L’Armenia si allontana dalla Russia e prepara una richiesta di adesione all’Unione Europea (Il Riformista 09.04.24)

L’Unione europea diventa partner di fiducia dell’Armenia che prende sempre più le distanze da Mosca, mentre Washington rafforza la sua cooperazione anche militare con Yerevan. Bruxelles vuole togliere dal cortile di casa della Russia l’ultimo suo alleato della regione caucasica e dare inizio con Yerevan a un più forte partenariato che prevede lo stanziamento di 270 milioni di euro per un Piano di resilienza e crescita per il periodo 2024-27, mentre gli Usa si sono impegnati a stanziare 65 milioni di dollari. Piccole somme, ma ricordiamo che l’Ue aveva già recentemente offerto all’Armenia un programma del valore di 2,6 miliardi di euro. Il vertice di Bruxelles, di venerdì 5 aprile, tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, il segretario di Stato americano Antony Blinken e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è da definire storico perché avvia un processo che inevitabilmente sarà destinato a stabilire un nuovo equilibrio geopolitico nel Caucaso meridionale. Il Piano concordato sosterrà l’economia e la società del Paese caucasico, le sue piccole e medie imprese, finanzierà progetti infrastrutturali e commerciali e le esigenze dei centomila armeni costretti a fuggire dal Nagorno Karabakh dopo l’assalto azero del 19 settembre 2023 ed è visto nel contesto di una possibile futura richiesta di adesione di Yerevan all’Ue, perché mirante a sostenere l’allineamento dell’economia e dell’ordinamento armeno agli standard comunitari.

Per consentire che l’Armenia si stacchi dall’orbita di Mosca è necessario sostenere la sua economia di fronte alle crescenti tensioni nella regione per proteggerla da eventuali shock energetici dal momento che la Russia possiede gran parte della sua rete elettrica e delle sue infrastrutture. Bruxelles e Washington riconoscono i progressi sostanziali compiuti da Yerevan dal 2018 con le riforme democratiche del suo sistema giudiziario, sulla lotta alla corruzione e l’impegno preso dal governo Pashinyan teso a rafforzare ulteriormente la democrazia e lo Stato di diritto in linea con i princìpi e gli ordinamenti comunitari.

La Russia sta perdendo terreno nel Caucaso che ha sempre considerato suo cortile di casa; l’Azerbaigian nel 2025 espellerà le forze di pace russe dal suo territorio e l’Armenia ha di fatto sospeso la sua adesione all’alleanza militare dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) e ha intenzione di abbandonarla presto definitivamente per poi uscire anche dall’Unione economica eurasiatica (UEE) della quale fa parte assieme a Russia, Bielorussia, Kazakistan e Kirgizistan. La leadership armena ha ratificato lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, ha invitato le truppe statunitensi ad addestrarsi nel suo paese e ha rafforzato la cooperazione militare con gli Usa in reazione all’indifferenza mostrata dalla Russia davanti alla minaccia azera e alla mancata garanzia di sicurezza per gli armeni nelle dispute con il suo vicino.

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Pashinyan spera che avere dalla sua parte gli Usa e l’Ue lo metta al riparo dalle intenzioni aggressive di Baku. L’attacco azero del settembre scorso nel Nagorno Karabakh, che ha costretto tutta la popolazione armena a fuggire da quella enclave, è visto a Yerevan con preoccupazione come un primo passo di Baku per altre rivendicazioni territoriali. Si teme infatti che, forte del supporto militare della Turchia, l’esercito azero possa occupare quell’area cuscinetto situata tra l’Azerbaigian e la sua exclave del Nakhchivan a maggioranza azera situata in territorio armeno.

Tra Armenia e Azerbaigian è in corso un processo di dialogo bilaterale che dovrebbe portare alla normalizzazione delle relazioni tra i due paesi dopo trent’anni di conflitto, ma c’è ancora la minaccia di violenza dentro e intorno all’Armenia meridionale, nella regione chiamata Syunik, storicamente nota come Zangezur, ancora teatro di scaramucce tra i due eserciti e dove agli osservatori della missione dell’Ue (Euma) viene negato l’accesso da parte delle guardie di frontiera russe.

Il 7 febbraio, il presidente azero İlham Aliyev si è fatto rieleggere in elezioni farsa per un quinto mandato, forte della vittoria militare dello scorso settembre quando le sue forze occuparono il Nagorno Karabakh con un’operazione lampo, nonostante un negoziato in corso con Ue e Stati Uniti che avrebbe risolto le dispute pacificamente e in maniera equa. L’esercito azero ha di fatto costretto l’intera popolazione armena alla fuga dal Nagorno Karabakh risolvendo così, con la violenza brutale, la disputa decennale riguardante l’enclave armena in territorio azero. Baku ha ritenuto che quello fosse il momento giusto per tornare a mostrare i muscoli a Yerevan, anche perché la sua influenza sulla Russia era aumentata a causa della necessità di Mosca di assicurarsi l’apertura di rotte di transito verso l’Iran, cosa che poteva e che può avvenire solo attraverso l’Azerbaigian. Un punto critico nelle dispute azero-armene è infatti rappresentato dalla riapertura di un corridoio di transito in territorio armeno, al confine con l’Iran, di 43 chilometri rimasto a lungo chiuso, che collega l’Azerbaigian alla sua exclave di Nakhchivan, situata al confine con la Turchia. L’Azerbaigian ha interesse a ricollegare le due parti del suo territorio con rotte che abbiano il minor controllo armeno possibile su di esse. Yerevan dal canto suo non vuole cedere la sovranità o la sicurezza sulla sua zona di confine meridionale che è strategicamente vitale.

L’Azerbaigian insiste affinché siano le guardie di frontiera del Servizio di sicurezza federale russo (Fsb) a controllare i collegamenti ferroviari e stradali di quel corridoio. Il governo armeno teme che vi sia già un accordo tra Baku e Mosca sulla permanenza militare russa su quel confine al quale Ankara avrebbe tacitamento aderito. Per i russi infatti il controllo di quella via di transito è strategicamente importante soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina. Per la Russia, acquisire il controllo di un tratto ferroviario e autostradale che la collega all’Iran e alle rotte verso il Golfo Persico, per la prima volta dopo decenni, è di importanza strategica perché rappresenta la principale linea ferroviaria nord-sud che ha collegamenti con il Medio Oriente e l’Asia centrale, preziosi per sostenere la guerra contro l’Ucraina e la contesa con l’Occidente. Sono forti, dunque, le preoccupazioni a Yerevan sul fatto che l’Azerbaigian non firmerebbe alcun accordo di pace se non avrà ottenuto ciò che vuole nell’Armenia meridionale. L’espansione del conflitto nel Caucaso meridionale rimane dietro l’angolo e per questo l’aspirazione armena di adesione all’Unione europea incomincia ad emergere con sempre maggiore evidenza e non è esclusa la possibilità che l’Armenia presenti formale domanda di adesione e che ottenga anche lo status di “maggiore alleato non-NATO” dagli Usa. Stiamo assistendo a un processo per un nuovo equilibrio geostrategico nel Caucaso meridionale.