Monza, Petrosyan: “Italiano, di sangue armeno, ho preso a pugni il razzismo” (Il Giorno 13.02.19)

Monza, 13 febbraio 2019 – “Mio padre ha avuto il coraggio di portare la sua famiglia in un mondo migliore. Vivevamo a Erevan, c’era la guerra fra Armenia e Azerbaigian, c’erano sempre gli spari. A 18 anni ti chiamavano a fare il servizio militare e ti infilavano in mano un kalashnikov. E tanti finivano ammazzati. Ecco, mio padre non voleva tutto questo…”.  Gevorg “Giorgio” Petrosyan, 33 anni, pluricampione di kickboxing, soprannominato “The Doctor” per la sua tecnica chirurgica, considerato uno degli atleti più forti al mondo nella sua specialità, sarà alla Candy Arena di Monza sabato sera per l’evento “Petrosyan Mania Gold Edition”.  Petrosyan ripercorre la sua vita presa a pugni sin dalla più tenera età. Da quando nel 1999 papà Petrosyan decide un giorno di provare a scappare: salta sul rimorchio di un camion diretto in Italia con i figli Stepan e Gevorg, quest’ultimo di appena 13 anni.
“In Italia ci finimmo per caso, mio padre voleva l’Europa ma quel camion arrivò a Milano. Dieci giorni di viaggio”.
A Milano non fu facile sopravvivere.
“Furono tempi durissimi, dormivamo alla stazione Centrale, ci aiutava la Caritas. Ricordo che era inverno e ricordo il freddo, avevo le tonsille infiammate e arrivai a Milano con 40 di febbre. E ricordo mio padre preoccupato per come stavo. Poi, per caso, un ragazzo africano ci suggerì di partire per il Friuli, di andare a cercare una cittadina piccola dove farci crescere e finimmo a Gorizia: non ne avevo mai sentito parlare, ci rimasi per 14 anni”

Ora è di nuovo a Milano.
“Ci siamo tornati da 4 anni mio fratello Armen e io: abbiamo aperto la nostra palestra e insegniamo questo sport a tantissimi ragazzi. Molti saranno sul ring a Monza sabato”.

Perché combatte?
“Ho sempre voluto combattere, fin da piccolo, è sempre stato il mio sogno, volevo diventare il numero uno: mio padre mi ha sempre sostenuto in questo, mi diceva “non uscire la sera, dimentica la vita notturna, non bere…”. È stata una vita di sacrifici ma ha avuto ragione. Sono diventato un campione”.

È ancora così?
“Mi piace combattere, mi diverto. Ho fatto 108 incontri e ne ho persi solo 2 e pareggiati altri 2: gli altri li ho vinti tutti”.

Qualche giorno fa in Brianza hanno trovato 4 ragazzini nascosti nel cassone di un camion, fuggivano dall’Afghanistan.
“Chi scappa… un motivo lo ha: che sia la guerra, o la fame o altro, se uno lascia la propria casa è perché non vive più bene e cerca qualcosa di meglio”.

In Italia c’è timore, a volte odio verso gli immigrati.
“Il problema spesso sono le leggi e il fatto che non vengano fatte rispettare. Chi sbaglia deve essere punito. Io ho avuto il passaporto di questo Paese ma dopo 6 anni, grazie ai titoli mondiali che avevo conquistato”.

C’è razzismo in Italia?
“All’inizio soprattutto a Gorizia non erano abituati a vedere tanti stranieri e ricordo che gli altri ragazzi a volte ti dicevano “tornatene a casa tua, straniero di m…”: il vero problema è l’ignoranza, poi anni dopo in molti sono tornati a chiedermi scusa”.

Lei è arrivato da clandestino, ora ha la cittadinanza italiana, per meriti sportivi. Non tutti possono seguire la sua strada.
“Ma fare qualcosa di buono è alla portata di tutti. Mi sento italiano anche se il mio sangue resta armeno: ho imparato davvero questo sport in Italia, ho imparato a pensare come un italiano e ne sono fiero”.

Sabato metterà in palio il titolo mondiale Iska contro il giapponese Atsushi Tamefusa.
“Mi sto preparando, ormai per fortuna sono in fase di scarico e mi alleno solo una volta al giorno. Venerdì ho il peso: è la cosa che spesso angoscia di più gli atleti, anche se io non ho particolari problemi a rientrare nella mia categoria (-70 kg). Anche se non ne posso più: sono due mesi che mangio tre fette di pane integrale con la marmellata e 3 noci a colazione, riso con tonno o pollo a mezzogiorno e carne di pollo o pesce alla sera. Ma ormai ci siamo: il mio avversario è mancino come me, e questo può essere un problema, ma l’ho studiato bene: voglio a tutti i costi tenere la cintura a casa, chiedo al pubblico di venire, non lo deluderò”.

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