e roboanti richiami al concetto di verità; e si faceva bene a fare questi richiami perché giustamente il genocidio armeno da una parte è una verità e perché questo richiamo alle verità non ammette negoziazioni e perché quando ci richiamiamo alla verità qualcuno interpella direttamente le nostre coscienze e perché questa verità è stata cancellata e mantenuta nell’oblio per tanti, troppi anni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

Abbiamo dovuto attendere più di cento anni perché questa verità di uno sterminio brutale e preordinato ai danni di un popolo emergesse nella sua solare e incontestabile verità. Abbiamo atteso a dichiarare genocidio quello del popolo armeno quando tutte le coscienze occidentali sapevano non tanto che quello fu un genocidio e non soltanto che quello fu un genocidio ma che quella fu la pagina tristemente natale dei genocidi moderni. Lì nasce il concetto di genocidio moderno e nasce nei confronti di un popolo verso il quale fu lanciata una jihad perché era il popolo che nel 301 dopo Cristo per primo riconosceva come ufficiale la religione cristiana (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia). Per molti storici fu il primo genocidio della modernità, per tutti gli storici fu un genocidio, per la Turchia non è tale.

Ed eccoci al problema di oggi, che è il problema della modernità di questo tema. Le agenzie di stampa ci hanno dato atto e hanno fatto un resoconto di un’attività intensa della diplomazia turca: hanno convocato il nostro ambasciatore ad Ankara e l’ambasciatore turco ieri è venuto all’interno del Parlamento per conferire col presidente della III Commissione (Affari esteri), Marta Grande, ritenendo di poter immaginare che qui vi fossero dei sottomessi. Oggi questo Parlamento dice in quest’Aula che non ci sono sottomessi perché noi, sul concetto di verità genocidaria, ai danni del popolo armeno non accettiamo negoziazioni.

Fino all’ultimo vi è stato il tentativo di condizionare questo Parlamento, fino all’ultimo vi è stato, cioè, il tentativo di arrivare al terzo genocidio degli armeni: il primo, quello del 1915-1918; il secondo, quello di cento anni di verità negata; e il terzo, che si sarebbe dovuto consumare oggi in quest’Aula, a seconda di quello che abbiamo letto dalle agenzie stampa, con un atto di sottomissione di questo Parlamento. Sono fiero di essere in un Parlamento che non si è sottomesso, sono fiero che con quest’atto rendiamo verità e onore al fiero popolo armeno ma che nel contempo raccontiamo al sultano che qui dentro non ci sono gli eunuchi del Topkapi ma fieri rappresentanti della verità e del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

E, allora, io voglio ringraziare anche coloro che, magari meno entusiasticamente di Fratelli d’Italia che ha sempre raccolto la bandiera delle identità dei popoli e, quindi, anche quella dell’identità del fiero popolo armeno, hanno retto e hanno respinto al mittente indebite pressioni, hanno respinto al mittente un atteggiamento da sultano che prima ci convoca ad Ankara e poi varca i nostri palazzi per farci negare una verità storica che il mondo ha riconosciuto. Ringrazio coloro che sostanzialmente, unitamente a Fratelli d’Italia, hanno voluto raccontare che qui dentro degli eunuchi del Topkapi non ve n’è uno solo perché voteremo convintamente per il riconoscimento del genocidio armeno, perpetrato proditoriamente, con volontà e scientemente dalla Turchia cento anni fa. È arrivata l’era della primavera del popolo armeno perché il popolo armeno riabbraccia una verità storica a lungo negata (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, i ritardi e le difficoltà che hanno accompagnato la presentazione di questo documento e l’imbarazzo evidente del Governo in questa fase sono elementi sui quali non vogliamo fare nessun tipo di polemica politica, anche perché c’è una strana maggioranza trasversale oggi a parlare di Armenia e Turchia, ma che sicuramente evidenziano che non si ottengono buoni risultati quando si usano le Aule parlamentari non per fare le leggi, ma per interpretare la storia e per certificare, come qualcuno ha detto poco prima di me, il genocidio armeno o addirittura per rischiare di commettere un altro genocidio, come se da noi dipendesse il fatto che vi sia stato o meno il genocidio armeno e come se da noi dipendesse o non dipendesse la valutazione di fatti storici di cento anni fa.

Certo il dibattito di oggi riporta al centro della riflessione in quest’Aula una delle pagine più drammatiche del Novecento e per questo noi ci avviciniamo comunque a questa discussione con profondo rispetto e, anzi, con emozione per le tragiche vicende di cui si tratta ma con serie, serissime perplessità sul modo nel quale si trasforma l’Aula del Parlamento in un luogo di giudizi storici non solo improvvidi ma anche forse strumentali, e dico questo fatta salva non solo la buona fede ma la grande onestà intellettuale che riconosco al collega Formentini, primo firmatario della mozione presentata, a cui voglio rinnovare le espressioni della mia personale stima e amicizia.

Ciò detto, sui fatti e sulle vicende storiche non ci possono essere equivoci e noi non abbiamo alcuna difficoltà: quanto è avvenuto ai danni della componente armena nell’Impero ottomano ha per così dire inaugurato un secolo crudele, un secolo nel quale, con le più tristi e abiette motivazioni, quali l’odio di razza, di religione, di classe e di etnia, si è preteso di giustificare il massacro di interi popoli (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Tutto questo è culminato nel più grande dei drammi, la Shoah, il primo e unico – grazie al cielo -tentativo sistematico da parte di una nazione moderna di usare le sue capacità militari, tecnologiche e organizzative per cancellare l’esistenza e addirittura la memoria di un intero popolo. La drammatica vicenda armena può essere paragonata alla Shoah? Non credo, sia per i numeri, che sono diversi per quanto drammaticamente elevati, né per i metodi, né per l’organicità degli obiettivi. Eppure tutti sanno che la parola “genocidio”, una parola nuova coniata per descrivere l’Olocausto degli Ebrei, è stata proposta alle Nazioni Unite da Raphael Lemkin, un grande giurista polacco, proprio pensando al massacro degli Armeni.

Da un altro punto di vista, come è ben noto e come è già stato citato, era stato lo stesso Hitler a citare proprio quanto era avvenuto in Anatolia 25 anni prima quando diceva: “Chi mai si ricorda dei massacri degli Armeni? Il mondo si ricorda solo di chi ha successo”. Grazie al sacrificio di milioni di esseri umani e nonostante il tanto sangue versato, Hitler non riuscì a sedere fra i vincitori della storia ma sta a noi, uomini liberi di un’Europa libera, grazie al sacrificio delle generazioni che ci hanno preceduto, mantenere vivo il ricordo dell’orrore e sta a noi anche smentire ogni giorno la sinistra profezia pronunciata dal dittatore tedesco.

Il massacro degli armeni non è dimenticato non soltanto perché questo piccolo ma glorioso popolo ne mantiene viva la memoria ma perché è impresso nelle coscienze di tutte le persone civili. Chiunque abbia letto il capolavoro di Franz Werfel, I quaranta giorni del Mussa Dagh, oppure, come ricordava prima la presidente Boldrini, la nostra Antonia Arslan con la sua straordinaria La masseria delle allodole, chiunque abbia letto questi e tanti altri libri collegherà per sempre al destino degli armeni i crimini di cento anni fa. Opere d’arte, si potrebbe dire, e non testi storici; opere fondate su centinaia di testimonianze, di ricordi, di memoriali, di immagini. Fra tutti ricordo il prezioso lavoro di un ufficiale tedesco, Armin Wegner, che documentò l’orrore con la sua macchina fotografica. Fu lo stesso Wegner – ancora una volta i destini si intrecciano – a scrivere anni dopo una bellissima lettera aperta a Hitler, una lettera che gli costò anni di campi di concentramento, nella quale intimava al dittatore, in nome dell’onore del popolo tedesco, di cessare le persecuzioni degli ebrei.

Dunque, è corretto, alla luce di tutto questo e di tanto altro, definire quanto accadde in Turchia come il primo genocidio della storia moderna? È di questo che stiamo discutendo ed è questo che chiede la mozione che è stata presentata e non una semplice condanna dell’accaduto, sulla quale naturalmente ogni persona dotata di raziocinio e di umanità non può che convenire. Io non so, colleghi, se i Parlamenti siano il luogo giusto per emettere questo tipo di sentenze, che appartengono agli storici o ai giuristi.

Non so se quest’Aula abbia come compito urgente quello di dare giudizi sul passato, ma se siamo chiamati a farlo, lo diciamo senza alcuna esitazione, quello degli Armeni fu un genocidio, il genocidio di un grande popolo cristiano, un genocidio nel senso inteso dal diritto internazionale, di negazione del diritto alla vita di gruppi umani, gruppi razziali, religiosi, politici o altri che siano stati distrutti in tutto o in parte.

Noi ci inchiniamo alle vittime, la fiamma eterna che arde a Erevan, al centro del Memoriale del genocidio, è la fiamma delle nostre coscienze di donne e di uomini liberi. Onorevoli colleghi, basterebbe dire questo se l’Aula di Montecitorio fosse un tribunale della storia e se noi fossimo giudici in nome della morale o del diritto, ma noi siamo un Parlamento nel quale si compiono scelte politiche, e queste scelte hanno un valore e delle conseguenze. E, allora, dobbiamo tutti, da tutte le parti, evitare di usare la storia come una clava o come un pretesto per regolare questioni di politica interna o internazionale che sono molto complesse. Quello perpetrato ai danni degli Armeni è stato un grande crimine, ma è un crimine del quale sarebbe del tutto assurdo chiamare a rispondere la Turchia nella sua interezza. Si tratta di un crimine che ha dei responsabili precisi, identificati con nomi e cognomi. Non vi è stata una Norimberga turca, ma molti di questi responsabili sono stati individuati, processati e puniti. Il giudizio sull’accaduto non può essere un giudizio sulla Turchia né, tanto meno, ovviamente, sulla Turchia di oggi, ma la storia della Turchia moderna, la storia della Turchia del Novecento non è certo una storia criminale, anzi, è esattamente l’opposto, è la storia della costruzione, cominciando da Atatürk, di uno Stato laico, moderno, occidentale, sulle rovine dell’Impero ottomano, uno Stato in grado di occupare con grande dignità il suo ruolo fra le nazioni.

La Turchia, oggi, è un grande Paese dell’Alleanza atlantica, svolge un ruolo decisivo in una delle aree più delicate del pianeta, ha una funzione essenziale nel controllo dei fenomeni migratori, che tanto sta a cuore a parte della maggioranza – e, per la verità, sta a cuore anche a noi –, ha in mano le chiavi di flussi di energia fondamentali per l’Italia e l’Occidente.

La Turchia controlla gli stretti, da sempre il grande snodo strategico per la Russia, il Mediterraneo, il vicino Oriente, la frontiera orientale dell’Unione Europea. Storicamente, la Turchia è un Paese a cavallo fra Oriente e Occidente, fra Europa e Asia, è un grande Paese amico e alleato, con il quale naturalmente vi possono essere divergenze di vedute, è un Paese democratico, anche se talora le forme della loro democrazia non ci entusiasmano. Comunque, è un Paese abbastanza democratico da consentire senza ripercussioni la vittoria delle forze di opposizione nelle principali città alle recentissime elezioni amministrative.

L’Europa, negli anni scorsi, ha perso una grande occasione nei confronti della Turchia, che provava ad affacciarsi all’Unione europea; li abbiamo respinti per la miopia di alcuni Governi europei e, così facendo, abbiamo spinto la Turchia verso i nostri nemici, verso l’islamismo integralista; ma non è un processo irreversibile, gli storici legami nell’Alleanza atlantica, l’intelligente empirismo del Presidente Erdoğan lo rendono un interlocutore, non certo un nemico.

Per questo noi non comprendiamo la necessità di usare oggi la questione armena, la giusta questione armena, come strumento politico in funzione antiturca o di propaganda sovranista. Il Parlamento italiano ha già detto quello che doveva dire su questo tema fin dal 2000; perché, oggi, c’è bisogno di un’altra pronuncia? Perché questa voglia di mostrare i muscoli, quando è interesse di tutti, persino del Governo armeno, quello di migliorare i rapporti con la Turchia? Perché non lasciare questo tema a un libero confronto fra gli storici, come la stessa Turchia si è detta ben disposta a fare?

PRESIDENTE. Concluda, collega.

ANDREA ORSINI (FI). Mi avvio a concludere, signor Presidente. Ancora una volta, forse, la politica internazionale viene usata per ragioni di politica interna, per affrontare ben altri problemi con l’Islam, in termini sovranisti che in politica estera non portano lontano.

Onorevoli colleghi, usare la politica estera per farsi propaganda all’interno non è mai lungimirante, usare la storia per regolare i conti politici sull’attualità non fa onore a questo Parlamento. Questa è la ragione per la quale ci asterremo sulla mozione presentata dai colleghi della maggioranza e sorprendentemente sostenuta dal PD e da altri gruppi di opposizione. Le nostre priorità, sinceramente, sono altre; sono il rispetto per le vittime, la ricerca della verità, la pace fra due grandi nazioni amiche dell’Italia come la Turchia e l’Armenia; non ci si arriva in questo modo, con un nuovo pronunciamento inutile su temi sui quali, del resto, l’Aula, si è già pronunciata.

La nostra astensione è, prima di tutto, un atto di rispetto, è il nostro modo di onorare davvero, senza strumentalizzarli, i caduti innocenti fra gli Armeni e fra gli altri popoli vittime degli eccidi del Novecento, sottraendoli alle meschinità del quotidiano delle tattiche politiche (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Flavia Piccoli Nardelli. Ne ha facoltà.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Grazie, Presidente. Colleghi, l’altro ieri, mentre qui si svolgeva la discussione sulle mozioni presentate per il riconoscimento del genocidio armeno, alcuni di noi, presenti oggi in quest’Aula, erano nel monastero di Khor Virap, alle pendici del monte Ararat. A un chilometro di distanza, visibili a occhio nudo, i fili spinati e l’esercito marcavano il confine che separa l’Armenia dalla Turchia, perché l’Ararat è in territorio turco. Eppure, colleghi, quella montagna altissima e innevata, che fa parte per molti di noi di un immaginario collettivo, di una mitologia, Presidente, che ci riporta all’Arca di Noè, a storie lontane di passaggio tra Oriente e Occidente, è parte integrante della memoria identitaria del popolo armeno, il primo ad adottare, nel 300 dopo Cristo, la religione cristiana, a dotarsi, nel Quattrocento, di un proprio alfabeto di matrice indoeuropea, impegnato a tradurre i filosofi greci e quelli cristiani, a raccoglierne il pensiero in straordinari codici miniati, presenti nelle biblioteche di tutto il mondo, custoditi soprattutto a Erevan, in Armenia, ma anche a San Lazzaro degli Armeni, nella laguna di Venezia.

È questa fortissima forza identitaria che colpisce ancora oggi chi si accosta al mondo armeno, disperso tra la Repubblica armena di oggi, piccola rispetto al passato, e la diaspora che vede gli Armeni sparsi in tutto il mondo. La cesura, nella loro storia tormentata, che li ha visti vittime, fin dal XIX secolo, di faide contrapposte – turche, azere, curde, russe – è rappresentata dal genocidio perpetrato dai Giovani Turchi nell’aprile del 1915, durante la prima guerra mondiale. Il nascente nazionalismo turco mal tollerava la presenza di una realtà etnica religiosamente, culturalmente, economicamente compatta e diversa. Il Ministro della marina, quello della guerra e quello degli interni, ideatori ed esecutori, secondo le testimonianze del processo celebrato a Istanbul nel 1919, alla fine della prima guerra mondiale, furono riconosciuti colpevoli, ma mai di quella sentenza si prese atto. Di qui il racconto storico che conoscete e che i colleghi oggi hanno riportato: lo sterminio, per fasi successive, a partire dal 24 aprile di quel 1915, prima degli intellettuali, poi degli uomini dai quattordici ai quarant’anni e, infine, dei vecchi, delle donne e dei bambini, costretti a marce della morte nel deserto anatolico, quando non bruciati nei vagoni dei treni, come a Smirne o annegati in mare, in cerca di una improbabile salvezza. Morirono un milione e mezzo di persone, la metà circa della popolazione armena, nell’indifferenza delle potenze internazionali, con l’unica eccezione di Giacomo Della Chiesa, Benedetto XV, il Pontefice che si spese, invano, in loro soccorso.

Cento anni e più, centoquattro per la precisione, sono passati da allora, Presidente. Altri genocidi si sono consumati in Paesi diversi e per mano di forze contrapposte, eppure, ancora oggi, agli Armeni è negato il riconoscimento di quanto è accaduto. Per la memoria di tutti quei morti, di quei bambini, le cui fotografie rimangono negli occhi e nel cuore di chi le ha guardate, sono convinta che questo Parlamento debba riconoscere il genocidio armeno, secondo la definizione che ne diede Lemkin nel 1944, come il primo dei genocidi del XX secolo.

Nella Commissione VII della scorsa legislatura ci siamo spesi con la rappresentanza turca, ospite nostra, perché una commissione storica fosse istituita e messa in condizione di lavorare, ma questa commissione potrà solo chiarirne le dinamiche, spiegarci perché non si intervenne, non ci sarà commissione mista turca-armena di storici che possa negare che quello fu un genocidio. Questo, naturalmente, ci spiega anche perché Hitler poté dire ai suoi generali, nel 1939, in procinto di invadere la Polonia, che nessuno si sarebbe ricordato, un giorno, delle efferatezze commesse, proprio come era accaduto con lo sterminio degli Armeni, vent’anni prima.

Questo Parlamento, Presidente, nel 2015 ha inviato e Yerevan due delegazioni di Camera e Senato in rappresentanza delle rispettive Commissioni esteri, per partecipare al ricordo organizzato per il centenario del genocidio. Completiamo oggi, Presidente, col nostro voto, colleghi, quanto già fatto addirittura nel 2000, e poi nel 2015, sostenendo l’impegno che il Parlamento nelle sue diverse componenti chiede oggi al Governo.

Questo, Presidente, è un atto di valutazione storica. In questi giorni ascoltiamo proteste e rimostranze da parte delle autorità turche: riconoscere la tragedia armena non significa da parte nostra fare un processo alla Turchia di oggi, per quanto commesso anteriormente alla stabilizzazione della moderna Repubblica turca, ma invitarla ad un processo di riflessione matura, che può essere foriera di nuovi, positivi equilibri. Noi pensiamo che la Turchia sia un grande Paese, e siamo convinti che per questo possa fare i conti serenamente con il suo passato. Per questo il Partito Democratico voterà a favore di questa mozione e del riconoscimento del genocidio armeno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito DemocraticoLega-Salvini Premier Fratelli d’Italia e Liberi e Uguali – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Presidente, è oggi per noi davvero un momento storico: noi della Lega che per tanti anni abbiamo provato in quest’Aula a far sì che ricevesse il dovuto riconoscimento il genocidio di un popolo, di quella che – come è stato ricordato – è stata la prima nazione cristiana, la prima nazione cristiana nel 301. Quella nazione che ha subito un martirio immane, un martirio tale da impressionare – anche lui è stato ricordato, ma voglio anch’io rendergli onore – il giurista polacco di origine ebraica Raphael Lemkin, che per coniare la parola “genocidio” si ispirò, trasse ispirazione proprio da quei fatti che avvennero 104 anni fa, il 24 aprile: quel 24 aprile che fu per il popolo armeno l’inizio della fine, l’inizio della fine di un popolo che venne decimato, venne distrutto, iniziò la diaspora armena.

Quei fatti seguiranno ai massacri hamidiani di fine Ottocento, al massacro che ci fu ad Adana.

PRESIDENTE. Colleghi!

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Furono fatti tragici, che fino ad oggi il Parlamento italiano non è mai riuscito a far riconoscere ufficialmente, ad impegnare il nostro Governo a riconoscere.

Dicevo una battaglia della Lega, ma una battaglia di tutto un popolo, il popolo italiano, un popolo italiano che ha conosciuto la tragedia delle foibe, ha conosciuto l’esodo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), e che quindi non può non essere vicino al popolo armeno. Quel martirio, fatto di grandi marce, marce in cui morivano bambini, donne, stupri, ruberie; quelle marce arrivavano nel deserto siriaco, a Deir el-Zor. Quella Deir el-Zor che poi purtroppo è stata violata: luogo della memoria, luogo simbolico, laddove fino ad oggi, fino ad anni recenti, nel 2014 per l’esattezza, sventolava il drappo nero dell’ISIS. Quel drappo che con il contributo di tanti gruppi di questo Parlamento, oggi noi contribuiamo a stracciare (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier): perché la storia – ne siamo intimamente convinti – non si cancella, la storia davvero dev’essere quell’historia magistra vitae dei latini.

I fiumi rossi di sangue non possono essere cancellati: quell’Eufrate, tutti i fiumi che attraversarono queste carovane, queste marce; marce fatte apposta per sterminare un popolo, perché quello fu il primo progetto scientifico di sterminio, pianificato con determinazione e perseguito, purtroppo. Il primo genocidio del nostro secolo, del secolo ventesimo: un genocidio di inenarrabile ferocia.

Oggi qui contribuiamo a dissotterrare dalle sabbie del tempo, dalle sabbie del deserto, quelle ossa, quelle ossa che son state sepolte frettolosamente e mai portate ad una memoria condivisa. Una memoria condivisa che invece è necessaria per far sì che ci sia futuro, ci sia pace: senza memoria non c’è futuro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e Partito Democratico).

La Lega contro ogni negazionismo si scaglia, si scaglia con forza da quest’Aula; e davvero dobbiamo respingere al mittente le accuse di chi, pur amico, ci accusa di fare pura propaganda elettorale. No: la tragedia di un popolo per noi non è materia da campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Il popolo italiano, dicevo, è unito a quello armeno fin dai tempi della Roma antica: è un popolo che ha avuto in San Lazzaro degli Armeni un esempio di studio, di contributo alla nostra comunità scientifica. Proprio nella Serenissima nel 1512 fu stampato il primo libro in lingua armena. Questo è l’intimo legame tra il popolo italiano e il popolo armeno.

Mi sia consentito ricordare con le parole di Charles Aznavour, che sarebbe più corretto dire Aznavourian perché era armeno, quei bambini che morivano nel deserto, condannati per la loro nascita, cadevano, morivano come la pioggia, cadevano come foglie, cadevano come lacrime. Il loro unico crimine era essere vivi, il loro unico crimine era essere bambini d’Armenia. Voteremo convintamente a favore (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Partito Democratico – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Emilio Carelli. Ne ha facoltà.

EMILIO CARELLI (M5S). Presidente, colleghi e colleghe deputati, mentre prendo la parola per sostenere la mozione che sarà sottoposta al vostro voto, sono consapevole di un dato di fatto: più d’uno, dentro e fuori quest’Aula, potrà domandarsi a che serve oggi pronunciarsi a favore del riconoscimento del genocidio degli armeni; perché impegnare il tempo, il tempo di un’Assemblea parlamentare, ed occuparsi di fatti del passato, fatti così lontani nel tempo e avvenuti in luoghi che ci appaiono anche lontanissimi dal nostro Paese. E allora, prima ancora di entrare nei dettagli della mozione, ritengo doveroso rispondere a questo interrogativo.

È proprio perché equilibri e assetti del pianeta oggi sono in via di ridefinizione, perché il domani è per molti versi aperto a configurarsi in maniera meno prevedibile di quanto pensavamo, che al nostro obbligo morale di non dimenticare le pagine più nere del passato si aggiunge oggi una responsabilità maggiore: in momenti storici come il nostro, non possiamo smarrire gli insegnamenti del passato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier e Partito Democratico).

Durante il genocidio degli armeni, nel 1915-17, oltre 1 milione e mezzo di innocenti morirono durante le cosiddette carovane della morte, per fame, per malattia, sfinimento, oppure massacrati lungo la deportazione. Una deportazione che purtroppo ha riguardato anche il ricordo; e come ben diceva poco fa il collega Formentini, primo firmatario di questa mozione, il Mausoleo innalzato dagli armeni a Deir el-Zor in memoria di questo olocausto è stato raso al suolo nell’autunno del 2014 dall’ISIS, durante la loro guerra al patrimonio archeologico mondiale. Insomma, l’Auschwitz degli armeni oggi non esiste più.

Ma torniamo ad un secolo fa. In tutta l’Armenia si assistette al macabro spettacolo di corpi straziati e lasciati insepolti. In un rapporto del 1917 il medico militare tedesco Stoffels, rivolgendosi al console austriaco, dice di aver visto nel 1915, durante il suo viaggio verso Mosul, un gran numero di località precedentemente armene nelle cui chiese e case giacevano corpi bruciati e decomposti, corpi di donne e di bambini. I corpi delle vittime non troveranno mai cristiana sepoltura.

La mozione che ci apprestiamo a votare ha una premessa importante: non dobbiamo mai e poi mai trascurare il riconoscimento e la memoria delle persecuzioni e degli orrori del passato, anche se ci sembrano così lontane, lontane da noi, anche se sono passati tanti anni dall’avvenimento di quei tragici fatti.

Sia il Parlamento europeo – è stato ricordato più volte in quest’Aula – nel 2015, che la Sottocommissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, nel 1973, hanno riconosciuto lo sterminio del popolo armeno. Il Parlamento europeo ha inoltre invitato la Commissione e il Consiglio ad unirsi alla commemorazione sulla base di una risoluzione del 1987, che ha riconosciuto la natura di genocidio ai tragici eventi del 1915-1917.

La Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, ratificata dall’Italia con la legge 11 marzo 1952, n. 153, riconosce che il genocidio ha inflitto gravi perdite all’umanità in tutte le epoche storiche, quindi l’impegno di uno Stato democratico come l’Italia deve essere necessariamente nella direzione di un riconoscimento ufficiale di questi orrori storici.

Ad oggi, più di venti Paesi nel mondo hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno, l’Italia ancora no. Oggi è arrivato quel momento storico.

Qui, però, è anche bene e opportuno precisare con grande fermezza che il voto odierno non intende in alcun modo mettere in discussione l’amicizia, i buoni rapporti fra il nostro Paese e la Turchia, né intende anche attribuire colpe né responsabilità alla Turchia di oggi, Stato amico e ben diverso da quell’Impero Ottomano durante la cui caduta avvenne il genocidio degli armeni; Stato al quale riconosciamo un ruolo strategico di porta fra Oriente e Occidente, col quale condividiamo anche l’appartenenza alla stessa Alleanza atlantica, alla NATO.

Quindi, a tale proposito, l’auspicio che formuliamo è che inizi, invece, un percorso vero di riconciliazione tra i due Paesi, Turchia e Armenia, che favorisca insomma un nuovo percorso di pace (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

Il voto favorevole in relazione al riconoscimento e alla memoria delle persecuzioni e degli orrori del genocidio armeno sono, quindi, da considerarsi come espressione della necessità ma anche di un obbligo dello Stato democratico italiano di valorizzare ed esaltare la libertà umana in tutte le sue forme, anche grazie alla forza del ricordo.

Il voto favorevole alla mozione di oggi è importante per il passato, per il presente, ma soprattutto per il futuro (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico e Fratelli d’Italia – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mattia Mor. Ne ha facoltà, per un minuto.

MATTIA MOR (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è con una certa commozione che ho chiesto di apporre la mia firma a questa mozione, una commozione dovuta al fatto che siamo appena stati in un viaggio in Armenia con molti dei colleghi qui presenti, di tutti i gruppi parlamentari, e abbiamo conosciuto la cultura di un popolo con una storia lunga, travagliata, profonda, straziante.

Un Paese di grandi contraddizioni e di grande bellezza, un Paese soprattutto di un popolo tenace e fiero che di due cose si importa più di ogni altra: il fatto di veder riconosciuta la propria testimonianza di primo Paese cristiano della storia e che venga riconosciuto dal mondo il genocidio che, dal 1915, ha visto morire un milione e mezzo di armeni.

Ci è stato detto più volte in questi giorni che l’ordine del Governo turco – che nulla ha a che vedere con la Repubblica Turca di oggi, ovviamente – era che l’unico armeno che dovesse rimanere era un armeno da esporre in un museo, non un armeno vivo. Un genocidio che è nostro dovere oggi riconoscere e far sì che non venga dimenticato nelle pieghe della storia, perché l’oblio è ciò che serve ai criminali per le proprie azioni, così come ha testimoniato il più terribile criminale del secolo scorso, Adolf Hitler, quando disse, a chi gli contestava l’Olocausto che stava cominciando, che nessuno già si ricordava più del genocidio armeno.

Per questo motivo impegniamo il Governo a riconoscere con forza, con determinazione e senza paura quanto accaduto e a renderne testimonianza, affinché si possa realizzare il sogno del popolo armeno, ovvero che la Turchia, spinta dall’opinione pubblica a livello internazionale, possa riconoscere le atrocità commesse e chiedere finalmente scusa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Fratelli d’Italia e Liberi e Uguali).

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Avverto che il testo della mozione Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci ed altri n. 1-00139 e quello della mozione Delmastro delle Vedove ed altri n. 1-00173 risultano identici, ad eccezione dell’ottavo capoverso della premessa della mozione Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci ed altri n. 1-00139.

Pertanto, in caso di approvazione della mozione Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci ed altri n. 1-00139, la mozione Delmastro delle Vedove ed altri n. 1-00173 risulterà assorbita.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci ed altri n. 1-00139, su cui il Governo si è rimesso all’Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva con 382 voti favorevoli e nessun contrario (Vedi votazione n. 65) (Vivi e prolungati applausi).

A seguito dell’approvazione della mozione Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro delle Vedove, Quartapelle Procopio, Boldrini, Colucci ed altri n. 1-00139, la mozione Delmastro delle Vedove ed altri n. 1-00173 risulta assorbita.