La Turchia commemora a palazzo della Cancelleria l’ambasciatore ucciso dagli Armeni (La Stampa.it 15.06.16)

A dieci giorni dal viaggio di Papa Francesco in Armenia (24-26 giugno), l’ambasciata turca presso la Santa Sede ha commemorato al palazzo della Cancelleria, zona extraterritoriale della Santa Sede in Italia, il «martirio» dell’ambasciatore Taha Carim, ucciso a Roma nel 1977 da terroristi armeni.

Il diplomatico fu ucciso il 9 giugno del 1977 e l’attentato fu rivendicato dal Commando giustizia per il genocidio armeno. E’ la prima volta che l’ambasciata promuove una simile commemorazione ufficiale.

L’attuale ambasciatore turco Mehmet Pacaci ha introdotto la cerimonia, nel salone d’onore, con un breve discorso in inglese, nel quale, dopo aver ricordato il «martirio» del suo predecessore per mano di un gruppo di «terroristi armeni», ha ricordato le parole pronunciate all’Angelus del 12 giugno dello stesso anno da Paolo VI, quando Papa Montini ricordò «un fatto non meno deplorevole che vile e cruento, compiuto contro un Diplomatico accreditato presso la Santa Sede: l’uccisione per nulla motivata dell’Ambasciatore di Turchia, il signor Taha Carim. La gravità e la singolarità del misfatto provocano ancora la nostra deplorazione, e ancora ispirano la nostra fiducia che l’onesta coscienza dei popoli sappia preservare la società moderna della degenerazione metodica e violenta delle controversie che possono travagliarla». Nel corso della cerimonia, che si è svolta ieri sera, il rappresentante di Ankara presso la Santa Sede non ha peraltro fatto alcun riferimento al prossimo viaggio del Papa in Armenia.

L’incontro è proseguito con un saluto in italiano del decano del corpo diplomatico presso la Santa Sede, l’ambasciatore dell’Angola Armindo Fernandes do Espirito Santo Vieira. Un imam ha poi recitato la preghiera musulmana che ha preceduto il pasto offerto in occasione della interruzione serale del digiuno durante il mese di ramadan (iftar). Alla commemorazione era presente un rappresentante della Segreteria di Stato vaticana.

L’ambasciatore Taha Carim veniva citato in un comunicato diramato dalla Santa Sede lo scorso tre febbraio. «La memoria della sofferenza e del dolore, sia del lontano passato che di quello più recente, come nel caso dell’assassinio di Taha Carim, Ambasciatore della Turchia presso la Santa Sede, nel giugno del 1977, per mano di un gruppo terroristico», si leggeva in quella nota, «ci esorta a riconoscere anche la sofferenza del presente e a condannare ogni atto di violenza e di terrorismo, che continua a causare vittime ancor oggi». La nota era stata diffusa dal Vaticano dopo che a Papa Francesco era stato presentato, a margine dell’udienza generale, una copia del libro «La Squadra Pontificia ai Dardanelli 1657 / Ilk Canakkale Zaferi 1657», di Rinaldo Marmara, traslitterazione italiana e turca di un manoscritto dal fondo Chigi della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il comunicato vaticano esprimeva apprezzamento per «il rinnovato impegno della Turchia a rendere i propri archivi disponibili agli storici e ai ricercatori» relativamente al «dolore» e alle «sofferenze» sostenute, «indipendentemente dalla propria identità religiosa o etnica», «da tutte le parti coinvolte in guerre e conflitti, inclusi i tragici eventi del 1915», ossia quello che gli armeni definiscono Medz Yeghern, grande crimine, e che alcuni paesi, da ultimo la Germania, riconoscono come «genocidio», termine contestato dalla Turchia. Proprio in seguito alla pubblicazione di quella nota, Ankara decise, il giorno stesso, il rientro in servizio del proprio ambasciatore presso la Santa Sede, Mehmet Pacaci, che era stato congelato dopo che, nell’aprile precedente, il Papa aveva parlato apertamente del «genocidio» armeno, in una commemorazione del centenario a San Pietro. Nel corso del suo prossimo viaggio in Armenia, Francesco visiterà tra l’altro il memoriale di quegli eventi, il Tzitzernakaberd Memorial Complex a Yerevan.

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