Metz Yeghern, il cardinale Koch: il genocidio armeno fu un martirio ecumenico (Vatican News 27.04.23)

A Roma la preghiera per i martiri del “Grande Male”, in occasione dell’anniversario delle persecuzioni di un secolo fa che portarono all’uccisione di un milione e mezzo di persone e alla deportazione di centinaia di migliaia di armeni. Nella sua omelia, il prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato che tutte le confessioni cristiane sono state colpite in quello che fu il primo di una lunga serie di persecuzioni del ‘900

Marco Guerra – Città del Vaticano

“Con l’intercessione, il ricordo e le preghiere dei Santi martiri del Genocidio Armeno che commemoriamo oggi, i quali hanno sacrificato la vita per la loro fede ed eredità. O Signore, concedici la tua pace e grande misericordia”

È stato questo uno dei passaggi più significativi della preghiera ecumenica per i martiri del genocidio armeno, che nel pomeriggio di giovedì 27 aprile è risuonata tra le mura della Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma.

Il contesto della cerimonia e il genocidio

La celebrazione ecumenica organizzata dalla Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede, il Pontificio Collegio Armeno in Roma e le ambasciate della Repubblica d’Armenia in Italia e presso la Santa Sede rientra nella cornice delle commemorazioni del 108.mo anniversario del “Metz Yeghern”, il “Grande Male”, ovvero l’olocausto di un milione e mezzo di armeni per mano del governo ottomano dell’epoca. Ebbe inizio il 24 aprile 1915, data in cui furono arrestate tutte le personalità di spicco della comunità armena di Istanbul – intellettuali, studiosi, politici – che poi furono successivamente portate fuori dalla metropoli sul bosforo per essere massacrate. Questa data è diventata così la giornata della memoria, molto sentita sia in Armenia sia fra le comunità di esuli in tutto il mondo.

Il cardinale Koch: “l’armenicidio” fu l’inizio di tante persecuzioni

Momento centrale della cerimonia tenutasi nella Basilica dedicata alla memoria dei martiri è stata l’omelia del cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei cristiani, che ha presieduto l’intera cerimonia ecumenica. Il porporato ha messo subito in evidenza che i cristiani che hanno dato la loro vita per la fede non sono caduti nel nulla e che il genocidio armeno è stato la prima grande persecuzione anti cristiana del Novecento, un secolo in cui “la cristianità è diventata ancora una volta una Chiesa martire, principalmente a causa delle dittature anticristiane e neopagane del nazionalsocialismo e del comunismo sovietico”. “La tragica storia del martirio di tanti cristiani è iniziata con ‘l’armenocidio’ – ha spiegato il cardinale -, il genocidio del popolo armeno all’inizio del XX secolo. Questo terribile evento ci ricorda quello che nella fede cristiana merita di essere chiamato martirio”.

L’ecumenismo del martirio

Il prefetto del Dicastero per l’Unità dei cristiani ha ricordato quindi che il martirio del cristiano non è contraddistinto dal disprezzo per la vita e dal desiderio di morte ma dall’amore. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici, in queste parole di Gesù si riassume tutto il mistero del martirio cristiano”, ha sottolineato il porporato attingendo dal Vangelo. “La croce di Gesù Cristo è l’amore nella sua forma più radicale; e Gesù si pone davanti ai nostri occhi come il primo martire”, sottolinea poi il cardinale Koch, “il martirio cristiano è la libera accettazione della morte per amore della fede”. In quest’ottica il prefetto ha riconosciuto “il grande debito di gratitudine verso i cristiani armeni per aver testimoniato con la loro vita cosa significa il martirio”. Ma la lezione più importante che arriva dai martiri armeni è di aver mostrato “che tutte le Chiese cristiane, la Chiesa apostolica armena come pure la Chiesa cattolica armena, hanno i loro martiri della fede e, di conseguenza, che il martirio è ecumenico”. “L’ecumenismo dei martiri, o come dice Papa Francesco, l’ecumenismo del sangue – ha aggiunto – è dunque senza dubbio il segno più convincente dell’ecumenismo odierno”.

Tanti cristiani subiscono ancora il martirio

Il cardinale ha osservato inoltre che i cristiani armeni hanno anche mostrato che un simile martirio può essere sopportato solo se è sostenuto dalla fiducia nella promessa della fede cristiana, che si esprime nel Vangelo di oggi con la bella immagine delle dimore: “La triste ipotesi che ai persecutori, ai carnefici e agli assassini sia permesso di trionfare sulle loro vittime nell’eternità è del tutto in contrasto con la promessa cristiana delle dimore celesti”. Infine il capo Dicastero si è rivolto ai martiri armeni come intercessori e per chiedere loro, nella loro dimora celeste, “di accompagnarci oggi nella nostra testimonianza di fede con la loro preghiera e, soprattutto, di sostenere i tanti cristiani che nel mondo odierno sono perseguitati e devono subire il martirio”.

L’impegno dell’Armenia per evitare nuovi genocidi

In apertura della cerimonia hanno espresso i loro saluti Garen Nazarian, ambasciatore della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede, e Tsovinar Hambardzumyan, ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia. I due diplomatici hanno ricordato i pericoli che ancora corre la popolazione dell’Armenia a causa degli attacchi nei confronti della popolazione del Nagorno Karabakh (regione a maggioranza armena posta a tra Azerbaijan e Armenia, ndr) e della retorica anti-armena presente in alcune aree del Caucaso. Gli ambasciatori hanno quindi ribadito lo sforzo del governo armeno “per la giustizia, il conoscimento della verità, la prevenzione di nuovi genocidi e crimini contro l’umanità, e la lotta contro la discriminazione e l’intolleranza per motivi etnici, religiosi e razziali”.

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