La Russia prova a mediare (ancora) tra Armenia e Azerbaijan (Il Caffe Geopolitico 21.11.22)

In breve

  • Il 13 settembre hanno avuto luogo scontri al confine tra Armenia e Azerbaijan. I Governi si accusano a vicenda dell’accaduto.
  • La questione riguarda sia il Nagorno-Karabakh, occupato dagli azeri in gran parte, che le aree di confine tra i due Paesi.
  • Sia Baku che Erevan sono alleate di Mosca ma questa non può “sbilanciarsi”. Putin tenta quindi una mediazione tra le parti.

Caffè lungo – Le ostilità tra Armenia e Azerbaijan costringono la Russia a guardare anche nel Caucaso. Mentre il fronte ucraino resta caldo, Putin tenta di mediare, ancora una volta, tra le parti, entrambe sue alleate.

L’ENNESIMO SCONTRO TRA ARMENIA E AZERBAIJAN

Il 13 settembre scontri di confine hanno riacceso l’annoso conflitto tra Armenia e Azerbaijan. I rispettivi Governi si accusano reciprocamente per la ripresa delle ostilità. I due Paesi avevano firmato un cessate il fuoco, con la mediazione russa, nel novembre 2020, a seguito di un conflitto durato 44 giorni e costato la vita a circa 6.500 persone. Nell’interesse di una pacificazione il Presidente russo, Vladimir Putin, riuscì in quell’occasione a convincere le parti a stipulare un accordo, visto come “incredibilmente doloroso” dal Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan. Il Presidente azero Ilham Aliyev, al contrario, dichiarò che la soluzione tracciata quel giorno sarebbe stata vantaggiosa per entrambi i popoli.

L’esito di quegli eventi, ad ogni modo, è stata l’occupazione delle truppe azere di parte del Nagorno-Karabakh e dei territori adiacenti. La Russia, garante della fragile tregua, inviò un contingente di quasi 2000 uomini a vigilare sul confine conteso. Gli scontri dello scorso settembre, ad ogni modo, rappresentano la più grave violazione finora avvenuta di quell’accordo avendo provocato 286 vittime in totale. Il Cremlino, intervenendo al fine di ripristinare una cessazione delle ostilità, ha tentato una nuova mediazione mirante ad una possibile parziale autonomia dell’area. Il 31 ottobre a Sochi, su territorio russo, Putin ha convocato Pashinyan e Alyev per un vertice conclusosi con l’impegno dei Paesi in conflitto a gettare le basi per una normalizzazione dei rapporti, rinunciando all’uso della forza.

Fig. 1 – Vladimir Putin insieme ai leader di Azerbaijan e Armenia all’incontro di Sochi, 31 ottobre 2022

LE REAZIONI DI EREVAN E BAKU

In risposta agli eventi dello scorso 13 settembre, Pashinyan ha inviato un appello sia all’ONU che all’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO). Quest’ultima è un’alleanza militare guidata da Mosca di cui l’Armenia fa parte. Inoltre il premier armeno si è rivolto direttamente a Mosca in virtù del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza tra Armenia e Russia. Pashinyan ha avuto colloqui telefonici, oltre che con Putin, anche col Presidente francese Emmanuel Macron e col Segretario di Stato statunitense Antony Blinken. Successivamente, il 6 ottobre, il leader armeno ha preso parte al vertice quadrilaterale della Comunità politica europea svoltosi a Praga. Invitati da Macron e dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, il Primo Ministro di Erevan e il Presidente azero hanno avuto modo di incontrarsi e proprio in quell’occasione hanno espresso le rispettive posizioni riguardo la proposta di una missione civile dell’UE sul fronte. L’iniziativa European Monitoring Capacity (EUMCAP) ha avuto avvio il 20 ottobre con l’invio di osservatori sul lato armeno del confine con l’Azerbaijan. Le autorità di Baku non hanno acconsentito alla presenza degli osservatori sul proprio territorio, riservandosi tuttavia di collaborare con la missione nell’ambito delle proprie competenze.

Fig. 2 – Michel, Pashinyan, Macron e Aliyev durante il vertice della Comunità politica europea a Praga, 6 ottobre 2022

Da parte sua il Presidente azero Ilham Aliyeva margine di un incontro avuto con Putin il 16 settembre, ha auspicato che la situazione possa stabilizzarsi nel Nagorno-Karabakh, questione che il leader ritiene ormai interna all’Azerbaijan. Nel frattempo, il Governo di Baku ha stretto accordi strategici con Bruxelles in campo energetico. La riduzione delle forniture di gas dovuta alla crisi dei rapporti con Mosca ha costretto l’UE a guardare altrove per diversificare l’approvvigionamento. L’accordo con l’Azerbaijan per l’aumento delle importazioni, tuttavia, non è stato accolto unanimemente con favore in sede europea. Il rischio paventato è che l’Europa, laddove troppo dipendente dal gas azero, non sia poi in grado di fare pressioni sul Governo di Baku su alcuni temi caldi come il rispetto dei diritti umani, la corruzione e la democrazia.

LA (TENTATA) MEDIAZIONE RUSSA

Con i recenti sviluppi nella vicenda ucraina, ulteriori crisi nella regione potrebbero ripercuotersi sugli interessi di Mosca. Per questo Putin vuole porsi ancora come mediatore tra Armenia e Azerbaijan. Ma il Cremlino deve agire con la massima cautela e evitare di schierarsi apertamente da una parte o dall’altra. Il rischio è di perdere influenza a favore di USA o UE. Nel 2020 Washington e Parigi non riuscirono a mediare una tregua, impresa poi riuscita a Mosca, ma ciò non ha impedito successivamente nuovi tentativi diplomatici da parte occidentale. Tra il dicembre 2021 e lo scorso agosto Pashinyan e Aliyev si sono incontrati in quattro vertici organizzati dall’UE e presieduti da Michel. Inoltre, la citata missione civile dell’UE, della durata prevista di due mesi, non è vista di buon occhio dal Cremlino, che ha definito l’operazione nulla più che “un ulteriore tentativo dell’Ue di intervenire nelle relazioni tra Azerbaijan e Armenia, e di lavorare contro gli sforzi di mediazione russa”.

Fig. 3 – Soldati azeri festeggiano il secondo anniversario della vittoria in Nagorno-Karabakh per le strade di Baku8 novembre 2022

Nonostante i menzionati contatti tra Pashinyan e gli attori occidentali deve tenersi presente, in ogni caso, che il Governo armeno, alleato di Putin, è tra quelli che non hanno condannato l’intervento russo in Ucraina, dipendendo il Paese economicamente e politicamente dalla Russia. Allo stesso tempo, l’Armenia si sta facendo carico di una parte dei cittadini russi in fuga dalla madrepatria (a causa della recente mobilitazione lanciata dal Cremlino) così come altri Stati dell’Asia centrale. Infine, la Russia deve guardarsi anche dalla crescente influenza della Turchia nel Caucaso. Militarmente il Governo di Ankara sta appoggiando la causa azera, con le truppe di Baku addestrate e armate proprio dai turchi.

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