Le case “italianissime” di Trieste costruite da un mercante armeno (Triestenews 19.06.21)

La comunità armena triestina visse, tra settecento e ottocento, una crescita travagliata che non le impedì tuttavia di lasciare un’imponente eredità linguistica e architettonica alla città, seppure con una minore impronta rispetto ai “fratelli” greci e serbo-ortodossi. Quando i padri mechitaristi armeni ritornarono a Trieste nel 1817 la chiesa, così come i paralleli edifici di servizio, vennero collocati in una zona che andava dai Santi Martiri a Via Tigor, approssimativamente su un versante del colle di San Vito. Tutt’oggi il Ministero della Cultura del Friuli Venezia Giulia, attraverso la Soprintendenza, scrive di un “colle armeno“, riferendosi alla tutela di un edificio d’inizio novecento nell’area.
L’identità armena ricevette poi il suo simbolico suggello a inizio novecento, quando sul colle vennero costruiti cinque grandi edifici residenziali, destinati alla bassa borghesia, ad opera di un commerciante di tappeti, Haggi Giorgio Aidinian.

Nato a Smirne nel 1844, Aidnian si trasferì a Trieste nel 1880, aprendo un negozio di tappeti orientali. Sposato con la concittadina Nuvia Sivrian, Haggi Giorgio ebbe ben sette figli tra i quali il più noto fu Pasquale che spostò l’attività di vendita dei tappeti nel nuovo palazzo Dreher (oggi Borsa Nuova) in via Cassa di Risparmio.

Tra il 1905 e il 1909 Aidinian scelse di costruire, su progetto dell’architetto triestino Ruggero Berlam, cinque case d’abitazione in una zona compresa tra via Tigor, via Giustinelli, via Benedetto Marcello e via Gaspara Stampa. Si trattava di fondi appartenenti ai padri mechitaristi; ma Haggi Giorgio aveva in realtà un legame di parentela con l’Abate del monastero mechitarista viennese, Padre Arsen Aydenian (1886-1902), e pertanto non fu difficile convincere i monaci a cedere i terreni.
La prima casa fu costruita in via Giustinelli 3, tra il 1902 e il 1903, dietro progetto di Aidinian e di un sacerdote mechitarista che era responsabile delle finanze della Congregazione. Berlam si limitò in quest’occasione a progettare le facciate con un gusto prettamente cinquecentesco. La parte rivolta al mare presentava un corpo rialzato sopra quello principale, descritto come “una sorta di torretta”, con una bifora e due leoni alati.

La seconda casa Aidnian venne invece costruita tra via Giustinelli 2 e 4 e via Tigor 9, nel giugno 1903; si trattava di un edificio realizzato da Berlam con “un asettico classicismo, ingentilito da fasce policrome“. Qui vissero per un periodo due dei figli di Aidinian, rispettivamente Maria e Giovanni Haggi, ciascuno con le famiglie e i servitori.

Progetto per le case di via Marcello 2 e 4 . Dal volume Gli armeni di Trieste

Nel 1904 Berlam disegnò invece i progetti per altre case armene, rispettivamente in via Benedetto Marcello 2 e 4 e in via Giustinelli 1. Nei primi due casi si tratta di edifici pressoché identici, che sembrano diversi solo perchè presenti su un terreno inclinato. Si trattava di edifici residenziali di cinque piani che Berlam arricchì con tanti particolari medievaleggianti: archetti pensili, finestre centinate a monofora o bifora, colonnine su mensole a mascherone. L’apparato decorativo fu opera rispettivamente del figlio Arduino e del pittore Pietro Lucano (1878-1972).

Per l’ultima casa Berlam ritornò nel dicembre 1904 all’idea originaria, progettando in via Giustinelli 1 un massiccio edificio turrito di cinque piani con uno stile cinquecentesco.
Tra i cinque manufatti è forse l’edificio maggiormente conosciuto, perchè si eleva dal terreno come una fortezza rinascimentale, con quattro torri angolari. Il figlio Pasquale vi aggiunse un muro di sostegno nel 1915 e un garage tra il 1926 e 1928, tutt’oggi esistenti.
È una grandissima ironia, considerando come il committente fosse un armeno triestino proveniente da Smirne, che il gruppo di edifici venisse considerato “il fortilizio dell’architettura italica a Trieste” contrapposto coi suoi motivi rinascimentali ai palazzi di sapore viennese del centro.

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