Messe luterane a ritmo continuo (Italiaoggi.it 20.12.18)

Potrebbe diventare un film, o dovrebbe, quanto sta avvenendo nella Bethelkirche all’Aja. Da sette settimane e quattro giorni nella chiesa protestante si celebra un servizio divino senza pause. Il Gottesdient equivale per i luterani alla nostra messa, e durante una funzione religiosa secondo la legge olandese la polizia non può intervenire in chiesa. Così si cerca di impedire l’espulsione di una famiglia armena, padre madre e tre figli, che ha trovato rifugio nella Bethelkirche. «In Armenia la famiglia non sarebbe al sicuro», ha dichiarato il pastore Derk Stegemann, «e i giovani soprattutto riporterebbero gravi danni psicologici da un’espulsione». I figli hanno tra i 15 e i 21 anni, e sono cresciuti in Olanda, dove la famiglia Tamrazyan giunse nel 2009. Il padre sostenne di venire perseguitato in patria a causa delle sue idee politiche. Da allora, le richieste di asilo sono state respinte, di appello in appello, ed ora si è giunti alla sentenza definitiva.Dalla fine di ottobre si sono alternati al servizio divino, notte e giorno, circa 650 pastori provenienti da ogni parte del paese, e anche dalla Francia, dal Belgio, dalla Germania. E’ stata predisposta una lista d’attesa in modo di chiamare sempre un sostituto se uno dei pastori si trovasse all’improvviso in condizioni di non partecipare. La situazione è pesante per la famiglia. I rifugiati non possono lasciare la chiesa neppure per un’ora se non a rischio di venire arrestati. La Bethelkirche è sorvegliata in permanenza dagli agenti pronti a intervenire se la maratona religiosa venisse interrotta.

Le norme sull’asilo olandesi sono tra le più severe in Europa. Non ci sono misure alternative che consentano una soluzione di compromesso, come in Germania dove se non si viene accettati in via definitiva si può venire tollerati per un periodo più o meno lungo. Due terzi delle richieste si concludono con un rifiuto, e i profughi devono lasciare il paese entro 28 giorni. In casi particolari si può restare fino a dodici settimane. Dopo, chi rimane viene considerato «illegale». I profughi ricevono un’assistenza minima, vitto e alloggio e nient’altro. Chi resta dopo il decreto di espulsione è costretto a vivere all’addiaccio. Nonostante tutto, continuano a arrivare profughi, circa 26mila fino allo scorso luglio, in leggero aumento rispetto all’anno scorso.

Il caso della famiglia armena è particolare. Grazie all’assistenza legale ricevuta si è riusciti a rinviare il decreto di espulsione definitiva. Intanto, i ragazzi si sono integrati, hanno studiato con profitto, e la più grande Hayarpi, 21 anni, sta studiando economia all’università: «Speriamo che le autorità facciano un’eccezione per noi, dichiara, l’Olanda è diventata casa nostra». Al ministero di giustizia sono stati rivolti diversi appelli, per ottenere un permesso di soggiorno.

La legge prevede in realtà un’eccezione per i bambini, il cosiddetto kinderpardon: non vengono espulsi se hanno vissuto per almeno cinque anni in Olanda. Ma i Tamrazyan hanno perduto questa possibilità, perché secondo le autorità si sono rifiutati di collaborare: «O tutti o nessuno, non possiamo separarci dai nostri figli», ha sempre risposto il padre. Una norma che contrasta con il rispetto dei diritti umani, che vieta di separare le famiglie.

Mark Harbers, il sottosegretario competente per il diritto d’asilo, rimane rigido: «Non possiamo fare eccezioni. In Armenia la famiglia Tamrazyan non corre alcun rischio. Non c’è alcuna possibilità che possa continuare a vivere in Olanda».

La permanenza in chiesa non è facile, mancano le condizioni minime per un soggiorno di lunga durata. Davanti all’altare è posto uno striscione con la scritta «Dient van de gebeden, si prega per chi viene perseguitato a causa della sua fede, per i profughi in ogni parte del mondo, e perché il nostro governo ritrovi la saggezza.

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La maratona di preghiera per salvare la famiglia di migranti (Famiglia Cristiana 20.12.18)

Da 55 giorni in una piccola chiesa olandese si celebrano ininterrottamente funzioni religiose: è l’unico modo per impedire l’arresto di una famiglia armena colpita da un provvedimento di espulsione
Sulla copertina di Famiglia Cristiana della scorsa settimana avevamo messo una famiglia ghanese messa in strada dal decreto sicurezza. Una storia simile arriva dall’Olanda e più precisamente dalla chiesa protestante di Bethel de L’Aja, dove dalle 13.30 del 26 ottobre si celebrano ininterrottamente funzioni religiose. L’obiettivo è proteggere la famiglia Tamrazyan, composta da un padre, una madre e tre figli, ospitata al suo interno, che è fuggita dall’Armenia nel 2010. Il Governo ha deciso di rispedirla indietro, ma c’è una legge che impedisce alla polizia di entrare in uno spazio “destinato a riunioni religiose o riflessive di natura filosofica, durante la riunione di culto o di riflessione” e così fino a quando ci sarà qualcuno che pregherà per loro, saranno al sicuro.

Quattrocento pastori da tutto il Paese si alternano nelle letture, nei canti, nelle Messe insieme ai fedeli. La famiglia avevano fatto richiesta di asilo politico perché il padre era un oppositore del governo. Ora dopo le ultime elezioni la situazione in Armenia è migliorata e così le autorità, legge alla mano, hanno deciso che non potevano più restare.

Il fatto che in nove anni la famiglia si sia perfettamente integrata, che non abbia mai dato problemi, che i tre ragazzi che hanno 21, 19 e 14 anni studino e non vogliano più tornare nel loro Paese d’origine non conta in quest’Europa in cui la paura e la burocrazia hanno preso il sopravvento sul cuore. E così nella piccola chiesetta si continua ad accendere candele, a cantare e a pregare 24 ore su 24 fino a quando, dicono i fedeli, supportati dalla petizione di oltre 250 mila cittadini il Governo non si deciderà a concedere alla famiglia un permesso di soggiorno illimitato. Il reverendo Joost Roselaers, uno dei pastori, ha detto alla Cnn: “Andremo avanti fino a quando non sarà chiaro che questa famiglia può rimanere”

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