La resilienza di Antonia Arslan (Corriere della sera 06.12.17)

Hakob Khalatyan star armena della musica strumentale, alla fine del concerto e dell’ovazione, in un teatro Verdi di Padova stipato di pubblico, si alza e distribuisce doni al pubblico come gesto di ringraziamento. E’ l’immagine che racchiude l’essenza della cultura armena: creatività, umiltà, grande generosità. Un intreccio di forza, resilienza, ricchezza artistica e potenza della memoria, che la scrittrice Antonia Arslan ha saputo ricreare a Padova con il Dessaran Festival, una settimana di eventi e artisti internazionali per fare conoscere la cultura armena. Da tutt’Italia sono arrivati ad affollare il Dessaran Festival: un boom di presenze, centinaia in coda ad ogni appuntamento, che ha trasformato la rassegna in un fenomeno di massa.
Sarà il carisma di Antonia Arslan, sarà il fascino di un popolo quasi sterminato dal genocidio ottomano, ma una tale folla in fila, a Padova non la vedevano da un pezzo. Una settimana, tra novembre e l’inizio di dicembre, in cui la memoria si è fatta testimonianza, ha unito tradizione e contemporaneità, ha portato a Padova la cultura armena tra musica, teatro, letteratura e sapori. Artisti di primo piano a livello nazionale, per il festival curato da Antonia Arslan, che ne ha firmato la direzione artistica.

Donna minuta, erede di una prestigiosa stirpe armena gli Arslanian, tutti medici, sopravvissuta a una malattia che qualche anno fa l’ha mandata in coma per settimane, scolpita in quell’ “umile resilienza”, caratteristica delle donne armene, così bene da lei raccontate anche nell’ultimo romanzo Lettera a una ragazza in Turchia(Rizzoli), Antonia Arslan ha mobilitato centinaia di persone con un festival di contenuti, che al massimo ci si aspettava avrebbe coinvolto un pubblico di nicchia. Invece no. Centinaia e centinaia le prenotazioni per il pianista Tigran Hamasyan, già settimane prima del suo arrivo. E centinaia in coda anche per Hakob Khalatyan e la sua qamancha, strumento a corde tipico della tradizione armena. Un lungo viaggio alla scoperta di un’antica cultura e delle tante civiltà che ha incrociato. Da qui il titolo «Dessaran», che in armeno significa «l’orizzonte, il confine di ciò che vedi» e rappresenta un ideale filo conduttore della rassegna, per guardare oltre, «verso i tanti orizzonti diversi».

«Quello armeno è un popolo antico, portato quasi all’estinzione – sottolinea la scrittrice Antonia Arslan – , per questo è molto importante farne conoscere la cultura, così ricca e intrecciata a tante altre civiltà. Il successo di questo Festival non me l’aspettavo nemmeno io. Ma evidentemente la gente ha voglia di conoscere il passato e il presente di una cultura che ha rischiato di essere completamente sterminata». A Padova a rendere omaggio al “Dessaran Festival”, ha voluto esserci un’altra donna tenace, Victoria Bagdassarian, ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia: «Grazie Antonia per avere sognato e realizzato questa manifestazione che in sette giorni ha superato i limiti dell’orizzonte e ha portato tante persone a ricordare il milione e mezzo di armeni uccisi dagli ottomani – ha detto – . La passione di una donna, la sua forza e quella del popolo armeno sono anche nei libri dell’Arslan, mai stanca di testimoniare e narrare le sue origini»

Al festival l’evento «Diario di due viaggi (Armenia e Israele)», protagonisti Antonia Arslan e Vittorio Robiati Bendaud del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia, che hanno narrato i loro viaggi nella Repubblica del Nagorno – Karabagh e in Israele: bellezza e memorie dimenticate. Poi il reading tra le parole di Antonia Arslan, le musiche del Maurizio Camardi Small Ensemble e le immagini di Norayr Kasper, artista visuale canadese di origine armena. E le degustazioni in cui la scrittrice Sonya Orfalian ha raccontato le antiche ricette della cucina armena e ha presentato il vino porta il nome di Antonia Arslan, nato da un vitigno sul monte Ararat e poi trapiantato e coltivato sulle colline del prosecco in provincia di Treviso. Al fianco di Antonia Arslan, motore instancabile dell’organizzazione, un’altra donna armena, Lara Mottarlini, che ha superato ogni ostacolo per realizzare il sogno di questo festival. Ancora una volta, a fare la differenza, la forza e la passione di donne che non si arrendono.

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