La missione civile dell’Ue in Armenia segna un ulteriore arretramento della Russia nel Caucaso (Agenzia Nova 25.01.23)

L’invio di una missione civile dell’Unione europea in Armenia al confine con l’Azerbaigian sembra un nuovo segnale dell’arretramento della sfera d’influenza russa nel Caucaso. In una fase in cui sono sempre più accese le polemiche relative alla chiusura del Corridoio di Lachin, situato nel Nagorno-Karabakh, e il ruolo dei militari di mantenimento della pace russi inviati nell’area del 2020 viene messo in discussione, la decisione del Consiglio Affari esteri dell’Ue di lunedì scorso, oltre ai continui tentativi di mediazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, sembrano confermare come la Russia nel Caucaso sia sempre più in difficoltà. La regione è storicamente parte della sfera d’influenza di Mosca, ma il conflitto in Ucraina ha evidentemente distolto l’attenzione del Cremlino, un fatto confermato dalle diverse violazioni del cessate il fuoco commesse nell’area dove sono di stanza circa 2 mila militari russi nel Nagorno-Karabakh. È giusto specificare che le due missioni – quella civile dell’Ue e della di mantenimento della pace russa – hanno aree di competenza in termini di dispiegamento a livello geografico e strutture differenti, visto che la prima ha un inquadramento civile, mentre quella russa è di tipo militare.

In Armenia è emersa più volta l’insoddisfazione sulla missione russa, soprattutto perché l’Azerbaigian negli oltre due anni trascorsi dalla fine del conflitto del 2020 ha compiuto degli avanzamenti, conquistando alcune alture strategiche. L’Armenia, peraltro, in questo momento si trova davanti anche a un problema d’immagine: la storica vicinanza alla Russia è ovviamente malvista dai partner occidentali e, secondo alcuni ambienti governativi, limiterebbe di fatto il sostegno internazionale alle istanze di Erevan. Nonostante ciò, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan – figura con cui il Cremlino non ha sempre avuto un rapporto positivo – ha proposto una proroga del mandato delle forze russe di mantenimento della pace, e ciò nonostante non siano ancora trascorsi i cinque anni previsti dalla dichiarazione trilaterale del 9 novembre del 2020 che sanciva un mandato di cinque anni per la missione militare, prorogabile di altre cinque in caso di accordo fra Erevan e Baku. Fonti diplomatiche di Erevan, peraltro, riferiscono che la responsabilità dell’incapacità dei russi di condurre con efficacia il loro incarico di mantenimento della pace ricade più che altro sull’Azerbaigian, che non sarebbe d’accordo con una proroga, oltre a non aver ufficialmente approvato il mandato per i cinque anni in corso.

Oltre a intensificare i rapporti con l’Ue, l’Armenia ha intensificato i contatti con la Nato come dimostrato dall’incontro fra il ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan e il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Il colloquio è avvenuto sempre nella giornata di lunedì, quando il Consiglio Affari esteri dell’Ue ha approvato l’invio della missione civile, ed è stato incentrato sulla situazione relativa al Corridoio di Lachin. Quest’area, una fetta di territorio larga nove chilometri nel suo punto più stretto, rappresenta la strada più breve fra l’Armenia e l’Artsakh (l’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh). Da 44 giorni le autorità armene denunciano il blocco del corridoio ad opera di “ambientalisti” che, secondo Erevan, sarebbero stati inviati dall’Azerbaigian per impedire il transito. La Russia, al momento, non è intervenuta sulla questione, se non proponendo delle canoniche iniziative di mediazione che, tuttavia, non sembrano sufficienti a risolvere la situazione. La questione dirimente, tuttavia, è chi potrebbe occupare lo spazio lasciato vuoto da un ulteriore arretramento russo nel Caucaso meridionale: in prima fila c’è certamente la Turchia, storico e più stretto alleato dell’Azerbaigian, mentre nelle retrovie non si può non tenere conto dell’Iran che, sebbene abbia rapporti complessi con Baku, con Erevan vanta una cooperazione positiva.

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Armenia, via alla missione UE di monitoraggio a lungo termine (Osservatorio Balcani e Caucaso)

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