L’Azerbaigian blocca il corridoio di Lachin: migliaia di vite a rischio nel Nagorno-Karabakh (Amnesty.it 10.02.2)

Dal 12 dicembre 2022, a seguito di proteste di manifestanti appoggiati dalle autorità dell’Azerbaigian, il corridoio di Lachin, che collega la regione del Nagorno-Karabakh all’Armenia, è inaccessibile al traffico civile e commerciale.

Amnesty International ha lanciato l’allarme per la situazione di circa 120.000 abitanti del Nagorno-Karabakh di etnia armena, le cui vite sono a rischio per l’impossibilità di reperire beni essenziali, medicinali e cure mediche fondamentali per i malati cronici.

L’organizzazione per i diritti umani ha sollecitato pertanto le autorità dell’Azerbaigian e i peacekeeper della Russia a liberare il corridoio e porre fine alla crisi umanitaria.

Il blocco sta avendo un impatto particolarmente grave su gruppi marginalizzati e discriminati come le donne, le persone anziane e le persone con disabilità. Le frequenti interruzioni nelle forniture di energia elettrica, gas e carburante stanno rendendo estremamente difficile la vita quotidiana.

Gli aiuti umanitari forniti dal Comitato internazionale della Croce rossa e dai peacekeeper russi non bastano: rispetto ai 1200 camion al giorno prima del blocco, ora ne passano da cinque a sei.

“La sovranità delle autorità dell’Azerbaigian su questi territori è riconosciuta a livello internazionale. Loro esercitano il controllo sul luogo dal quale è imposto il blocco. Pertanto, è loro responsabilità assicurare che la popolazione che lo sta subendo non sia privata di cibo, medicinali e altre forniture essenziali. A loro volta, i peacekeeper della Russia hanno il dovere di assicurare il funzionamento del corridoio di Lachin. Ma sia le prime che i secondi stanno platealmente venendo meno a tali obblighi”ha dichiarato Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale.

“Prima del blocco, visitavo 30-40 pazienti al mese, ora sì e no cinque o sei: quelli che hanno bisogno di cure mediche più urgenti a seguito di attacchi cardiaci. Ne fanno le spese soprattutto quelli che hanno bisogno di controllare gli stent. Operiamo al dieci per cento delle nostre possibilità. Ci sono tante persone colpite da infarto nelle loro abitazioni. Ogni giorno ne perdiamo molte”, ha raccontato Vardan Lalayan, cardiologo dell’ospedale di Stepenakert (Khankendi).

“Il reparto maternità è pieno, ma scarseggiano medicine, prodotti per l’igiene, pannolini, latte in polvere e altro. In più fa freddo perché manca l’elettricità. Funziona solo un’incubatrice per volta e i neonati prematuri devono fare i turni. Se penso che partorirò in queste condizioni, mi vengono i brividi”ha detto Meline Petrosyan, all’ottavo mese di gravidanza, abitante della città di Martakert (Aghdere).

Il blocco ha causato anche una forte penuria di cibo, costringendo le autorità locali a introdurre un sistema di razionamenti che prevede un chilo di riso, uno di pasta, un litro d’olio e un po’ di zucchero una volta al mese. Frutta e verdura sono completamente scomparse dagli scaffali dei negozi mentre per accaparrarsi latte e uova, quando disponibili, si formano lunghe file fuori dai negozi.

Dalle interviste condotte da Amnesty International, è risultato che le donne sacrificano le loro razioni di cibo in favore degli altri familiari. Ciò spiegherebbe il forte aumento dei casi di immunodeficienza, anemia, tiroidismo e diabete tra le donne e le bambine così come quello degli aborti spontanei e delle nascite premature.

Dopo un lungo periodo di chiusura delle scuole e degli asili, che ha significato la sospensione dell’istruzione per 27.000 bambine e bambini, gli istituti scolastici hanno parzialmente riaperto il 30 gennaio 2023 ma solo per quattro ore al giorno.

Infine, 1100 persone – tra cui 270 bambine e bambini – che si trovavano fuori dal Nagorno-Karabakh al momento del blocco, non possono ancora rientrare nelle loro abitazioni e sono ospitate in Armenia, in alberghi o presso parenti e volontari.

 

ULTERIORI INFORMAZIONI 

Nel 1991 il Nagorno-Karabakh, una regione dell’Azerbaigian abitata soprattutto da persone di etnia armena, si proclamò indipendente denominandosi Repubblica di Artsakh. Ne derivò un primo conflitto, terminato nel 1994 con un cessate-il-fuoco.

Nel settembre 2020 Armenia e Azerbaigian hanno dato vita a una guerra su vasta scala, terminata due mesi dopo con un accordo tripartito favorito dalla Russia, in base al quale l’Azerbaigian ha ripreso il controllo di buona parte del Nagorno-Karabakh, recidendone i legami con l’Armenia. Secondo i negoziati che hanno condotto al cessate-il-fuoco, il corridoio di Lachin avrebbe dovuto rimanere l’unico collegamento tra Armenia e Nagorno-Karabakh e la sua sicurezza avrebbe dovuto essere garantita dai peacekeeper russi.

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