Lo scrittore azero Akram Aylisli contro la circoncisione (Sololibri 31.08.21)

Ci sono molti scrittori che hanno avuto il coraggio di difendere la verità subendo ogni sorta di umiliazione e di infamie, tra questi c’è anche l’azero Akram Aylisli (nome d’arte di Akram Najaf oglu Naibov), poeta, narratore e drammaturgo. Quest’uomo audace ha avuto l’ardore di pubblicare un romanzo che prende le parti degli armeni e che, sfidando il governo para-dittatoriale azero, avrebbe dovuto provare al mondo che i suoi compatrioti erano pronti a riconoscere le loro responsabilità storiche per le persecuzioni contro il popolo armeno. Si tratta del libro Sogni di pietrapubblicato in Italia nel 2015 dalla casa editrice Guerini e Associati, tradotto da Bianca Maria Balestra. Purtroppo, però, questo testo è stato fonte di infiniti problemi per l’autore.

Aylisli aveva terminato la stesura del manoscritto dell’opera nel 2007, ma decise di pubblicarla nell’autunno del 2012, a seguito degli sviluppi giudiziari del caso dell’omicidio di Gurgen Margaryan (1978-2004), un sottotenente armeno decapitato nel sonno con sedici colpi di mannaia dal suo pari grado azero Ramil Safarov, durante un master NATO a Budapest. Inorridito dall’accaduto, l’artista pensò di divulgare il suo scritto oltreconfine, in un paese libero, e scelse di pubblicarlo nella rivista letteraria russa Družba Narodov (“Amicizia tra i popoli”), ciononostante nemmeno così riuscì a tutelarsi dai persecutori degli armeni, venne infatti oltraggiato pubblicamente e ai primi di febbraio del 2013 fu privato del titolo di “autore del popolo” (ossia di scrittore nazionale)

Il libro rievoca infatti la questione del genocidio armeno, e degli attacchi compiuti contro la comunità armena del Nakhicevan, agli inizi del ‘900, nonché dei pogrom azeri contro gli armeni di Baku e di altre città dell’Azerbaigian.
Dalla comparsa di Sogni di pietra, il romanziere – un anziano nato nel 1937 – vive in uno stato di libertà coatta, privato dei suoi diritti civili e additato pubblicamente come traditore.
La stampa italiana non ha mancato di schierarsi in difesa dello scrittore, mettendo in luce il suo lodevole (quanto sfortunato) tentativo di creare un dialogo tra due popoli divisi da un conflitto crudele.
Il presente articolo, tuttavia, cercherà di illustrare una seconda controversia che ha accompagnato Sogni di pietra, quella relativa alle opinioni inerenti all’islam contenute nel volume.

La critica alla circoncisione

Oltre alla ferma condanna civile, Aylisli è stato colpito anche da una seria sanzione religiosa. Il gran muftì Allahshukur Pashazadeh lo ha infatti dichiarato ufficialmente apostata, un verdetto che per i governi islamici equivale a una condanna a morte e che anche in paesi musulmani più secolarizzati, come l’Azerbaigian, può portare a essere aggrediti per strada. Questo giudizio deriva dal fatto che in un passaggio dell’opera il romanziere ha criticato impietosamente la pratica della circoncisione.
La scottante parentesi si apre nel testo con la descrizione di un litigio scoppiato a un rinfresco:

“Si festeggiava una circoncisione. Simili banchetti hanno le loro regole: se ti si dà la parola, devi fare un discorso secondo quelle regole. Di che cosa si può parlare a una festa di circoncisione? Di quanto tale usanza sia pia, di quanto [sia] importante per l’igiene e la salute. Si parlerà dei santi imam, degli insegnamenti del Profeta, che riteneva questo rito uno dei più importanti per i musulmani, della Sua grande saggezza…Proprio nel bel mezzo del banchetto la parola viene data a Sadaj Sadygly, che era l’ospite d’onore. E di nuovo qualcosa lo punge. Comincia a prendere in giro la cerimonia. Poi perde ogni freno, che Dio mi perdoni, comincia a prendersela anche col Profeta. ‘Il vostro Profeta, dice, sarebbe più intelligente di Dio? Se nel corpo dell’uomo ci fosse qualcosa di superfluo, Dio sarebbe così cieco da non vederlo? Com’è possibile che il Signore non si sia sbagliato quando ha creato faccia, occhi, naso, orecchie, e ha fatto tutto per bene, ma quando è arrivato a quel punto, accidenti, d’un tratto s’è sbagliato come uno scolaretto? E chi ha chiesto al vostro Profeta di correggere l’errore di Dio?”

Il racconto colpisce al cuore Farid Farzani, uno dei personaggi del romanzo, che proprio a una lite originata dalla circoncisione di suo figlio deve la disgregazione della sua famiglia. Anni prima, egli aveva sposato una donna russa con cui aveva avuto un bambino, ma davanti al rifiuto della moglie di circoncidere il piccolo era sprofondato in una crisi interiore. Un giorno, però, Farzani aveva convinto il figlio dodicenne a lasciarsi circoncidere, tuttavia il ragazzo era rimasto traumatizzato dalla mutilazione provocatagli per volontà del genitore:

“Chi avrebbe mai pensato che un’operazione da nulla per un chirurgo esperto dell’ospedale Sklifosovskij avrebbe avuto delle complicazioni? Eppure, fosse per lo spavento provato, o per altro motivo, sta di fatto che la sera il ragazzo aveva la febbre a quaranta. E la madre, che la sera, tornata dal lavoro, vide il figlio in tali condizioni, dallo sgomento perse il dono della parola. Al marito non disse nulla, non tentò di far calare la febbre al figlio. Riusciva solo a guardarlo con terrore. Poi corse in bagno, si chiuse dentro e da dietro la porta chiusa a lungo si udirono i suoi singhiozzi. […]”.

Si concluse così il matrimonio di Fanzani, e sua moglie non lo volle più avere vicino:

“[Ella] Chiese subito il divorzio e scambiò il loro trilocale in centro con due bilocali in periferia. Dopo aver vissuto qualche anno senza la famiglia, nel 1986 Farid Fanzani scambiò il proprio appartamento con quello di un russo di Baku, si trasferì a Baku e il giorno stesso dell’arrivo capì che aveva commesso un errore imperdonabile. Adesso il figlio di Fanzani aveva compiuto diciannove anni, ma per il padre era rimasto dodicenne e gli occhi innocenti, smarriti del fanciullo lo perseguitavano crudelmente da anni”.

Il figlio non lo aveva mai perdonato e non era mai andato a trovarlo nella sua nuova abitazione.
L’esecrazione delle mutilazioni genitali maschili contenuta in Sogni di pietra avrebbe meritato maggiore eco negli stati in cui il romanzo è stato tradotto, ma evidentemente c’è ancora molto lavoro da fare riguardo una questione di civiltà così seria.

In Europa le associazioni per i diritti umani continuano giustamente a denunciare l’atrocità dell’infibulazione, ma sono ancora pochissime le voci che si levano contro la circoncisione di maschi minorenni sani, che non avrebbero alcun bisogno di essere sottoposti a questa violenza. Negli Stati Uniti oltre metà della popolazione maschile è circoncisa, nonostante gli studi medici dimostrino che questa pratica primitiva non è garante di alcun effettivo vantaggio dal punto di vista sanitario o igienico, mentre espone, invece, al rischio di contrarre infezioni (come nell’episodio riassunto nel romanzo) o di perdere la sensibilità naturale del glande.

È vergognoso, poi, osservare come anche in Italia vi siano donne che affermano candidamente di preferire “per motivi estetici” un pene mutilato (basta un giro in rete per costatarlo), una convinzione riprovevole e paragonabile alla posizione di un uomo che affermi di gradire maggiormente i rapporti sessuali con donne dai genitali appositamente mutilati.

La circoncisione è equiparabile all’infibulazione, e tutti i paesi civili dovrebbero vietare la mutilazione di minorenni in salute, destinati a restare segnati per tutta la vita dal taglio indelebile di una parte del loro corpo, si tratta di una battaglia per il rispetto di un diritto fondamentale dell’uomo: quello all’integrità del proprio fisico.

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