La Siria: culla del cristianesimo orientale (Radiospada.org 30.05.20)

Sintesi della 599° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano , non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo causa epidemia di coronavirus. e postata nella festa di Santa Giovanna D’arco. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

La Siria culla del cristianesimo orientale

Comincio questo rapporto sul ruolo significativo svolto dal cristianesimo in Siria sin dall’antichità (il termine geografico che designava il territorio dell’odierna Siria è “Aram”, da cui deriva “aramaico” , la lingua parlata da Gesù) con un dato demografico, attualmente i cristiani in Siria rappresentano il 10/100 dell’intera popolazione e la comunità cristiana più cospicua è la chiesa Greco-ortodossa di Antiochia (altrimenti detta patriarcato ortodosso di Antiochia).

La seconda comunità è la chiesa cattolica Greco-Melchita, una chiesa cattolica di rito orientale, che pure ha qualche radice in comune con la chiesa ortodossa di Antiochia, come avrò modo di dimostrare.

Anche la Chiesa ortodossa siriaca e la chiesa apostolica armena , per quanto inferiori alle precedenti, hanno una presenza visibile in Siria, infine vi è a tutt’oggi una rappresentanza minoritaria di cattolici caldei, maroniti e protestanti e l’antichissima Chiesa assira d’Oriente.

Le comunità cristiane si sono sviluppate in seno a due grandi tradizioni, la Cattolica e l’Ortodossa, e comunque il rito orientale è esistito in Siria sin dalle origini del cristianesimo stesso.

Le Chiese cattoliche di rito orientale odierne originariamente non riconoscevano il Vescovo di Roma, facevano parte dell’ortodossia; infatti la chiesa cattolica greco-melchita e quella assira hanno una radice comune rispetto alla chiesa Greco-ortodossa d’Antiochia, derivando da una scissione avvenuta in seno alla chiesa ortodossa d’Antiochia, e a seguito di tale scisma si avvicinarono alla Chiesa Romana.

Nell’antica Aram, odierna Siria, si parlava la lingua di Gesù e qui furono con ogni probabilità scritti il Vangelo secondo Matteo, il Vangelo secondo Luca , la Didache’, il Vangelo di Tommaso; non dimentichiamo che Antiochia fu la tappa di inizio del primo e terzo viaggio di San Paolo, mentre a Damasco si trova la tomba di San Giovanni Battista, nonché la cappella di Sant’Anania, che battezzò San Paolo.

Furono Padri della Chiesa siriaca San Giovanni Damasceno (fu amministratore durante il califfato omayyade, si segnalo’ per la sua opera apologetica contro la lotta iconoclasta , fu proclamato dottore della Chiesa da papa Leone XIII nel 1890), Sant’Efrem (fondatore e responsabile dello sviluppo di due scuole di esegesi biblica, quella di Nisibi nata nel 350 d.c e quella di Edessa nata nel 363 d.c), Ignazio di Antiochia, Taziano il Siro, Eustachio di Antiochia, Teodoro di Antiochia, Teodoreto di Cirro.

Nel territorio siriano la comunità cristiana conobbe floridezza, unità e armonia fino al momento del trapasso tra V e VI secolo allorché insorsero controversie teologiche e soprattutto cristologiche dibattute presso i concili di Efeso (431 d.c) e Calcedonia (451 d.c), in particolare quest’ultimo decretò l’ortodossia della formula secondo cui nel Cristo vi erano due “nature in una sola Persona”, quella divina e quella umana. I monofisiti che seguivano l’insegnamento del monaco Eutiche riconoscevano nel Cristo la sola natura divina, negando l’ipostasi delle due nature in una sola Persona e passarono alla Chiesa ortodossa siriaca. I fedeli che si subordinarono al decreto di Calcedonia furono chiamati melchiti, termine che deriva dal siriaco (malak=sovrano).

Infatti, il concilio di Calcedonia aveva avuto il sostegno dell’imperatore e i “melchiti” figuravano come i fedeli consentanei anche alla volontà dell’imperatore. Il termine “melchita” venne ripreso nel VIII secolo, allorché venne fondata la chiesa cattolica Greco-melchita. La discriminante tra cattolici e ortodossi siriaci fu dunque l ‘accettazione e subordinazione o meno (anche i cattolici Assiri e maroniti la accettarono) alle disposizioni del concilio calcedonese.

Nel VII secolo avvenne la conquista araba, la condizione dei cristiani di Siria peggiorò nella misura in cui venne proclamato il “Jihad” e i cristiani furono ridotti allo status di “dhimmi” ovvero subalterni; essi poterono avere libertà di culto, pur con molte restrizioni, a condizione di versare ai musulmani un’ imposta fondiaria. Detta imposta si chiamava”kharaj”.

La repressione non si tradusse in persecuzione vera e propria, infatti i governanti musulmani “concessero” ai cristiani di eleggere tre papi siriaci, di cui l’ ultimo fu Gregorio III (731-741). Ricordiamo inoltre che tra l’ultimo scorcio del VII e una parte dell ‘VIII, aveva ricoperto mansioni amministrative Giovanni Damasceno sotto il califfo omayyade.

A partire dal VII secolo ci fu un capovolgimento demografico, per cui i cristiani fino allora in maggioranza subirono un brusco calo sia nelle città che nelle campagne e si trasferirono nei villaggi (così in effetti fecero molti proprietari terrieri vessati da un’ imposizione fiscale esorbitante).

I musulmani divennero allora la maggioranza della popolazione di Siria .

Il periodo di maggior oppressione i cristiani lo conobbero allorché salirono al potere gli Abbasidi nel 750 d.c: essi non solo destituirono i cristiani di Siria di ogni incarico amministrativo e proibirono l’uso dei dialetti locali (l’arabo l’unica lingua ammessa), ma distrussero tutti i simboli sacri cristiani cui venne imposta una lenta ma progressiva deculturazione.

La mia analisi ora fa una sorta di salto nel XVI secolo, non perché la storia del cristianesimo siriano non meriti di essere analizzata nei secoli precedenti, ma perché esigenze di sintesi espositiva lo richiedono .

Il 1516 è l’anno della conquista turca della Siria. Lo status sociale dei cristiani sotto il dominio turco rimase pressoché invariato per lungo tempo sotto i turchi, i cristiani dovettero sottostare alla legislazione messa a punto dai maomettani tra VII e VIII secolo, in particolare ora segnalo che essi erano sottoposti all’imposta della “jiza”, che tutti i non mussulmani dovevano versare all’erario a partire dal compimento del ventiquattresimo anno.

Un evento significativo fu il riconoscimento da parte dei Turchi Ottomani ai cristiani il diritto di potersi costituire in comunità nazionale, anche se le autorità riconoscevano soltanto la voce in capitolo del Patriarca di Costantinopoli e del Catholicos d’Armenia; queste due massime autorità cristiane costituivano il tramite attraverso cui i cittadini cristiani potevano rivolgere le loro istanze ai governatori ottomani.

Nel XIX secolo i cristiani versavano in enorme difficoltà economica, all’oppressione e alle vessazioni fiscali si aggiungeva, ad aggravare la loro condizione, l’imposizione dell’omologazione culturale nella forma di un vero e proprio processo di deculturazione;l a legislazione ottomana impose l’abbandono del siriaco e l’adozione dell’arabo, come unica lingua ufficiale riconosciuta.

Non mancarono eccidi ai danni della comunità cristiana, uno dei più efferati venne consumato nel 1895 nella cattedrale di Edessa, ove perirono bruciati circa 3000 fedeli Cristiani…un eccidio che preannunciò in qualche modo quello successivo dei cristiani armeni.

Durante il XIX secolo prende piede in Siria come in tutto il Medio Oriente il nazionalismo arabo, soprattutto attraverso una prima influenza esercitata dal pensiero moderno (di fatto, il nazionalismo è un prodotto del pensiero moderno europeo) sulle concezioni politiche e amministrative, non a caso i primi portavoce dell’idea nazionalista furono intellettuali arabi aperti alla cultura occidentale (B.al Kubeissi , Storia del movimento dei nazionalisti arabi, Jaca Book).

Sia il Collegio Protestante di Siria fondato nel 1866 che l’Università Saint Joseph diedero notevole impulso alla penetrazione delle idee occidentali in Medio Oriente, mobilitandosi per la fondazione di numerosi circoli e organismi culturali cui si deve la riscoperta della storia e della cultura araba.

Alle origini il nazionalismo arabo fu un fenomeno squisitamente cristiano, come ha messo bene in luce Georges Antonios nella sua opera “il risveglio degli Arabi”, in cui peraltro sostiene che i primi fermenti nazionalisti si trovarono presso l’”Association Scientifique Syrienne” fondata nel 1857 . Non vi è accordo fra gli studiosi del fenomeno in merito alla nascita del nazionalismo arabo; Infatti Zaki Nuseibeh e Z. Zeine non concordano con la tesi di Georges Antonios; il primo studioso colloca le origini del nazionalismo arabo addirittura in epoca preislamica , mentre il secondo le ripone nel periodo compreso tra il 1909 e il 1914 .

Seguendo sempre la tesi dell’autore di “Storia del movimento dei nazionalisti arabi”, si evince che cittadini e intellettuali cristiani furono più sensibili alle idee nazionaliste e maggiormente avvertivano l’oppressione del dominio ottomano, i musulmani almeno all’inizio furono pressoché impermeabili al nazionalismo:la società musulmana Infatti tendeva a considerare questo fenomeno un prodotto dell’Occidente, di conseguenza estraneo alla propria tradizione e ai propri principi. Di fatto, durante l’800′, in Siria, Libano, furono intellettuali arabi cristiani ad avvertire il legame nazionale come fondamento dello stato moderno. Le difficoltà che, ancora verso la fine del XIX secolo l’idea nazionalista incontrava fu dovuta alla fatica nel mobilitare la maggioranza dei cittadini e a far assurgere il nazionalismo stesso a idea dominante; inoltre vi furono controversie tra la visione dei cristiani e quella dei musulmani, dal momento che i primi (che costituivano la corrente principale) miravano tout court alla secessione, mentre la tendenza musulmana fu quella di “uno stato arabo autodeterminato ai confini dell’impero Ottomano decentralizzato”.

Anche durante la prima metà del XX secolo è cospicua la presenza di intellettuali cristiani all’interno della galassia del nazionalismo arabo, segnatamente in Siria e in Libano.

Esso si propose la lotta per l’emancipazione del Medio Oriente dal colonialismo europeo, la realizzazione dell’autodeterminazione nazionale, il non allineamento alle due potenze che la conferenza di Yalta consacrò alla spartizione dell’Europa e all’ingerenza imperialista nel mondo, gli USA e l’ Urss, inoltre generalmente il movimento nazionale arabo perseguì anche una politica interna basata sui principi del socialismo nazionale, ovvero la spinta verso il progresso , la natura aconfessionale dell’appartenenza al movimento ,la realizzazione di maggior giustizia sociale.

Michel Aflaq (1910_1989), intellettuale e politico siriano di famiglia cristiana greco ortodossa, fu fondatore e ideologo del movimento arabo Ba’th siriano ( che conservò questa denominazione sino al 1947, allorché si tradusse nella fazione siriana del partito Ba’th). Laureatosi alla Sorbona di Parigi, Michel Aflaq aveva valorizzato aspetti fondamentali del pensiero moderno europeo, come le battaglie a favore del progresso sociale, la lotta contro l’arretratezza culturale, la promozione dello sviluppo scientifico-tecnologico, il riformismo delle istituzioni, ma non ne aveva condiviso la spinta nella direzione della secolarizzazione dei costumi e dell’agnosticismo; Michel Aflaq era fervente credente.

I rapporti tra il movimento nazionale arabo e il Ba’th siriano non furono idilliaci; essi erano anzi destinati a incrinarsi progressivamente nel tempo, nella misura in cui l’ MNA rimproverava al Partito baathista siriano un’eccessiva moderazione, un sostanziale avvitamento sui propri interessi particolaristi che avrebbe compromesso il disegno dell’unità panarabica (invero, accusa infondata, almeno nei confronti di Michel Aflaq, che nel 1958 aveva proposto la realizzazione dell’unità tra nazione siriana ed egiziana e che aveva sin dalle origini considerato l’ unita panaraba precipuo caposaldo del suo programma ideologico). Infine l’MNA accusava i dirigenti del Ba’th siriano di coltivare un eccessivo culto della propria personalità e “vedevano piuttosto male il tentativo di Aflaq di elevare il Baa’th ad un livello tale che il partito divenisse fine a se stesso”(Al Kubeissi, Storia del movimento dei nazionalisti arabi).

Le numerose difficoltà generate dalle lotte e divisioni intestine all’interno del Baa’th siriano, nonché i rapporti tutt’altro che idilliaci con il premier Hafez Assad spinsero Aflaq a lasciare definitivamente la Siria nel 1966 per affiliarsi alla fazione irakena del Baa’th, in cui ravvisava la possibilità di realizzare meglio il programma ideologico dell’originario movimento baathista.

L’ultima sezione del mio rapporto non può non essere dedicata al recente conflitto in Siria, divampato nel 2011 e attualmente concentrato nella zona di Idlib (ove rimane l ‘ultima roccaforte nelle mani dei guerriglieri dell’Isis e ove si è aperto dallo scorso autunno un nuovo contenzioso tra la Repubblica araba siriana e il regime turco di Tayyp Erdogan).

Durante gli anni centrali del conflitto in Siria, la stampa mainstream ha dato un’ interpretazione totalmente inadeguata del conflitto, insistendo esageratamente sui “crimini” del premier Bashar al Assad e sul mantra di una sua “reductio ad Hitlerum”.

Mtanios Haddad, archimandrita siriano (l’archimandrita presso la chiesa cattolica Greco melchita ricopre la carica superiore presso un monastero) risiede a Roma ove è rettore della basilica di Santa Maria di Cosmedin. Il religioso siriano più volte ha denunciato l’analisi molto semplificativa del conflitto da parte della stampa occidentale, che spesso confligge con le testimonianze date dai religiosi autoctoni. Ricordiamo che Mtanios Haddad tenne il 24 maggio 2016 assieme al giornalista torinese Fulvio Scaglione una conferenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dal titolo “Il patto stretto con il diavolo”.

Nel corso di questa conferenza i relatori smontarono la tanto diffusa quanto semplicistica tesi del Friedman sullo scontro di civiltà tra Occidente e Islam; i fatti dimostrano che in seguito alle “guerre umanitarie” dell’amministrazione Bush in Afghanistan e in Irak, il terrorismo jihadista non solo non fu debellato, ma alimentato in maniera capillare; i gruppi wahabiti di Isis, al Daesh, al Nusra (il wahabismo, la versione più integrale dell’Islam sunnita predicata nelle monarchie del Golfo) costituivano in qualche modo l’ eredità di Al Qayda.

Analizzando un conflitto di natura politica prima ancora che confessionale, i relatori della conferenza misero in discussione che l’Occidente fosse davvero interessato a debellare il terrorismo jihadista e avanzarono la tesi che la loro politica fosse piuttosto interessata a ottenere come risultato ultimo una balcanizzazione dello stato siriano nella morsa di intestini conflitti interconfessionali (tra sciiti e sunniti, curdi e sciiti, drusi e sunniti, etc) .

Secondo la testimonianza di Padre Haddad, sino all’ascesa di questi gruppi fondamentalisti, cristiani e musulmani erano vissuti tutto sommato in armonia, trascurando o addirittura fomentando questa ascesa, le potenze occidentali avrebbero dunque stipulato una sorta di “Patto con il diavolo”.

La stampa occidentale stessa mostrava di non voler valutare le conseguenze per la Siria, nel caso in cui i gruppi wahabiti avessero prevalso; i cristiani di Siria invece ben avevano presenti queste conseguenze e la loro posizione in linea generale a favore delle milizie governative non fu tanto una scelta a priori, quanto una deliberazione dettata dai crimini, dagli eccidi sanguinari compiuti dai tagliagole, dal numero esponenziale di Chiese e monasteri distrutti nella sola città di Aleppo.

Come riporta sempre Fulvio Scaglione in un articolo del 10 luglio 2019 sul sito Insideover, a Maalula e a Saidnaya, città siriane ove cospicua è la presenza di fedeli cristiani, i cristiani stessi sono spesso stati negli ultimi anni in prima linea nel difendere dal terrorismo non solo la Repubblica araba siriana, ma l’orgoglio patriottico e identitario della cristianità e del suo plurisecolare patrimonio. Quando Saidnaya subì nel 2013 un attacco da parte dei terroristi islamisti, la federazione cristiana dei “Guardiani dell’Alba “(Huras-al-fair). saldamente schierata con l’intelligence governativa ,fronteggiò coraggiosamente i jihadisti e in questo fronte patriottico cristiano i “Leoni dei Cherubini”(Usud-al-Qarubim), meno allineati al regime di Assad, non furono da meno. Grazie ancora.