L’appello dal Nagorno-Karabakh, riaprire il ‘corridoio’ di Lachin (Korazym 18.03.23)

Le recenti manifestazioni di protesta di fronte a una base militare russa a Gyumri, in Armenia, sono un segnale che si sta avvicinando un’altra fase di conflitto aperto nel Nagorno-Karabakh, conteso da Erevan e Baku. Il rischio è una ‘terza guerra’ dopo quella degli anni 1992-1994 e quella dei 44 giorni del 2020, come sostengono molti osservatori, armeni e azeri, e quelli neutrali. Come scrive Guseinbala Salimov su Zerkalo.az, ‘è ormai evidente che il contingente di pace dei russi non è in grado di svolgere la sua missione’.

Le parti in realtà non sono pronte all’escalation militare mentre è in corso il conflitto in Ucraina, e la Russia considera il Karabakh ‘come l’11° dito della mano’. Il premier armeno Pašinyan è un personaggio poco gradito al Cremlino, che lo considera ‘un estraneo’, e lo sopporta soltanto ‘per scaricare su di lui tutti gli effetti negativi delle tensioni caucasiche’.

Al dott. Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia ed autore del libro ‘I disobbedienti. Viaggio tra i giusti ottomani del genocidio armeno’, abbiamo chiesto di spiegarci la situazione del conflitto tra Armenia e Azerbaijan: “Dopo l’attacco dell’Azerbaigian contro l’autoproclamata Repubblica dell’Arzakh (o Nagorno Karabagh) del 2020 fu trovato un accordo che contempla la ridefinizione dei confini fra i due contendenti e fra l’Armenia e l’Azerbaigian. Le forze azere hanno dato il via al conflitto, supportate dalla Turchia e da elementi della Jihad islamica presenti sul campo. La resistenza armena è stata piegata”.

Da chi è alimentato il conflitto?

“Dal dicembre del 2022 l’enclave  armena cristiana  dell’Arzakh nel territorio dell’Azerbaigian islamico  subisce il  blocco dei rifornimenti. Le truppe di interposizione russe, i ‘peacekeeper’ presenti sui confini a garanzia degli accordi del cessate il fuoco, dovrebbero permettere il passaggio dei beni di prima necessità fra l’Arzakh e l’Armenia, attraverso il corridoio di Lachin. Alcuni cittadini azeri hanno bloccato l’entrata e l’uscita dalla ‘porta’ di Lachin, unica via di approvvigionamento e di comunicazione con il mondo per gli abitanti dell’Arzakh.

I peacekeeper russi non hanno allontanato i manifestanti azeri che bloccano il passaggio e gli armeni dell’Arzakh  si trovano in una situazione paragonabile a quella del ghetto di Varsavia: carenza di cibo e di medicinali, mancanza di comunicazioni Internet, ospedali non riforniti, mancanza di elettricità.

Hanno tre possibilità: emigrare e svuotare il territorio abitato da armeni da circa 3000 anni e ciò equivarrebbe ad una vera e propria ‘ethnic cleansing’, una pulizia etnica; oppure imbracciare le armi e combattere fino ad essere completamente annientati; o, infine, divenire sudditi dell’Azerbaigian islamico con conseguenze facilmente immaginabili, vista l’armeno-fobia  coltivata tra gli azeri”.

Perché papa Francesco ha chiesto l’apertura del ‘corridoio’ di Lachin?

“Sono state prospettive tragiche per cui papa Francesco, così come il Parlamento Europeo, gli Stati Uniti e altre nazioni hanno chiesto la riapertura del corridoio di Lachin”.

Cosa si può fare per vincere il negazionismo sul Metz Yeghern?

“Nel corso della guerra, chiaramente favorevole all’alleato azero, il presidente della Turchia  Recep Tayyp Erdogan ebbe a dichiarare: ‘Porteremo a termine ciò che è stato iniziato  circa 100 anni fa da Enver Pascià’, il genocidio degli armeni.

Il negazionismo del genocidio degli armeni, il Metz Yeghern (Grande Male)  è ormai sostenuto quasi solamente dalla Turchia e in modo alquanto contradditorio. Una riscrittura della storia costruita negli anni a partire da Kemal Ataturk. Ma non si possono annullare le testimonianze di chi ha visto con i propri occhi come si annienta un popolo inerme. Va in ogni caso sempre operata la distinzione tra popoli e governi”.

Cosa significa onorare i ‘Giusti’?

“Durante il genocidio del 1915,messo in atto dal governo dei “Giovani Turchi”, ci sono stati stranieri presenti sul territorio e anche sudditi ottomani che si sono opposti agli ordini di sterminio emanati dal governo. ‘Barbarie legale’ che ha fatto nascere i disobbedienti, i giusti che cercano di fermare il male. La memoria del bene è la strada del dialogo e della riconciliazione. Onorare i salvatori e i testimoni di verità significa far vivere una giustizia riparativa verso gli armeni annientati  nel nulla del deserto e dare loro sepoltura senza nutrire risentimento”.

Quanto è importante per la cultura armena san Nerses il Grazioso?

“La religione è parte integrante dell’identità culturale armena e San Nerses Shnorali, detto il Grazioso, in realtà ‘pieno di Grazia’, quarto Katholikos di tutti gli armeni, è l’antesignano dell’apertura ecumenica, della concordia nella carità, di una fede attiva, testimoniata. Per gli armeni apostolici è altrettanto importante san Gregorio di Narek ‘Il Naregazi’, proclamato dottore della Chiesa cattolica, monaco poeta; la sua opera più significativa fu  ‘Il Libro delle Lamentazioni’ conservato sotto il cuscino di ogni armeno in fin di vita”.

(Tratto da Aci Stampa)