Metz Yeghérn. Breve storia del genocidio degli armeni di Claude Mutafian (Sololibri 25.02.21)

Il genocidio armeno è ricordato col nome Metz Yeghérn, che significa “grande crimine”; negli ultimi anni diverse associazioni si sono impegnate alacremente per far conoscere il più possibile agli italiani questa tragedia del Novecento. Durante il primo conflitto mondiale il governo turco, già da lungo tempo ostile agli armeni, accusò questa minoranza cristiana di parteggiare per i russi e decise di annientarla. In seguito all’avanzata dell’esercito zarista, il governo di Istanbul affidò a un’organizzazione speciale l’incarico di deportare le popolazioni armene e di pianificarne l’eliminazione fisica: tra la primavera del 1915 e l’autunno del 1916, nei territori dell’Impero Ottomano, furono sterminati mezzo milione di armeni.

I prodromi del grande crimine vanno individuati nel mutamento degli equilibri geopolitici internazionali durante il XIX secolo, fino a quel momento gli armeni erano stati considerati millet-i sadika, ossia la “comunità fedele”. All’inizio dell’Ottocento la Turchia si presentò al nuovo secolo come “il grande malato d’Europa”; il paese si dimostrò fortemente arretrato sotto tutti i punti di vista, iniziò a perdere molti territori e le tensioni interne crebbero. In questo contesto si collocano le prime campagne denigratorie contro gli armeni, accusati di tradimento. Le autorità istigarono i musulmani alla violenza e nella regione di Sassun, a ovest del lago di Van, in meno di due anni, tra il 1894 e il 1896, furono trucidati 300.000 armeni. Una seconda ondata di persecuzioni si ebbe nell’aprile del 1909, quando il partito “Unione e Progresso” organizzò l’uccisione di 30.000 persone.

Esistono numerosi libri dedicati allo sterminio degli armeni, ma per avvicinarsi a un argomento così complesso è forse consigliabile partire da un testo basilare, che possa rappresentare una valida introduzione alla conoscenza di questi tristi fatti storici. Un opuscolo adatto a tale scopo è sicuramente Metz Yeghérn. Breve storia del genocidio degli armeni di Claude Mutafian, matematico e storico armeno, figlio di un sopravvissuto al massacro. La nuova edizione italiana di questo breve saggio è stata pubblicata da Guerini e associati nel 2017, a cura della scrittrice Antonia Arslan. Siobhan Nash-Marshall, nella sua introduzione, definisce l’opera un utilissimo piccolo libro e informa i lettori che nel 2005 è stato varato l’articolo 301 del codice penale turco, che ha dichiarato reato qualsiasi insulto alla “turchicità”, e, dal 2008, alla “nazione turca” in generale, “dove per tale offesa si deve intendere non solo il riconoscimento del genocidio ma anche qualsiasi menzione delle atrocità subite dagli armeni”.

Dopo aver riassunto le prime persecuzioni, Mutafian spiega la nascita della terribile organizzazione speciale incaricata di spazzare via gli armeni dai territori dell’impero, essa era diretta dai due medici Nazim e Behaeddin Chakir (1874-1922). Nel gennaio del 1915 l’esercito ottomano disarmò tutti i suoi soldati armeni e in quello stesso anno, all’alba di sabato 24 aprile, vennero arrestati i maggiori esponenti dell’élite armena di Costantinopoli. Gli aguzzini agirono rapidamente e in maniera spietata: alla fine di luglio del 1915 non restava praticamente più nessun armeno nell’Anatolia orientale. Il 30 ottobre 1918, la resa turca fece nascere molte speranze fra i sopravvissuti alle deportazioni e alle persecuzioni:

“La Conferenza di Pace sfociava, il 10 agosto 1920, nel trattato di Sèvres, che sanciva l’esistenza, nella parte orientale dell’ex territorio ottomano, di uno stato armeno indipendente e di un Kurdistan autonomo, mentre il mondo arabo veniva posto sotto mandato franco-britannico”.

Paradossalmente fu questo apparente mutamento a creare la situazione favorevole al completamento del genocidio, Mustafa Kemal (1881-1938) prese le redini del nazionalismo turco:

“Di fronte al pericolo bolscevico, egli si assicurò l’appoggio degli Alleati. Di fronte all’imperialismo franco-britannico, si assicurò invece l’appoggio bolscevico”.

Il trionfo dei progetti di Atatürk includeva anche la liquidazione della residua presenza armena con nuovi eccidi e carneficine che però non suscitarono particolari reazioni da parte dell’opinione pubblica internazionale.

“In seguito ai successi militari turchi contro i greci e all’incendio di Smirne, che può essere considerato l’ultima tappa di questo processo di liquidazione (settembre 1922), la Conferenza di Losanna annullò nel 1923 gli accordi firmati a Sèvres […] Così fu avallata la pulizia etnica magistralmente operata dai turchi in Asia minore”.

Oggi vi è ancora chi sostiene che i prigionieri che sotto minaccia di morte abbracciavano la fede islamica venissero lasciati in vita, ma ciò è falso:

“È invece vero che un certo numero di bambini in tenera età vennero presi da famiglie turche o curde, islamizzati e utilizzati come mano d’opera. Analogamente, molte donne, soprattutto le ragazze più belle, vennero rapite e finirono negli harem”.

Attualmente restano solo poche decine di migliaia di greci e armeni tra Costantinopoli e la costa occidentale anatolica, nell’Iran integralista, invece, gli armeni non sono praticamente mai stati molestati in quanto tali, ciononostante va osservato che in quella terra il regime islamico rende le loro condizioni di vita difficili.
Tuttavia non si deve dimenticare che le mire espansionistiche del nazionalismo turco esistono ancora, sono cresciute nuovamente dopo la fine dell’URSS.
Certo, la Turchia non attaccherà oggi militarmente la Repubblica d’Armenia, piccola frazione del territorio armeno storico, indipendente dal 1991” scrive l’autore del libretto, “ma sostiene l’Azerbaigian nella guerra del Karabakh”. Una previsione, questa, che si è tristemente concretizzata con la recente aggressione compiuta dalle forze turco-azere ai danni della repubblica armena della Artsakh. Va sottolineato che in quel conflitto, da poco concluso, l’Unione Europea – vergognosamente – non ha mosso un dito in difesa delle popolazioni cristiane e dei monumenti storici della regione, che ora rischiano di sparire per sempre.

Metz Yeghérn è uno scritto importante, che andrebbe divulgato il più possibile, e distribuito nelle scuole durante la giornata del 24 aprile, la data scelta a livello internazionale per commemorare il grande crimine.

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