Le tre Comunità cristiane: Greca, Latina e Armena e lo statu quo (Primonumero.it 30.08.17)

Diario Da Gerusalemme. La Terra santa è una terra affascinante e misteriosa, ricca di tradizioni e storie. Fin dai tempi più remoti popoli e civiltà si sono incontrate fondendosi in memorie e tradizioni, qui religioni e culti sembrano avere un fascino unico come in nessuna parte del mondo può essere sperimentato.
Le tre grandi religioni monoteiste (ebraica, cristiana, musulmana) qui si incontrano e si scontrano così mentre i cristiani, ad esempio, compiono i loro riti non è difficile che una voce dal minareto inviti alla preghiera per lodare Allah o che un gruppo di ebrei osservanti corra al muro del pianto per la preghiera rituale.
Se da una pare abbiamo queste tre grandi fedi, dall’altra, quella cristiana è divisa in tante chiese, grandi e piccole. In questo mosaico di chiese con denominazioni diverse si arriva a contarne circa una ventina per 200mila fedeli cristiani disseminati in un’area di circa 27mila Km2.
In questo lembo di terra si incontrano chiese e riti diversi e comuni. La chiesa siriaca, bizantina, greca, armena, copta, etiopica, apostolica, gregoriana, giacobita, maronita, melkita e così via. In questo labirinto di culti e riti non è facile, a volte, orientarsi.

Il distintivo di ogni chiesa è dato da due fattori fondamentali: la dottrina cristiana e la costituzione ecclesiale. Quanto alla dottrina i problemi con le altre chiese sono sempre meno quelli riguardanti Dio (processione dello Spirito santo) o il Cristo (unità uomo-Dio), le verità mariane, i sacramenti o l’escatologia (purgatorio in modo particolare) in questo senso vi è stato un reciproco cammino di chiarificazione che ha eliminato incomprensioni.
La questione spinosa è la costituzione ecclesiale elemento distintivo di tutte le chiese orientali, ortodosse e cattoliche e la considerazione del ruolo del vescovo di Roma.
Se Gerusalemme è stata considerata la madre di tutte le chiese, essa, in qualche modo, è diventata l’immagine della divisione delle chiese. Elementi storici, politici, teologici, culturali hanno determinato una profonda spaccatura in questa parte del medio Oriente tale da “produrre” una ventina di chiese cristiane.
Le comunità maggiori presenti in Terra santa sono tre: Greca-ortodossa, Latinae Armena, queste tre comunità sono le protagoniste riconosciute dello statu quo che determinano e caratterizzano la vita liturgica nelle chiese del santo sepolcro a Gerusalemme, della natività a Betlemme.
Conoscere queste chiese aiuta molto ad allontanare pregiudizi ed incomprensioni, anzi facilita rapporti di amicizia e di reciproca convivenza.

La Chiesa ortodossa (dal greco orthé doxa ossia retta, giusta, autentica, fede) appartiene al gruppo delle Chiese che hanno accettato il concilio ecumenico di Calcedonia (451) nelle sue formulazioni dommatiche e dottrinali e nei suoi canoni disciplinari.
Molta importanza è data al monachesimo (in genere si segue la regola di S.Basilio) quale espressione di vita religiosa contemplativa.
Nelle chiese bizantine l’eucarestia non è necessariamente celebrata ogni giorno. C’è un unico altare, la tradizione ritiene che non è lecito celebrare una seconda eucarestia sullo stesso altare, né dal medesimo sacerdote né da un altro. La concelebrazione non è mai andata in disuso ad oggi è praticata. Il matrimonio è considerato indissolubile, ma l’interpretazione della clausola del vangelo di Matteo (cf. Mt 5,32 e 19,9) ha fatto sì che l’autorità ecclesiastica per motivi pastorali di oikonomìa (disposizione accondiscendente, indulgente) possa concedere la separazione dei coniugi e anche il divorzio in casi gravissimi (adulterio, apostasia, attentato alla vita, morte civile per condanna, malattie inguaribili, dispersione etc…). è possibile un secondo matrimonio che dalla Chiesa è tollerato come un rito di carattere penitenziale. Il sacramento dell’ordine è conferito solo agli uomini che possono sposarsi prima del presbiterato. I vescovi vengono scelti tra i sacerdoti non sposati, quasi sempre monaci.

I frati minori: sono i custodi dei luoghi santi. La loro presenza in Terra santa risale a 800 anni fa. I minori in Terra santa vengono chiamati ifrati della corda per la cintura bianca che portano sopra il saio marrone. I frati sono storicamente i custodi dei luoghi santi. Il termine custode deriva dall’organizzazione interna dell’ordine francescano. Quando ancora era in vita S.Francesco, l’ordine venne suddiviso in province, ognuna con a capo un ministro (da minusin latino) provinciale. A loro volta, le province più estese era suddivise in “custodie”, con a capo un custode. La provincia-madre della Custodia di Terra santa, quella d’Oltremare, ha cessato di esistere nel 1571 con la caduta di Cipro per mano degli ottomani, da allora, la Custodia di Terra santa dipende direttamente dal ministro generale dell’ordine francescano.
Nel 1336, con il sostegno del re di Napoli Roberto d’Angiò che nel 1333 ottenne dal sultano d’Egitto il diritto di acquisto, protezione e custodia dei luoghi santi cristiani, un manipolo di dodici frati si stabilì a Gerusalemme presso il cenacolo al monte Sion e presso il Santo Sepolcro, con diritto di celebrazione. Pochi anni dopo, nel 1342 papa Clemente VI ratificò la loro posizione giuridica e si venne a definire ufficialmente e giuridicamente la Custodia di Terra santa.
All’epoca, il custode francescano di Gerusalemme era anche il massimo rappresentante della Chiesa latina. Il titolo del custode di Terra santa è: Guardiano del Santo Monte Sion e del Santissimo Sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo.
Attualmente la Custodia di Terra santa conta circa 280 frati da 37 nazioni. Sono distribuiti in 28 conventi tra Israele e Palestina; più o meno altrettanti conventi nei paesi confinanti (Cipro, Giordania, Libano e Syria e Rodi).
Nel 1847 papa Pio IX ripristinò il patriarcato latino di Gerusalemme, allo scopo di non lasciare sola la comunità locale dei cristiani latino in terra santa. Nel 1842, infatti, l’impero britannico (chiesa anglicana) e il regno di Prussia (luterano) si erano accordati per l’istituzione a Gerusalemme di un episcopato condiviso. Probabilmente furono anche motivi politici a giocare un ruolo importante in questa decisione. La Francia si aspettava di rafforzare il proprio ascendente sulla Chiesa cattolica in Terra santa, controbilanciando l’autorità dei francescani di matrice spagnola. Nel 1987, con la nomina di Michel Sabbah, originario di Nazareth, per la prima volta un cristiano del luogo è divenuto patriarca latino di Gerusalemme. I cattolici romani sono circa 77mila suddivisi in 70 parrocchie: 15 nei territori palestinesi, 15 in Israele il restante suddiviso tra Giordania e Cipro. Nella diocesi di Gerusalemme sono presenti circa una trentina di ordini e congregazioni religiose maschili e una settantina femminili per un totale di circa 550 religiosi e 1100 religiose. Il patriarca risiede presso la sua sede vicino a porta di Jaffa dove sorge una imponente chiesa neogotica che funge da concattedrale. La cattedrale vera e propria è la basilica del Santo Sepolcro.

La chiesa Armena. Il popolo armeno si può gloriare di essere stato il primo popolo e la prima nazione ad abbracciare il cristianesimo nell’anno 301 ad opera del re Tiridate III in seguito alla predicazione del grande missionario S.Gregorio l’Illuminatore. Da lui la chiesa armena prende anche il nome di chiesa gregoriana.
Gli armeni considerano loro antenato Noè, chiamano l’Armenia con il nome originario diHayastan, da Hayk, discendente di Noè. Il patriarca armeno è il padre della patria ed è chiamato Katholicòs. Il popolo armeno ha attraversato molte vicissitudine dolorose segnandolo indelebilmente. La croce detta “armena” ha un ruolo centrale nella spiritualità ed è facilmente riconoscibile perché agli angoli dei quattro bracci vi è il trifoglio simbolo della Trinità. Il popolo armeno ama incidere la croce “croce di pietra” in armeno Khatchar, nella cappella di S.Elena al Santo Sepolcro ci sono migliaia di queste croci incise nelle roccia.
Gli armeni ammettono i sette sacramenti i tre dell’iniziazione (battesimo-cresima ed eucarestia) sono amministrati in un unico rito. La presenza reale di Cristo nell’eucarestia è fermamente creduta. Il matrimonio è indissolubile e si concede lo scioglimento solo in caso di adulterio basandosi sull’interpretazione della clausola matteana (Mt 5,31; 19,6). La chiesa armena permette le seconde nozze, che vengono celebrate in forma privata. Il sacerdozio è dato solo agli uomini che si possono sposare prima. C’è nella chiesa armena anche il diaconato delle donne.
La liturgia, celebrata in lingua armena antica, conferisce particolare onore all’evangeliario che non viene mai toccato a mani nude, ma sempre con un velo ricamato. Gli armeni ripetono con gli antichi padri: “il vangelo è nostro padre e la chiesa nostra madre”.
Dal 1923 la Chiesa armena ha adottato il calendario gregoriano, eccetto che nella chiesa di Gerusalemme e Betlemme ove la festa di Natale-Epifania è celebrata il 19 gennaio.
Molta importanza per gli armeni è data al sacro crisma, composto da olio e da molte essenze profumate. La consacrazione dell’olio è riservata ai due patriarchi che compiono il rito ogni sette anni e provvedono poi alla distribuzione. Per significare la continuità della successione apostolica e persino il nesso con l’olio di Aronne, ogni nuovo crisma viene consacrato con la commistione di un rimasuglio del vecchio.

Lo Statu quo: Le varie Chiese (greco-ortodossa, Latina e armena), in diversa misura, dopo le separazioni e divisioni hanno cercato di insediarsi e di appropriarsi dei numerosi luoghi santi. La questione è stata per secoli oggetto di contese e di controversie tra le comunità ecclesiali. La temporanea soluzione conclusasi con il decreto(firmàn) del sultano turco nel 1757, confermato (con leggere variazioni) da un altro firmàn del 1852, congelò la questione nella situazione e nella modalità in cui si trovavano allora i luoghi santi. Tale firmano è conosciuto come status quo, perché stabilisce il mantenimento delle condizioni di fatto nel modo in cui si trovavano (status quo ante) alla data dell’emanazione del decreto.
Lo statu quo vige dove sono presenti le tre comunità: Gerusalemme (santo sepolcro), Betlemme (Basilica della Natività), la tomba della Madonna presso la valle del Cedron, l’oratorio dell’Ascensione (sul monte degli ulivi).
Dopo la caduta dell’impero turco (1917) e durante tutto il mandatobritannico sulla Palestina, il governatore di Gerusalemme era l’arbitro nelle liti a lui sottoposte, ma se la decisione non piaceva ad una comunità (greca, armena e latina) questa presentava una protesta ufficiale. La medesima prassi fu conservata durante il governo hascemenitagiordano (1948-1967). Dopo la guerra detta dei sei giorni (1967) e l’annessione da parte dello stato di Israele della città vecchia di Gerusalemme, lo Statu quo viene oggi garantito e fatto osservare da Israele.

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