La preghiera dei migranti armeni (eastwest.eu 01.02.19)

Fa riflettere e apre scenari inaspettati la notizia secondo la quale, proprio mentre una nave battente bandiera olandese della Ong Sea Watch vagava davanti alle coste siciliane in attesa di sbarcare una cinquantina di migranti (tra cui donne e bambini), in una Chiesa dell’Aja proseguiva una preghiera no stop per impedire che venisse eseguito il provvedimento di espulsione a carico della famiglia armena Tamrazyan che aveva trovato riparo nella Chiesa Bethel dell’Aja. Una norma olandese vieta infatti l’ingresso delle forze dell’ordine nei luoghi di culto mentre sono in corso funzioni religiose. Con quel misto di pragmatismo e non violenza proprio della cultura protestante di quei Paesi, per 95 giorni non si è mai interrotta la preghiera fino a quando giovedì 31 gennaio la funzione ha avuto termine perché il Governo olandese ha accettato la richiesta di asilo della famiglia Tamrazyan, padre, madre e tre figli da 8 anni nel Paese che si erano rifugiati nel tempio, su indicazione della comunità locale, per sfruttare la norma che vieta l’ingresso della polizia durante le funzioni. Per cui il culto non si è interrotto per 2.280 ore totali, all’incirca, con oltre 650 pastori e predicatori che si sono alternati dal pulpito, provenienti anche da varie nazioni. Il Governo olandese a più riprese aveva reso noto di non avere alcuna intenzione di revisionare la sentenza, ma la ribalta internazionale ha portato a una scelta differente. Il braccio di ferro fra l’esecutivo e la Chiesa riformata locale si è giocato non solo sul culto no stop, ma anche sulla legge nota come children’s pardon, sorta di amnistia concessa ai minori presenti in Olanda da più di 5 anni, applicata con estrema ritrosia dal Governo in questi anni. Un accordo fra varie forze politiche ha portato a una revisione della norma, le cui maglie ora si allargheranno.

Il tribunale aveva considerato l’Armenia un Paese sicuro in cui rimpatriare la famiglia, ma in realtà il padre, Sasun, era stato più volte minacciato di morte per il suo impegno politico. Da qui la fuga nei Paesi Bassi.

Un cambio di politica che potrebbe riguardare altri 700 bambini circa con le relative famiglie. I casi verranno tutti riesaminati con un’elevatissima probabilità di venire accolti. Grande soddisfazione è stata espressa dalla Chiesa riformata nei Paesi Bassi che è stata capace di mobilitare i cuori di migliaia di persone e ora raccoglie i frutti di questo sforzo.

Nessuna reazione invece alle dure prese di posizione del Governo italiano sulle responsabilità nella vicenda della Sea Watch, nave della Ong battente bandiera olandese. Fonti del governo dell’Aja si sono limitate a ribadire che «non è obbligata ad accogliere i migranti salvati». Il Ministero delle Migrazioni olandese aveva ricordato di «aver preso atto della richiesta dell’Italia di rilevare i migranti, fornita tramite i canali diplomatici appropriati» ma che «spetta al capitano di Sea-Watch 3 trovare un porto sicuro per sbarcare i 47 migranti a bordo». Comportamento giudicato «inqualificabile» dal vicepremier Salvini. E Di Maio: «Siamo pronti a un incidente diplomatico con l’Olanda: è tempo che rialziamo la testa e ci facciamo sentire».

Ma la preghiera no stop nella Chiesa olandese ha spostato l’attenzione sul ruolo spesso decisivo che la Chiesa di Roma ha giocato e sta giocando nella vicenda migranti. Fermo restano il duro monito di Papa Francesco a favore dell’accoglienza e ai principi umanitari del non respingimento nel caso della Diciotti furono proprio strutture della Cei a farsi carico dell’accoglienza di gran parte dei migranti soccorsi. Strutture religiose a cominciare dalla Caritas che hanno svolto silenziosamente un grande ruolo di supplenza nei confronti dello Stato. Che poi sia in corso una trattativa tutt’altro che agevole tra Chiesa e Governo suicontributi statali per l’accoglienza offerta dalle strutture religiose è un altro conto. Che però smentisce quanto affermato più volte da Salvini secondo il quale gli italiani non dovranno pagare un euro in più per i migranti.

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Novanta giorni di messa per aiutare una famiglia di migranti (Cisiamo.info 01.02.19)

Una messa lunga tre mesi ed ininterrotta per consentire ad una famiglia di migranti di prendere tempo ed averne a sufficienza per restare a vivere in Olanda. È accaduto nella cittadina di Bethel, vicino L’Aia, dove la messa da record si è alla fine conclusa dopo 90 giorni ininterrotti di liturgia.

La celebrazione con uno scopo ben preciso

La funzione era iniziata per l’esattezza il 26 ottobre scorso, con rito protestante. Nessuna velleità da record o stramberia liturgica particolare erano state però alla base della decisione di celebrare una funzione così lunga, ma solo motivo umanitari e un pizzico di “furbizia buona”.

Al centro della vicenda infatti si trova una famiglia armena – padre, madre e tre figli – che rischiava l’accompagnamento coatto nel loro stato di origine. I cinque avevano lasciato l’Armenia nel 2010 ma lo status di rifugiati politici, in Olanda, era la sola via a ché la loro permanenza fosse garantita. Nel corso del 2008 lo spettro del rientro forzato si era invece fatto sempre più concreto.

Altri preti in supporto alla causa

A quel punto la mobilitazione clericale e l’escamotage: oltre 650 preti provenienti anche da Germania, Paesi Bassi e Francia avevano raggiunto Bethel, tutto questo mentre la famiglia avviava le ultime pratiche urgenti per il riconoscimento dello status, ed avevano dato inizio, all’una e trenta del 26 ottobre, alla interminabile messa, con i momenti salienti della liturgia ripetuti allo stremo.

La legge in Olanda lo vieta

Ma perché una messa in Olanda può “fermare la legge”? Semplice, per ché lo dice la legge stessa. In Olanda è fatto divieto alle forze dell’ordine, fatti salvi casi limite rigidamente disciplinati, di accedere ai luoghi di culto durante le celebrazioni.

L’uovo di Colombo era dunque che, con la famiglia in predicato di espulsione in chiesa e a messa, una messa lunga una stagione intera, le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiati si erano potute districare. In più, l’effetto pubblicistico stesso di quella messa “in suffragio dell’umanità” aveva accelerato l’iter. La famiglia armena è salva e, con essa, il pericolo di laringite per tutti gli officianti.